giurista risponde

Impugnabilità bando di gara e clausole L’ambito di immediata impugnabilità di un bando di gara non è circoscritto alle sole sue clausole stricto sensu escludenti?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante, Giusy Casamassima e Ilenia Grasso

 

L’ambito di immediata impugnabilità di un bando di gara non è circoscritto alle sole sue clausole stricto sensu escludenti, ma ricomprende anche altre evenienze particolari, tra le quali quella in cui la lex specialis del caso concreto non sia tale da consentire la formulazione di una seria e ponderata offerta ovvero qualora si sia in presenza di disposizioni abnormi o illogiche che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica del partecipante alla gara. – Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2022, n. 9138.

Ha chiarito il Consiglio di Stato che solo le cd. “clausole immediatamente escludenti” legittimano l’impugnazione anche dell’operatore economico che non abbia partecipato alla selezione, ricordando che, secondo la giurisprudenza, la categoria ricomprende: “a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura; b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (così l’Ad. plen. 3/2001); c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980); d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2011, n. 6135; sez. III, 23 gennaio 2015, n. 293); e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto: Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222); f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come, ad esempio, quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” pt.); g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5421)”.

Ne deriva che le rimanenti clausole, in quanto non immediatamente lesive, devono essere impugnate insieme con l’atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva (Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5282), postulando perciò la preventiva partecipazione alla gara.

Si precisa tuttavia, che: “L’ambito di immediata impugnabilità di un bando di gara non è circoscritto alle sole sue clausole stricto sensu escludenti, ma ricomprende anche altre evenienze particolari, tra le quali quella in cui la lex specialis del caso concreto non sia tale da consentire la formulazione di una seria e ponderata offerta ovvero qualora si sia in presenza di disposizioni abnormi o illogiche che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica del partecipante alla gara. L’onere di immediata impugnativa delle prescrizioni di gara in evenienze della specie appare per altro verso un rimedio quanto mai efficace per evitare che un operatore economico partecipi alla gara in via “esplorativa”, se non addirittura opportunistica, ossia con la riserva mentale di impugnarne gli esiti, laddove sfavorevoli, denunciando proprio la vaghezza delle regole circa gli elementi strutturali ed i contenuti dell’offerta”.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671;
Cons. Stato, Ad. plen. 11 giugno 2001, n. 3
giurista risponde

Controversie mobilità personale scolastico Le controversie concernenti le procedure di mobilità del personale scolastico si configurano come atti di macro-organizzazione rientranti nella giurisdizione del giudice amministrativo?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante, Giusy Casamassima e Ilenia Grasso

 

Le controversie concernenti procedure di mobilità del personale scolastico rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario non configurandosi quali atti di macro-organizzazione, cioè atti di portata generale con i quali l’amministrazione organizza i propri uffici (come ad es. gli atti che fissano le piante organiche), ma piuttosto come meri atti privatistici di gestione del rapporto di lavoro. – Cons. Stato, sez. VII, 27 ottobre 2022, n. 9201. 

Il Consiglio di Stato ha ribadito l’insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie concernenti le procedure di mobilità del personale scolastico, non trattandosi di atti di macro-organizzazione.

Richiamando al riguardo quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, si ribadisce che: “In materia di procedura di trasferimento e mobilità del personale docente, la controversia avente ad oggetto la domanda di annullamento dell’ordinanza del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dell’8 aprile 2016, n. 241, adottata ex art. 462, comma 6, D.Lgs. 297/1994, nella parte in cui non consente la valutazione del servizio pre-ruolo presso le scuole paritarie, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto l’ordinanza in questione, lungi dal dettare le linee fondamentali di organizzazione degli uffici o dal determinare le dotazioni organiche complessive, si limita alla previsione di norme di dettaglio circa i termini e le modalità di presentazione delle domande relative alle procedure di mobilità – che non possono essere ascritte alla categoria delle procedure concorsuali per l’assunzione, né equiparate all’ipotesi di passaggio da un’area funzionale ad altra – come definite dalla contrattazione collettiva integrativa nazionale, sicché il petitum sostanziale dedotto involge un atto di gestione della graduatoria, incidente in via diretta sulla posizione soggettiva dell’interessato e sul suo diritto al collocamento nella giusta posizione nell’ambito della graduatoria medesima. La mobilità quindi è vicenda che è relativa a rapporto già costituito anche quando esterna”.

Si richiama, altresì, quanto già affermato dal Consiglio che ha aderito a tale orientamento della Corte di Cassazione concludendo che: “In forza degli artt. 5 e 386 c.p.c., la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto tra il giudice ordinario e il giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche, e soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione). In tema di lavoro pubblico “contrattualizzato” non sono configurabili situazioni di interesse legittimo con specifico riguardo ad ipotesi di procedura di mobilità del personale docente qualificando come diritto soggettivo l’interesse pregiudicato da decisioni assunte in esito a procedimenti riconducibili all’esercizio dei poteri del privato datore di lavoro, senza che rilevi che la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento per il vizio prodotto dalla illegittimità di un atto amministrativo presupposti.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 2020, n. 1625;
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2019, n. 17123;
Id., 23 settembre 2013, n. 21677; Id., 27 dicembre 2011, n. 28800
giurista risponde

Permesso di costruire e ricorso del terzo In tema di edilizia e urbanistica, da quando decorre il termine per la proposizione del ricorso, da parte del terzo a ciò legittimato, avverso il permesso di costruire?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante, Giusy Casamassima e Ilenia Grasso

 

Il termine per la proposizione del ricorso, da parte del terzo a ciò legittimato, avverso il permesso di costruire decorre dall’ultimazione dei lavori oppure dal momento in cui l’opera realizzata appaia in modo inequivoco difforme dalla disciplina urbanistico-edilizia vigente. L’onere di provare la tardività dell’impugnazione grava su colui che la deduce. – Cons. Stato, sez. VI, 2 novembre 2022, n. 9500.

Muovendo dal consolidato orientamento giurisprudenziale in forza del quale: “Ai fini della tempestività dell’impugnazione del titolo edilizio da parte del terzo a ciò legittimato, la piena conoscenza dalla quale decorre il termine decadenziale per la proposizione dell’impugnazione medesima va riferita al momento dell’ultimazione dei lavori, ovvero al momento nel quale la costruzione realizzata riveli in modo inequivoco le caratteristiche essenziali dell’opera agli effetti della sua eventuale difformità rispetto alla disciplina urbanistico-edilizia vigente, fermo restando che la prova della tardività dell’impugnazione deve essere fornita rigorosamente e incombe, secondo le regole generali, alla parte che la deduce”, il Consiglio di Stato ha risolto una controversia concernente la tempestività dell’impugnazione proposta avverso l’autorizzazione edilizia rilasciata per la installazione di un ripetitore per telefoni cellulari.

I Giudici chiariscono che non è possibile far risalire la decorrenza del termine per la notifica del ricorso dalla data di presentazione dell’istanza di accesso posto che, a tale data, nonostante l’affissione del cartello di inizio lavori, la lesività dell’intervento non risultava immediatamente percepibile, in quanto, da un lato, le opere non erano state ancora ultimate, dall’altro, il cartello di inizio lavori risultava illeggibile.

L’interesse a ricorrere si può, dunque, ritenere attualizzato solo al momento della percezione della lesività degli effetti degli atti impugnati, verificatosi, nel caso di specie, solo quando gli interessati hanno potuto visionare, mediante estrazione di copie, i documenti richiesti con l’istanza di accesso.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. IV, 11 giugno 2021, n. 4502;
Cons. Stato, sez. II, 5 ottobre 2020, n. 5864; Id., 21 agosto 2020, n. 5170;
TAR Campania, Napoli, sez. VI, 27 ottobre 2020, n. 4873;
TAR Campania, sez. VII, 15 settembre 2016, n. 4321;
Cons. Stato, sez. IV, 19 dicembre 2012, n. 6557; Id., 7 novembre 2012, n. 5657
giurista risponde

Giudizio di ottemperanza e mutamento normativo Il mutamento normativo consente di riproporre il giudizio di ottemperanza in origine dichiarato inammissibile?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante, Giusy Casamassima e Ilenia Grasso

 

Il Consiglio di Stato ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria. – Cons. Stato, sez. IV, ord. 23 novembre 2022, n. 10342.

La vicenda esaminata attiene alla possibilità di riproporre l’azione di ottemperanza, in passato dichiarata inammissibile dalla Corte di cassazione per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, stante la ritenuta natura meramente amministrativa del decreto decisorio del ricorso straordinario, insuscettibile, come tale, di essere eseguito con il rimedio giurisdizionale dell’ottemperanza.

Come è noto, infatti, nel 2009 è intervenuta la L. n. 69, che ha profondamente inciso sull’istituto del ricorso straordinario, elevato a rimedio sostanzialmente giurisdizionale, con evidenti riflessi sulla ammissibilità di un nuovo ricorso per l’ottemperanza.

Invero, in senso contrario si osserva che la rimodulazione legislativa del ricorso straordinario del 2009 non ha riguardato espressamente la sua efficacia retroattiva, successivamente esclusa dalla giurisprudenza.

Come affermato dai Giudici, si pone, pertanto, la necessità di valutare, in chiave processuale, se un giudicato in rito ostativo alla proposizione di un’azione possa sopravvivere al quadro normativo applicato (in altra prospettiva, se possa avere efficacia ultra-attiva insensibile alle successive modifiche legislative) ovvero se sia condizionato temporalmente alla vigenza di questo, specialmente allorché tale giudicato frustri ed inibisca definitivamente ed irrimediabilmente le istanze di giustizia avanzate dagli interessati.

In chiave sostanziale, inoltre, ci si chiede se la sopravvenuta modifica legislativa di uno strumento di tutela con effetti ampliativi delle facoltà defensionali dei privati (ossia, più in particolare, la rimodulazione della relativa disciplina in maniera così profonda da determinarne, secondo consolidata giurisprudenza, l’evoluzione della stessa natura giuridica, connotata ora da carattere sostanzialmente giurisdizionale) si rifletta e ridondi – in senso parimenti ampliativo – a beneficio delle istanze degli interessati già azionate in epoca antecedente alla novella legislativa e allora dichiarate inammissibili, consentendone hic et nunc la riproposizione, tenendo oltretutto presente che il maggioritario indirizzo pretorio ammette il rimedio dell’ottemperanza, ex art. 112 c.p.a., anche per le decisioni rese su ricorso straordinario nell’assetto normativo tradizionale, ossia quello antecedente alla novella del 2009.

Si afferma quindi che il rimedio giurisdizionale dell’ottemperanza era stato ritenuto inammissibile a motivo della natura amministrativa del decreto decisorio di ricorso straordinario, natura, tuttavia, non più predicabile in base alla vigente legislazione: il fatto che la precedente azione di ottemperanza non sia stata respinta nel merito, ma dichiarata inammissibile per ragioni processuali, potrebbe legittimare, in un’ottica esegetico-applicativa particolarmente attenta al valore ordinamentale dell’effettività della tutela giurisdizionale e della pienezza del diritto di difesa, l’attuale presentazione di una nuova istanza di ottemperanza, non ostandovi più la pronuncia di inammissibilità della Corte di cassazione, a suo tempo emessa sulla scorta di un paradigma normativo poi radicalmente travolto, sia pure con valenza ex nunc, dalle modifiche legislative medio tempore intervenute.

Quanto alla possibile violazione del ne bis in idem, si afferma, altresì, che la violazione di tale principio potrebbe tout court non venire in considerazione nella specie, qualora si valorizzasse fortemente la circostanza che l’attuale azione di esecuzione si muove entro una cornice normativa e giurisprudenziale del tutto diversa da quella vigente al momento del radicamento del precedente ricorso, sì che potrebbe assumersi – nell’intento di preservare le istanze di tutela sostanziale del privato – che non si tratti, a stretto rigore, della medesima azione.

Sulla base di tali premesse, la IV sezione del Consiglio di Stato ha rimesso la soluzione della questione all’Adunanza Plenaria, chiedendo in particolare se, dopo che la Corte di cassazione abbia dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione un ricorso per ottemperanza di un decreto decisorio di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la parte interessata possa radicare un nuovo giudizio di ottemperanza, adducendo a fondamento dell’ammissibilità dell’ulteriore azione tanto la sopravvenuta e incisiva modificazione legislativa dei caratteri del ricorso straordinario, quanto il consolidato orientamento pretorio che ammette l’ottemperanza di decreti decisori di ricorsi straordinari anche ove emessi prima della novella del 2009.

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Riparto competenze attività sanitaria e sociosanitaria Come si snoda il riparto di competenze tra Comune e Regione nell’esercizio dell’attività sanitaria e socio-sanitaria?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Nella Regione Puglia, la legge regionale 9/2017 disciplina gli istituti dell’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio dell’attività sanitaria e socio-sanitaria, dell’accreditamento istituzionale e degli accordi contrattuali, in conformità alla sequenza prevista dagli artt. 8ter e ss., D.Lgs. 502/1992. – Cons. Stato, sez. III, 6 febbraio 2023, n. 1267.

I Giudici hanno evidenziato che ai fini dell’apertura delle strutture sanitarie e socio-sanitarie è richiesta l’autorizzazione, definita dall’art. 2, comma 1, lett. a), L.R. 9/2017 come “un provvedimento con il quale si consente di destinare, con o senza lavori, un immobile o parte di esso a struttura sanitaria e socio-sanitaria pubblica o privata”.

L’art. 7, L.R. 9/2017 cit. prevede che l’istanza di autorizzazione, corredata del titolo di proprietà, del diritto reale di godimento o altro titolo legittimante, del progetto con relative planimetrie e del permesso di costruire o altro titolo abilitativo edilizio, deve essere indirizzata al Comune competente per territorio, tenuto, dapprima, a verificare la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia, unitamente alla sussistenza del titolo di proprietà, del diritto reale di godimento o altro titolo legittimante; successivamente, a richiedere alla Regione Puglia la specifica verifica di compatibilità (ex art. 3, comma 3, lett. a), L.R. 9/2017 cit.).

La Regione, poi, valuta l’iniziativa alla stregua della programmazione sanitaria regionale, in termini di fabbisogno (programmazione dell’offerta) e in termini di localizzazione territoriale (distribuzione delle strutture) e applica, sulla base della DGR 2037/2013, il criterio cronologico di presentazione delle richieste da parte dei Comuni.

Orbene, nell’eventualità in cui più richieste di parere di compatibilità, afferenti a un numero di posti letto complessivo eccedente il fabbisogno territoriale, vengano trasmesse nel medesimo bimestre, la verifica di compatibilità viene resa dopo aver messo in concorrenza le iniziative, alla luce dei criteri previsti dalla DGR 2037/2013 cit.

Nel caso di specie, il procedimento per il rilascio, in favore della società appellante, dell’autorizzazione alla realizzazione della RSA, con dotazione di trenta posti letto per anziani e di dieci posti letto per soggetti affetti da demenza, si prolungava in ragione della diversa scansione dei bimestri, per effetto della sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi di cui alla normativa emergenziale per il Covid-19.

Nelle more, un altro soggetto presentava analoga istanza autorizzatoria per la realizzazione di una RSA di mantenimento in un comune limitrofo, che, essendo stata esaminata in tempi più brevi, ne conseguiva parziale saturazione del fabbisogno.

Ciò premesso, per i Giudici va affermato che: “L’art. 7, comma 1 della L.R. 9/2017 non richiede il previo rilascio del permesso di costruire, ma necessita dell’attestazione della conformità urbanistica dell’intervento in progetto: tenuto conto della prescrizione recata dall’art. 33 delle NTA del PRG, che qualifica la zona “AS” come area pubblica, la presentazione del permesso di costruire convenzionato, costituisce un presupposto indefettibile per ottenere l’attestazione di conformità del progetto alle norme di attuazione del PRG”.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. III, 21 settembre 2021, n. 6422;
Cons. Stato, sez. III, 14 novembre 2017, n. 5250;
Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2008, n. 1201
giurista risponde

Obbligo motivazione osservazioni piano regolatore Sussiste l’obbligo di puntuale motivazione sulle osservazioni del privato su un piano regolatore in itinere?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, le osservazioni e le opposizioni presentate dai privati al piano regolatore generale in itinere, costituendo un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento, non richiedono, da parte dell’Amministrazione competente, l’assolvimento di un obbligo puntuale di motivazione. – Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2023, n. 1316. 

Le osservazioni dei privati al piano regolatore generale in itinere, non richiedono, da parte dell’Amministrazione competente, l’assolvimento di un obbligo puntuale di motivazione.

Ed invero, la loro congruità può essere desunta anche dai criteri orientativi, formalizzati nella relazione illustrativa del piano, in riferimento alle scelte di destinazione urbanistica delle singole aree.

In propositivo, le scelte di pianificazione sono, in linea di principio, espressione di valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023, n. 21; Id., 11 settembre 2012, n. 4806;
Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 854;
Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 1998, n. 437
giurista risponde

Requisiti ammissibilità ricorso collettivo Quali sono i requisiti di ammissibilità del ricorso collettivo?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

L’allegazione di tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la pretesa. – Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2023, n. 1775.

Preliminarmente, costituisce onere dei ricorrenti che vogliono avvalersi della forma del ricorso collettivo, indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la pretesa, domandando al giudice di accertare in concreto la sussistenza dei fatti dedotti.

Deve, invece, ritenersi inammissibile il ricorso collettivo che nulla dice in ordine alle specifiche condizioni di legittimazione e di interesse di ciascun singolo ricorrente, in quanto ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di loro, l’omogeneità delle loro posizioni e la concreta fondatezza della domanda.

Come è noto, infatti, due sono i requisiti di ammissibilità del ricorso: uno positivo, costituito dalla identità di posizioni sostanziali e processuali in rapporto a domande giudiziali fondate sulle stesse ragioni difensive; l’altro, negativo, costituito dall’assenza di un conflitto di interessi, anche solo potenziale tra le parti.

Orbene, nel processo amministrativo, per stabilire l’ammissibilità del ricorso collettivo, è necessario verificare l’identità delle situazioni sostanziali e processuali, ossia, accertare che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi e che non ci sia confliggenza degli interessi dei singoli.

Ciò premesso, i Giudici hanno enunciato che: “Nel caso in cui il ricorso collettivo nulla specifichi in ordine alle specifiche condizioni di legittimazione e di interesse di ciascuno dei ricorrenti, ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di loro, l’omogeneità della loro posizione e la concreta fondatezza della domanda”.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2022, n. 6913;
Cons. Stato, sez. VI, 2 aprile 2021, n. 1793; Id., 30 marzo 2021, n. 573;
Id., 15 gennaio 2021, n. 478; Cons. Stato, sez. III, 12 giugno 2020, n. 3499
giurista risponde

Affidabilità operatore economico e self cleaning Quali sono i requisiti di affidabilità di un operatore economico e i comportamenti che la stazione appaltante deve tenere anche in considerazione delle misure di self cleaning?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

La stazione appaltante ha il dovere di verificare la permanenza dei requisiti e dell’affidabilità dell’operatore economico. – Cons. Stato, sez. III, 22 febbraio 2023, nn. 1790 e 1791.

Il Consiglio di Stato ha statuito che:La stazione appaltante ha il dovere di verificare la permanenza dei requisiti, in presenza di fatti sopravvenuti, astrattamente idonei ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico che è risultato aggiudicatario. La verifica de qua, eseguita d’ufficio o su sollecitazione di un altro operatore economico interessato ad un ipotetico scorrimento, è espressione dell’esercizio di un potere amministrativo, che si innesta in connessione con la procedura di affidamento. Questo comporta la riconducibilità della controversia alla giurisdizione esclusiva, atteso che le controversie relative alla fase successiva all’aggiudicazione, ma precedenti alla stipulazione del contratto, esulano dalla giurisdizione del giudice ordinario, al quale sono devolute le controversie relative all’esecuzione del rapporto.

Nel caso di specie vi è stata un’attività di verifica, sfociata nell’adozione di un provvedimento di archiviazione, che si colloca, dal punto di vista temporale, tra l’aggiudicazione e la stipula della convenzione, con la conseguenza che l’esercizio del potere speso dalla stazione appaltante rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ciò premesso, i Giudici evidenziano che, la stazione appaltante – nel valutare il grave errore professionale comportante l’esclusione dalla gara – deve compiere una verifica su due livelli: i) deve qualificare il comportamento pregresso dell’operatore economico, con riferimento alla sua idoneità e affidabilità nei rapporti con l’Amministrazione; ii) (successivamente) deve verificare se il giudizio negativo sia predicabile anche in merito alla procedura di gara in itinere.

Tale valutazione dell’affidabilità in senso storico dovrà poi essere declinata in concreto, con riferimento alle circostanze di fatto, tra le quali rientrano le misure di self cleaning assunte dall’operatore economico.

Ed invero, tali misure rientrano nel prudente apprezzamento della stazione appaltante che dovrà tener conto delle misure di self cleaning adottate in corso di procedura e la loro idoneità o meno a garantire l’affidabilità dell’operatore economico.

Risulta, pertanto, dall’interpretazione dell’art. 57, comma 6, della direttiva 24/2014/UE, particolarmente importante l’affidabilità dell’operatore economico.

Invece, rientra nell’ambito della discrezionalità della P.A. – ed è sindacabile ai soli fini di un eventuale riesame – la valutazione circa la ricorrenza delle cause facoltative di esclusione dalle gare pubbliche.

Nel caso di specie, i Giudici del Consiglio di Stato hanno ritenuto che: “L’applicazione delle misure di self cleaning ai procedimenti di gara ancora pendenti sarebbe rigorosamente osservante dei principi comunitari di proporzionalità, del favor partecipationis e di concorrenza”.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. V, 18 ottobre 2022, n. 8864;
Cons. Stato, sez. III, 10 febbraio 2021, n. 1248;
Cons. Stato, sez. V, 5 febbraio 2021, n. 505;
Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 2020, n. 5967;
Cons. Stato, Ad. plen., 28 agosto 2020, n. 16
giurista risponde

Cauzione provvisoria appalti e automatismo La cauzione provvisoria negli appalti pubblici è connotata da automatismo?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

La V Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia UE la questione. – Cons. Stato, sez. V, ord., 28 febbraio 2023, n. 2033.

Primariamente all’analisi della questione va rilevato che nel settore dei contratti pubblici sono presenti le seguenti garanzie: cauzione, polizza fideiussoria e contratto autonomo di garanzia.

Il Codice degli appalti, infatti, identifica una serie di garanzie che l’operatore economico deve prestare a favore della stazione appaltante al fine di partecipare ad una selezione e conseguentemente eseguire un contratto pubblico.

L’obiettivo è quello di assicurare il rispetto delle norme con riguardo alla realizzazione dell’opera e alle possibili inadempienze che possono pregiudicare l’incolumità.

Il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia UE la questione pregiudiziale inerente alla cauzione provvisoria e se questa possa essere colpita a prescindere rispetto all’applicazione anche di altre sanzioni, in particolare: “Se gli artt. 16, 49, 50 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, l’art. 4, protocollo 7, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, l’art. 6 del TUE, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a norme interne (artt. 38, comma 1, lett. f), 48 e 75 del D.Lgs. 163/2006) che prevedano l’applicazione della sanzione d’incameramento della cauzione provvisoria, quale conseguenza automatica dell’esclusione di un operatore economico da una procedura di affidamento di un contratto pubblico di servizi, benché il medesimo operatore economico sia stato già destinatario, in relazione alla medesima ed unitaria condotta, di altra sanzione definita a seguito di apposito procedimento attivato ad opera di altra competente Autorità del medesimo Stato membro”.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. VI, ord. 20 ottobre 2014, n. 5167; Id., ord. 9 ottobre 2014, n. 5030; Id., ord. 9 luglio 2014, nn. 3496, 3497, 3498 e 3499
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Interdittiva antimafia libero professionista Un libero professionista può essere colpito da interdittiva antimafia anche se sono intercorsi dei rapporti professionali con un Comune sciolto per mafia?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, in quanto la disciplina si applica tassativamente alle categorie previste dalla normativa, senza possibilità di analogie. – Cons. Stato, sez. III, 2 marzo 2023, n. 2212.

I Giudici di Palazzo Spada confermano l’impossibilità per la persona fisica, libero professionista che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società, di essere destinatario di una interdittiva antimafia.

I liberi professionisti risultano non assoggettabili alla disciplina dell’istituto, prevista dagli artt. 83 e 91 del D.Lgs. 159/2011, proprio in quanto non tassativamente individuati dalla disposizione.

Si conclude, pertanto che, i soggetti che non siano imprenditori sono tassativamente esclusi dall’ambito applicativo dell’interdittiva antimafia, quale che sia il valore o l’oggetto del contratto.