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MePA: il Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione MePA: il mercato elettronico della Pubblica Amministrazione grazie al quale le PA possono acquistare in modo trasparente beni e servizi 

Cos’è il MePA?

Il MePA, acronimo di Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione. Si tratta di una piattaforma digitale gestita da Consip che permette alle amministrazioni pubbliche di effettuare acquisti di beni, servizi e lavori sotto soglia comunitaria in modo semplificato, trasparente ed efficace. Il MePA è uno strumento innovativo, che modernizza i processi di approvvigionamento della PA, garantendo trasparenza e competitività.

Qual è la normativa di riferimento

Il MePA trova fondamento nel DPR n. 101/2002, che ha introdotto l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di utilizzare strumenti elettronici per gli acquisti sotto soglia comunitaria.

Tra le altre normative rilevanti, si segnalano:

  • Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 50/2016): regolamenta le modalità di approvvigionamento delle amministrazioni pubbliche, confermando l’obbligo di utilizzare piattaforme elettroniche per garantire trasparenza e legalità.
  • Direttive europee sugli appalti pubblici (2014/24/UE e 2014/25/UE): prevedono l’adozione di strumenti elettronici per la gestione degli appalti pubblici, in linea con gli obiettivi del MePA.
  • Legge di bilancio: ogni anno può introdurre disposizioni specifiche per rafforzare o ampliare le funzionalità della piattaforma.

Come funziona il MePA

Il MePA è una piattaforma digitale accessibile a fornitori e amministrazioni pubbliche tramite registrazione sul portale Consip. Ecco come funziona:

  • Registrazione: le imprese interessate a vendere i propri beni e servizi si registrano al MePA, inserendo le informazioni richieste e certificando il possesso dei requisiti richiesti. Le amministrazioni pubbliche si iscrivono per accedere ai cataloghi e avviare procedure di acquisto.
  • Catalogo elettronico: i fornitori possono pubblicare i propri beni e servizi nel catalogo della piattaforma. Le amministrazioni possono consultare il catalogo, confrontare le offerte e selezionare i prodotti che soddisfano le loro esigenze.

Fase di acquisto: modalità

  • Ordine diretto (ODA): consente alle amministrazioni di acquistare direttamente dal catalogo senza ulteriori procedure.
  • Richiesta di offerta (RDO): permette di richiedere offerte personalizzate ai fornitori registrati, promuovendo la competizione e il risparmio.

Trasparenza e tracciabilità

Ogni fase del processo di acquisto viene registrata digitalmente, garantendo la massima trasparenza e semplificando eventuali controlli.

I vantaggi del MePA

Il MePA offre numerosi vantaggi sia per la Pubblica Amministrazione che per i fornitori.

  • Trasparenza: tutti i processi sono tracciati e accessibili, riducendo il rischio di irregolarità.
  • Efficienza: la piattaforma semplifica e velocizza le procedure di acquisto, riducendo i tempi e i costi amministrativi.
  • Competitività: promuove il confronto tra offerte, assicurando migliori condizioni economiche per la PA.
  • Accesso al mercato: consente anche alle piccole e medie imprese di partecipare alle forniture pubbliche.

 

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autonomia differenziata

Autonomia differenziata: referendum inammissibile La Corte Costituzionale ha depositato la sentenza di inammissibilità sul referendum abrogativo della legge sull'autonomia differenziata

Inammissibile referendum autonomia differenziata

La Corte costituzionale si è pronunciata sull’ammissibilità del referendum abrogativo della “Legge 26 giugno 2024, n. 86”, relativo all’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. La richiesta riguardava l’abrogazione totale delle disposizioni previste dalla legge.

La decisione della Corte costituzionale

In camera di consiglio, la Corte ha stabilito l’inammissibilità del quesito referendario. L’Ufficio comunicazione e stampa aveva reso noto di recente che tale giudizio è stato emesso in relazione alla legge n. 86 del 2024, già oggetto della sentenza n. 192 dello stesso anno.

Ora, con la sentenza n. 10/2025, la Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni di inammissibilità della richiesta di referendum per l’abrogazione della legge numero 86 del 2024, contenente disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni ordinarie ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

Motivi dell’inammissibilità

La Corte ha osservato che la sentenza n. 192/2024 ha profondamente inciso sull’architettura essenziale della predetta legge, dichiarando l’illegittimità costituzionale di molteplici disposizioni della stessa legge e l’illegittimità consequenziale di altre disposizioni, fornendo anche l’interpretazione costituzionalmente orientata di ulteriori disposizioni.

In particolare, la Consulta ha sottolineato che la sentenza in parola ha comportato “il trasversale ridimensionamento dell’oggetto dei possibili trasferimenti alle regioni (solo specifiche funzioni e non già materie), nonché la paralisi dell’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti diritti civili o sociali”.

Ne discende che attualmente non c’è modo di determinare i LEP.

Quesito “oscuro”

La conseguenza è che risulta obiettivamente oscuro l’oggetto del quesito, che originariamente riguardava la legge numero 86 e ora riguarda quel che resta della stessa legge a seguito delle numerose e complesse modifiche apportate dalla sentenza numero 192.

“Ciò pregiudica – per il giudice delle leggi – la possibilità di una scelta libera e consapevole da parte dell’elettore, che la Costituzione garantisce.

Il quesito è inoltre “privo di chiarezza quanto alla sua finalità. La rilevata oscurità dell’oggetto del quesito porta con sé un’insuperabile incertezza sulla stessa finalità obiettiva del referendum. Con il rischio che esso si risolva in altro: nel far esercitare un’opzione popolare non già su una legge ordinaria modificata da una sentenza di questa Corte, ma a favore o contro il regionalismo differenziato”.

La consultazione referendaria – ha concluso la Corte – “verrebbe ad avere una portata che trascende quel che i Costituenti ritennero fondamentale, cioè l’uso corretto – e ragionevole – di questo importante strumento di democrazia. Se si ammettesse la richiesta in esame, si avrebbe una radicale polarizzazione identitaria sull’autonomia differenziata come tale, e in definitiva sull’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo di revisione costituzionale”.

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spoils system

Spoils System: la guida Spoils System: che cos’è, normativa di riferimento dell'istituto, cosa dice la giurisprudenza e aspetti critici

Cos’è lo Spoils System?

Lo Spoils System, letteralmente “sistema delle spoglie”, è un meccanismo amministrativo-politico che prevede la sostituzione di funzionari pubblici o dirigenti con soggetti scelti direttamente dal governo in carica. Originariamente nato negli Stati Uniti, lo Spoils System si basa sul principio secondo cui, con il cambio di governo, anche gli incarichi apicali nell’amministrazione pubblica possono essere riassegnati per allineare la gestione alle politiche del nuovo esecutivo. Questo sistema è spesso al centro di dibattiti sul bilanciamento tra autonomia della pubblica amministrazione e influenza politica.

Normativa sullo Spoils System in Italia

In Italia, lo Spoils System ha trovato applicazione con specifiche disposizioni legislative, pur rimanendo limitato rispetto al modello statunitense.

  • Legge n. 145/2002: ha introdotto nel nostro ordinamento il principio secondo cui alcuni incarichi dirigenziali nella Pubblica Amministrazione possono cessare anticipatamente in caso di cambio di governo. L’obiettivo dichiarato della legge è quello di garantire maggiore coerenza tra le scelte politiche del nuovo esecutivo e la direzione amministrativa.
  • lgs. n. 165/2001: disciplina il rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici, prevedendo che gli incarichi apicali abbiano una durata definita e possano essere revocati in determinate circostanze, tra cui il cambio di governo.
  • lgs. n. 150/2009 (Riforma Brunetta): ha ulteriormente regolamentato la dirigenza pubblica, limitando l’applicazione dello Spoils System a incarichi dirigenziali di carattere fiduciario.

Giurisprudenza delle corti superiori

La giurisprudenza italiana si è più volte pronunciata sullo Spoils System, definendo i limiti e le condizioni di applicazione di questo sistema.

  • La Corte costituzionale ha stabilito che lo Spoils System non può essere applicato indiscriminatamente, ma solo in relazione a incarichi dirigenziali strettamente collegati alla funzione politica. Sentenze come la 103/2007 hanno ribadito che la revoca degli incarichi deve rispettare i principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione sanciti dall’art. 97 della Costituzione.
  • Il Consiglio di Stato nel parere n. 1979/2022 ha chiarito che la cessazione degli incarichi dirigenziali dopo 90 giorni dal voto di fiducia non impedisce al nuovo Governo di revocare l’incarico prima di tale termine, che rappresenta solo un limite massimo. Lo spoils system, applicabile a poche figure apicali per garantire coesione tra politica e amministrazione, non vincola il nuovo esecutivo alle scelte del precedente. L’efficienza dell’azione di governo non impone un’attesa obbligata fino ai 90 giorni, né l’ 19, comma 8, del d.lgs. 165/2001 conferisce un diritto alla permanenza per tale periodo.
  • La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 15971/2024 ha invece sancito che“Ai fini dellapplicazione della normativa sul c.d. spoils system, la natura apicale dellincarico conferito con contratto a un dirigente va valutata tenendo conto, in linea di principio, della qualificazione formale di tale incarico contenuta nel contratto medesimo, senza che rilevi di per sé il semplice richiamo dell 16, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001, il quale individua le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali statali, pur se in astratto incompatibile con la menzionata qualificazione. Per superare il dato formale, dal quale, comunque, occorre partire, è necessario verificare non tanto i poteri attribuiti al detto dirigente in concreto, ma se egli sia stato posto a capo di una struttura che, da un punto di vista organizzativo, abbia le stesse caratteristiche di un ufficio apicale, in modo da distinguersi e aggiungersi, per la sua totale autonomia, a quelli già esistenti”. 

Critiche e implicazioni dello Spoils System

Lo Spoils System è oggetto di critiche per il rischio di politicizzazione della Pubblica Amministrazione e di perdita di competenze tecniche nei ruoli apicali. Tuttavia, i sostenitori sottolineano che esso consente un migliore allineamento tra amministrazione e obiettivi politici del governo in carica.

 

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difensore civico

Difensore civico: chi è e cosa fa Difensore civico: una breve guida all’organo indipendente che tutela i cittadini fungendo da intermediario con la Pubblica Amministrazione

Chi è il difensore civico?

Il difensore civico è un organo indipendente che opera a tutela dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione, garantendo trasparenza, legalità ed efficienza nell’azione amministrativa. Questa figura, presente a livello comunale, provinciale e regionale, funge da intermediario tra i cittadini e l’amministrazione, raccogliendo segnalazioni, reclami o suggerimenti e promuovendo soluzioni a favore del buon andamento della pubblica amministrazione.

Qual è la normativa di riferimento?

L’importante figura trova il suo fondamento nella Costituzione italiana e nella legislazione ordinaria.

Articolo 97 della Costituzione: prevede il principio di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione, valori che il difensore è chiamato a garantire.

Legge n. 142/1990: ha introdotto per la prima volta il difensore civico come organo previsto dagli statuti comunali e provinciali.

Decreto legislativo n. 267/2000 (TUEL): conferma la possibilità per gli enti locali di istituire questa figura nei propri statuti, delineandone le competenze e le modalità operative.

Leggi regionali: ogni Regione può disciplinare l’istituzione e il funzionamento del difensore a livello territoriale, definendo compiti specifici e ambiti di intervento.

Quali sono le funzioni del difensore civico?

Il difensore civico ha il compito principale di vigilare sull’attività amministrativa, verificando che essa sia conforme ai principi di legalità ed equità. I suoi compiti principali sono:

  • raccogliere segnalazioni da parte dei cittadini su presunti abusi o disfunzioni amministrative;
  • proporre soluzioni o mediazioni per risolvere controversie tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione;
  • promuovere trasparenza e accesso agli atti amministrativi, garantendo il diritto di informazione e partecipazione;
  • segnalare criticità sistemiche nell’amministrazione ai responsabili degli enti pubblici.

Giurisprudenza sul difensore civico

La giurisprudenza ha contribuito a chiarire sia suoi i limiti che le su prerogative.

  • Consiglio di Stato: ha ribadito che il difensore civico non ha poteri decisionali vincolanti, ma può esercitare un’importante funzione di moral suasion nei confronti della Pubblica Amministrazione, favorendo la risoluzione delle controversie.
  • Corte costituzionale: in diverse sentenze ha sottolineato l’importanza di questo organo come strumento di tutela dei diritti dei cittadini, integrando il sistema di garanzie previsto dall’articolo 97 della Costituzione.
  • Tar: ha riconosciuto il ruolo del difensore nell’accesso agli atti amministrativi, chiarendo che le sue segnalazioni possono spingere l’amministrazione a rivedere le proprie decisioni per rispettare i principi di trasparenza e legalità.

Criticità e prospettive del difensore civico

Nonostante la sua rilevanza, la figura del difensore civico non è presente in tutti gli enti locali, con una distribuzione territoriale disomogenea. Le risorse limitate e la mancanza di obbligatorietà nella sua istituzione rappresentano sfide significative. Il suo ruolo tuttavia è sempre più riconosciuto come fondamentale per garantire un’amministrazione pubblica più accessibile e responsabile.

 

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decreto flussi

Decreto flussi: cosa prevede la legge Decreto flussi: quote rosa, nulla osta, Carta Blu UE e protezione internazionale, tutte le novità della legge e il calendario del click day

Decreto flussi, in vigore

Il disegno di legge di conversione del Decreto Flussi (decreto legge n. 145/2024), dopo l’ok della Camera con la fiducia del 26 novembre scorso, ha ottenuto il sì definitivo del Senato, sempre con rinnovata fiducia al Governo (99 sì, 65 no e un astenuto) diventando quindi legge dello Stato.

Il testo, in cui è confluito il decreto “Paesi Sicuri”, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 dicembre, per entrare in vigore l’11 dicembre 2024.

La nuova legge n. 187/2024, approvata tra le polemiche, introduce importanti cambiamenti nella gestione dei flussi migratori, concentrandosi sull’inclusione e la protezione dei diritti dei lavoratori stranieri e delle donne.

Per il lavoro subordinato, sia stagionale che non stagionale, è riservata una quota del 40% alle donne nei settori dell’assistenza familiare e sociosanitaria. Le associazioni rappresentative degli stranieri avranno un ruolo chiave nell’accompagnare i nuovi arrivati, offrendo percorsi informativi e facilitando il dialogo con le prefetture. Le richieste di permesso di soggiorno saranno rifiutate se il datore di lavoro è implicato in crimini legati allo sfruttamento o alla tratta di persone. Per i lavoratori altamente qualificati le condizioni per ottenere la Carta Blu UE saranno chiaramente delineate online. I richiedenti che non presenteranno la domanda entro 90 giorni perderanno l’accesso alle misure di accoglienza e saranno soggetti a una procedura accelerata con rischio di rimpatrio.

Decreto flussi: le novità più importanti

Ecco una panoramica delle principali novità introdotte dalla nuova legge.

Contratti di soggiorno digitalizzati

Una delle innovazioni principali riguarda l’obbligo di firmare il contratto di soggiorno in formato digitale entro otto giorni dall’arrivo in Italia. Per i lavoratori stagionali nei settori agricolo e turistico, sarà possibile rinnovare o stipulare nuovi contratti entro 60 giorni dalla scadenza del precedente tramite la piattaforma Siisl. Anche i lavoratori altamente qualificati beneficeranno della digitalizzazione.

Ingressi fuori quota per assistenza familiare

Per il 2025, si prevede l’autorizzazione di 10.000 ingressi fuori quota destinati agli assistenti per anziani e disabili. La gestione delle richieste sarà affidata a enti autorizzati come agenzie per il lavoro o associazioni datoriali che accompagneranno i lavoratori nel processo d’assunzione.

Aumento delle quote per lavoratori stagionali

Il limite degli ingressi per lavoratori stagionali passa da 93.550 a 110.000 unità, privilegiando coloro provenienti da Paesi con accordi di cooperazione attivi. Le quote includono 47.000 ingressi per l’agricoltura e 37.000 per il turismo, ponendo attenzione alla provenienza regolare delle richieste.

Decreto flussi: pianificazione triennale

Fino al 2028 sarà possibile pianificare le quote d’ingresso attraverso Dpcm, continuando la strategia adottata nel triennio 2023-2025. Ogni datore può richiedere fino a tre nulla osta, salvo eccezioni per associazioni di categoria.

Click day 2025: il calendario del Ministero

Nella giornata di martedì 4 febbraio 2025 il Ministero degli Interni ha riepilogato il calendario per il click day necessario per inviare le domande di assunzione:

  • 5 febbraio per i lavoratori subordinati non stagionali (edilizia, meccanica, telecomunicazioni, cantieristica navale, trasporto merci);
  • 7 febbraio per i lavoratori subordinati non stagionali per il settore dell’assistenza familiare socio sanitaria e per i lavoratori residenti in Venezuela, ma di origini italiane. Da questa data e solo per quest’anno sarà possibile inoltrare anche domande, al di fuori delle quote, ma nel limite di 1000 istanze, per assumere lavoratori dell’assistenza familiare o sociosanitaria per disabili e grandi anziani;
  • 12 febbraio per i lavoratori subordinati stagionali del settore agricolo e turistico-alberghiero.

Abolizione del silenzio-assenso

Per i lavoratori provenienti da Paesi considerati ad alto rischio come Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka, è abolito il silenzio-assenso. Entro il 2025 verrà stilato un elenco aggiornato degli Stati ad alto rischio dal Ministero degli Esteri.

Protezione contro lo sfruttamento

Chi denuncia lo sfruttamento avrà diritto a permessi di soggiorno rinnovabili ogni sei mesi e accesso a programmi d’inclusione sociale e lavorativa. Il decreto assegna fondi specifici a queste misure introducendo sanzioni più severe contro gli sfruttatori.

Controllo su ONG e soccorsi

Il Ministro dell’Interno può limitare o vietare il transito delle navi ONG per ragioni di ordine pubblico con multe fino a 50.000 euro e fermo amministrativo della nave. Regole simili valgono anche per gli aerei impiegati nelle operazioni di monitoraggio con sanzioni tra i 2.000 e i 10.000 euro.

Ispezione dei dispositivi elettronici dei migranti

Le procedure di identificazione si rafforzano consentendo l’ispezione dei dispositivi mobili esclusa la corrispondenza privata; ogni operazione deve essere confermata da un giudice entro due giorni.

Decreto flussi: elenco dei “Paesi sicuri”

Viene introdotta una lista comprendente Albania, Marocco e Tunisia tra altri diciannove “Paesi sicuri”, dove le richieste d’asilo saranno trattate con procedura accelerata riducendo i tempi, ma sollevando critiche dalle Corti giuridiche.

“Emendamento Musk” su competenze giudiziarie

Un emendamento sposta la competenza sui trattenimenti migranti alle Corti d’Appello dalle sezioni specializzate in immigrazione generando preoccupazioni tra magistrati sul rischio di rallentamenti nei processi.

Requisiti più severi per ricongiungimenti familiari

Si introducono requisiti più stringenti per chi si vuole riunire alla propria famiglia: due anni consecutivi d’abitazione in Italia necessari ai richiedenti; verifiche più rigorose sull’alloggio; riduzione dei termini per ricorrere contro rigetti.

Fondi aggiuntivi assunzioni e cooperazione internazionale

Sono previsti fondi destinati all’assunzione presso ministeri ed enti esteri dal prossimo anno: ulteriori risorse potenziano progetti cooperativi internazionali incrementando finanziamenti emergenziali nazionali fino cinque milioni insieme ai trentacinque milioni dedicati sviluppando collaborazioni poliziesche terze parti stati coinvolti sotto accordo cooperativo nazionale stabilito precedentemente.

Aspetti critici del Decreto Flussi

Il Decreto Flussi (e la sua legge di conversione) costituisce un passo rilevante nella politica migratoria italiana cercando equilibrio tra controllo flussi integrazione economica straniera, tuttavia alcuni punti, come la gestione dei ricongiungimenti e le limitazioni disposte nei confronti delle ONG stanno sollevando dibattiti piuttosto accesi dentro e fuori dal Parlamento.

 

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il tribunale dei ministri

Il Tribunale dei Ministri Cos’è il Tribunale dei Ministri, qual è la sua disciplina, come funziona e quali sono le sue competenze specifiche

Cos’è il Tribunale dei Ministri

Il Tribunale dei Ministri è una sezione speciale del Tribunale ordinario del distretto di Corte d’Appello competente per territorio, composta da tre magistrati estratti a sorte tra quelli appartenenti al tribunale stesso. Esso è stato istituito per garantire che i membri del Governo rispondano penalmente delle proprie azioni compiute nell’esercizio delle loro funzioni. Questa sezione giudica sulle eventuali responsabilità penali dei membri del governo (presidente del Consiglio dei ministri e ministri) per atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni. Si tratta infatti di una deroga al principio generale di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, giustificata dalla delicatezza e dalla specificità del ruolo dei ministri. La sua disciplina è affidata alla legge costituzionale n. 1/1989 che ha modificato, tra gli altri, l’art. 96 Cost.

Come funziona il procedimento

Il procedimento che si svolge davanti a questa autorità segue un iter ben definito:

  1. Indagini preliminari: la competenza a svolgere le indagini spetta alla Procura della Repubblica del tribunale ordinario competente per territorio. Se emergono elementi di reato, il fascicolo viene trasmesso al Tribunale dei Ministri.
  2. Valutazione preliminare: il Tribunale esamina il caso per stabilire se sussistano i presupposti per procedere. Se ritiene che vi siano elementi sufficienti, trasmette la richiesta alla Camera di appartenenza del ministro interessato per l’autorizzazione a procedere.
  3. Autorizzazione parlamentare: l’autorizzazione a procedere è un passaggio fondamentale. Il Parlamento valuta se il reato contestato sia connesso all’esercizio delle funzioni governative e decide se concedere o meno l’autorizzazione alla prosecuzione del processo.
  4. Giudizio: in caso di autorizzazione, il Tribunale dei Ministri procede secondo le normali regole del processo penale.

Le competenze del Tribunale dei Ministri

Il Tribunale dei Ministri è un organo di garanzia della legalità dell’azione di governo. La sua esistenza testimonia l’importanza di assicurare che anche i membri del Governo siano responsabili delle proprie azioni e che non godano di impunità.

Il Tribunale dei Ministri per questo ha competenza esclusiva sui reati commessi dai membri del Governo nell’esercizio delle loro funzioni. Le principali tipologie di reati su cui può pronunciarsi sono:

  • abuso di potere
  • corruzione
  • concussione
  • omissioni di atti d’ufficio

L’autorità giudiziaria non ha invece competenza su reati comuni commessi dai ministri al di fuori delle loro funzioni governative, i quali restano di competenza della giustizia ordinaria.

 

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principio di sussidiarieta

Principio di sussidiarietà: la guida Principio di sussidiarietà: definizione, normativa, giurisprudenza e importanza ai fini dell’applicazione del principio democratico

Cos’è il principio di sussidiarietà?

Il principio di sussidiarietà è un cardine dell’organizzazione dei poteri pubblici, finalizzato a garantire che le decisioni siano prese al livello più vicino possibile ai cittadini. Questo principio, che si applica tanto in ambito verticale (tra Stato, Regioni ed enti locali) quanto in ambito orizzontale (tra Pubblica Amministrazione e cittadini), promuove l’autonomia e la responsabilizzazione dei soggetti coinvolti, evitando interventi superiori se un’entità più vicina può adempiere adeguatamente ai compiti richiesti.

Qual è la normativa di riferimento?

La normativa di riferimento di questo principio è rappresentata dalla Costituzione italiana e da diverse leggi ordinarie.

  • Articolo 118 della Costituzione: sancisce il principio in ambito verticale, stabilendo che le funzioni amministrative spettano agli enti più vicini ai cittadini, salvo necessità di intervento a livelli superiori. Il quarto comma introduce anche la sussidiarietà orizzontale, favorendo l’iniziativa privata nell’interesse generale.
  • Articolo 5 della Costituzione: promuove il decentramento amministrativo, che è alla base del principio di sussidiarietà verticale.
  • Legge costituzionale n. 3/2001: riformando il Titolo V della Costituzione, ha rafforzato l’autonomia di Regioni ed enti locali, specificando il principio di sussidiarietà.
  • Legge n. 59/1997 (Bassanini): prevede il trasferimento di funzioni dallo Stato agli enti locali, attuando il principio di sussidiarietà verticale.

La giurisprudenza sul principio di sussidiarietà

La giurisprudenza costituzionale e amministrativa ha avuto un ruolo fondamentale nell’interpretare e applicare  questo principio.

  • La Corte costituzionale ha ribadito in diverse occasioni che l’intervento dello Stato deve avvenire solo quando gli enti territoriali non siano in grado di garantire adeguatamente i servizi richiesti. La sentenza n. 303/2003 ha chiarito i confini tra competenze legislative statali e regionali.
  • Il Consiglio di Stato ha affrontato casi di sussidiarietà orizzontale, riconoscendo il ruolo delle associazioni e dei cittadini nella gestione di beni comuni e servizi pubblici, nel rispetto del principio di efficienza amministrativa.
  • La Corte di Giustizia dellUnione Europea ha integrato questo principio con il diritto comunitario. L’Unione Europea interviene infatti solo quando gli obiettivi non possono essere sufficientemente raggiunti a livello nazionale o locale.

L’importanza del principio di sussidiarietà

Questo principio rappresenta uno strumento essenziale per garantire l’efficienza e la partecipazione democratica nella gestione della cosa pubblica. In ambito verticale, evita accentramenti eccessivi di potere, valorizzando le autonomie locali. In ambito orizzontale invece, promuove la collaborazione tra pubblico e privato, incentivando l’attività dei cittadini per il bene comune.

 

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divieto di sosta

Divieto di sosta: cos’è e come funziona Il divieto di sosta: definizione, normativa di riferimento, funzionamento, differenze con la fermata e sanzioni  per la sua violazione

Cos’è il divieto di sosta

Il divieto di sosta è una prescrizione normativa prevista dall’art. 158 del Codice della Strada. La norma vieta la sosta dei veicoli in determinate aree e spazi per garantire la sicurezza stradale e il regolare flusso del traffico. La sosta consiste nell’‘interruzione della marcia di un veicolo, protratta nel tempo e senza la presenza del conducente.

Più precisamente, l’art. 157 del Codice della Strada definisce la sosta come la “sospensione della marcia del veicolo protratta nel tempo, con possibilità di allontanamento da parte del conducente.”

Come funziona

Il divieto di sosta può essere segnalato tramite:

  • segnaletica verticale, ovvero cartelli stradali con il simbolo di divieto;
  • segnaletica orizzontale, rappresentata da linee gialle o zebrature sul manto stradale;
  • norme generali, che vietano la sosta in specifiche situazioni anche in assenza di segnaletica (ad esempio in prossimità di incroci, fermate di mezzi pubblici, passi carrabili o dossi artificiali).

Differenza tra divieto di sosta e fermata

Il divieto di sosta non deve essere confuso con la fermata, che consiste nell’arresto temporaneo del veicolo per consentire la salita o la discesa di passeggeri o per esigenze momentanee del traffico. La differenza principale è la durata: la fermata è breve e il conducente deve rimanere al volante, mentre la sosta è più prolungata e può avvenire anche in assenza del conducente.

La multa per divieto di sosta

Le sanzioni per il divieto di sosta variano in base alla gravità dell’infrazione:

  • sanzione amministrativa pecuniaria, che può variare da 42 a 173 euro per le auto e da 25 a 100 euro per i ciclomotori e motocicli (art. 158 CdS). Sanzioni più elevate sono previste invece per chi sosta sui passaggi e attraversamenti pedonali, e sui passaggi per ciclisti, sulle piste ciclabili e agli sbocchi delle medesime, così come per chi sosta negli spazi riservati alle donne in gravidanza, agli invalidi, sulle banchine e nelle corsie o carreggiate riservate ai mezzi pubblici;
  • decurtazione punti patente, in caso, ad esempio, di sosta in aree per disabili senza autorizzazione o negli spazi riservati allo stazionamento e alla fermata degli autobus, dei filobus e dei mezzi circolanti sulle rotaie,
  • rimozione forzata del veicolo, nei casi più gravi o quando il mezzo rappresenta un ostacolo alla circolazione.

Come contestare la multa

Chi riceve una multa per divieto di sosta può contestarla presentando:

  1. ricorso al Prefetto (entro 60 giorni dalla notifica del verbale di contestazione dell’infrazione), allegando eventuali prove o motivazioni valide;
  2. ricorso al Giudice di Pace (entro 30 giorni dalla notifica del verbale di contestazione dell’infrazione), pagando il contributo unificato obbligatorio.

Le motivazioni per l’annullamento possono includere anche errori nella compilazione del verbale, assenza di segnaletica chiara o cause di forza maggiore.

 

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dl salva casa

DL Salva Casa: le linee guida del ministero In occasione del tavolo sulla casa, pubblicate dal MIT le linee guida sull'attuazione del DL Salva Casa

DL Salva Casa: linee guida

Sono state Pubblicate le linee guida sull’attuazione del Dl Salva Casa (dl n. 69/2024 convertito dalla l. n. 105/2024). Presentate nel corso della riunione del Tavolo sulla Casa, al MIT, le linee guida sono un importante strumento a supporto degli Enti territoriali.

Semplificazione delle regole

Il MIT ha puntato sulla semplificazione delle regole a vantaggio del cittadino (per esempio, con il silenzio assenso sulle domande edilizie entro 45 giorni); sugli sportelli unici comunali che parleranno con Sovrintendenze e Regioni, evitando che il cittadino giri troppi uffici, potendo sanare anche difformità su immobili vincolati; sulla semplificazione per recupero sottotetti e cambi di destinazione d’uso.“Da oggi – ha spiegato il ministro Salvini – milioni di italiani potranno tornare pienamente proprietari dei loro immobili, comprarli o venderli, con ricadute positive sull’economia: più immobili sul mercato, affitti e prezzi meno cari”.

I punti più importanti delle linee guida DL Salva Casa

Di seguito, alcuni dei punti più significativi delle linee guida elaborate dal MIT:

1. STATO LEGITTIMO – VERIFICA TITOLI PREGRESSI

Problematica

Prima del DL Salva Casa, chiunque avesse voluto presentare una pratica edilizia al Comune, relativa, per esempio, a una ristrutturazione o persino al semplice rinnovo degli impianti esistenti, avrebbe dovuto ricostruire lo “stato legittimo” dell’immobile, ovverosia la sua storia costruttiva, a partire dal momento della sua costruzione sino all’ultimo intervento eseguito, con notevole dispendio di tempo ed energie dovuto alla necessità di controllare, e, prima ancora, di reperire, l’intera catena dei titoli.

Soluzione DL Salva Casa

Il DL Salva Casa ha notevolmente semplificato l’iter, in quanto consente al cittadino di poter dimostrare lo stato legittimo dell’immobile ricostruendo la sua storia a partire dall’ultimo intervento eseguito, sempreché risulti che il Comune abbia già verificato la regolarità della catena di titoli precedenti.

Chiarimenti Linee guida

Per chiarire come leggere questa previsione normativa, il MIT sta definendo apposite linee interpretative di ausilio all’attuazione del DL Salva Casa, di imminente pubblicazione. Nelle linee guida sarà chiarito che la verifica dei titoli pregressi da parte degli uffici comunali potrà essere presunta qualora nella modulistica relativa all’ultimo intervento il cittadino abbia debitamente indicato gli estremi dei titoli pregressi. Viene così pienamente valorizzato il legittimo affidamento del cittadino rispetto all’operato della Pubblica amministrazione che, in occasione delle verifiche pregresse, non abbia mai rilevato motivi ostativi all’ottenimento dei titoli. Tale meccanismo potrà essere applicato sia ai titoli rilasciati dalla PA (come nel caso di un permesso di costruire), sia ai titoli formatisi in virtù di un silenzio assenso (come nel caso della SCIA).

2. UTILIZZO NUOVE PROCEDURE IN SANATORIA

Novità DL Salva Casa

Una delle novità più significative introdotte con il DL Salva Casa consiste nella possibilità di avviare procedimenti “a finalità multipla”. Infatti, la riforma, come noto, consente al cittadino di risparmiare tempo ed energie presentando al Comune un’unica istanza sia per effettuare il cambio d’uso, sia per effettuare le opere edilizie funzionali alla nuova destinazione dell’immobile. In tal caso, gli uffici comunali avvieranno, appunto, un procedimento a “finalità multipla”, all’interno del quale, per ragioni di economia procedurale, verrà contestualmente vagliata sia la legittimità dell’intervento da eseguire che del cambio d’uso richiesto. All’esito, verrà rilasciato un unico titolo abilitativo.

Chiarimenti Linee guida

Sebbene questa innovazione sia stata prevista espressamente soltanto nel quadro delle agevolazioni ai cambi di destinazione d’uso, le linee guida MIT chiariscono che è possibile attivare un procedimento “a finalità multipla” per tutti gli obiettivi di trasformazione edilizia previsti dal DL Salva Casa. A titolo esemplificativo, un cittadino potrà presentare un’unica istanza in cui, contestualmente, chiede la sanatoria di una difformità del passato e il cambio d’uso dell’immobile condizionato alla sanatoria.

3. SANATORIA PICCOLE DIFFORMITÀ

Problematica

Prima del DL Salva Casa, in moltissimi casi non sarebbe stato possibile ottenere la sanatoria di interventi realizzati su immobili sottoposti a vincolo, in ragione dei rigidi presupposti richiesti per l’accertamento della compatibilità paesaggistica regolata dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. In particolare, non sarebbe stato possibile in nessun caso sanare difformità, anche di lieve o minima entità, nel caso in cui queste avessero comportato un aumento di volumi o di superfici.

Soluzione DL Salva Casa

Il DL Salva Casa ha posto rimedio a questa eccessiva rigidità del sistema, consentendo ai cittadini di presentare agli uffici comunali un’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica anche nell’ipotesi di aumento di volumi o superfici. In tal caso, senza che operi alcuna preclusione, verrà infatti attivato un sub-procedimento volto ad acquisire entro tempi certi (con clausola del silenzio-assenso) apposito parere sia da parte della Regione (o dall’ente delegato) che della Soprintendenza ai fini della positiva conclusione del procedimento principale di sanatoria ordinaria.

Chiarimenti Linee guida

A fronte delle segnalazioni raccolte da numerose amministrazioni comunali, che segnalano la resistenza di alcune Soprintendenze nell’attuazione delle novità del DL Salva Casa, le linee guida MIT specificano la piena operatività del meccanismo in sanatoria disciplinato nel nuovo articolo 36-bis, comma 4 del testo unico edilizia. La nuova procedura prevede che, per gli immobili vincolati, il proprietario o l’avente titolo presenti una unica istanza di sanatoria allo sportello unico edilizia del Comune, che provvederà ad inoltrare la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica in sanatoria alle amministrazioni preposte anche nel caso in cui la difformità abbia determinato aumenti di volumi e superfici. Ogni fase procedimentale è scandita da tempi chiaramente individuati dalla legge e dalla regola del silenzio-assenso.

4. REGOLARIZZAZIONE VARIANTI ANTE ‘77

Problematica

Prima del DL Salva Casa era difficile, se non impossibile, sanare le difformità, realizzate nella costruzione degli immobili realizzati prima del 30 gennaio 1977, anche se di modesta entità. La disciplina applicabile prima del 30 gennaio 1977 – data di entrata in vigore della cd. legge Bucalossi, che ha subordinato il diritto a costruire ad un titolo edilizio rilasciato dall’amministrazione comunale a fronte del pagamento di un corrispettivo – non prevedeva, infatti, alcuna procedura per l’approvazione delle varianti in corso d’opera. Si ricorda che gli immobili ante ‘77 coprono una percentuale significativa del patrimonio edilizio nazionale.

Novità DL Salva Casa

Il DL Salva Casa consente al cittadino di accedere a una speciale procedura di regolarizzazione delle parziali difformità compiute nel corso dei lavori attinenti a un titolo rilasciato prima del 30 gennaio 1977. Il cittadino viene così posto nelle condizioni di riportare in maniera agevole nell’alveo della legalità interventi risalenti, per i quali era prassi non presentare varianti in corso d’opera, non essendo prevista una procedura per effettuarle. Basterà, infatti, presentare una SCIA in sanatoria e provvedere al pagamento della relativa sanzione.

Chiarimenti Linee guida

Per chiarire quali sono i casi per i quali è possibile accedere a questa procedura, le linee guida del MIT specificano che è sufficiente che le varianti da regolarizzare siano state eseguite nell’ambito dei lavori riconducibili ad un titolo rilasciato prima del 30 gennaio 1977, anche se le stesse siano state realizzate in data successiva.

Le citate linee guida intervengono poi sugli aspetti di maggiore semplificazione, ravvisabili sia dal lato dei controlli, sia dal lato del trattamento sanzionatorio: per quanto riguarda il primo aspetto, viene definitamente chiarito che gli uffici comunali, diversamente da quanto accade nelle ordinarie pratiche di sanatoria, non sono chiamati ad effettuare alcuna verifica in ordine alla conformità della variante rispetto alla disciplina urbanistica ed edilizia; per quanto riguarda, invece, il secondo aspetto, viene chiarito che il cittadino sarà soggetto a una sanzione compresa tra i 1.032 e i 10.328 euro e, quindi, al trattamento sanzionatorio di maggior favore già previsto per l’accertamento di conformità degli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA edilizia.

5. TOLLERANZE E IMMOBILI

Novità DL Salva Casa

Il DL Salva Casa, con l’intento di ricondurre nell’alveo della legalità irregolarità di minima entità esclusivamente dovute ai limiti insiti nelle tecniche costruttive utilizzate in passato, ha ampliato il perimetro delle tolleranze costruttive ante 24 maggio 2024, stabilendo che, a determinate condizioni, scostamenti superiori al 2% rispetto alle misure progettuali non costituiscono violazione edilizia né, in caso di immobile sottoposto a vincolo, necessitano di autorizzazione paesaggistica.

Chiarimenti Linee guida

Le linee guida MIT precisano – come esplicitamente previsto dal DL Salva casa – che le tolleranze calcolate sulle nuove soglie (dal 2 al 6%, a seconda della superficie dell’unità immobiliare) possono essere fatte valere anche su immobili vincolati.

6. SANZIONI APPLICABILI PROCEDURE IN SANATORIA

Novità DL Salva Casa

Il DL Salva Casa subordina l’efficacia della SCIA in sanatoria per la regolarizzazione delle parziali difformità e delle variazioni essenziali al pagamento di un importo pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dall’Agenzia delle entrate e comunque compreso tra i 1.032 e i 10.328 euro se l’intervento risponde alla doppia conformità “attenuata” e tra i 516 e i 5.164 euro se l’intervento risponde invece alla doppia conformità “tradizionale”.

Chiarimenti Linee guida

Le linee guida MIT forniscono criteri metodologici orientativi a favore dei Comuni per la corretta determinazione delle sanzioni in esame, invitandoli a fare riferimento alle prassi applicative già in uso prima dell’entrata in vigore del DL Salva Casa.

Nel caso in cui il Comune ritenga che l’intervento non abbia determinato un aumento del valore venale dell’immobile, potrà essere applicata direttamente una sanzione pari alle soglie minime edittali, senza la necessità di coinvolgere gli uffici dell’Agenzia delle entrate.

Negli altri casi, viceversa, si specifica che le sanzioni – secondo quanto previsto dalla nuova modulistica in corso di adozione – saranno corrisposte in due fasi: una prima parte della sanzione al momento della presentazione dell’istanza di SCIA in sanatoria; il conguaglio all’esito della quantificazione dell’incremento del valore venale da parte dell’Agenzia delle entrate.

7. MUTAMENTO DELLA DESTINAZIONE D’USO

Problematica

Prima del DL Salva Casa, chiunque avesse voluto usare, per qualsiasi ragione, il proprio immobile per scopi diversi da quelli fino ad allora prescelti, per esempio passando da una destinazione residenziale a una turistico-ricettiva, avrebbe dovuto fronteggiare tutte le difficoltà che, come noto, contraddistinguono un contesto normativo frammentato. Il cittadino avrebbe dovuto orientarsi, quindi, nei meandri di una disciplina urbanistico-edilizia stratificatasi nel tempo, attenzionando con la dovuta cautela le condizioni, le limitazioni e i divieti di volta in volta eventualmente previsti dalle normative regionali e dagli strumenti di pianificazione urbanistica comunale.

Soluzione DL Salva Casa

Il DL Salva Casa ha notevolmente semplificato queste verifiche, introducendo disposizioni di principio volte a ritenere sempre ammissibile il mutamento di destinazione d’uso tra le categorie funzionali più affini (residenziale, turistico-ricettiva, produttiva-direzionale e commerciale), ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni

Chiarimenti Linee guida

Per chiarire come dare attuazione a questa previsione, le linee interpretative di ausilio all’attuazione del DL Salva Casa predisposte dal MIT chiariscono che queste condizioni devono essere specificamente individuate dai Comuni, tenuto conto anche di quanto già previsto negli strumenti urbanistici comunali, mediante apposite determinazioni adottate dopo l’entrata in vigore del DL Salva Casa. L’obiettivo è evitare qualsiasi margine di ambiguità in merito alle condizioni richieste dai Comuni per i mutamenti di destinazione d’uso, evitando che tali condizioni possano essere derivate implicitamente da strumenti urbanistici approvati prima del DL Salva Casa, come tali non coerenti con la semplificazione operata dalla riforma.

8. MUTAMENTO DESTINAZIONE D’USO – ONERI URBANISTICI

Problematica

Prima del DL Salva Casa, il cittadino che avesse voluto modificare in maniera incisiva l’uso fatto del proprio immobile, passando, per esempio, da una destinazione residenziale a una commerciale, avrebbe dovuto pagare un importo, anche rilevante, a titolo di contributo per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria. Non solo. Il Comune avrebbe anche potuto chiedere di cedere o di reperire, acquistandole a prezzo di mercato, aree per la realizzazione di opere pubbliche, da destinare per esempio a parcheggi, o, in alternativa, di pagare un’ulteriore somma di denaro (cd. “monetizzazione”), sempreché tale ultima possibilità fosse prevista dalla legge regionale.

Soluzione DL Salva Casa

Il DL Salva Casa, venendo incontro a coloro i quali intendano usare il proprio immobile in modo diverso rispetto al passato nell’ambito delle categorie funzionali più affini (residenziale, turistico-ricettiva, produttiva-direzionale e commerciale), ha escluso l’obbligo di reperire aree da cedere al Comune per la realizzazione di servizi di interesse generale o di parcheggi, confermando invece l’obbligo di corrispondere, se previsto, il contributo per gli oneri di urbanizzazione secondaria.

Chiarimenti Linee guida

Per chiarire ulteriormente cosa al cittadino spetti o non spetti pagare, le linee guida di prossima pubblicazione specificano che nemmeno è dovuto il contributo per gli oneri di urbanizzazione primaria, il cui pagamento, in un contesto già urbanizzato e quindi già dotato, per esempio, di strade residenziali, illuminazione e fognature, si  risolverebbe in una mera duplicazione di costi a carico del richiedente, senza alcun vantaggio correlato. Come ulteriore ausilio, il cittadino viene informato che l’esonero dal reperimento delle aree e dal pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria opera anche in presenza di disposizioni comunali contrarie.

9. SOTTOTETTI

Problematica

Già prima dell’entrata in vigore del DL Salva Casa, molte Regioni si sono dotate di normative finalizzate a consentire il recupero dei sottotetti a fini abitativi. Tenuto conto degli effetti positivi registratisi in termini di ampliamento dell’offerta abitativa e di contrasto al consumo di nuovo suolo, si è ritenuto opportuno incentivare il ricorso allo strumento, mediante misure di semplificazione.

Soluzione DL Salva Casa

Sul punto, il DL Salva Casa ha introdotto una deroga in materia di distanze, consentendo l’intervento di recupero del sottotetto anche in quei casi in cui non sia possibile rispettare le distanze minime tra gli edifici e dai confini, come accade, ad esempio, all’interno di contesti già totalmente urbanizzati. Il cittadino, per avvalersi di questa semplificazione, dovrà tuttavia mantenere inalterata la distanza preesistente e non potrà né alterare la forma e la superficie del sottotetto, né sopraelevare, fatto salvo il caso in cui sia autorizzato ad apportare tali modifiche dalla legge regionale.

Pertanto, a titolo esemplificativo, ci si potrà avvalere della deroga in materia di distanze nel caso in cui l’intervento di recupero consista in un mero cambio d’uso con opere interne al sottotetto ovvero in una ristrutturazione della copertura comportante esclusivamente una rotazione delle falde, ma non nel caso in cui l’intervento comporti anche la sopraelevazione della gronda.

Chiarimenti Linee guida

Le linee guida MIT rimarcano come le semplificazioni introdotte dalla riforma potranno operare in tutte quelle regioni che sono già intervenute o interverranno in futuro con proprie disposizioni a regolare gli interventi di recupero dei sottotetti, anche se la disciplina regionale prevede solo una regolazione parziale degli interventi in esame.

referendum abrogativo

Il referendum abrogativo Referendum abrogativo: strumento di democrazia diretta previsto dall’articolo 75 della Costituzione e disciplinato dalla legge n. 352/1972

Cos’è il referendum abrogativo

Il referendum abrogativo rappresenta uno degli strumenti di democrazia diretta previsti dall’ordinamento italiano. Disciplinato dall’articolo 75 della Costituzione, permette ai cittadini di intervenire direttamente sull’abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente forza di legge.  La disciplina di dettaglio che regola il funzionamento del referendum abrogativo è contenuta nella legge n. 352/1972. Il titolo II di questa legge, dall’articolo 27 all’articolo 40, contiene infatti la disciplina del “Referendum previsto dall’articolo 75 della Costituzione.”

Analizziamo i punti essenziali che caratterizzano questa importante forma di partecipazione popolare.

L’articolo 75 della Costituzione: cosa prevede

L’articolo 75 stabilisce che il referendum abrogativo può essere indetto su richiesta di 500.000 elettori o di cinque Consigli regionali. Questo strumento consente di abrogare, totalmente o parzialmente, una norma legislativa. Ci sono delle leggi però che non possono essere abrogate tramite referendum, ossia:

  • le leggi tributarie e di bilancio;
  • le leggi di amnistia e indulto;
  • le leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali.

Questa limitazione garantisce che il referendum non interferisca con norme fondamentali per il funzionamento dello Stato e la stabilità internazionale.

Come si svolge il referendum abrogativo

La richiesta di consultazione proveniente dagli elettori o dai consigli regionali deve essere depositata antro il 30 settembre all’Ufficio centrale presso la Corte di Cassazione. Questo controllo ha lo scopo primario di verificare che la richiesta abrogativa sia conforme alle norme vigenti. Se il quesito supera questo passaggio passa alla Corte costituzionale, che esegue il controllo di ammissibilità della proposta. Superata questa fase il referendum viene indetto e sottoposto al voto popolare.

Perché il risultato del referendum sia valido, è necessario il raggiungimento del quorum, ossia la partecipazione della metà più uno degli aventi diritto al voto e la maggioranza dei voti espressi validamente. In caso di esito positivo, la legge o la norma oggetto del quesito viene abrogata.

I limiti e il ruolo della Corte costituzionale

Il controllo della Corte costituzionale è un passaggio cruciale. Esso valuta infatti la conformità del quesito rispetto ai principi costituzionali e alle limitazioni stabilite dall’articolo 75 della Costituzione. Questa verifica previene abusi dello strumento referendario e garantisce la chiarezza del quesito, così da permettere una scelta consapevole da parte degli elettori.

L’importanza del referendum abrogativo

Il referendum abrogativo rappresenta un importante strumento di partecipazione democratica, consentendo ai cittadini di influire direttamente sulle leggi che regolano il loro vivere quotidiano. Tuttavia, il rispetto delle procedure previste e la chiarezza del quesito sono elementi essenziali per il successo di questo strumento.

Gli altri istituti di democrazia diretta

Oltre al referendum abrogativo disciplinato dall’articolo 75, la Costituzione italiana prevede altri strumenti di democrazia diretta che permettono ai cittadini di partecipare attivamente al processo legislativo e decisionale.

Tra questi spicca l’iniziativa legislativa popolare, regolata dall’articolo 71 della Costituzione, che consente a 50.000 elettori di presentare un progetto di legge direttamente alle Camere. Questo strumento offre ai cittadini la possibilità di proporre interventi normativi su temi di interesse collettivo.

Un altro istituto importante è il referendum costituzionale, previsto dall’articolo 138, utilizzato per approvare o respingere modifiche alla Costituzione.

Infine, esistono forme di consultazione locale, come i referendum comunali e regionali, che permettono ai cittadini di esprimersi su questioni territoriali specifiche.

Questi strumenti, pur con funzioni e applicazioni diverse, condividono l’obiettivo di rafforzare la partecipazione popolare nelle decisioni pubbliche e consolidare i principi democratici sanciti dalla Costituzione​​.

 

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