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Ddl Valditara: le nuove misure per la scuola Ddl Valditara: voto numerico in condotta per studenti delle scuole medie e superiori, lo studente che ha 5 in condotta viene bocciato

Ddl Valditara: voto numerico in condotta, bocciato chi ha 5

La Camera, nella giornata di mercoledì 25 settembre 2024, ha approvato definitivamente il Ddl del Ministro Valditara n. 1830. Il testo, che ha ricevuto 154 voti favorevoli, 97 contrari e 7 astenuti, prevede novità molto importanti. Il ddl, che diventa legge dello Stato, mira a responsabilizzare gli studenti, ma anche a tutelare e restituire autorevolezza al personale scolastico. Chi riceve un 5 in condotta viene bocciato. Il comportamento torna infatti a essere valutato con i numeri. Chi aggredisce chi lavora nelle scuole viene multato.

Vediamo più in dettaglio cosa prevede il testo.

Voto numerico per la condotta dello studente

Dall’anno scolastico in corso 2024/2025, il voto per la condotta dello studente torna a essere numerico nelle scuole medie e superiori. Le elementari sono escluse. Per i più piccoli le valutazioni dovranno essere effettuate con giudizi sintetici. Un’ ordinanza del Ministero dell’istruzione definirà le modalità di valutazione.

I ragazzi delle scuole medie e superiori che non avranno almeno 6 in condotta verranno bocciati.

Nelle scuole superiori inoltre, se lo studente ha 6 in condotta, avrà un debito formativo e dovrà presentare un elaborato in materia di educazione civica che dovrà esporre nel corso di un colloquio. Qualora non ottenga la sufficienza lo studente non potrà frequentare l’anno successivo del percorso scolastico.

Voto: importante per il percorso e la maturità

Per i ragazzi delle scuole superiori il voto in condotta diventa molto importante durante il percorso  scolastico, per essere ammessi di anno in anno a quello successivo, ma anche per l’esame di maturità. Lo studente o la studentessa che non avranno 9 o il voto massimo in condotta non potranno ottenere il voto più alto alla maturità.

Durata e conseguenze della sospensione

La sospensione dalla scuola come conseguenza di comportamenti violenti comporterà l’obbligo di svolgere attività di recupero.

Qualora la sospensione dalla scuola superi i 2 giorni lo studente dovrà svolgere attività di cittadinanza solidale all’interno di enti convenzionati aderenti al progetto, come ospedali e case di riposo.

Multe per chi aggredisce il personale scolastico

Per contrastare il fenomeno della violenza degli studenti sui docenti e sul personale della scuola il Ddl Valditara introduce multe salate in caso di aggressione. Le sanzioni pecuniarie saranno applicate nella misura minima di 500 euro fino all’importo massimo di 10.000 euro se lo studente o la studentessa saranno condannati con sentenza per reati commessi ai danni del personale dirigente, docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario.

Il denaro versato a titolo di risarcimento del danno all’immagine della scuola sarà destinato all’istituto scolastico per acquistare materiale didattico.

Sezioni a metodo didattico differenziato

L’articolo 2 del testo consente invece alle sezioni delle scuole dell’infanzia e primarie che abbiano applicato il metodo didattico Montessori fino a oggi, di applicarlo in modo stabile.

A partire dall’anno scolastico 2025/2026 è prevista la possibilità, per le scuole del primo ciclo, di attivare classi di scuola secondaria di primo grado nelle quali adottare il Metodo Montessori. L’istituzione di queste classi è subordinata all’autorizzazione del dirigente scolastico e deve avvenire nei limiti delle risorse, dell’organico e degli strumenti a disposizione.

Il Ministero può inoltre autorizzare corsi annuali di differenziazione didattica con  il metodo Agazzi per le scuole dell’infanzia e con il metodo Pizzigoni per le scuole primarie presso unità ed enti formativi.

 

Leggi anche: Educazione civica a scuola: le nuove linee guida

patente nautica

Patente nautica a 16 anni Patente nautica a 16 anni: questa una delle tante novità introdotte dal decreto n. 133/2024 che si occupa anche di sicurezza e velocità 

Patente nautica anche per i sedicenni

Patente nautica di categoria D, tipo D1 a 16 anni. Questa una delle tante novità previste dal decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti del 17 settembre 2024 n. 133. Il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 222 del 21.09.2024, contiene il regolamento di modifica del decreto n. 146/2008, che concerne il regolamento di attuazione dell’art. 65 del dlgs n. 171/2005 che contiene il “Codice della nautica da diporto”.

Il decreto si compone di 101 articoli e di XII allegati, alcuni dei quali in formato grafico. Le novità di maggiore rilievo, che modernizzano le norme nautiche italiane, si occupano di bussola elettronica, limiti di velocità, abilitazione diurna per i sedicenni e i Superyacht.

Vediamo più in dettaglio.

Patente nautica D per chi ha compie 16 anni

L’articolo 28 del decreto prevede che le patenti nautiche di categoria D, che sono abilitazioni speciali, possano essere rilasciate ai soggetti in possesso dei requisiti fisici e psichici indicati nell’allegato I che abbiano compiuto i 16 anni di età. Questa abilitazione consente la sola navigazione diurna e per natanti o imbarcazioni da diporto con scafi di lunghezza massima di 12 metri. Un limite ulteriore è rappresentato dalla distanza, nel senso che i sedicenni potranno guidare solo all’interno delle acque marittime entro sei miglia di distanza dalla costa. La guida delle moto d’acqua invece è consentita entro un miglio di distanza dalla costa.

Percorso di formazione ed esame

Per conseguire la patente i sedicenni devono seguire uno specifico percorso formativo composto da prove teoriche e pratiche e superare un test teorico e una prova pratica.

Sicurezza: bussola elettronica e dotazioni

In materia di sicurezza il decreto introduce la bussola elettronica e definisce i requisiti delle dotazioni di sicurezza come torce, parabordi, salvagenti e zattere, razzi, imbracature e zattere di salvataggio.

Limiti di velocità

Cambiano i limiti di velocità. Il limite è di 8 nodi entro i 500 metri dalla costa. Nelle acque interne il limite è ridotto a 200 metri. Il limite è invece di 3 nodi all’interno dei porti e delle aree con imbarcazioni ancorate.

Gli strumenti di rilevazione della velocità devono essere costruiti per conseguire lo scopo, fissando la velocità dell’unità in un momento determinato, in modo chiaro e accertabile, nel rispetto della riservatezza dell’utente.

Superyacht: registro e sicurezza

L’iscrizione dei Superyacht nel Registro internazionale italiano può essere richiesta anche da chi utilizza l’imbarcazione in virtù di un contratto di leasing. Per la registrazione basta il titolo di proprietà o l’estratto del registro navi in costruzione o l’attestazione di avvio della cancellazione da un altro registro UE, con il certificato di stazza, anche se provvisorio.

Per quanto riguarda invece la sicurezza, il decreto prevede la modifica del regolamento con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti.

referendum

Referendum: i dati del ministero sulle firme digitali Solo ieri raccolte oltre 155mila firme. Via Arenula: sottoscrizioni relative a quesiti referendari inseriti nel sistema

Referendum, ieri raccolte oltre 155.000 firme

Nella sola giornata di ieri la piattaforma digitale istituita dal Ministero della Giustizia per le firme per i referendum ha raccolto complessivamente oltre 155.000 sottoscrizioni relative a tutti i quesiti referendari attualmente inseriti nel sistema.

Una cifra record, fa sapere via Arenula in una nota, “in una giornata nella quale si era verificata una momentanea interruzione fra le ore 13 e le 15 causata da un elevatissimo numero di accessi”.

I tecnici del Dipartimento per l’Innovazione Tecnologica della giustizia, tramite la Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati, hanno immediatamente provveduto a ripristinare il servizio e nelle ore successive la piattaforma ha ripreso a funzionare con picchi di oltre diecimila firme per ogni ora, raggiungendo in serata, pur con fisiologici rallentamenti dovuti all’eccezionale flusso di accessi, il dato record di oltre 155.000 mila sottoscrizioni relative a tutti i referendum attualmente disponibili.

accompagnatori minori

Accompagnatori minori in aereo: niente più sovrapprezzo Accompagnatori minori e disabili: il Consiglio di Stato dichiara illegittimo il sovrapprezzo richiesto dalle compagnie aeree per avere il posto accanto a quello del soggetto vulnerabile

Accompagnatori minori e disabili: stop sovrapprezzo per il posto

Il diritto degli accompagnatori di minori e disabili di occupare il posto accanto al soggetto vulnerabile non può essere subordinato al pagamento di un sovrapprezzo.  Si tratta di una questione di sicurezza e questo obbligo deve essere assolto dal vettore, per cui non può essere condizionato dal pagamento di un sovrapprezzo. Lo ha affermato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 7206-2024.

Accompagnatori minori e disabili in aereo:  ENAC interviene

La vicenda ha inizio quando un’associazione che agisce anche per la difesa dei consumatori effettua una segnalazione all’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione civile). Dopo questa segnalazione ENAC, tenuto conto di quanto disposto dall’AMC 1 del Regolamento UE 965/2012, adotta la disposizione n. 63/2021 per l’adozione di un “Regolamento tecnico per l’assegnazione dei posti a sedere dei minori (2 – 12 anni) e dei disabili e persone a ridotta mobilità (PRM) vicino ai genitori e/o accompagnatori.”

Il provvedimento ENAC persegue la sicurezza in volo

Una compagnia aerea impugna il provvedimento davanti al TAR del Lazio, chiedendone l’annullamento, dopo l’adozione di idonee misure cautelari. Il TAR respinge l’istanza presentata dalla compagnia aerea perché ENAC non ha fatto altro che dare concretezza al regolamento UE n. 956/2012, che prevede l’assegnazione di posti a sedere agli accompagnatori di minori (da 2 a 12 anni) e disabili. Il TAR spiega che il provvedimento di ENAC si pone l’obiettivo di perseguire la sicurezza di passeggeri, senza che rilevino questioni tariffarie.

La richiesta di un prezzo aggiuntivo per l’assegnazione di un posto a sedere garantito “accanto” al passeggero speciale, si traduce in un inadempimento del vettore al regolamento UE in oggetto, ai principi che lo ispirano e all’esercizio dei diritti dei passeggeri.

La compagnia aerea impugna la decisione di fronte al Consiglio di Stato in sede di appello cautelare. Il Consiglio di Stato lo accoglie per inibire l’adozione dei provvedimenti sanzionatori e rinvia al Tribunale per approfondire le questioni di merito. Il TAR però respinge il ricorso, ma accoglie l’istanza di accesso allo studio svolto da ENAC su richiesta dell’associazione.

Consiglio di Stato: della sicurezza è responsabile il vettore

La compagnia aerea impugna la sentenza di fronte al Consiglio di Stato presentando tre motivi di doglianza, che riproducono quelli del ricorso di primo grado.

Il Consiglio di Stato rileva che la questione da risolvere riguarda “l’applicazione di un costo extra – ulteriore rispetto al costo già sostenuto ai fini dell’acquisto del titolo di viaggio – per la fruizione del servizio di selezione del posto a sedere a bordo dei velivoli, pratica condivisa dalla quasi totalità delle compagnie aeree, relativamente all’applicazione di tale costo extra anche in riferimento al posto dell’accompagnatore di minori di 12 anni (oltre che delle persone con mobilità ridotta).”

Si tratta di una pratica che pregiudica gli interessi di categorie deboli e vulnerabili, che necessitano di un accompagnatore durante il volo per prevenire situazioni di pericolo dannose. Questi soggetti hanno infatti difficoltà maggiori a tutelare la propria incolumità.

Per l’assegnazione dei posti agli accompagnatori dei minori e dei disabili le compagnie non seguono regole diverse dall’assegnazione ordinaria. Il meccanismo è casuale, per cui  la vicinanza del posto non è garantita a meno che non si paghi un sovrapprezzo.

La compagnia aerea dichiara di avere sempre rispettato il requisito della vicinanza tra accompagnatore e minore o disabile. Essa precisa comunque che il regolamento UE richiamato da controparte lascia le compagine aeree libere di decidere. Non ci sono infatti disposizioni che impongono di assegnare il posto all’accompagnatore gratuitamente.

La sicurezza in volo non è un servizio extra

Come precisato nel provvedimento impugnato però la sicurezza in volo del minore e del disabile, che viene assicurata grazie alla presenza dell’accompagnatore, non può essere condizionata dal pagamento di un supplemento di prezzo. ENAC infatti, rilevando l’illegittimità di queste politiche, ha disposto la gratuità del posto per l’accompagnatore di persone disabili o di minori fino a 12 anni di età.

Alla luce del Regolamento (UE) 965/2012 e delle indicazioni EASA il Consiglio di Stato ritiene quindi illegittima la richiesta di un costo aggiuntivo, oltre a quello del posto a sedere, per garantire la vicinanza dell’accompagnatore al minore o al disabile per finalità di sicurezza dei passeggeri vulnerabili.

“La safety assicurata dalla vicinitas dell’accompagnatore non può essere considerata un servizio extra di cui poter beneficiare solo previo pagamento di un costo aggiuntivo. La necessità della contiguità dei posti fra minore ed accompagnatore è chiaramente connessa all’obbligo di safety, il cui assolvimento grava sul vettore e non può essere condizionato al pagamento di alcun supplemento”.

 

Leggi anche: “Garante delle persone con disabilità

Allegati

giurista risponde

Riconoscimento qualifiche professionali conseguite all’estero e abilitazione all’insegnamento Le domande di riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite all’estero ai fini dell’abilitazione in Italia all’insegnamento devono definirsi in tempo utile per l’assegnazione degli incarichi di docenza per il prossimo anno scolastico?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante, Giusy Casamassima, Michela Colapinto, Raffaella Alessia Miccoli

 

Le misure organizzative adottate dal Ministero sulla base della sopra menzionata normativa di rafforzamento della capacità amministrativa di recente introduzione inducono ad apprezzare la collaborazione istituzionale, volta ad evitare l’ulteriore proposizione di ricorsi nella materia in esame, ed a ritenere ragionevole la previsione formulata nei chiarimenti, in base alla quale le domande di riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite all’estero ai fini dell’abilitazione in Italia all’insegnamento dovrebbero essere definite in tempo utile per l’assegnazione degli incarichi di docenza per il prossimo anno scolastico (Cons. Stato, Ad. Plen., 22 aprile 2024, n. 6).

Con la pronuncia in rassegna il Consiglio di Stato è stato chiamato a interrogarsi in ottemperanza sulla questione del riconoscimento in Italia delle qualifiche professionali conseguite all’estero.

Nel dettaglio, le ricorrenti, aspiranti docenti di ruolo nelle istituzioni scolastiche pubbliche, hanno vittoriosamente agito nella presente sede giurisdizionale amministrativa contro i dinieghi a suo tempo loro opposti dall’allora Ministero dell’Istruzione (ora dell’Istruzione e del Merito) di riconoscimento in Italia delle qualifiche professionali dalle stesse conseguite all’estero, secondo la direttiva 2005/36/CE del 7 settembre 2005 (relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali).

Il giudicato formatosi a definizione dei giudizi di annullamento dei dinieghi in questione, di cui alla sentenza della Adunanza Plenaria del 28 dicembre 2022, n. 18, ha stabilito che l’allora Ministero dell’Istruzione è tenuto a: i) «esaminare «l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli», posseduti da ciascuna interessata; non dunque a «prescindere» dalle attestazioni rilasciate dalla competente autorità dello Stato d’origine»; ii) «procedere quindi ad «un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale», onde accertare se le stesse interessate abbiano o meno i requisiti per accedere alla professione regolamentata di insegnante, eventualmente previa imposizione delle misure compensative di cui al sopra richiamato art. 14 della direttiva».

A fronte dell’inerzia serbata dall’Amministrazione successivamente al giudicato, le ricorrenti hanno quindi agito nel presente giudizio per la relativa ottemperanza.

Con l’ordinanza del 4 dicembre 2023, n. 17, l’Adunanza Plenaria ha riunito i ricorsi per ragioni di connessione e ha disposto un’istruttoria, con la quale ha chiesto al Ministero dell’Istruzione e del Merito chiarimenti su eventuali misure di carattere normativo, regolamentare e organizzativo adottate per definire le domande di riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite all’estero per l’abilitazione all’insegnamento in Italia.

L’incombente istruttorio è stato adempiuto con la nota del Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito in data 5 febbraio 2024 (prot. n. 486).

Con l’innanzi indicata ordinanza istruttoria 17/2023 la Adunanza Plenaria ha chiesto al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito di riferire sull’adozione di «misure di razionalizzazione e di semplificazione delle procedure di riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute all’estero», con l’obiettivo di «deflazionare l’arretrato accumulatosi presso gli uffici ministeriali – nel rispetto delle posizioni soggettive dei singoli interessati – e di contenere l’ingente contenzioso amministrativo sviluppatosi in materia».

Con la nota di riscontro del 5 febbraio 2024, il Capo Dipartimento ha innanzitutto rappresentato che è stato di recente rafforzato l’organico della competente direzione generale, ovvero quella per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionali di istruzione. Inoltre, egli ha sottolineato che è stata data attuazione all’art. 5, comma 18, del D.L. 22 aprile 2023, n. 44 (recante “Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche”, convertito dalla L. 21 giugno 2023, n. 74), il quale prevede che «(i)l Ministero dell’istruzione e del merito, sulla base di una convenzione triennale, si avvale del Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche per le attività connesse al riconoscimento dei titoli di abilitazione all’insegnamento ovvero di specializzazione sul sostegno conseguiti all’estero».

A questo specifico riguardo, il Capo del Dipartimento ha riferito che dopo la stipula della convenzione il Centro è attualmente operativo ed è impegnato nell’istruttoria delle domande di riconoscimento, secondo quanto previsto nell’accordo.

Sulla base di queste misure di carattere organizzativo, conclude la nota, è stato fissato l’«obiettivo di definire tutte le posizioni soggettive dei richiedenti il riconoscimento del titolo estero entro il 30 giugno 2024», in tempo per l’assegnazione degli incarichi per il prossimo anno scolastico; in parallelo si prevede che il contenzioso attualmente pendente in sede giurisdizionale amministrativa in materia sia portato a graduale definizione.

Tanto premesso in merito alla questione giuridica e alla luce dei chiarimenti depositati dall’Amministrazione, la Corte ha ritenuto che la presente controversia possa ritenersi sufficientemente istruita, senza necessità di sentire il Capo del Dipartimento.

Le misure organizzative adottate dal Ministero sulla base della sopra menzionata normativa di rafforzamento della capacità amministrativa di recente introduzione inducono ad apprezzare la collaborazione istituzionale, volta ad evitare l’ulteriore proposizione di ricorsi nella materia in esame, ed a ritenere ragionevole la previsione formulata nei chiarimenti, in base alla quale le domande di riconoscimento dei titoli di qualificazione professionale acquisiti all’estero ai fini dell’abilitazione in Italia all’insegnamento dovrebbero essere definite in tempo utile per l’assegnazione degli incarichi di docenza per il prossimo anno scolastico.

 

Contributo in tema di “Riconoscimento delle dei titoli di qualificazione professionale conseguiti all’estero e relativa abilitazione all’insegnamento”, a cura di Claudia Buonsante, Giusy Casamassima, Michela Colapinto, Raffella Alessia Miccoli, estratto da Obiettivo Magistrato n. 76 / Luglio 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

guinzaglio e museruola

Guinzaglio e museruola: obbligatori dal 3 settembre 2024 Guinzaglio e museruola obbligatori dal 3 settembre 2024 in base all’ordinanza 06.08.2024 del Ministero della Salute 

Guinzaglio e museruola: l’ordinanza del 6 agosto 2024

Museruola e guinzaglio obbligatori dal 3 settembre 2024. Lo ha stabilito il Ministero della Salute con l’ordinanza del 6 agosto 2024 con cui ha prorogato l’ordinanza contingibile e  urgente del 6 agosto 2013 sulla tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani.

L’ordinanza del 2013, modificata nel corso degli anni, era già stata prorogata, da ultimo, con l’ordinanza del 9 agosto 2023. L’ordinanza del  6 agosto proroga per altri 12 mesi, a partire dal 3 settembre 2024, il termine di validità delle disposizioni dell’ordinanza del 2013.

Guinzaglio e museruola: casi di esonero

Sono esonerati dal rispetto delle regole da essa previste i cani impiegati dalle Forze Armate, dai Vigili del Fuoco e dalla Protezione civile.

Guinzaglio e museruola e obbligo di raccolta delle feci invece non sono obbligatori per i cani che assistono i disabili.

Guinzaglio e museruola infine non sono obbligatori per i cani che svolgono il lavoro di pastore.

Regole di prevenzione: guinzaglio e museruola

L’ordinanza all’articolo 1 impone ai proprietari dei cani l’obbligo di adozione delle seguenti misure:

  • utilizzare il guinzaglio a una misura pari o inferiore a 1,50 metri durante la conduzione dell’animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatta accezione per alcune aree individuate dai Comuni;
  • portare sempre una museruola, morbida o rigida da far indossare al cane in caso di rischio per l’incolumità di persone o di altri animali o se lo richiedono le autorità competenti;
  • affidare l’animale a soggetti capaci di gestirlo in modo corretto;
  • prima di acquistare un cane acquisire le informazioni sulle sue caratteristiche fisiche e comportamentali;
  • assicurarsi che il cane abbia un comportamento adeguato alle esigenze di convivenza con persone e animali rispetto al contesto in cui vive;
  • raccogliere le feci dell’animale quando ci si reca in un ambiente urbano

Responsabilità civile e penale

Chi ha la proprietà o la detenzione di un cane è sempre responsabile del suo benessere, della sua conduzione e del suo controllo.

Qualora il cane provochi lesioni o danni a persone, animali e cose il proprietario ne risponde civilmente e penalmente.

Percorsi formativi

I Comuni e i servizi veterinari organizzano per i  proprietari di cani percorsi di formazione al termine dei quali è previsto il rilascio di un patentino. Ogni percorso formativo prevede la presenza un responsabile scientifico e di un medico veterinario esperto in comportamento animale.

I percorsi formativi sono obbligatori per i proprietari dei cani che sono stati segnalati ai Comuni dai servizi veterinari  dopo episodi di aggressione, morsicatura o altri comportamenti a rischio.

Dopo episodi di morsicatura e aggressione i servizi veterinari attivano anche un percorso mirato per verificare le condizioni psicofisiche dell’animale e la gestione corretta dello stesso da parte del proprietario.

In presenza di un rischio elevato i servizi veterinari stabiliscono anche le misure di prevenzione e, se necessario, stabiliscono una valutazione comportamentale e un intervento sul comportamento dell’animale da parte di veterinari esperti.

I servizi veterinari conservano un registro aggiornato dei cani ritenuti ad elevato rischio di aggressività. I proprietari di questi cani hanno l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità civile in caso di danni a terzi causati dal proprio animale e, nei luoghi aperti al pubblico e nelle aree urbane, devono condurlo con guinzaglio e museruola.

Funzioni dei medici veterinari

I medici veterinari promuovono questi percorsi formativi ai proprietari dei cani fornendo loro le informazioni necessarie.

I veterinari inoltre segnalano ai servizi veterinari i cani che necessitano di valutazione perché impegnativi e problematici nella loro gestione, a tutela della salute pubblica.

Divieto di possesso e detenzione

L’articolo 4 dell’ordinanza vieta inoltre il possesso o la detenzione di animali ai delinquenti abituali o per tendenza, ai soggetti sottoposti a misura di prevenzione personale o di sicurezza, a chiunque abbia riportato condanna per certi reati, ai minori, agli interdetti e agli inabilitati per infermità di mente.

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seggiolini auto

Seggiolini auto: nuove regole dal 1° settembre 2024 Seggiolini auto: dal 1° settembre 2024 è in vigore il Regolamento 129 che prevede obblighi diversi in base alla statura del minore

Seggiolini auto: dal 1° settembre in vigore le regole ECE R129

Nuove regole per i seggiolini auto dal 1° settembre 2024. Da questa data sono cambiati infatti i criteri dei sistemi di ritenuta per i bambini. I seggiolini non sono più catalogati in base al peso.

Il Regolamento Europeo 129  cataloga infatti i seggiolini in base all’altezza del minore, sostituendo la normativa ECE R44. I seggiolini omologati in base alle previsioni di questa normativa infatti non possono essere più venduti.

Seggiolini auto adeguati al peso: art. 172 Codice della Strada

A dire il vero il criterio della statura per i seggiolini auto dei bimbi non è una novità assoluta per il nostro ordinamento. L’articolo 172 del Codice della Strada, che disciplina l’uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta e sicurezza per bambini, al comma 1 stabilisce che i minori di statura inferiore a 1,5 m “devono essere assicurati al sedile con un sistema di ritenuta per bambini, adeguato al loro peso, di tipo omologato secondo le normative stabilite dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti, conformemente ai regolamenti della commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite o alle equivalenti direttive comunitarie.”

Le nuove regole ECE R129

Le nuove regole Europee sui seggiolini auto per i bambini prevedono il rispetto di diverse nuove regole.

  • Per bambini di età compresa tra 0 e 15 mesi occorre installare il seggiolino in direzione contraria a quella del senso di marcia. In questo modo si riescono a proteggere meglio il collo e la testa del minore.
  • Per bambini di altezza non superiore ai 105 cm di altezza c’è anche l’obbligo di utilizzare il sistema Isofix, un sistema standardizzato internazionale per ancorare il seggiolino al sedile, senza dover utilizzare le cinture di sicurezza.
  • Per bambini di altezza superiore ai 105 cm fino ai 150 cm, in genere ragazzini fino ai 2 anni di età, il seggiolino deve essere posizionato nello stesso senso di marcia. Previste inoltre le cinture di sicurezza o il sistema Isofix, che in questo caso però non è obbligatorio.

Sistema sanzionatorio

Per chi trasgredisce le sanzioni sono piuttosto severe:

  • La multa minima è di Euro 80,00, quella massima di euro 323,00. Prevista inoltre la decurtazione di 5 punti dalla patente di guida.
  • Chi commette la stessa violazione per due volte nell’arco temporale di due anni può andare incontro anche alla sospensione della patente da un minimo di 15 giorni fino a un massimo di due mesi.

PMA donne single: parola alla Consulta PMA donne single: il Tribunale di Firenze chiede alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sull’art. 5 della legge n. 40/2004

Procreazione medicalmente assistita donne single

Si torna a parlare di PMA in relazione alle donne single. Il Tribunale di Firenze accoglie i rilievi di incostituzionalità sollevati da una donna nei confronti della legge n. 40/2004. L’articolo 5 riserva il diritto di ricorrere alle tecniche  di PMA solo alle coppie maggiorenni spostate o conviventi, negandolo alle donne single. Questo limite viola in effetti alcuni diritti fondamentali della persona sanciti dalla Costituzione e da norme europee. La questione ora dovrà essere affrontata e risolta dalla Corte Costituzionale.

PMA: negato l’accesso a una donna single

Una donna agisce nei confronti di un Centro di procreazione assistita. Nell’ambito di un procedimento cautelare chiede di disapplicare l’articolo 5 della norm  per contrasto con gli articoli 8 e 14 della CEDU.

La donna, alla luce delle ultime pronunce in materia della Corte Costituzionale, chiede il riconoscimento dei seguenti diritti:

  • di poter ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche con l’eterologa maschile;
  • di potersi sottoporre a un protocollo PMA adeguato per assicurare più elevate probabilità di risultato;
  • di potersi sottoporre a un trattamento medico che tuteli la salute della donna.

Qualora il Tribunale dovesse riconoscerle questi diritti la donna chiede che venga ordinato al Centro di Procreazione assistita di accogliere la sua richiesta di sottoporsi alla tecnica di fecondazione assistita di tipo eterologo con donatore anonimo, avviando la relativa procedura a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Art. 5 legge n. 40/2004: discriminatorio per le donne single

Qualora il Tribunale dovesse invece rigettare le richieste avanzate la donna chiede in via subordinata di sollevare questione di illegittimità costituzionale. L’articolo 5 della legge n. 40/2004 limita infatti il diritto di accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie di sesso diverso, coniugate o convivente, negandolo alle donne single. La ricorrente contesta che il Centro di procreazione a cui si è rivolta le neghi il diritto di ricorrere alla PMA. Questo diniego è infatti del tutto irragionevole. Esso contrasta con quanto sancito dalla Costituzione e con le legislazioni dei paesi europei. Molti Stati UE infatti, ad oggi, consentono anche alle donne single di poter accedere alla fecondazione eterologa.

A sostegno delle ragioni della ricorrente sono intervenute nel giudizio con interventi adesivi dipendenti una donna e un’Associazione, che promuove il superamento dei limiti previsti dalla legislazione italiana in materia di procreazione medicalmente assistita.

Art. 5  contrario a Costituzione e fonti europee

Il Tribunale accoglie la richiesta della rincorrente in relazione alla questione di illegittimità costituzionale delle norme che limitano a PMA solo alle coppie maggiorenni di sesso diverso spostate e conviventi.

Il Tribunale giunge a questa conclusione dopo avere analizzato il contenuto dell’articolo 5, norma che presenta evidenti profili di incostituzionalità.

Essa nega infatti alla donna di accedere alle tecniche di fecondazione assistita eterologa in pieno contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall’art.  3 della Costituzione. La norma realizza una discriminazione irragionevole tra singole coppie, in contrasto con la i diritti delle famiglie mono-genitoriale che invece il nostro ordinamento tutela.

La norma discrimina anche per ragioni economiche, perchè di fatto se la donna si reca all’estero per accedere alla PMA il relativo rapporto di filiazione è poi riconosciuto nel nostro ordinamento.

Il dato normativo contrasta anche con una decisione della Corte Costituzione che ha consentito a una donna solo di procedere con l’impianto in utero dell’embrione e con un decreto del Ministero della Salute che consente le donne separate o vedove di procedere alla fecondazione in presenza del consenso espresso in precedenza dalla coppia.

L’art. 5 viola il diritto della persona di scegliere una famiglia non figli non genetici, in violazione del principio di autodeterminazione.

La norma viola anche il diritto alla salute della donna perché le impedisce di diventare madre, anche alla luce L fattore temporale della fertilità.

La norma contrasta infine anche con l’art. 117 Cost comma 1 in relazione ad. Alcun articoli della CEDU e della Carta di Nizza perché non rispetta la vita privata della famiglia e il diritto all’integrità fisica e psichica perché viola Il diritto all’autodeterminazione in relazione al modello familiare che ciascuno vuole realizzare.

 

Leggi anche: Procreazione medicalmente assistita (PMA): le linee guida

Allegati

patente a crediti

Patente a crediti: il parere del Consiglio di Stato Patente a crediti: il parere n. 010190 del CdS sullo schema di decreto che contiene il regolamento per cantieri mobili e temporanei

Patente a crediti: parere n. 01090 del CdS sullo schema di decreto

Il Consiglio di Stato, con il parere 01090 del 27 agosto 2024, si è espresso sullo schema di decreto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che contiene il regolamento che consente alle imprese e ai lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili di presentare la domanda per acquisire la patente a crediti.

Patente a crediti: obbligo dal 1° ottobre 2024

L’obbligo del possesso della patente a crediti in materia di sicurezza è previsto a partire dal 1° ottobre 2024. Solo chi è in possesso di almeno 15 crediti può svolgere l’attività nei cantieri.

A tal fine il decreto stabilisce i requisiti per il rilascio, le sanzioni che comportano la decurtazione dei crediti, le modalità di recupero, gli infortuni che determinano la sospensione della patente e i criteri di attribuzione di ulteriori crediti.

Il parere di palazzo Spada

Il regolamento contenuto allo schema di decreto completa la disciplina contenuta nell’art. 27  decreto legislativo n. 81/2008.

Niente ripetizioni e duplicazioni

Per evitare ripetizioni e duplicazioni inutili per il CdS sarebbe opportuno:

  • inserire nelle premesse del decreto un riferimento all’articolo 17 comma 3 della legge n. 400/1988;
  • evitare di disciplinare i requisiti necessari per il rilascio della patente, riproducendo il contenuto della seconda parte del comma 1 dell’articolo 27 del decreto legislativo n. 81 del 2008;
  • non riproporre nell’articolo 1 il primo periodo del comma 1 dello stesso articolo 27, al quale fa rinvio anche il comma 1 dell’articolo 1;
  • eliminare il comma 7 dell’articolo 1 perché riproduce il secondo periodo del comma 2 dell’ 27;
  • riformulare il comma 8 dell’ 1 in materia di revoca della patente, che riproduce il primo periodo della comma 4 dell’art. 27;
  • sopprimere il comma 9 dell’articolo 1 perché riproduce il comma 4 secondo periodo, sempre dell’articolo 27.

Sospensione della patente: norma del regolamento legittima

Lo schema di decreto prevede al comma 2 dell’articolo 3 che, se nei più cantieri si verifica la morte di uno o più lavoratori imputabile al datore o ai suoi stretti collaboratori, almeno a titolo di colpa grave, il provvedimento di sospensione della patente è obbligatorio. Il comma 8 dell’articolo 27 della legge n. 81/2008 prevede invece come facoltativa la sospensione della patente. Per il CdS la fonte regolamentare che prevede l’obbligo della sospensione solo in presenza di colpa grave è del tutto legittima.

Criteri di attribuzione crediti patente: meglio non rinviare

Il comma 5 dell’art. 27 chiede al regolamento di individuare i criteri di attribuzione di crediti ulteriori. Gli articoli 4, 5 e 6 dello schema di regolamento reca disposizioni specifiche in cui contempla i vari criteri e poi opera tutta una serie di rinvii. Per non fare confusione sarebbe opportuno evitare rinvii agli articoli e disciplinare in un articolo unico i crediti in questione per rendere più chiara la ricostruzione della disciplina.

Entrata in vigore: necessaria la pubblicazione sulla GU

La data di entrata in vigore dell’obbligo del possesso della patente fissata dallo schema di regolamento per il 1° ottobre 2024 rende incerto il termine della vacatio legis di 15 giorni decorrente dalla pubblicazione per consentirne la conoscibilità.

Per il CdS “La circostanza che il legislatore abbia indicato il 1°ottobre come data dalla quale decorre lobbligo per i soggetti interessati di dotarti della patente di cui allo schema di decreto in esame, sembra a tal fine poter costituire un valido fondamento della scelta dellAmministrazione di incidere sulla vacatio legis. La Sezione ritiene pertanto che la previsione dellentrata in vigore il 1° ottobre 2024 possa essere mantenuta solo a condizione che il regolamento in esame venga pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale quanto meno entro il giorno precedente.”

 

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danni allo studente

Danni allo studente, scuola esonerata se la causa è imprevedibile L’ordinanza della Cassazione chiarisce che non vi è responsabilità se il danno dell’alunno a sé stesso risulta imprevedibile

La responsabilità della scuola per danni allo studente

Danni allo studente, la responsabilità della scuola è al centro di una importante decisione della Corte di Cassazione, con la quale sono stati chiariti anche il ruolo del Ministero e della compagnia di assicurazione in casi di questo genere.

Risarcimento del danno che lo studente procura a sé stesso

La vicenda trae origine da un infortunio scolastico occorso ad uno studente, il quale era inciampato da solo su una sedia, procurandosi dei danni fisici.

I genitori dell’alunno minorenne ricorrevano presso il giudice di pace per ottenere il risarcimento del danno, vedendo accolta la propria domanda.

La causa era stata instaurata nei confronti dell’istituto scolastico, che chiamava in garanzia la compagnia di assicurazione. Entrambi i soggetti venivano estromessi dal giudizio, poiché ritenuti privi di legittimazione passiva dal giudice. Quest’ultimo, dunque, dichiarava tenuto al risarcimento del danno il Ministero dell’Istruzione, rimasto contumace (cioè non costituitosi in giudizio).

La decisione del giudice di pace veniva confermata in appello dal Tribunale competente.

L’ordinanza della Cassazione sulla responsabilità della scuola

Contro tali provvedimenti, il Ministero dell’Istruzione proponeva ricorso per Cassazione.

Quest’ultima, con l’ordinanza Cass. n. 14720 del 27 maggio 2024, accoglieva il ricorso, offrendo importanti chiarimenti sia sul rapporto di garanzia assicurativa per danni allo studente, sia sulla natura della responsabilità per i danni allo studente e sia, soprattutto, sulla ripartizione dell’onere della prova tra i vari soggetti coinvolti in fattispecie di questo tipo.

Il rapporto di assicurazione con la scuola e il Ministero

In primo luogo, la Suprema Corte ha ritenuto errata la decisione dei giudici di merito di estromettere dal giudizio, per mancanza di legittimazione passiva, sia l’istituto scolastico, sia la compagnia assicurativa.

Al riguardo, gli Ermellini hanno evidenziato che, pur se la polizza viene sottoscritta dall’istituto scolastico, la stessa deve ritenersi a copertura anche dei danni allo studente di cui risponderebbe il Ministero in luogo dell’istituto stesso, poiché in caso contrario il contratto assicurativo dovrebbe essere considerato privo di causa.

A maggior ragione, inoltre, la copertura di tali danni deve essere garantita in considerazione del fatto che, anche nell’atto di stipula del contratto assicurativo, l’istituto scolastico agisce come mero organo del Ministero dell’Istruzione.

Natura della responsabilità della scuola per danni allo studente

Ciò detto, per la Cassazione si è posta la questione di verificare se, nel caso concreto, ci fosse effettivamente un danno da risarcire.

A tal fine, l’analisi si è spostata sulla natura della responsabilità dell’istituto scolastico e del Ministero nei casi in cui lo studente si procuri da sé il danno, nel corso del normale orario delle lezioni.

Ebbene, la Corte ha chiarito che in tal caso sussista una responsabilità contrattuale, per la cui sussistenza, però, occorre la dimostrazione, da parte del danneggiato, del nesso di causalità tra l’inadempimento dell’istituto scolastico e il danno.

Responsabilità della scuola: prova dell’imprevedibilità del danno

Infatti, la ripartizione dell’onere della prova in tema di danni allo studente prevede la sussistenza di una presunzione di responsabilità in capo all’istituto, sempre che l’alunno riesca a dimostrare il nesso di casualità di cui si è appena detto.

D’altro canto, alla scuola, e per essa al Ministero, è concesso dimostrare, per essere considerata esente da responsabilità, l’imprevedibilità e inevitabilità del danno.

Il Ministero, cioè, anche tramite elementi presuntivi, deve dimostrare che l’evento e il danno fossero imprevedibili e inevitabili, ed è proprio quanto accaduto nel caso concreto deciso dall’ordinanza di Cassazione n. 14720/2024.

Infatti, la presenza dell’insegnante al momento dell’accaduto, il rispetto delle normative di sicurezza da parte dell’ente scolastico e l’imprevedibilità del sinistro sono stati ritenuti dalla Corte elementi sufficienti a ritenere esclusa la responsabilità del Ministero.

In conseguenza, veniva cassata la decisione dei giudici di merito, che avevano accolto la domanda di risarcimento avanzata dai genitori dell’alunno.

 

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