milleproroghe 2025

Milleproroghe 2025: tutte le misure Milleproroghe 2025: in vigore dal 25 febbraio 2025 la legge che proroga i termini in materia di istruzione, economia e giustizia

Milleproroghe 2025

Nella seduta di giovedì 20 febbraio, la Camera ha approvato definitivamente il ddl di conversione del Milleproroghe 2025, nel testo licenziato da palazzo Madama.

La nuova legge n. 15/2025, pubblicata in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 25 febbraio 2025, introduce misure urgenti per estendere termini normativi, tra l’altro, nei settori chiave della PA, della giustizia, della sicurezza e della sanità.

Di seguito le disposizioni più rilevanti della legge di conversione del decreto legge n. 202/2024 come modificato durante l’iter parlamentare.

Qui il testo coordinato del dl 202/2024 con la legge n. 15/2025

Rottamazione quater

In materia fiscale prevista la proroga della rottamazione quater. La disposizione prevede nel dettaglio che “Limitatamente ai debiti compresi nelle dichiarazioni precedentemente effettuate per l’adesione alla rottamazione quater, i debitori che al 31 dicembre 2024 sono decaduti dal beneficio possono essere riammessi rendendo la dichiarazione di riammissione entro il 30 aprile 2025.”  Sulle somme dovute dovranno essere calcolati gli interessi del 2% annuo a partire dal 1° novembre e il pagamento potrà avvenire in una soluzione unica entro il 31 luglio 2025 o in dieci rate al massimo dello stesso importo. I dettagli in ogni caso saranno comunicati in seguito da un provvedimento ad hoc dell’Agenzia delle Entrate.

Pubblica Amministrazione

Razionalizzate le assunzioni nella pubblica amministrazione. Le procedure di reclutamento delle amministrazioni statali, delle agenzie e degli enti pubblici, da autorizzare con apposito DPCM, dovranno concludersi entro tre anni. Alla scadenza i termini non saranno più prorogabili.

Dal 2025 le facoltà assunzionali autorizzate per le università statali hanno validità per tre anni, ma non sono previste proroghe ulteriori.

Vengono estesi fino a tutto il 2025 i termini di sospensione delle prescrizioni per i contributi previdenziali e assistenziali dei dipendenti pubblici e dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con le pubbliche amministrazioni.

Fino al 31.12.2025 l’avvocatura di Stato potrà avvalersi del personale non dirigenziale senza il nullaosta della pubblica amministrazione di appartenenza e in deroga all’attuale limite del 25%.

Sicurezza e interno: concorsi e carriere

Prorogata al 31.12.2025 la validità delle graduatorie approvate nel 2023 dei concorsi per accedere al Corpo dei Vigili del Fuoco con la qualifica di vigile del fuoco direttore tecnico scientifico in determinati ambiti (chimica e biologia).

Il provvedimento proroga fino al 4 marzo 2026 la possibilità di rinnovare i permessi di soggiorno per i cittadini ucraini beneficiari di protezione temporanea. Per questi ultimi, si introduce anche la possibilità di conversione in permessi per motivi di lavoro.

Economia e finanze

L’annotazione nel registro nazionale degli aiuti di Stato delle misure straordinarie adottate per contrastare il COVID-19, con riferimento all’IMU dovrà essere effettuata entro il 30 novembre 2025.

Viene estesa anche la sospensione delle responsabilità legate alla mancata registrazione di misure straordinarie relative all’IMU fino al 31 dicembre 2025.

Enti locali e regioni potranno richiedere il trasferimento gratuito di immobili pubblici per progetti di riqualificazione finanziati con le risorse del PNRR fino alla fine del 2025.

Si prevede una sospensione di 24 mesi dei procedimenti di revoca dell’autorizzazione all’iscrizione dei confidi nell’albo degli intermediari se vengono meno certi requisiti dimensionali.

Enti sanitari e aziende pubbliche calabresi avranno tempo fino al 31 marzo 2025 per approvare i bilanci pregressi all’anno 2022.

Sanità: i differimenti del Milleproroghe 2025

Fino al 31 dicembre 2027 i professionisti medici ucraini residenti in ucraina prima del 24.02.2024 potranno esercitare temporaneamente sul territorio italiano le professioni sanitarie con la qualifica di OSS.

Per tutto il 2025 per fronteggiare le carenze di personale le aziende e gli enti del SSN potranno conferire incarichi di lavoro autonomo e a tempo determinato a specializzandi, professionisti del settore sanitario, operatori socio sanitari, laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti, anche privi di specializzazione.

Prorogata di un anno la disciplina transitoria che limita la punibilità per gli esercenti delle professioni sanitarie in caso di omicidio colposo e lesioni colpose.

Per ridurre le liste di attesa le Regioni e le province autonome per tutto il 2025 potranno incrementare la tariffa oraria per prestazioni aggiuntive del personale dirigente medico e del personale sanitario. Prorogata per tutto il 2025 la possibilità di conferire incarichi di collaborazione a dirigenti medici, veterinari collocati in quiescenza.

Autorizzata la spesa per il 2025 e il 2026 per avviare progetti finalizzati a rafforzare la prevenzione del tumore al seno.

Per completare l’Ospedale di Siracusa ci sarà tempo fino al 31 dicembre 2025, per tutto questo periodo e prorogato di conseguenza l’incarico del Commissario straordinario.

Scuola, cultura ed editoria

Nel settore scolastico il provvedimento rimanda al 2025 il possesso dei nuovi requisiti di accesso al concorso per reclutare gli insegnanti. Prorogato al 31 dicembre 2025, il termine di chiusura dei contratti a tempo determinato dei dirigenti tecnici del Ministero dell’istruzione e del merito. Prorogata per l’anno scolastico 2025/2026 la previsione che incarica il Ministero dell’istruzione e del merito di individuare le equipe formative territoriali composte da 20 docenti da porre in posizione di comando e da 100 docenti da porre in esonero dall’esercizio delle attività didattiche.

Differito al 3 dicembre 2027 il termine per adeguare gli edifici scolastici alle normative antincendio.

Per il settore museale, le Direzioni Regionali Musei avranno tempo fino al 2025 per completare i progetti con le risorse già allocate.

Per il settore dell’editoria si prorogano le misure Covid-19: per il 2025-2026, si abbassa la soglia minima di copie vendute.

Infrastrutture e trasporti

Fino al 31 agosto 2026 il Commissario incaricato potrà assumere le determinazioni necessarie per avviare e proseguire i lavori del tunnel sub portuale di Genova.

Per fronteggiare nel 2025 i maggiori oneri relativi alla realizzazione degli interventi finanziati anche dal P NRR e affidati al contraente generale dalle società del gruppo ferrovie dello Stato è rinviato al 31 dicembre 2025 il termine relativo alle lavorazioni eseguite o contabilizzate “per le quali sono riconosciute al contraente generale, anche in deroga a specifiche clausole contrattuali, maggiori somme a titolo di revisione dei prezzi.”

Turismo, ambiente e sport

Gli operatori turistici potranno accedere a i crediti fiscali e ai contributi a fondo perduto fino al 2025 per migliorare le loro strutture.

In relazione al maggior flusso turistico ricollegabili al Giubileo della Chiesa cattolica del 2025 per sostenere l’accoglienza dei pellegrini è rifinanziata l’autorizzazione di spesa per il Comune di Pietralcina.

La normativa proroga al 31 dicembre 2027 l’obbligo per le società sportive professionistiche di prevedere, nei propri atti costitutivi, un organo consultivo con pareri obbligatori ma non vincolanti per tutelare gli interessi dei tifosi.

Si estende poi al 31 dicembre 2027 la possibilità per l’Agenzia del Demanio di utilizzare la procedura negoziata, senza bando di gara, per affidare progettazione ed esecuzione dei lavori di riqualificazione dell’area destinata alla «Città dello sport».

Giustizia e sicurezza

La riduzione a 12 mesi del periodo di tirocinio richiesto per i magistrati ordinari è prorogata fino al 2025.

In fase di conversione è stato proposto e poi approvato l’emendamento finalizzato alla proroga del termine della disciplina transitoria relativa alle modalità di svolgimento dell’esame di abilitazione alla professione forense. Anche nel 2025 l’esame consisterà in una prova scritta (atto giudiziario) e un orale in tre fasi.

Proroga anche per gli avvocati cassazionisti che potranno iscriversi all’albo delle giurisdizioni superiori con le vecchie regole.

Si estendono, inoltre, i termini di operatività per le sezioni distaccate di tribunali in aree insulari e per le intercettazioni centralizzate.

Prorogata al 30 giugno 2025 l’estensione delle condotte scriminabili, l’uso di identità di copertura e la qualifica di pubblica sicurezza al personale  e alle strutture dei servizi di informazione per la sicurezza. Confermata la possibilità per i Servizi di informazione di colloqui con detenuti per prevenire terrorismo.

 

 

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porto d'armi

Porto d’armi: come si ottiene Guida all’ottenimento del porto d’armi, quali sono le tipologie, come si presenta la domanda, qual è la normativa di riferimento

Il porto d’armi: cos’è

Il porto d’armi è un’autorizzazione rilasciata dalle autorità competenti che consente ai cittadini di detenere e, in alcuni casi, portare armi da fuoco. In Italia, la normativa che disciplina il porto d’armi è principalmente contenuta nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) e nelle relative disposizioni attuative.

Normativa di riferimento

La disciplina del porto d’armi in Italia è regolata principalmente dal Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) e dalle relative disposizioni attuative. Nel corso degli anni, diverse modifiche legislative hanno aggiornato la materia, tra cui il Decreto Legislativo n. 104 del 2018, che ha recepito la Direttiva UE 2017/853, introducendo novità sia per il rilascio del porto d’armi per difesa personale sia per la detenzione di armi in casa.

Tipologie di porto d’armi

Esistono diverse tipologie di porto d’armi, ciascuna con specifiche finalità e requisiti:

  • Porto d’armi per difesa personale: autorizza il titolare a portare un’arma fuori dalla propria abitazione per difesa personale. Ha una validità di un anno ed è rilasciato dalla Prefettura.
  • Porto d’armi per uso sportivo: consente di detenere e utilizzare armi per attività sportive, come il tiro a segno o il tiro a volo. La licenza ha una validità di cinque anni ed è rilasciata dal Questore.
  • Porto d’armi per uso venatorio: permette di portare fucili da caccia durante la stagione venatoria. Anch’essa ha una validità di cinque anni ed è rilasciata dal Questore.
  • Licenza per collezione di armi: autorizza la detenzione di armi a scopo collezionistico, senza possibilità di utilizzarle. Questa licenza ha carattere permanente.

Procedura per la richiesta

La procedura per ottenere il porto d’armi varia in base alla tipologia richiesta, ma generalmente include i seguenti passaggi:

  1. Presentazione della domanda: la richiesta deve essere inoltrata all’autorità competente (Questura o Prefettura) utilizzando gli appositi moduli disponibili presso gli uffici di Polizia o Carabinieri.
  2. Requisiti del richiedente: è necessario essere maggiorenni, non avere precedenti penali e dimostrare l’idoneità psico-fisica attraverso certificati medici specifici.
  3. Documentazione aggiuntiva: a seconda della licenza richiesta, potrebbero essere necessari ulteriori documenti, come l’attestato di frequenza a corsi di tiro per uso sportivo o il tesserino venatorio per uso caccia.

Rinnovo del porto d’armi

Il rinnovo dell’autorizzazione deve essere richiesto prima della scadenza della licenza in possesso. La procedura è simile a quella per il primo rilascio e richiede la presentazione di una nuova domanda corredata dalla documentazione aggiornata. È fondamentale rispettare i termini di validità per evitare sanzioni o il ritiro dell’autorizzazione. Per la licenza ad uso sportivo o per quella di caccia esempio il rinnovo deve avvenire prima della scadenza dei 5 anni, per la difesa personale invece prima del decorso di un anno.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza italiana ha più volte affrontato temi legati al porto d’armi:

Corte di Cassazione n. 28320/2019: Il possesso di un’autorizzazione per il porto d’armi a fini sportivi non legittima il trasporto dell’arma per scopi differenti da quelli previsti dal provvedimento amministrativo.

Consiglio di Stato n. 6789/ 2020: La normativa sulle autorizzazioni di polizia, secondo gli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S., mira a impedire il rilascio del porto d’armi a persone che, per il loro passato, dimostrino scarsa affidabilità nel corretto utilizzo delle armi, rappresentando un potenziale rischio per la sicurezza pubblica. Tuttavia, è necessario che i precedenti del richiedente evidenzino una propensione alla violenza o all’uso improprio delle armi, tale da far prevedere, in via preventiva, un pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza altrui.

Consiglio di Stato n. 7545/2024 Il ritiro della licenza di detenzione di armi è legittimo in caso di abuso, come nello svolgimento illegale dell’attività venatoria, poiché qualsiasi elemento che generi dubbi sulla possibilità di un uso improprio delle armi giustifica l’intervento dell’autorità. In Italia, non esiste un diritto costituzionale al possesso di armi, ma vige un divieto generale, con la possibilità di concedere licenze solo a soggetti ritenuti pienamente affidabili. Il controllo amministrativo in questo ambito è particolarmente rigoroso, poiché mira a prevenire rischi per la sicurezza pubblica e l’incolumità dei cittadini. La concessione della licenza, quindi, è subordinata a un’attenta valutazione comparativa tra l’interesse del richiedente e il dovere dello Stato di garantire la sicurezza collettiva, con la tutela della pubblica incolumità che assume sempre un ruolo prioritario.

 

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certificato di residenza

Certificato di residenza: cos’è e a cosa serve Certificato di Residenza: cos'è, a cosa serve, qual è la normativa di riferimento, come ottenerlo online, tempi e costi

Cos’è il certificato di residenza

Il certificato di residenza è uno dei documenti ufficiali più richiesti in Italia. Si tratta di una dichiarazione che attesta ufficialmente l’indirizzo di residenza di una persona, ovvero il luogo in cui vive abitualmente, ed è rilasciato dal Comune di residenza. Il certificato riporta informazioni relative al nome, cognome, data e luogo di nascita, nonché l’indirizzo completo di residenza della persona richiesta.

Il certificato di residenza è diverso dal certificato di stato civile. Mentre il primo attesta il luogo di residenza, il secondo riguarda lo stato civile del richiedente (ad esempio se è celibe, sposato, divorziato, etc.).

Normativa di riferimento

Il rilascio del certificato di residenza è regolato principalmente dalla Legge 675/1996 e dal D.P.R. 223/1989, che disciplinano l’ordinamento delle anagrafi dei comuni italiani. L’articolo 1 del D.P.R. 223/1989 stabilisce che  “L’anagrafe della popolazione residente è la raccolta sistematica dell’insieme delle posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze che hanno fissato nel comune la residenza, nonché delle posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio.” Ogni soggetto quindi deve  dichiarare la propria residenza nel Comune in cui dimora abitualmente, e ogni Comune ha l’obbligo di raccogliere e aggiornare i dati relativi alla residenza.

Nel contesto delle modifiche recenti e dei tentativi di digitalizzazione dei servizi pubblici, l’art. 2 del Decreto legge n. 179/2012 sancisce l’istituzione dell’anagrafe nazionale della popolazione residente e l’introduzione dei servizi anagrafici online, permettendo ai cittadini di richiedere documenti come il certificato di residenza attraverso internet.

A cosa serve il certificato di residenza?

Il certificato di residenza è richiesto in numerosi casi nella vita quotidiana, tra cui:

  • iscrizioni scolastiche: alcune scuole richiedono il certificato di residenza per verificare la zona di residenza degli studenti;
  • pratiche burocratiche: per richieste di agevolazioni fiscali, iscrizioni a servizi pubblici o altre pratiche amministrative;
  • contratti e utenze: spesso è necessario per l’attivazione di contratti di fornitura di gas, luce, acqua, e anche per stipulare un contratto di locazione;
  • riconoscimento di benefici: in alcuni casi, come per l’accesso a bonus sociali o altre agevolazioni, è necessario comprovare la propria residenza;
  • cittadinanza e cittadinanza di famiglia: in alcune situazioni legate alla cittadinanza o allo stato civile, la residenza può essere un requisito fondamentale.

Come ottenere il certificato di residenza online

Oggi, grazie alla digitalizzazione dei servizi pubblici, è possibile ottenere il certificato di residenza online senza recarsi fisicamente presso gli uffici comunali.

Certificato di residenza online comune

Ogni Comune italiano ha attivato piattaforme che consentono la richiesta del certificato in modo semplice e rapido. Vediamo come fare:

  1. Accedere al sito del Comune di residenza: per prima cosa, è necessario collegarsi al sito web del Comune in cui si è registrata la propria residenza. La maggior parte dei Comuni ha una sezione “Servizi Online” o “Anagrafe” in cui è possibile richiedere vari certificati.
  2. Registrarsi al portale: alcuni Comuni richiedono una registrazione al portale online per poter usufruire dei servizi, che può comprendere la creazione di un account personale.
  3. Selezionare il servizio richiesto: all’interno della sezione anagrafica online, occorre cercare l’opzione per il rilascio del certificato di residenza. Solitamente, viene richiesto di specificare alcune informazioni, come i dati anagrafici e il motivo della richiesta.
  4. Autenticazione con SPID o CIE: molti Comuni richiedono l’autenticazione tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) o CIE (Carta d’Identità Elettronica) per garantire l’identità dell’utente e la validità della richiesta.
  5. Ricezione del certificato: una volta effettuata la richiesta e completati i passaggi, il certificato verrà inviato in formato digitale (PDF) alla mail indicata o sarà disponibile per il download direttamente dalla piattaforma.
  6. Stampa e utilizzo: il certificato scaricato può essere stampato e utilizzato per tutte le necessità legali o amministrative.

La richiesta online del certificato di residenza è, nella maggior parte dei casi, gratuita. Tuttavia, alcuni Comuni per il rilascio del documento chiedono il costo del bollo e dei diritti di segreteria. I tempi di rilascio variano in base al Comune, ma di solito si riceve il certificato in pochi giorni, se non immediatamente, in formato digitale.

Certificato di residenza online ANPR

Il certificato di residenza può essere richiesto anche online sul sito dell’Anagrafe Nazionale (ANPR), sia singolarmente che insieme ad altre tipologie di certificato. Basta seguire le istruzioni guidate, a partire dalla sezione “Accedi ai servizi”, “Certificati” e poi selezionare tipologia, uso (ecc.) sino al completamento dell’operazione che consente di scaricare direttamente il documento o di riceverlo via mail o presso il proprio domicilio digitale. Il certificato è gratuito, se l’uso rientra tra i motivi di esenzione previsti dalla legge; in caso si debba richiedere un certificato in bollo, si dovrà procedere al pagamento dell’imposta di 16 euro.

I certificati anagrafici ottenuti attraverso l’ANPR hanno la stessa validità giuridica di quelli rilasciati presso gli sportelli anagrafici comunali.

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interdittiva antimafia

Interdittiva antimafia Interdittiva antimafia: cos’è, effetti, durata e natura giuridica, come difendersi, la giurisprudenza in materia

Cos’è l’interdittiva antimafia

L’interdittiva antimafia, disciplinata dal Decreto Legislativo n. 159/2011 (noto come Codice Antimafia), è un provvedimento amministrativo adottato dal Prefetto con lo scopo di prevenire infiltrazioni mafiose nelle attività economiche. Questa misura preventiva riveste un ruolo fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, impedendo alle imprese sospette di partecipare ad appalti pubblici e di ottenere concessioni, autorizzazioni o erogazioni pubbliche.

La norma di riferimento

Secondo l’articolo 84 del Codice Antimafia, l’interdittiva antimafia viene adottata quando emergono elementi concreti, univoci e rilevanti circa il rischio di infiltrazione mafiosa.

Questo provvedimento prefettizio possiede una finalità preventiva, ossia impedire alle organizzazioni criminali di infiltrarsi nell’economia legale attraverso società o imprese.

Quanto dura l’interdittiva antimafia

Il provvedimento ha una durata di 12 mesi, tuttavia:

  • come precisato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 8309/2023 il decorso del termine di 12 mesi non comporta automaticamente la perdita di efficacia dell’interdittiva, ma legittima il soggetto interdetto a presentare un’istanza finalizzata a ottenere il riesame del provvedimento;
  • può essere revocata su richiesta dell’impresa, se dimostra il venir meno delle condizioni che hanno portato all’emissione della misura.

Effetti delle interdittive antimafia

Gli effetti delle interdittive antimafia sono particolarmente penalizzanti per le imprese colpite:

  • esclusione dagli appalti pubblici: impossibilità di partecipare a gare pubbliche o ottenere affidamenti diretti;
  • revoca delle concessioni: decadenza automatica di autorizzazioni, licenze e contributi pubblici;
  • scioglimento di contratti in corso: inclusi appalti già aggiudicati;
  • blocco dei finanziamenti pubblici: inclusi contributi e agevolazioni.

L’interdittiva antimafia colpisce non solo l’impresa ma anche i soci, gli amministratori e le controparti contrattuali, rendendo difficile la continuità dell’attività economica.

Natura giuridica dell’interdittiva antimafia

La natura giuridica dell’interdittiva antimafia è stata oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali.

Il Consiglio di Stato, ad esempio, nella sentenza n. 8558/2022 ha chiarito che l’interdittiva antimafia è una misura di natura cautelare che mira a prevenire tempestivamente il rischio di infiltrazione mafiosa senza la necessità di una prova diretta di un fatto specifico. Per la sua adozione, è sufficiente la presenza di indizi che rendano plausibile l’esistenza di legami con la criminalità organizzata o un possibile condizionamento da parte di essa. L’accertamento si basa su un’analisi complessiva e discrezionale degli elementi a disposizione, considerati nel loro insieme e non singolarmente, al fine di valutare il pericolo di ingerenza mafiosa in modo unitario.

Come difendersi da un’interdittiva antimafia

Le imprese colpite da un’interdittiva antimafia possono:

  • chiedere la revoca alla Prefettura, dimostrando il venir meno dei presupposti.
  • impugnare il provvedimento davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) e, se la sentenza è sfavorevole, proporre appello al Consiglio di Stato.

Per ottenere la revoca, l’impresa deve però adottare misure concrete, come:

  • modifica dell’assetto societario (rimozione di soci o amministratori legati a contesti mafiosi);
  • implementazione di protocolli di legalità e modelli organizzativi conformi al D.lgs. 231/2001;
  • collaborazione con le autorità e adesione a iniziative di contrasto alla criminalità organizzata.

 Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha consolidato il quadro interpretativo delle interdittive antimafia:

Corte costituzionale n. 57/2020

L’interdittiva antimafia emanata dal Prefetto nei confronti di imprese soggette a tentativi di infiltrazione mafiosa non lede il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica privata. Pur rappresentando una significativa limitazione – nel caso specifico, l’esclusione dall’albo delle imprese artigiane – essa è giustificata dalla gravità del fenomeno mafioso e dalla necessità di tutelare la concorrenza, nonché la dignità e la libertà delle persone.

Consiglio di Stato n. 3266/2024

La revoca del controllo giudiziario su un’impresa a rischio di infiltrazione mafiosa non comporta automaticamente l’annullamento dell’interdittiva antimafia precedentemente emessa dal Prefetto. Questo perché la valutazione prefettizia sui pericoli di condizionamento criminale resta invariata. Di conseguenza, anche se il controllo giudiziario viene meno, l’interdittiva antimafia continua a produrre effetti, legittimando l’esclusione dell’impresa dagli appalti pubblici per mancanza dei requisiti di onorabilità professionale (art. 94, comma 2, Codice Appalti, D.lgs. 36/2023).

TAR Campania n. 1343/2024

L’interdittiva antimafia può legittimamente basarsi anche su eventi passati, a condizione che l’analisi complessiva delle circostanze esaminate evidenzi un quadro indiziario tale da giustificare un giudizio attuale e concreto sul rischio di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’impresa.

 

 

 

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atto amministrativo

Atto amministrativo valido anche senza firma Atto amministrativo: l'assenza di formale sottoscrizione non elide la possibilità di attribuire comunque la provenienza dell'atto alla competente PA

Atto amministrativo senza firma

E’ valido l’atto amministrativo senza firma se il responsabile è comunque individuabile. Questo quanto si ricava dalla sentenza n. 8141/2024 del Consiglio di Stato.

La vicenda

A ricorrere a palazzo Spada, è una donna che aveva chiesto l’assegnazione in regolarizzazione di un alloggio ERP abusivamente occupato.

La domanda veniva rigettata, dal Comune di Barletta, per assenza del “presupposto temporale” ossia l’abusiva occupazione dell’immobile per almeno un triennio precedente alla entrata in vigore della legge regionale n. 10 del 2014.

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al TAR Bari il quale rigettava il ricorso della richiedente per le seguenti ragioni: pur in assenza di firma autografa, il provvedimento di rigetto risulta comunque attribuibile alla competente PA; non è stata fornita la benché minima dimostrazione circa l’abusiva occupazione dell’alloggio nel triennio precedente all’entrata in vigore della legge regionale citata.

L’appello

Da qui l’appello, dove la donna si doleva dell’erroneità della sentenza nella parte in cui non sarebbe stato considerato che alcuna firma digitale sarebbe stata apposta sul gravato provvedimento. In ogni caso, anche a voler ritenere apposta la firma digitale, l’atto non era poi stato trasmesso in via telematica ma soltanto a mezzo del messo notificatore.

L’assenza di formale sottoscrizione

“L’assenza di formale sottoscrizione del provvedimento di rigetto non elide la possibilità di attribuire comunque, all’amministrazione comunale appellata, la effettiva provenienza del medesimo atto” afferma preliminarmente il Consiglio di Stato.

Al riguardo, prosegue il giudice amministrativo, la giurisprudenza sull’assenza di firma dei provvedimenti tributari o amministrativi in generale, è pacifica nell’affermare che “Sebbene la firma apposta in calce ad un provvedimento o ad un atto amministrativo costituisce lo strumento per la sua concreta attribuibilità, psichica e giuridica, all’agente amministrativo che risulta averlo formalmente adottato, è pur vero che la giurisprudenza ha recentemente (e condivisibilmente) osservato, anche in omaggio al più generale principio di correttezza e buona fede cui debbono essere improntati i rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino, che non solo la ‘non leggibilità’ della firma, ma anche la stessa autografia della sottoscrizione non possono costituire requisiti di validità dell’atto amministrativo, ove concorrano elementi testuali (indicazione dell’ente competente, qualifica, ufficio di appartenenza del funzionario che ha adottato la determinazione, emergenti anche dal complesso dei documenti che lo accompagnano), che permettono di individuare la sua sicura provenienza (C.d.S., sez. IV, 7 luglio 200, n. 4356; sez. VI, 29 luglio 2009, n. 4712)”.

La decisione

La giurisprudenza ha anche rilevato (Cass. sez. lav., 10 giugno 2009, n. 13375) che “l’atto amministrativo esiste come tale allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive, salva la facoltà dell’interessato di chiedere al giudice l’accertamento dell’effettiva provenienza dell’atto stesso dal soggetto autorizzato a firmarlo” (Cons. Stato, sez. V, 2 gennaio 2024, n. 29; n. 3119/2012).

Pertanto, l’appello è infondato e va rigettato. Spese compensate.

passo carrabile

Passo carrabile Passo carrabile: guida completa sulla normativa, la richiesta, le voci di costo da sostenere e le sanzioni per chi trasgredisce

Cos’è il passo carrabile

Il passo carrabile, detto anche passo carraio, è un elemento fondamentale della viabilità urbana e privata. La sua regolamentazione è contenuta negli articoli 3 e 22 del Codice della Strada (Decreto legislativo n. 285/1992).

Articoli 3 e 22 del Codice della Strada

Il passo carrabile è l’accesso a un’area privata destinata alla sosta o al transito di veicoli dalla pubblica via. Si tratta di un’area che interrompe il marciapiede o la carreggiata e che richiede un’autorizzazione specifica per impedire la sosta dei veicoli davanti all’accesso.

L’articolo 3 del Codice della Strada lo definisce come “un accesso ad area laterale idonea al transito di veicoli” e l’articolo 22 stabilisce che la sua installazione è soggetta a specifica autorizzazione del Comune.

Come si richiede il passo carrabile e quanto costa

Per ottenerlo è necessario presentare una domanda al Comune di competenza, allegando:

  • modulo di richiesta fornito dal Comune;
  • planimetria dell’area privata con la posizione dell’accesso;
  • documentazione fotografica dello stato attuale;
  • dichiarazione di proprietà o consenso del proprietario.

L’autorizzazione è soggetta a valutazione tecnica da parte degli uffici comunali, che verificano la conformità urbanistica e la viabilistica dell’accesso.

Costi per l’autorizzazione

I costi variano in base al Comune e alla tipologia del passo carrabile. Le principali voci di spesa sono rappresentate:

  • dai diritti di segreteria, bolli, spese di istruttoria e sopralluogo;
  • dagli oneri per loccupazione di suolo pubblico (TOSAP o COSAP): il costo annuo dipende dalla metratura e dal regolamento comunale, anche se è bene sapere che alcuni Comuni hanno abolito questa tassa;
  • dal costo del cartello segnaletico;
  • dal costo eventualmente richiesto per la tassa di rinnovo annuale. 

Come deve essere il segnale di passo carrabile?

Il cartello è obbligatorio e deve rispettare le seguenti caratteristiche:

  • deve essere di forma rettangolare;
  • deve avere lo sfondo bianco con il bordo nero;
  • deve contenere la scritta “Passo carrabile” in nero, il numero dell’autorizzazione comunale, il Comune di rilascio e il simbolo del divieto di sosta (circolare con sfondo blu e barra rossa).

Il cartello deve essere ben visibile e posizionato frontalmente all’accesso. La mancanza del segnale rende inefficace il divieto di sosta.

Quali sono le multe per i trasgressori?

Il Codice della Strada all’art. 158, comma 5 prevede per chi parcheggia allo sbocco del passo carrabile;

  • multe da 41 a 168 euro (art. 158 CdS) per i ciclomotori e da 87 a 344 per i restanti veicoli;

Se il proprietario di un passo carrabile trova un veicolo in sosta irregolare, può chiamare la Polizia Municipale, che procederà all’irrogazione della sanzione e alla rimozione del mezzo.

 

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liberatoria

Liberatoria: guida e modello Liberatoria: cos’è, come e quando viene utilizzata e modulo in bianco da compilare per l'autorizzazione all'uso di immagini e riprese video

Cos’è una liberatoria?

La liberatoria è un documento con cui una persona concede il proprio consenso a terzi per svolgere una determinata attività o per utilizzare materiali, informazioni o contenuti che la riguardano. Rappresenta uno strumento legale fondamentale per evitare conflitti e garantire che tutte le parti coinvolte abbiano chiari i diritti e gli obblighi in relazione all’oggetto della liberatoria.

A che cosa serve?

La liberatoria ha molteplici scopi, tra cui:

  • consentire l’utilizzo di immagini, video o contenuti personali da parte di aziende, organizzazioni o individui;
  • autorizzare lo svolgimento di attività che potrebbero coinvolgere rischi, come eventi sportivi o manifestazioni;
  • permettere la cessione o l’utilizzo di opere protette da diritto d’autore;
  • sollevare una parte da responsabilità in caso di danni o contestazioni legate a un’attività specifica.

Firmare una liberatoria garantisce trasparenza tra le parti, prevenendo eventuali controversie legali.

Quali tipologie di liberatoria esistono?

Esistono diverse tipologie di liberatorie, a seconda dell’ambito di applicazione. Tra le più comuni troviamo quelle:

  • per luso dellimmagine: autorizza l’utilizzo di foto o video per scopi pubblicitari, editoriali o commerciali. È obbligatoria quando si intende pubblicare contenuti in cui una persona è riconoscibile.
  • per attività sportive: esonera gli organizzatori da responsabilità per eventuali danni o incidenti occorsi durante la partecipazione a un evento sportivo.
  • per il diritto dautore: permette l’utilizzo di opere creative come testi, fotografie o musiche protette da copyright.
  • per responsabilità civile: utilizzata in ambiti diversi per sollevare una parte da responsabilità legate a danni o perdite.

Esempio di modulo di liberatoria

Ecco un esempio di modulo di liberatoria per l’uso dell’immagine:

MODULO DI LIBERATORIA PER LUSO DELLIMMAGINE

Io sottoscritto/a ______________________________, nato/a il ____________, a ________________ e residente in ____________________________,

autorizzo __________________________________________________________ (nome dell’organizzazione o individuo) all’utilizzo delle mie immagini fotografiche e/o riprese video per scopi __________________ (specificare: es. pubblicitari, editoriali, commerciali) senza limiti di tempo né restrizioni geografiche.

Dichiaro inoltre di non avere nulla a pretendere in relazione all’utilizzo del suddetto materiale, rinunciando a qualsiasi richiesta economica o rivendicazione futura.

Luogo e data: __________________

Firma: ________________________

mepa

MePA: il Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione MePA: il mercato elettronico della Pubblica Amministrazione grazie al quale le PA possono acquistare in modo trasparente beni e servizi 

Cos’è il MePA?

Il MePA, acronimo di Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione. Si tratta di una piattaforma digitale gestita da Consip che permette alle amministrazioni pubbliche di effettuare acquisti di beni, servizi e lavori sotto soglia comunitaria in modo semplificato, trasparente ed efficace. Il MePA è uno strumento innovativo, che modernizza i processi di approvvigionamento della PA, garantendo trasparenza e competitività.

Qual è la normativa di riferimento

Il MePA trova fondamento nel DPR n. 101/2002, che ha introdotto l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di utilizzare strumenti elettronici per gli acquisti sotto soglia comunitaria.

Tra le altre normative rilevanti, si segnalano:

  • Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 50/2016): regolamenta le modalità di approvvigionamento delle amministrazioni pubbliche, confermando l’obbligo di utilizzare piattaforme elettroniche per garantire trasparenza e legalità.
  • Direttive europee sugli appalti pubblici (2014/24/UE e 2014/25/UE): prevedono l’adozione di strumenti elettronici per la gestione degli appalti pubblici, in linea con gli obiettivi del MePA.
  • Legge di bilancio: ogni anno può introdurre disposizioni specifiche per rafforzare o ampliare le funzionalità della piattaforma.

Come funziona il MePA

Il MePA è una piattaforma digitale accessibile a fornitori e amministrazioni pubbliche tramite registrazione sul portale Consip. Ecco come funziona:

  • Registrazione: le imprese interessate a vendere i propri beni e servizi si registrano al MePA, inserendo le informazioni richieste e certificando il possesso dei requisiti richiesti. Le amministrazioni pubbliche si iscrivono per accedere ai cataloghi e avviare procedure di acquisto.
  • Catalogo elettronico: i fornitori possono pubblicare i propri beni e servizi nel catalogo della piattaforma. Le amministrazioni possono consultare il catalogo, confrontare le offerte e selezionare i prodotti che soddisfano le loro esigenze.

Fase di acquisto: modalità

  • Ordine diretto (ODA): consente alle amministrazioni di acquistare direttamente dal catalogo senza ulteriori procedure.
  • Richiesta di offerta (RDO): permette di richiedere offerte personalizzate ai fornitori registrati, promuovendo la competizione e il risparmio.

Trasparenza e tracciabilità

Ogni fase del processo di acquisto viene registrata digitalmente, garantendo la massima trasparenza e semplificando eventuali controlli.

I vantaggi del MePA

Il MePA offre numerosi vantaggi sia per la Pubblica Amministrazione che per i fornitori.

  • Trasparenza: tutti i processi sono tracciati e accessibili, riducendo il rischio di irregolarità.
  • Efficienza: la piattaforma semplifica e velocizza le procedure di acquisto, riducendo i tempi e i costi amministrativi.
  • Competitività: promuove il confronto tra offerte, assicurando migliori condizioni economiche per la PA.
  • Accesso al mercato: consente anche alle piccole e medie imprese di partecipare alle forniture pubbliche.

 

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autonomia differenziata

Autonomia differenziata: referendum inammissibile La Corte Costituzionale ha depositato la sentenza di inammissibilità sul referendum abrogativo della legge sull'autonomia differenziata

Inammissibile referendum autonomia differenziata

La Corte costituzionale si è pronunciata sull’ammissibilità del referendum abrogativo della “Legge 26 giugno 2024, n. 86”, relativo all’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. La richiesta riguardava l’abrogazione totale delle disposizioni previste dalla legge.

La decisione della Corte costituzionale

In camera di consiglio, la Corte ha stabilito l’inammissibilità del quesito referendario. L’Ufficio comunicazione e stampa aveva reso noto di recente che tale giudizio è stato emesso in relazione alla legge n. 86 del 2024, già oggetto della sentenza n. 192 dello stesso anno.

Ora, con la sentenza n. 10/2025, la Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni di inammissibilità della richiesta di referendum per l’abrogazione della legge numero 86 del 2024, contenente disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni ordinarie ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

Motivi dell’inammissibilità

La Corte ha osservato che la sentenza n. 192/2024 ha profondamente inciso sull’architettura essenziale della predetta legge, dichiarando l’illegittimità costituzionale di molteplici disposizioni della stessa legge e l’illegittimità consequenziale di altre disposizioni, fornendo anche l’interpretazione costituzionalmente orientata di ulteriori disposizioni.

In particolare, la Consulta ha sottolineato che la sentenza in parola ha comportato “il trasversale ridimensionamento dell’oggetto dei possibili trasferimenti alle regioni (solo specifiche funzioni e non già materie), nonché la paralisi dell’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti diritti civili o sociali”.

Ne discende che attualmente non c’è modo di determinare i LEP.

Quesito “oscuro”

La conseguenza è che risulta obiettivamente oscuro l’oggetto del quesito, che originariamente riguardava la legge numero 86 e ora riguarda quel che resta della stessa legge a seguito delle numerose e complesse modifiche apportate dalla sentenza numero 192.

“Ciò pregiudica – per il giudice delle leggi – la possibilità di una scelta libera e consapevole da parte dell’elettore, che la Costituzione garantisce.

Il quesito è inoltre “privo di chiarezza quanto alla sua finalità. La rilevata oscurità dell’oggetto del quesito porta con sé un’insuperabile incertezza sulla stessa finalità obiettiva del referendum. Con il rischio che esso si risolva in altro: nel far esercitare un’opzione popolare non già su una legge ordinaria modificata da una sentenza di questa Corte, ma a favore o contro il regionalismo differenziato”.

La consultazione referendaria – ha concluso la Corte – “verrebbe ad avere una portata che trascende quel che i Costituenti ritennero fondamentale, cioè l’uso corretto – e ragionevole – di questo importante strumento di democrazia. Se si ammettesse la richiesta in esame, si avrebbe una radicale polarizzazione identitaria sull’autonomia differenziata come tale, e in definitiva sull’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo di revisione costituzionale”.

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spoils system

Spoils System: la guida Spoils System: che cos’è, normativa di riferimento dell'istituto, cosa dice la giurisprudenza e aspetti critici

Cos’è lo Spoils System?

Lo Spoils System, letteralmente “sistema delle spoglie”, è un meccanismo amministrativo-politico che prevede la sostituzione di funzionari pubblici o dirigenti con soggetti scelti direttamente dal governo in carica. Originariamente nato negli Stati Uniti, lo Spoils System si basa sul principio secondo cui, con il cambio di governo, anche gli incarichi apicali nell’amministrazione pubblica possono essere riassegnati per allineare la gestione alle politiche del nuovo esecutivo. Questo sistema è spesso al centro di dibattiti sul bilanciamento tra autonomia della pubblica amministrazione e influenza politica.

Normativa sullo Spoils System in Italia

In Italia, lo Spoils System ha trovato applicazione con specifiche disposizioni legislative, pur rimanendo limitato rispetto al modello statunitense.

  • Legge n. 145/2002: ha introdotto nel nostro ordinamento il principio secondo cui alcuni incarichi dirigenziali nella Pubblica Amministrazione possono cessare anticipatamente in caso di cambio di governo. L’obiettivo dichiarato della legge è quello di garantire maggiore coerenza tra le scelte politiche del nuovo esecutivo e la direzione amministrativa.
  • lgs. n. 165/2001: disciplina il rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici, prevedendo che gli incarichi apicali abbiano una durata definita e possano essere revocati in determinate circostanze, tra cui il cambio di governo.
  • lgs. n. 150/2009 (Riforma Brunetta): ha ulteriormente regolamentato la dirigenza pubblica, limitando l’applicazione dello Spoils System a incarichi dirigenziali di carattere fiduciario.

Giurisprudenza delle corti superiori

La giurisprudenza italiana si è più volte pronunciata sullo Spoils System, definendo i limiti e le condizioni di applicazione di questo sistema.

  • La Corte costituzionale ha stabilito che lo Spoils System non può essere applicato indiscriminatamente, ma solo in relazione a incarichi dirigenziali strettamente collegati alla funzione politica. Sentenze come la 103/2007 hanno ribadito che la revoca degli incarichi deve rispettare i principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione sanciti dall’art. 97 della Costituzione.
  • Il Consiglio di Stato nel parere n. 1979/2022 ha chiarito che la cessazione degli incarichi dirigenziali dopo 90 giorni dal voto di fiducia non impedisce al nuovo Governo di revocare l’incarico prima di tale termine, che rappresenta solo un limite massimo. Lo spoils system, applicabile a poche figure apicali per garantire coesione tra politica e amministrazione, non vincola il nuovo esecutivo alle scelte del precedente. L’efficienza dell’azione di governo non impone un’attesa obbligata fino ai 90 giorni, né l’ 19, comma 8, del d.lgs. 165/2001 conferisce un diritto alla permanenza per tale periodo.
  • La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 15971/2024 ha invece sancito che“Ai fini dellapplicazione della normativa sul c.d. spoils system, la natura apicale dellincarico conferito con contratto a un dirigente va valutata tenendo conto, in linea di principio, della qualificazione formale di tale incarico contenuta nel contratto medesimo, senza che rilevi di per sé il semplice richiamo dell 16, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001, il quale individua le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali statali, pur se in astratto incompatibile con la menzionata qualificazione. Per superare il dato formale, dal quale, comunque, occorre partire, è necessario verificare non tanto i poteri attribuiti al detto dirigente in concreto, ma se egli sia stato posto a capo di una struttura che, da un punto di vista organizzativo, abbia le stesse caratteristiche di un ufficio apicale, in modo da distinguersi e aggiungersi, per la sua totale autonomia, a quelli già esistenti”. 

Critiche e implicazioni dello Spoils System

Lo Spoils System è oggetto di critiche per il rischio di politicizzazione della Pubblica Amministrazione e di perdita di competenze tecniche nei ruoli apicali. Tuttavia, i sostenitori sottolineano che esso consente un migliore allineamento tra amministrazione e obiettivi politici del governo in carica.

 

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