vincoli esproprio

Vincoli esproprio: illegittima la durata decennale Vincoli esproprio: la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la durata decennale della legge della provincia autonoma di Bolzano

Vincoli esproprio: intervento della Consulta

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 37/2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 61, comma 2, della legge provinciale di Bolzano 10 luglio 2018, n. 9 (Territorio e paesaggio), nella parte in cui prevede una durata di 10 anni per i vincoli preordinati all’esproprio, in contrasto con il termine quinquennale stabilito dalla normativa statale.

Illegittimità della norma provinciale

Secondo la Corte, la previsione di un periodo di franchigia decennale – ovvero il lasso di tempo in cui il vincolo espropriativo è efficace senza obbligo di indennizzo – rappresenta una compressione eccessiva e irragionevole del diritto di proprietà, in violazione degli articoli 3 e 42 della Costituzione.

In particolare, la disciplina statale di riferimento, contenuta nell’articolo 9, comma 2, del d.P.R. n. 327/2001 (Testo unico espropri), stabilisce in cinque anni la durata massima dei vincoli preordinati all’esproprio, in continuità con la legge n. 1187/1968.

Deroga solo per esigenze specifiche

Le regioni a statuto speciale e le province autonome, pur godendo di potestà legislativa esclusiva in materia urbanistica, possono prevedere deroghe alla normativa nazionale solo se giustificate da esigenze concrete e peculiari del territorio. Tuttavia, la norma impugnata si limita a introdurre un termine decennale in via generale, senza motivazioni specifiche legate al contesto locale.

La Corte ha ritenuto che questa scelta normativa sia irragionevole e sproporzionata, poiché crea una disparità evidente rispetto alla disciplina statale senza fornire un’adeguata giustificazione.

La durata quinquennale come punto di equilibrio

La sentenza ha inoltre evidenziato che il limite quinquennale previsto dalla normativa nazionale rappresenta un punto di equilibrio tra l’interesse pubblico alla pianificazione urbanistica e la tutela del diritto di proprietà dei cittadini. Pertanto, la Corte ha ritenuto che la normativa statale costituisca un parametro di riferimento costituzionalmente adeguato e applicabile anche nella Provincia autonoma di Bolzano, in sostituzione del termine decennale dichiarato illegittimo.

cittadinanza italiana

Cittadinanza italiana: cosa prevede il decreto Cittadinanza italiana: in GU il decreto che valorizza il principio del legame affettivo e limita l’acquisto automatico per due generazioni

Cittadinanza italiana: nuovo decreto in Gazzetta

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni, del Ministro Antonio Tajani e del Ministro Matteo Piantedosi, ha approvato il decreto-legge n. 36 del 28 marzo 2025.  Il testo, già pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, introduce alcune modifiche urgenti in materia di cittadinanza.

Il provvedimento, immediatamente operativo, anticipa alcune delle disposizioni contenute in un disegno di legge sulla cittadinanza, che è stato approvato contestualmente dallo stesso Consiglio.

Rafforzato il principio del legame affettivo

L’obiettivo principale è la regolamentazione della trasmissione automatica della cittadinanza iure sanguinis, rafforzando il principio di un legame effettivo con l’Italia per i discendenti di cittadini italiani nati all’estero. Tale misura mira ad allineare la normativa italiana con quella di altri Paesi europei. Essa inoltre vuole garantire che la libera circolazione nell’Unione Europea sia riservata a chi mantiene un effettivo rapporto con la nazione di origine.

Le nuove norme stabiliscono che la cittadinanza italiana sarà acquisita automaticamente solo per due generazioni. Saranno infatti cittadini dalla nascita coloro che hanno almeno un genitore o un nonno nato in Italia.

I figli di cittadini italiani inoltre otterranno la cittadinanza se nati in Italia o se almeno uno dei loro genitori ha risieduto continuativamente in Italia per almeno due anni prima della nascita.

Queste limitazioni si applicano esclusivamente a coloro che possiedono un’altra cittadinanza, evitando situazioni di apolidia. Inoltre, riguardano tutti gli individui indipendentemente dalla data di nascita.

Tuttavia, chi è già stato riconosciuto cittadino italiano conserverà il proprio status. Le domande di cittadinanza documentate e presentate entro il 27 marzo 2025 saranno valutate secondo le regole precedenti.

Controversie in matteria di cittadinanza e apolidi

Il decreto introduce infine nuove disposizioni per la gestione delle controversie sulla cittadinanza e lo stato di apolidia. Viene escluso il giuramento e la testimonianza come mezzi di prova.  Il testo stabilisce inoltre che spetta al richiedente dimostrare l’assenza di cause ostative all’acquisizione o alla conservazione della cittadinanza italiana.

 

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Autorità per i servizi di pubblica utilità

Autorità per i servizi di pubblica utilità Autorità per i servizi di pubblica utilità: cosa sono, quali funzioni svolgono, le autorità più importanti, indipendenza e regolamentazione

Cosa sono le autorità per i servizi di pubblica utilità

Le autorità per i servizi di pubblica utilità sono enti indipendenti istituiti dallo Stato per vigilare sulla gestione e sull’erogazione di servizi essenziali. Il loro scopo principale è garantire che tali servizi siano accessibili, di qualità e forniti a condizioni eque.

Le autorità per i servizi di pubblica utilità svolgono un ruolo cruciale nella regolazione e nel controllo dei settori che forniscono servizi essenziali ai cittadini, garantendo efficienza, trasparenza e concorrenza leale. Queste autorità operano in ambiti strategici come energia, telecomunicazioni, trasporti e acqua, assicurando che i servizi siano erogati in conformità con le normative vigenti e nel rispetto dei diritti degli utenti.

Funzioni principali

Le autorità di regolazione hanno diverse funzioni, tra cui:

  • regolazione del mercato: stabiliscono le norme per il corretto funzionamento del settore di riferimento, evitando monopoli e garantendo la concorrenza;
  • tutela dei consumatori: proteggono gli utenti da pratiche commerciali scorrette e vigilano sulla qualità del servizio;
  • controllo e vigilanza: verificano che gli operatori rispettino le regole e possono irrogare sanzioni in caso di violazioni;
  • definizione delle tariffe: stabiliscono i criteri per la determinazione dei prezzi dei servizi essenziali, evitando abusi e garantendo equità;
  • promozione dell’innovazione: incentivano l’adozione di nuove tecnologie per migliorare l’efficienza e la sostenibilità dei servizi pubblici.

Le principali autorità per i servizi di pubblica utilità

In Italia, le principali autorità di regolazione dei servizi pubblici sono:

  1. ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente)
    • Regola i settori dell’energia elettrica, del gas, del servizio idrico e dei rifiuti.
    • Garantisce la trasparenza delle tariffe e la tutela dei consumatori.
  1. AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni)
    • Vigila sui settori delle telecomunicazioni, radiotelevisione e servizi postali.
    • Regola la concorrenza tra operatori e tutela il pluralismo dell’informazione.
  1. ART (Autorità di Regolazione dei Trasporti)
    • Supervisiona il settore dei trasporti, dalle ferrovie agli aeroporti, garantendo accesso equo alle infrastrutture.
  1. ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione)
    • Contrasta la corruzione negli appalti pubblici e garantisce la trasparenza nell’azione amministrativa.

Indipendenza

Le autorità di regolazione presentano la peculiarità di operare con indipendenza rispetto al potere politico e agli operatori economici per garantire l’imparzialità nelle decisioni.

Regolamentazione

La loro attività è regolata da specifiche normative nazionali e, in alcuni casi, da direttive dell’Unione Europea.

 

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abrogazione norme pre-repubblicane

Legge abrogazione norme pre-repubblicane Abrogazione norme pre-repubblicane: è legge il ddl che ha disposto l’eliminazione di più di 30.000 norme obsolete, semplificando il sistema

Legge abrogazione norme pre-repubblicane

Abrogazione norme pre-repubblicane. Il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge n. 1314, che ha eliminato più di 30.000 norme risalenti all’epoca pre-repubblicana, compresa nello specifico tra il 1861 e il 1946.

Un grande passo verso la semplificazione

La legge abroga numerosi atti normativi ormai superati. Tra questi, figurano regi decreti, leggi formali, decreti legislativi luogotenenziali e decreti del Capo del Governo. Il testo si compone di due articoli e dodici allegati, che elencano dettagliatamente le norme eliminate.

Abrogate più di 30.000 norme

L’abrogazione di queste norme risponde alla necessità di semplificare il sistema legislativo. Dal 1861 al 2023, l’ordinamento italiano ha visto l’adozione di oltre 204.000 atti normativi. Di questi, 94.000 erano già stati eliminati. L’attuale intervento elimina altre 30.000 disposizioni, riducendo il numero complessivo delle norme obsolete ancora in vigore.

Quali norme sono state eliminate?

Il provvedimento riguarda atti ormai privi di utilità pratica. Tra questi:

  • norme che regolavano enti e società non più esistenti,
  • regi decreti che istituivano imposte comunali ormai abolite;
  • disposizioni che autorizzavano la ratifica di trattati internazionali non più in vigore;
  • atti che disciplinavano la denominazione di comuni oggi scomparsi o rinominati;
  • norme relative alla regolamentazione delle camere di commercio e del settore creditizio.

L’intervento non crea vuoti normativi. Le disposizioni prive di valore giuridico e che risultano cancellate non compromettono infatti in alcun modo il sistema attuale.

Ordinamento più chiaro ed efficiente

Negli ultimi decenni, diversi governi hanno lavorato per snellire il quadro normativo. L’eliminazione di leggi obsolete aiuta a rendere più chiaro il sistema legislativo, facilitando il lavoro di giuristi, pubbliche amministrazioni e cittadini.

Questa riforma rappresenta un passo importante per la modernizzazione del diritto italiano. L’eliminazione delle norme pre-repubblicane contribuisce a un ordinamento più razionale ed efficace.

 

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fornitore energia elettrica

Fornitore energia elettrica: cambio in 24 ore Bollette energia: dal 1° gennaio 2026 sarà possibile cambiare il fornitore in sole 24 ore. Cosa prevede la proposta di ARERA

Fornitore energia: dal 12° gennaio cambio in 24 ore

Dal 1° gennaio 2026 cambiare il fornitore di energia elettrica sarà più rapido. Il passaggio avverrà in un solo giorno lavorativo, rispetto agli attuali due mesi. La novità è prevista da una direttiva europea (Clean Energy Package) ed è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo 210/2021.

ARERA, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, deve approvare la delibera di attuazione entro il mese di luglio di quest’anno. Nel frattempo, ha avviato una consultazione pubblica aperta fino ad aprile 2025.

Cambio fornitore: lo switching veloce  

La proposta prevede che il cambio fornitore avvenga in sole 24 ore. Se la controparte commerciale non coinciderà con la società energetica, il tempo massimo sarà di tre giorni per completare le verifiche necessarie.

L’utente farà richiesta al proprio fornitore, che gestirà l’intera pratica attraverso il Sistema Informativo Integrato (SII). Oggi il processo richiede da uno a due mesi. Con il nuovo sistema, il passaggio invece sarà immediato, consentendo ai consumatori di approfittare velocemente di offerte più vantaggiose.

Regole per imprese e criticità del sistema

Le nuove tempistiche si applicheranno ai clienti domestici e alle piccole imprese. Le grandi aziende, invece, seguiranno ancora le regole attuali per evitare impatti eccessivi sulla gestione dei contratti e sulla programmazione degli approvvigionamenti.

Gli operatori del settore esprimono perplessità. Temono che un cambio troppo rapido possa destabilizzare il mercato e aumentare la gestione delle richieste. Alcuni propongono di limitare il numero di cambi annuali per cliente. ARERA, per ora, non intende introdurre questa restrizione, ma valuterà eventuali modifiche dopo l’entrata in vigore della riforma.

Infine, ARERA ha deciso di allineare le tempistiche di recesso e cambio fornitore a un solo giorno lavorativo. Rimangono da definire le regole per la gestione delle morosità, che saranno oggetto di futuri interventi.

 

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immigrazione irregolare

Immigrazione irregolare: le nuove misure di contrasto Immigrazione irregolare: il decreto n. 37/2025 rinforza il sistema dei rimpatri con possibilità di trasferimento in Albania in casi specifici

Immigrazione irregolare: nuove regole

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e dei Ministri Antonio Tajani, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, ha approvato il decreto-legge n. 37 del 28 marzo 2025 del 28 marzo 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 29 marzo 2025, volto a rafforzare il contrasto all’immigrazione irregolare attraverso disposizioni urgenti e mirate.

Immigrazione irregolare: rimpatri rafforzati

Uno dei punti centrali del provvedimento è l’ottimizzazione dell’uso delle strutture realizzate in Albania in virtù del Protocollo Italia-Albania del 6 novembre 2023.

Il nuovo decreto prevede il potenziamento del sistema di rimpatrio, consentendo il trasferimento degli stranieri individuati in acque internazionali o soccorsi durante operazioni SAR (Search and Rescue e di coloro che attualmente si trovano nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) italiani e che sono stati raggiunti da provvedimenti di espulsione.

In particolare, il testo contempla la possibilità di trasferire presso il centro di rimpatrio situato a Gjadër gli stranieri per i quali sia stato convalidato o prorogato un provvedimento di trattenimento perché già soggetti a decisioni di rimpatrio. Tale trasferimento non modifica il titolo del trattenimento, precedentemente convalidato dall’autorità giudiziaria, e non incide neppure sulla procedura amministrativa di espulsione o respingimento in corso.

Il decreto attribuisce inoltre alla Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere il potere di assegnare gli stranieri ai CPR più vicini, con la possibilità di trasferirli in altre strutture, comprese quelle albanesi.

La convalida del trattenimento non impedisce il trasferimento in un altro centro in qualsiasi momento, senza necessità di un’ulteriore convalida giudiziaria.

Queste nuove misure intendono rendere più efficiente la gestione dell’immigrazione irregolare, garantendo al contempo un migliore coordinamento tra le autorità italiane e albanesi.

Relazione annuale Paesi Sicuri

Nella stessa giornata del 28 marzo il Governo ha approvato anche la relazione annuale sui Paesi di origine sicuri. Il documento aggiorna le “schede Paese” basandosi su fonti autorevoli come l’EUAA, l’UNHCR e il Consiglio d’Europa.

Per il 2025 conferma l’elenco dei Paesi già indicati nel decreto-legge del 23 ottobre 2024, tra cui Albania, Egitto, Marocco e Tunisia.

L’elenco consente di applicare procedure accelerate per le domande di protezione internazionale dei cittadini di questi Paesi. La relazione sarà ora trasmessa alle Commissioni parlamentari competenti per l’esame.

 

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atti di ritiro

Atti di ritiro Atti di ritiro della Pubblica Amministrazione: definizione, normativa di riferimento, tipologie, requisiti di adozione e procedura

Cosa sono gli atti di ritiro

Gli atti di ritiro rappresentano importanti strumenti di autotutela della pubblica amministrazione. Essi consentono di correggere, eliminare o modificare provvedimenti amministrativi precedentemente adottati. Essi svolgono la funzione principale di garantire la legalità e l’efficienza dell’azione amministrativa, tutelando al contempo gli interessi della collettività e dei singoli cittadini.

Gli atti di ritiro sono, in sostanza, provvedimenti con cui la pubblica amministrazione decide di revocare o annullare un atto amministrativo già emanato. Si tratta di un meccanismo di correzione dell’attività amministrativa che si basa sul principio di legalità e sull’autotutela decisionale della pubblica amministrazione.

Normativa di riferimento

La fonte principale degli atti di ritiro è la Legge n. 241/1990, che regola il procedimento amministrativo. Gli articoli di riferimento più importanti sono:

  • art. 21-quinquies: disciplina la revoca degli atti amministrativi per motivi di opportunità o sopravvenuta inidoneità a perseguire l’interesse pubblico;
  • art. 21-nonies: prevede l’annullamento d’ufficio degli atti illegittimi, in presenza di un interesse pubblico, concreo e attuale a far caducare il provvedimento.

Tipologie  

Gli atti di ritiro si distinguono principalmente nelle seguenti tipologie:

  • annullamento d’ufficio: è finalizzato ad eliminare un atto viziato da illegittimità. Esso ha efficacia retroattiva, rendendo l’atto come mai esistito (art. 21 nonies Legge 241/1990);
  • revoca: viene disposta per ragioni di opportunità, quando l’atto non risponde più all’interesse pubblico. Essa produce effetti solo per il futuro (art. 21 quinques Legge n. 241/1990). La revoca può essere disposta in seguito a una nuova ponderazione delle finalità di interesse pubblico presenti quando l’atto era stato emanato, o perché sono sopravvenute delle circostanze che non rendono opportuno il provvedimento (in questo caso si parla anche di abrogazione).
  • decadenza: è prevista quanto vengono meno i requisiti di idoneità per costituire o continuare un rapporto, quando non vengono adempiuti gli obblighi imposti dal provvedimento o quando per un certo periodo non vengono esercitate le facoltà previste dal provvedimento.
  • mero ritiro: riguarda provvedimenti inefficaci.

Requisiti per l’adozione degli atti di ritiro

Per poter adottare un atto di ritiro, l’amministrazione deve rispettare determinati requisiti:

  • motivazione adeguata: deve essere specificata la ragione dell’annullamento o della revoca.
  • principio del legittimo affidamento: tutela i destinatari dell’atto amministrativo, evitando decisioni arbitrarie o ingiuste.
  • tempestività: l’annullamento d’ufficio deve avvenire entro un termine ragionevole dall’adozione dell’atto viziato.
  • Effetti temporali: l’annullamento d’ufficio ha effetto retroattivo, mentre la revoca produce effetti solo ex nunc (dal momento della sua adozione in avanti).

Funzionamento  

L’atto di ritiro segue un procedimento articolato che prevede:

  1. accertamento della situazione giuridica: l’amministrazione verifica la legittimità e l’opportunità del provvedimento;
  2. valutazione dell’interesse pubblico: si ponderano i benefici e gli eventuali danni derivanti dal ritiro dell’atto;
  3. notifica agli interessati: i soggetti coinvolti vengono informati e, in alcuni casi, possono presentare osservazioni;
  4. adozione dell’atto di ritiro: viene formalizzato con provvedimento motivato.

 

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Scia

SCIA: Segnalazione Certificata di Inizio Attività SCIA: cos'è, quando è necessaria, differenze con la CILA, quanto costa e giurisprudenza delle corti superiori

Cos’è la SCIA?

La SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) è uno strumento previsto dal sistema normativo italiano che consente a chi intende eseguire determinati lavori edilizi di avviare l’attività senza dover attendere il rilascio di un’autorizzazione preventiva. Si tratta di un importante strumento di semplificazione amministrativa, che permette di ridurre i tempi e i costi per ottenere l’autorizzazione a realizzare interventi edilizi.

La SCIA è un procedimento amministrativo che consente di avviare i lavori edilizi senza attendere una risposta preventiva dall’amministrazione pubblica. In pratica, il cittadino o l’impresa edile, al momento della presentazione della SCIA, può iniziare i lavori immediatamente, dichiarando che l’intervento sarà eseguito in conformità alla normativa vigente. L’amministrazione ha poi il compito di verificare la conformità dell’opera rispetto agli strumenti urbanistici e alle altre normative edilizie.

La SCIA si distingue dal tradizionale permesso di costruire in quanto non richiede un’autorizzazione preventiva, ma una semplice segnalazione che attesta la conformità del progetto. Una volta inviata la SCIA, l’amministrazione ha dai 30 ai 60 giorni di tempo, a seconda del tipo di SSCIA richiesta, per esprimere il proprio parere; se non c’è risposta entro questo termine, si considera che l’autorizzazione sia implicitamente rilasciata.

Quando è necessaria la SCIA?

La SCIA è necessaria per interventi edilizi che non comportano modifiche sostanziali al territorio, alla volumetria o alla destinazione d’uso di un immobile. È utilizzata soprattutto per lavori di manutenzione straordinaria, ristrutturazioni leggere, opere interne, e per quei lavori che non alterano la struttura urbanistica di un’area.

Alcuni esempi di lavori che richiedono la SCIA includono:

  • Manutenzione straordinaria: interventi che riguardano il restauro, la sostituzione o la modifica di parti strutturali di un edificio.
  • Ristrutturazioni leggere: lavori che modificano l’aspetto esteriore di un edificio, ma senza variare la volumetria o la destinazione d’uso
  • Apertura di attività commerciali: quando si intende avviare un’attività in un locale già esistente e conforme alle normative urbanistiche.

In generale, la SCIA è obbligatoria per quei lavori che non richiedono una modifica sostanziale del piano urbanistico o che non hanno un impatto significativo sull’ambiente e sulla sicurezza pubblica.

Differenze con la CILA

Molti tendono a confondere la SCIA con la CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata), ma tra i due strumenti vi sono differenze sostanziali:

SCIA

  • Necessità: la SCIA è necessaria per lavori che possono avere un impatto sul territorio, ma senza modificarne la destinazione d’uso o la volumetria.
  • Caratteristiche: consente di avviare i lavori senza attendere il rilascio di un’autorizzazione preventiva, ma l’amministrazione ha un termine di legge per effettuare eventuali controlli. Se non interviene, il permesso si considera rilasciato tacitamente.
  • Esempi: lavori di ristrutturazione leggera, ampliamenti, modifiche della facciata, interventi che non alterano le caratteristiche fondamentali dell’edificio.

CILA

  • Necessità: la CILA è utilizzata per lavori che non comportano modifiche sostanziali alla struttura dell’immobile e non incidono sulla volumetria. Viene usata principalmente per opere interne non invasive.
  • Caratteristiche: la CILA non richiede il parere dell’amministrazione, ma si deve allegare una dichiarazione asseverata da un tecnico abilitato che attesti la conformità dell’ È utilizzata principalmente per lavori di manutenzione ordinaria o piccoli interventi.
  • Esempi: rifacimento degli impianti, lavori di restauro e risanamento conservativo che non incidono sulla struttura.

Differenze principali

  1. Impatto del lavoro: la SCIA si applica a interventi più complessi e che potrebbero alterare la configurazione dell’edificio, mentre la CILA è destinata a lavori meno invasivi.
  2. Responsabilità tecnica: la SCIA può essere presentata senza il supporto di una perizia asseverata, mentre la CILA richiede una dichiarazione tecnica da parte di un professionista.
  3. Tempi di risposta: con la SCIA l’amministrazione ha a disposizione un determinato periodo di tempo per intervenire; con la CILA, invece, non ci sono termini di risposta specifici da parte dell’amministrazione.

Costi della SCIA

I costi legati alla presentazione di una SCIA dipendono principalmente dalle tariffe comunali e dalle spese professionali per l’assistenza tecnica. I costi variano da comune a comune e possono includere:

  • diritti di segreteria: i comuni stabiliscono una tariffa per la presentazione della SCIA, che può variare in base all’entità dell’intervento;
  • compenso per il professionista: se necessario, è possibile dover pagare una parcella per l’assistenza di un tecnico abilitato, che deve redigere la documentazione e asseverare la conformità del progetto;
  • eventuali oneri di costruzione: in alcuni casi, anche se la SCIA non prevede un’autorizzazione preventiva, potrebbero essere richiesti dei contributi per la realizzazione dell’opera, come gli oneri di urbanizzazione.

I costi per l’intero procedimento variano in base alla tipologia dell’intervento edilizio e alle normative specifiche del comune in cui vengono eseguiti i lavori.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha avuto un ruolo importante nell’interpretare e applicare le norme relative alla SCIA, in particolare riguardo alla sua correttezza applicativa e alle tempistiche di risposta da parte dell’amministrazione.

Consiglio di Stato n. 1256/2025: la SCIA edilizia acquisisce piena validità decorsi 30 giorni dalla sua presentazione, momento oltre il quale il comune perde il potere di ordinare la demolizione delle opere realizzate. Qualora, invece, intervenga una sospensione dei lavori, il comune è tenuto a emettere un ordine di ripristino entro 45 giorni; in caso contrario, tale provvedimento decade e la SCIA si consolida definitivamente.

Consiglio di Stato n. 467/2022: solo gli interventi di “edilizia libera”, definiti dall’articolo 6 del D.P.R. n. 380/2001 e dall’articolo 3, lettera e.5), possono essere eseguiti senza alcun titolo edilizio. La trasformazione di finestre in porte-finestre non rientra in questa categoria, poiché modifica i prospetti. Tale intervento è considerato manutenzione straordinaria ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 380/01 e richiede la presentazione di una SCIA (articolo 22, lettera b) del D.P.R. 380/2001).

Cassazione n. 15523/2019: anche se un intervento edilizio rientra nella categoria di quelli realizzabili tramite SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), è indispensabile ottenere l’autorizzazione paesaggistica esplicita qualora l’opera si trovi in un’area sottoposta a vincolo. Il principio del silenzio-assenso, previsto dalla legge 241/1990, non si applica in questi casi, poiché esclude atti e procedimenti relativi al patrimonio culturale e paesaggistico. Pertanto, l’assenza di tale autorizzazione costituisce reato, giustificando il sequestro preventivo dell’opera.

 

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principi del procedimento amministrativo

I principi del procedimento amministrativo Principi del procedimento amministrativo: normativa di riferimento, applicazione pratica e giurisprudenza in materia

Procedimento amministrativo: i principi

Il procedimento amministrativo è regolato da una serie di principi fondamentali che garantiscono il corretto esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione (PA). Tali principi, sanciti dalla legge n. 241/1990, assicurano che l’azione amministrativa sia efficiente, equa e trasparente. In questo articolo analizzeremo in dettaglio i principali principi: economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza e pubblicità, con riferimenti normativi e giurisprudenziali.

Normativa di riferimento

La disciplina del procedimento amministrativo è contenuta nella legge n. 241/1990, intitolata “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”.

Questa legge ha introdotto un modello più moderno di amministrazione partecipata, ponendo l’accento su criteri di efficienza e tutela dei cittadini.

Tra gli articoli più rilevanti troviamo:

Articolo 1: stabilisce i principi generali dell’azione amministrativa;

Art. 3: impone alla PA di motivare i provvedimenti amministrativi;

Articolo 7 e seguenti: disciplinano la partecipazione al procedimento;

Art. 22 e seguenti: regolano il diritto di accesso ai documenti amministrativi.

I 5 principi del procedimento amministrativo

L’azione della PA e il procedimento amministrativo devono ispirarsi e rispettare i seguenti principi:

Economicità

Il riferimento normativo di questo principio si trova nell’art. 1, comma 1 della legge n. 241/1990. Il principio di economicità impone alla PA di svolgere la propria attività ottimizzando risorse e costi. Ciò significa che le amministrazioni devono adottare soluzioni che garantiscano il miglior risultato possibile con il minore impiego di risorse pubbliche.

La giurisprudenza ha più volte ribadito che l’economicità dell’azione amministrativa non deve tradursi in un risparmio fine a sé stesso, ma deve essere bilanciata con gli altri principi, come l’efficacia e l’imparzialità.

Efficacia

Il riferimento normativo del principio dell’efficacia è rinvenibile nell’art. 1, comma 1, legge n. 241/1990. L’efficacia indica la capacità dell’azione amministrativa di raggiungere gli obiettivi prefissati nel minor tempo possibile. Questo principio è strettamente collegato ai termini procedimentali previsti dalla legge, che devono essere rispettati per evitare ritardi ingiustificati.

La giurisprudenza amministrativa ha affermato che un provvedimento amministrativo è inefficace se non è idoneo a produrre effetti concreti e conformi agli obiettivi della normativa di riferimento.

Imparzialità

Questo principio è richiamato dall’art. 97 Costituzione e dall’art. 1, legge n. 241/1990. Il principio di imparzialità, sancito dall’articolo 97 della Costituzione, impone alla PA di operare senza favoritismi o discriminazioni. Gli atti amministrativi devono essere adottati in modo neutro e obiettivo, senza influenze esterne o interessi personali.

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2070/2009 ha chiarito che il principio di imparzialità, con quello di legalità e del buon andamento, rappresenta uno dei pilastri sui quali si poggia lo statuto costituzionale della pubblica amministrazione. L’articolo 97 della Costituzione rappresenta un parametro importantissimo di valutazione dell’attività amministrativa e della sua legittimità, perchè rappresenta una declinazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzionale.

Trasparenza

Il riferimento normativo per la trasparenza che deve caratterizzare l’azione della Pubblica Amministrazione si rinviene nel D.lgs. 33/2013 e nell’art. 1 della legge n. 241/1990. La trasparenza garantisce ai cittadini il diritto di conoscere l’azione amministrativa, favorendo il controllo diffuso sull’operato della PA. La normativa prevede che gli atti e i procedimenti siano accessibili e consultabili da chiunque ne abbia interesse.

Il Tar Veneto n. 2548/2024 ha sancito che la Pubblica Amministrazione è tenuta a soddisfare le richieste di accesso civico generalizzato, a meno che non comportino un aggravio per le normali attività degli uffici, che la stessa deve dimostrare.

Pubblicità

Il riferimento normativo è rinvenibile nell’art. 22 della legge n. 241/1990 e del D.lgs. 33/2013.

Il principio di pubblicità impone alla PA di rendere conoscibili ai cittadini atti e provvedimenti, salvo i casi di riservatezza espressamente previsti dalla legge (ad esempio, per ragioni di sicurezza nazionale o tutela della privacy).

Consiglio di Stato n. 7470/2010: il principio di pubblicità nelle gare d’appalto si applica rigorosamente solo quando le decisioni del seggio di gara possono influenzare la partecipazione dei concorrenti. Tale interpretazione è supportata da precedenti giurisprudenziali della Sezione V, specificamente le sentenze n. 6311 del 14 ottobre 2009 e n. 2355 dell’11 maggio 2007.

Considerazioni conclusive

L’azione della pubblica amministrazione deve essere efficiente, equa e accessibile, nel rispetto dei principi sanciti dalla legge 241/1990 e dalla Costituzione. La giurisprudenza amministrativa ha più volte confermato l’importanza di questi principi, che rappresentano un baluardo contro abusi e inefficienze.

 

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test medicina

Test medicina 2025: cosa cambia con la riforma Test medicina 2025: la riforma elimina il test di ingresso alla facoltà di medicina per incoraggiare la formazione di nuovi medici

Riforma test medicina: è legge

Il Parlamento italiano ha approvato definitivamente la riforma del Test di Medicina 2025, con 149 voti favorevoli e 63 contrari. La nuova legge n. 26/2025, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 marzo 2025, per entrare in vigore il 2 aprile 2025, delega il Governo a rivedere, entro dodici mesi, le modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria, e medicina veterinaria.

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Addio al test d’ingresso: arriva il semestre-filtro

La riforma abolisce il tradizionale test di accesso, sostituendolo con un semestre-filtro. Gli studenti potranno iscriversi liberamente al primo semestre, durante il quale dovranno sostenere esami caratterizzanti. Solo chi supererà con successo questi esami e otterrà i crediti formativi richiesti potrà proseguire al secondo semestre.

Obiettivi della riforma test medicina 2025

L’obiettivo principale della riforma è potenziare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) formando 30.000 medici in più nei prossimi sette anni. La riforma mira a garantire una selezione basata sul merito e non sulle capacità economiche, eliminando la necessità di costosi corsi di preparazione e riducendo l’emigrazione degli studenti all’estero.

I principi chiave della riforma

La riforma si fonda sui seguenti principi ispiratori:

  • iscrizione libera al primo semestre: gli studenti potranno accedere liberamente ai corsi di laurea in medicina e discipline affini;
  • esami caratterizzanti: Il superamento di esami specifici durante il primo semestre determinerà l’ammissione al secondo semestre;
  • uniformità dei programmi: saranno stabiliti programmi formativi standardizzati a livello nazionale;
  • monitoraggio delle esigenze del SSN: un sistema di controllo valuterà il fabbisogno di medici e garantirà l’allineamento tra formazione universitaria e necessità del sistema sanitario;
  • tutoraggio pratico: gli studenti potranno svolgere attività pratiche sotto la guida di medici esperti nelle strutture ospedaliere.

Vantaggi per gli studenti

La riforma del test d’ingresso apporta tutta una serie di vantaggi importantissimi per gli studenti che aspirano alla carriera medica. Vediamo i più importanti

Maggiore accessibilità: l’eliminazione del test elimina la discriminazione economica legata ai corsi di preparazione privati.

Formazione di qualità: il semestre-filtro consente di valutare le reali competenze degli studenti.

Opportunità alternative: i crediti ottenuti nel primo semestre saranno validi per altri percorsi formativi in ambito biomedico, sanitario e farmaceutico.

Tempistiche e attuazione

Il Governo ha dodici mesi per emanare uno o più decreti legislativi che daranno attuazione alla riforma. La legge prevede, inoltre, un sistema di monitoraggio continuo per garantire l’efficacia delle nuove modalità di accesso.

Con questa riforma, l’Italia compie un passo significativo per rispondere alla carenza di personale medico e migliorare l’accesso alle facoltà sanitarie, ponendo al centro il merito e la qualità della formazione.

 

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