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Gonfiare il curriculum non è falso innocuo Il Consiglio di Stato stabilisce che dichiarare dati non veritieri nel curriculum equivale a falsa autocertificazione, con conseguente esclusione dalla procedura e segnalazione alla Procura

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Autodichiarazioni curriculum e responsabilità del candidato

Il principio di lealtà e di autoresponsabilità governa tutte le dichiarazioni sostitutive rese alla Pubblica amministrazione. Chi presenta autocertificazioni non può trarre vantaggio da informazioni non veritiere, indipendentemente dal documento in cui queste compaiono. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5020/2025, ha ribadito che anche le dichiarazioni inserite nel curriculum vitae rientrano nella disciplina delle autodichiarazioni e possono determinare la decadenza dal procedimento in caso di falsità.

Il caso del professore universitario

La vicenda riguardava un professore che aspirava a una nomina accademica di prestigio. Nel curriculum aveva dichiarato di essere titolare di due brevetti innovativi, pur non avendone ancora conseguito il riconoscimento: risultava soltanto una domanda depositata all’Ufficio Brevetti.
Il candidato otteneva l’incarico, ma un concorrente presentava ricorso al Tar, che annullava la procedura e demandava all’Ateneo le conseguenze di legge.

La decisione del Consiglio di Stato

Il giudice amministrativo ha chiarito che il curriculum rappresenta parte integrante della documentazione valutata dall’amministrazione e, di conseguenza, deve contenere solo informazioni veritiere.
In caso di dichiarazioni mendaci, l’amministrazione non ha margini di discrezionalità: deve dichiarare la decadenza dalla procedura e segnalare i fatti alla Procura per le eventuali conseguenze penali.

Brevetti e qualificazione tecnica

Ai sensi del Testo unico sulla documentazione amministrativa, possono essere autocertificati titoli professionali e qualificazioni tecniche. I brevetti rientrano in questa categoria.
Per questo motivo, la falsa dichiarazione contenuta nel curriculum non può essere considerata un elemento irrilevante, ma assume rilievo essenziale ai fini della valutazione della candidatura.

Curriculum e domanda di partecipazione: nessuna differenza

Il Consiglio di Stato ha escluso che possa farsi distinzione tra fatti dichiarati nel curriculum vitae e quelli inseriti nella domanda di partecipazione. In entrambi i casi si tratta di autocertificazioni che devono rispettare il requisito della veridicità.
La collocazione formale della dichiarazione, dunque, non attenua le conseguenze giuridiche: dichiarare il falso in un curriculum richiesto dal bando comporta gli stessi effetti che se fosse stato inserito nella domanda.

Esclusione inevitabile

Il massimo giudice amministrativo ha concluso che le false dichiarazioni non rappresentano mai un “falso innocuo”: incidono sulla procedura sia quando servono a dimostrare il possesso dei requisiti di partecipazione, sia quando influiscono sull’attribuzione del punteggio.
Pertanto, la falsità dichiarativa determina sempre l’esclusione dalla procedura e l’attivazione delle ulteriori conseguenze previste dalla legge.