Responsabilità precontrattuale e danno emergente
La responsabilità precontrattuale ricollegabile al contratto non concluso comporta il risarcimento del danno emergente (interesse negativo) non delle utilità (interesse positivo) che il contraente adempiente avrebbe conseguito se l’altra parte avesse concluso l’accordo. Lo ha precisato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 8668/2024, ribadendo anche l’importanza della prova del danno richiesto.
Procedura di gara annullata
Una società specializzata nella gestione di impianti di depurazione propone alla Regione Campania un progetto per il completamento e la gestione dell’impianto di depurazione di Napoli Est. Dopo una serie di valutazioni positive e l’assegnazione di un termine per adeguare la proposta, la Regione avvia una procedura di gara. In seguito a una rivalutazione delle proprie priorità in materia di depurazione, la Regione decide però di revocare la delibera iniziale, che aveva ammesso la proposta della società e, di conseguenza, annulla la procedura di gara. La società, sentendosi danneggiata da queste decisioni, presenta ricorso al TAR, sostenendo che l’amministrazione aveva agito illegittimamente. La società chiede quindi il risarcimento dei danni. Il TAR respinge il ricorso, ma la società presenta appello, di cui la Regione chiede il respingimento.
Richiesta risarcitoria legittima
Una sezione del Consiglio di Stato riconosce la responsabilità precontrattuale della Regione Campania per aver interrotto un accordo contrattuale in corso, causando un danno economico alla società. Legittima quindi la richiesta risarcitoria. Viene però ordinata una perizia contabile per accertare i costi sostenuti dalla società per il progetto, definire il valore dell’investimento, e gli altri costi sostenuti.
Il Consiglio di Stato in via definitiva rileva che la controversia verte sul risarcimento del danno subito dalla società a seguito dell’annullamento, da parte della Regione Campania, di una gara d’appalto per la gestione di un impianto di depurazione. Il focus della vicenda richiede nello specifico la verifica della sussistenza del danno da lesione dell’interesse negativo (danno emergente) derivante dalla accertata responsabilità contrattuale. Respinta invece la richiesta risarcitoria derivante da lucro cessante.
Responsabilità precontrattuale: il danno richiesto va provato
Per accertare il danno emergente il perito stima alcuni costi, come quelli per le fideiussioni, ma trova difficoltà nel quantificare con precisione i costi di preparazione del progetto a causa della mancanza di documentazione dettagliata e del tempo trascorso. La società giustifica questa mancanza di documentazione dettagliata sostenendo che gran parte dei costi risalgono a prima del 2003 e che, a causa dei termini di conservazione previsti dalla legge, non è più in possesso di tutta la documentazione. La società propone quindi un metodo di calcolo alternativo.
Il Consiglio di Stato ritiene che sia però necessario stabilire se questo metodo di calcolo sia sufficiente a dimostrare in modo convincente l’entità del danno subito dalla società, in assenza di una documentazione contabile più precisa. La Regione, dal canto suo, contesta la validità del metodo proposto e ritiene che la società non abbia fornito prove sufficienti per quantificare il danno. Il giudice dell’appello ritiene quindi opportuno valutare le argomentazioni di entrambe le parti e decidere se il metodo proposto dalla società sia accettabile per determinare l’ammontare del risarcimento.
Danno emergente: risarcito nei limiti della spesa provata
Fatta questa premessa il Consiglio di Stato precisa che la responsabilità precontrattuale si basa sul principio di buona fede e correttezza nelle trattative. Essa tutela il contraente leso da comportamenti scorretti altrui, limitando il risarcimento all’interesse negativo.
Nel caso in esame, il Collegio esclude tuttavia il risarcimento di spese relative alla predisposizione del progetto, perché non supportate da documentazione probatoria adeguata. Non è sufficiente infatti fornire un principio di prova generico; è necessario dimostrare in modo rigoroso il danno subito, come stabilito dall’art. 2697 c.c. e ribadito da recenti decisioni (Cons. Stato, Sez. IV, 16 novembre 2022, n. 10092).
Il verificatore non ha riscontrato prove documentali sufficienti per diverse voci di costo, tra cui spese per consulenze (€ 178.000), trasferte (€ 4.000), e redazione del progetto (€ 900.000). Questi importi non risultano verificabili né giustificabili con documenti amministrativi o contabili. Inoltre, non emergono elementi che attestino il loro riconoscimento da parte della Regione Campania.
L’unica eccezione riguarda i costi della polizza fideiussoria, pari a € 62.100. Per tale voce di costo, la documentazione depositata ha dimostrato l’effettivo sostenimento della spesa, consentendo al Collegio di riconoscere il risarcimento.
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