Pubblico impiego

Il pubblico impiego  Pubblico impiego: cos’è, come è disciplinato, chi sono le amministrazioni pubbliche datrici e chi decide in caso di controversia

Cos’è il pubblico impiego

Il pubblico impiego è il rapporto di lavoro che si instaura tra una persona fisica e la pubblica amministrazione.

Pubblico impiego: riferimenti normativi 

Il pubblico impiego è disciplinato dal Decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001, che contiene le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze della amministrazioni pubbliche.

Questa normativa, nel corso degli anni, ha subito numerose modifiche da parte di numerosi interventi normativi.

Tra gli ultimi interventi di modifica merita di essere segnalato il recente decreto legge n. 25/2025 specialmente al fine di introdurre misure più attrattive peri giovani, superate il precariato e definire misure finalizzate ad applicare in modo omogeneo le procedure per il reclutamento del personale.

Le amministrazioni pubbliche

La pubblica amministrazione, nell’ambito del rapporto del pubblico impiego, rappresenta quindi il datore di lavoro del dipendente. Occorre quindi chiarire che cosa si intende per pubbliche amministrazioni. La definizione di pubbliche amministrazioni la fornisce l’articolo 2 del decreto legislativo n. 165/2001:

  • le amministrazioni statali (comprese le scuole, gli istituti e le istituzioni educative di ogni ordine e grado);
  • le aziende e le amministrazioni dello Stato con ordinamento autonomo;
  • gli Enti pubblici territoriali come i Comuni, le province, le Regioni, le comunità montane (compresi i loro consorzi e associazioni);
  • le università;
  • gli istituì autonomi case popolari;
  • le Camere di Commercio e le loro associazioni;
  • gli enti pubblici non economici;
  • le amministrazioni, le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale;
  • l’ARAN;
  • le Agenzie di cui al decreto legislativo n. 300/1990.

Il rapporto di pubblico impiego: disciplina

Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche elencate sono disciplinati dalle regole contenute nel codice civile e dalle leggi che regolano il rapporto di lavoro subordinato nelle imprese, ad eccezione delle regole di carattere imperative previste dal decreto legislativo n. 165/2001. I rapporti di lavoro sono quindi regolati da un contratto. Gli accordi collettivi nazionali possono derogare leggi, regolamenti e statuti contenenti discipline riservate ai dipendenti (o categorie di dipendenti) delle pubbliche amministrazioni.

Regime di diritto pubblico per categorie determinate

La normativa privatistica  contenuta nel codice civile non è applicata a tutti i dipendenti pubblici.

Sono infatti assoggettati alle regole dei rispettivi ordinamenti i seguenti dipendenti pubblici:

  • i magistrati ordinari, amministrativi e contabili;
  • gli avvocati e procuratori dello Stato;
  • il personale militare e delle Forze di polizia di Stato;
  • il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia;
  • il rapporto di impiego del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario e il personale volontario di leva;
  • il personale della carriera dirigenziale penitenziaria.

Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari a tempo indeterminato o determinato, che rimane disciplinato dalle disposizioni in vigore, in attesa di una disciplina che regoli la materia in modo organico e nel rispetto dei principi della autonomia universitaria.

Codice di comportamento  

Ogni amministrazione pubblica definisce un proprio codice di comportamento dei dipendenti, sulla cui applicazione vigilano dirigenti responsabili. Ogni anno poi le pubbliche amministrazioni verificano l’applicazione dei codici e organizzano le attività formative necessarie per il personale affinché il codice venga rispettato.

Disciplina delle controversie per i dipendenti della PA

In caso di controversie relative al contratto di lavoro intercorrente tra i dipendenti delle pubbliche amministrazione e la PA datrice, la competenza è del giudice ordinario che può adottare i provvedimenti di accertamento, costituivi e di condanna, necessari per la tutela dei diritti in gioco. Le sentenze hanno il potere di costituire, estinguere il rapporto di lavoro, disporre la reintegra del dipendente nel posto di lavoro, condannare la pubblica amministrazione a risarcire il dipendente e a pagare i contributi assistenziali e previdenziali.

Il Giudice ordinario è competente inoltre per le controversie che insorgano a causa delle condotte antisindacali del dipendente pubblico e per quelle promosse dall’ARAN, dalle amministrazioni pubbliche e dalle organizzazioni sindacali.

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principi del procedimento amministrativo

I principi del procedimento amministrativo Principi del procedimento amministrativo: normativa di riferimento, applicazione pratica e giurisprudenza in materia

Procedimento amministrativo: i principi

Il procedimento amministrativo è regolato da una serie di principi fondamentali che garantiscono il corretto esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione (PA). Tali principi, sanciti dalla legge n. 241/1990, assicurano che l’azione amministrativa sia efficiente, equa e trasparente. In questo articolo analizzeremo in dettaglio i principali principi: economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza e pubblicità, con riferimenti normativi e giurisprudenziali.

Normativa di riferimento

La disciplina del procedimento amministrativo è contenuta nella legge n. 241/1990, intitolata “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”.

Questa legge ha introdotto un modello più moderno di amministrazione partecipata, ponendo l’accento su criteri di efficienza e tutela dei cittadini.

Tra gli articoli più rilevanti troviamo:

Articolo 1: stabilisce i principi generali dell’azione amministrativa;

Art. 3: impone alla PA di motivare i provvedimenti amministrativi;

Articolo 7 e seguenti: disciplinano la partecipazione al procedimento;

Art. 22 e seguenti: regolano il diritto di accesso ai documenti amministrativi.

I 5 principi del procedimento amministrativo

L’azione della PA e il procedimento amministrativo devono ispirarsi e rispettare i seguenti principi:

Economicità

Il riferimento normativo di questo principio si trova nell’art. 1, comma 1 della legge n. 241/1990. Il principio di economicità impone alla PA di svolgere la propria attività ottimizzando risorse e costi. Ciò significa che le amministrazioni devono adottare soluzioni che garantiscano il miglior risultato possibile con il minore impiego di risorse pubbliche.

La giurisprudenza ha più volte ribadito che l’economicità dell’azione amministrativa non deve tradursi in un risparmio fine a sé stesso, ma deve essere bilanciata con gli altri principi, come l’efficacia e l’imparzialità.

Efficacia

Il riferimento normativo del principio dell’efficacia è rinvenibile nell’art. 1, comma 1, legge n. 241/1990. L’efficacia indica la capacità dell’azione amministrativa di raggiungere gli obiettivi prefissati nel minor tempo possibile. Questo principio è strettamente collegato ai termini procedimentali previsti dalla legge, che devono essere rispettati per evitare ritardi ingiustificati.

La giurisprudenza amministrativa ha affermato che un provvedimento amministrativo è inefficace se non è idoneo a produrre effetti concreti e conformi agli obiettivi della normativa di riferimento.

Imparzialità

Questo principio è richiamato dall’art. 97 Costituzione e dall’art. 1, legge n. 241/1990. Il principio di imparzialità, sancito dall’articolo 97 della Costituzione, impone alla PA di operare senza favoritismi o discriminazioni. Gli atti amministrativi devono essere adottati in modo neutro e obiettivo, senza influenze esterne o interessi personali.

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2070/2009 ha chiarito che il principio di imparzialità, con quello di legalità e del buon andamento, rappresenta uno dei pilastri sui quali si poggia lo statuto costituzionale della pubblica amministrazione. L’articolo 97 della Costituzione rappresenta un parametro importantissimo di valutazione dell’attività amministrativa e della sua legittimità, perchè rappresenta una declinazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzionale.

Trasparenza

Il riferimento normativo per la trasparenza che deve caratterizzare l’azione della Pubblica Amministrazione si rinviene nel D.lgs. 33/2013 e nell’art. 1 della legge n. 241/1990. La trasparenza garantisce ai cittadini il diritto di conoscere l’azione amministrativa, favorendo il controllo diffuso sull’operato della PA. La normativa prevede che gli atti e i procedimenti siano accessibili e consultabili da chiunque ne abbia interesse.

Il Tar Veneto n. 2548/2024 ha sancito che la Pubblica Amministrazione è tenuta a soddisfare le richieste di accesso civico generalizzato, a meno che non comportino un aggravio per le normali attività degli uffici, che la stessa deve dimostrare.

Pubblicità

Il riferimento normativo è rinvenibile nell’art. 22 della legge n. 241/1990 e del D.lgs. 33/2013.

Il principio di pubblicità impone alla PA di rendere conoscibili ai cittadini atti e provvedimenti, salvo i casi di riservatezza espressamente previsti dalla legge (ad esempio, per ragioni di sicurezza nazionale o tutela della privacy).

Consiglio di Stato n. 7470/2010: il principio di pubblicità nelle gare d’appalto si applica rigorosamente solo quando le decisioni del seggio di gara possono influenzare la partecipazione dei concorrenti. Tale interpretazione è supportata da precedenti giurisprudenziali della Sezione V, specificamente le sentenze n. 6311 del 14 ottobre 2009 e n. 2355 dell’11 maggio 2007.

Considerazioni conclusive

L’azione della pubblica amministrazione deve essere efficiente, equa e accessibile, nel rispetto dei principi sanciti dalla legge 241/1990 e dalla Costituzione. La giurisprudenza amministrativa ha più volte confermato l’importanza di questi principi, che rappresentano un baluardo contro abusi e inefficienze.

 

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