affidamento in prova

Affidamento in prova anche all’estero La Cassazione chiarisce che tra le prescrizioni imposte dall'art. 47 ord. pen. non vi è una preclusione allo svolgimento di attività lavorativa all'estero

Affidamento in prova

Non può essere negato l’affidamento in prova se l’attività lavorativa comporta il suo svolgimento all’estero. Così la prima sezione penale della Cassazione con sentenza n.34727/2024 giacchè fra le prescrizioni imposte dall’art. 47 ordi. pen. non vi è una preclusione assoluta allo svolgimento di attività lavorativa all’estero.

La vicenda

La vicenda prende le mosse dall’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza di Milano ha accolto l’istanza con la quale un condannato aveva richiesto l’ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione relativa a sentenza di condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta commesso nel 2006. L’uomo, per mezzo del proprio difensore adisce il Palazzaccio, eccependo la nullità dell’ordinanza e del decreto contenente la descrizione delle prescrizioni imposte per violazione di legge e omessa motivazione sull’istanza di pernottamento in Svizzera a ragione dell’attività lavorativa ivi prestata, come da documentazione allegata alla domanda originaria. Benchè richiamata, la produzione documentale, infatti, a suo dire, non ha formato oggetto di disamina e motivazione alcuna. Eccepisce inoltre la nullità del provvedimento per
violazione di legge in relazione agli artt. 47 ord. pen. e 27, comma terzo, Cost. in quanto, nonostante la dimostrazione dello svolgimento di attività lavorativa presso due distinti datori di lavoro all’estero dai quali traeva il proprio
sostentamento, i giudici di merito hanno disposto prescrizioni, fra le quali il divieto di allontanarsi dalla Regione Veneto, compiere viaggi notturni e all’estero, incompatibili con le documentate attività.

Nessuna preclusione assoluta all’attività all’estero

Per gli Ermellini, il ricorso è fondato. Intanto, premettono “che è ammissibile il ricorso che sia limitato alla contestazione della legittimità delle prescrizioni imposte con l’ammissione alla misura alternativa. Va, infatti assicurata continuità all’orientamento secondo cui «le prescrizioni imposte all’atto dell’affidamento in prova al servizio sociale non hanno una loro autonomia concettuale, ma fanno parte del giudizio prognostico che deve esprimere il tribunale di sorveglianza in ordine alla sussistenza delle condizioni per l’ammissione del condannato ala misura alternativa, le cui finalità rieducative e di prevenzione della recidiva, possono essere perseguite anche attraverso le prescrizioni stesse”. Ne consegue che “non viola il principio di tassatività delle impugnazioni la proposizione di ricorso limitata alla sola contestazione della legittimità delle prescrizioni imposte” (cfr. Sez. 1, n. 2026/1998).

Il ricorso coglie, inoltre, ragionano i giudici, un primo profilo di criticità dell’ordinanza impugnata relativamente all’omessa motivazione su un punto caratterizzante della richiesta di misura alternativa. In effetti, risulta dalla documentazione agli atti che il ricorrente, nell’ambito del procedimento di interesse, ha chiesto la concessione dell’autorizzazione a lavorare in Svizzera ovvero l’imposizione di prescrizioni compatibili con lo svolgimento di tale attività.

Tuttavia, “a fronte di tale istanza, il Tribunale di sorveglianza ha omesso ogni motivazione, nonostante fra le prescrizioni imposte ai sensi dell’art. 47 ord. pen. non vi sia, in assoluto, alcuna preclusione allo svolgimento di attività lavorativa all’estero”. Per cuii, il tribunale ha stabilito prescrizioni incompatibili con lo svolgimento di quella attività lavorativa trascurando totalmente le ragioni che hanno determinato l’ammissione alla misura e, ancora una volta, omettendo ogni motivazione.
La pronuncia, dunque, “contrasta con l’orientamento di questa Corte secondo cui «in tema di affidamento in prova al servizio sociale, sono illegittime le prescrizioni attuative del programma trattamentale che impongano generiche ed indiscriminate limitazioni all’attività lavorativa esercitabile dall’affidato, senza alcun vaglio preliminare che le correli al giudizio prognostico formulato nei confronti dello stesso, trattandosi di prescrizioni incompatibili con la finalità rieducativa della misura alternativa alla detenzione, collegata alla previsione di cui all’art. 27, comma 3, Cost.» (cfr. Sez. 1, n. 1257/2018).

La decisione

Da quanto esposto discende l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Milano che provvederà a colmare le lacune motivazionali alla luce degli enunciati principi di diritto.

Allegati

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Decreto carceri: più agenti e misure per il sovraffollamento

La legge n. 112/2024 di conversione del decreto Carceri, dopo il sì definitivo della Camera sul ddl già approvato dal Senato, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 10 agosto 2024.

Il testo prevede misure urgenti, soprattutto in ambito penitenziario e rinvia di un anno l’entrata in vigore del Tribunale delle persone e della famiglia previsto dalla Riforma Cartabia.

Ecco le principali novità:

Assunzioni polizia penitenziaria

Il provvedimento prevede l’assunzione di 1000 unità (500 nel 2025 e 500 nel 2026) per rinforzare il corpo della polizia penitenziaria. Autorizza anche lo scorrimento delle graduatorie relative agli ultimi concorsi per funzionari e ispettori di polizia penitenziaria.

Incremento dei ruoli dirigenziali e indennità aggiuntiva

Il testo incrementa anche la dotazione organica dei dirigenti penitenziari. Nel corso dell’esame in Commissione è stata stabilita, con il nuovo articolo 2 bis, l’implementazione della dotazione organica del personale che fa parte della carriera dirigenziale penitenziaria del Ministero della Giustizia.

In sede referente è stato introdotto l’articolo 2 ter, che prevede un’indennità annua lorda, aggiuntiva per il personale del Comparto Funzioni Centrali dei ruoli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.

Medici e istituti penitenziari

In base al nuovo art. 2 quater, i medici convenzionati che operano presso gli istituti penitenziari, fermo restando il rispetto degli accordi collettivi nazionali per quanto riguarda il servizio minimo in carcere, possono svolgere anche un altro incarico per il SSN, fino al completamento delle 38 ore a settimana.

Il nuovo art. 2 quinquies permette invece alle aziende e agli enti del SSN di avviare procedure concorsuali entro il 31 dicembre 2026 per assumere medici da destinare agli istituti penitenziari, stabilendo regole meno rigide di partecipazione.

Dati sanitari dei detenuti

Il nuovo articolo 6 bis prevede che il Ministero della Giustizia e quello della Salute condividano i dati sanitari dei detenuti affetti da patologie psichiche o dipendenze.

Misure per un “carcere più umano”

Durante l’esame in Commissione l’introduzione del nuovo art. 4 bis ha disposto la nomina di un Commissario straordinario per l’edilizia residenziale, per affrontare il grave problema del sovraffollamento.

Strutture residenziali

Il decreto istituisce inoltre un elenco di strutture residenziali in grado di accogliere i detenuti che devono reinserirsi socialmente una volta scontata la pena e che sono privi di abitazione e condizioni sociali, economiche e di salute in grado di consentirgli un sostentamento.

Colloqui telefonici

Il testo interviene sui benefici e sui trattamenti previsti per i detenuti. Un regolamento dovrà disciplinare l’incremento delle telefonate settimanali e mensili concesse. Nel frattempo si possono autorizzare colloqui telefonici in misura superiore a due al mese.

Reinserimento in società

Il decreto dedica particolare attenzione al reinserimento dei detenuti in società. L’articolo 5, nella sua nuova formulazione, prevede che il PM, prima di emettere l’ordine di esecuzione e dopo aver verificato l’esistenza di periodi di custodia cautelare o pena fungibile, trasmetta gli atti al magistrato di sorveglianza se il condannato ha 70 anni o più e se la pena residua che lo stesso deve espiare, tenuto conto delle detrazioni per la liberazione anticipata, è compresa tra i 2 e i 4 anni. Il tutto per disporre la detenzione domiciliare fino alla concessione di misure alternative. Procedura similare è prevista per i detenuti che si trovano agli arresti domiciliari per gravissime condizioni di salute.

Liberazione anticipata e benefici premiali

Il PM sarà tenuto a indicare nel dettaglio, all’interno dell’ordine di esecuzione della pena, le detrazioni previste dalle norme sulla liberazione anticipata. In questo modo il detenuto ha subito contezza del termine finale della pena da scontare. Nello stesso provvedimento il pm deve avvisare il condannato che la mancata partecipazione al processo di rieducazione comporterà la non applicazione delle detrazioni.

Il magistrato di sorveglianza sarà obbligato a verificare la presenza dei requisiti necessari per la concessione dei benefici premiali (semilibertà, affidamento in prova, detenzione domiciliare o analoghi).

Servizio di volontariato

In sede di esame in Commissione è stato introdotto anche il nuovo art. 10 bis che prevede per il condannato che non offra garanzie di reinserimento lavorativo, la possibilità di svolgere un servizio di volontariato o di utilità sociale senza remunerazione.

Minori e tossicodipendenti nelle comunità

I minori e i tossicodipendenti verranno trasferiti dalle carceri alle comunità sia per porre rimedio al sovraffollamento carcerario che perché necessitano di cure particolari.

Niente giustizia riparativa al 41-bis

Per i detenuti  al 41 bis, il carcere destinato a terroristi e mafiosi, infine, nessun accesso alla giustizia riparativa.

Allegati