le unioni civili

Le unioni civili: caratteristiche e giurisprudenza Le unioni civili: cosa sono, la legge Cirinnà, requisiti soggettivi per la loro costituzione, differenze con il matrimonio e giurisprudenza

Cosa sono le unioni civili

Le unioni civili, introdotte con la Legge n. 76/2016, nota come Legge Cirinnà, hanno colmato un vuoto normativo che per decenni ha escluso le coppie omosessuali da qualsiasi forma ufficiale di tutela e riconoscimento.

L’unione civile è un infatti un istituto giuridico riservato alle coppie formate da persone dello stesso sesso, che consente loro di costituire un legame con effetti giuridici simili a quelli del matrimonio.

A differenza delle convivenze di fatto, che possono coinvolgere anche coppie eterosessuali e hanno una regolamentazione più flessibile, l’unione civile è una formazione giuridica specifica, formalizzata davanti all’ufficiale di stato civile.

La Legge Cirinnà

La Legge 20 maggio 2016, n. 76, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 maggio 2016 e in vigore dal 5 giugno 2016 si articola in due parti:

  • la prima parte riguarda le unioni civili tra persone dello stesso sesso;
  • la seconda parte disciplina le convivenze di fatto, sia omosessuali che eterosessuali.

L’obiettivo della legge è quello di garantire uguaglianza e tutela giuridica, evitando discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, in linea con i principi costituzionali e gli orientamenti della giurisprudenza europea.

Le unioni civili: requisiti soggettivi

I soggetti che vogliono costituire un’unione civile devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

  • entrambi devono essere maggiorenni;
  • entrambi devono essere dello stesso sesso;
  • non devono essere legati da altri vincoli matrimoniali o unioni civili;
  • non devono essere parenti stretti o affini entro determinati gradi.

Una volta costituita, l’unione civile attribuisce alla coppia una serie di effetti giuridici immediati.

Differenze tra unione civile e matrimonio

Sebbene molto simili, unioni civili e matrimonio non sono perfettamente equiparati. Le principali differenze riguardano:

  • adozione: le coppie unite civilmente non possono adottare congiuntamente un minore (resta possibile solo la stepchild adoption in casi particolari, riconosciuta dalla giurisprudenza);
  • linguaggio giuridico: si parla di “costituzione dell’unione” e non di “matrimonio”, e non si fa riferimento a “coniugi” ma a “parti”;
  • diritto canonico: l’unione civile non ha rilevanza religiosa o confessionale.

Le unioni civili: giuriprudenza

Corte Costituzionale n. 66/2024: costituzionalmente illegittimo l’art. 1 comma 26 della Legge 20 maggio 2016, n. 76 perché lo stesso prevede lo scioglimento automatico dell’unione civile a seguito di una sentenza di rettificazione anagrafica di attribuzione del sesso, senza offrire la possibilità di sospendere tale effetto.

Cassazione n. 24930/2024: In caso di scioglimento di un’unione civile, per la determinazione dell’assegno in favore della parte economicamente più debole, si applicano i criteri previsti per l’assegno divorzile dall’articolo 5, comma 6, della legge sul divorzio, richiamato dall’articolo 1, comma 25, della legge sulle unioni civili. Questo significa che l’assegno avrà una natura assistenziale, compensativa e perequativa. Per riconoscerlo, è necessario valutare se il richiedente non disponga di mezzi adeguati e non sia in grado di procurarseli per ragioni oggettive. Il giudice dovrà quindi comparare le condizioni economiche e patrimoniali delle parti, tenendo conto del contributo di ciascuno alla vita familiare, alla formazione del patrimonio comune, della durata dell’unione e dell’età del richiedente.

Cassazione n. 35969/2023: in caso di scioglimento di un’unione civile, per determinare l’assegno di mantenimento a favore della parte economicamente più debole, la durata del rapporto rilevante non si limita al solo periodo dell’unione civile formalizzata. Richiamando i principi già stabiliti per il divorzio (ex art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970), La Cassazione stabilisce che si deve considerare anche l’eventuale periodo di convivenza di fatto che ha preceduto la formalizzazione dell’unione civile. Questo vale anche se la convivenza è iniziata prima dell’entrata in vigore della Legge n. 76 del 2016 (quella che ha istituito le unioni civili).

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Le unioni civili Unioni civili: cosa sono, disciplina di riferimento, come si costituiscono, diritti e doveri, regime patrimoniale, scioglimento e adozione

Cosa sono le unioni civili

Le unioni civili rappresentano una forma giuridica di convivenza riconosciuta dallo Stato italiano, destinata alle coppie dello stesso sesso. Istituite con la legge 20 maggio 2016, n. 76, conosciuta come Legge Cirinnà, costituiscono un importante traguardo nella tutela dei diritti delle persone LGBTQ+, offrendo una disciplina specifica in materia di diritti e doveri reciproci, regime patrimoniale e scioglimento del vincolo.

L’istituto giuridico è stato introdotto per riconoscere e tutelare le relazioni affettive e patrimoniali tra due persone dello stesso sesso, distinguendole sia dal matrimonio (riservato in Italia alle coppie eterosessuali), sia dalla convivenza di fatto, disciplinata nella stessa legge ma con caratteristiche differenti.

L’unione civile, quindi, non è un matrimonio, ma un istituto autonomo che comporta diritti e doveri simili, pur non identici, a quelli del matrimonio.

Normativa di riferimento: la legge Cirinnà

La disciplina delle unioni civili è contenuta nella legge n. 76/2016, nota come Legge Cirinnà, dal nome della senatrice relatrice del provvedimento. La normativa è entrata in vigore il 5 giugno 2016 e ha introdotto due principali novità:

  • il riconoscimento giuridico delle unioni civili tra persone dello stesso sesso;
  • la regolamentazione delle convivenze di fatto (sia etero che omosessuali), in un capo distinto.

La legge è stata attuata con il D.P.C.M. 23 luglio 2016, n. 144, che disciplina nel dettaglio le modalità di registrazione e trascrizione delle unioni civili.

Come si costituisce un’unione civile

Per costituire un’unione civile occorre seguire una procedura amministrativa davanti all’Ufficiale di Stato Civile del Comune:

  1. manifestazione congiunta della volontà di unirsi civilmente da parte dei due partner (entrambi maggiorenni e dello stesso sesso);
  2. assenza di cause impeditive analoghe a quelli previsti per il matrimonio (ad es. interdizione, parentela, vincoli matrimoniali preesistenti).
  3. redazione dell’atto da parte dell’Ufficiale di Stato Civile e iscrizione nel registro dello stato civile.
  4. possibilità di scegliere un cognome comune, aggiungendolo o anteponendolo al proprio.

Non è prevista, per le unioni civili, la pubblicazione matrimoniale, ma solo la manifestazione della volontà di costituire l’unione.

Diritti e doveri dei partner

La legge prevede per le persone unite civilmente una serie di diritti e doveri reciproci, che ricalcano in buona parte quelli coniugali, con alcune eccezioni:

  • Obbligo di assistenza morale e materiale;
  • Obbligo alla coabitazione;
  • Concorde indirizzo della vita familiare;
  • Obbligo reciproco alla contribuzione secondo le proprie capacità.

A differenza del matrimonio, non esiste il dovere di fedeltà, espressamente escluso dal legislatore.

Inoltre, l’unione civile comporta:

  • Successione legittima tra partner, secondo quanto previsto dal codice civile;
  • Pensione di reversibilità, se uno dei due partner decede;
  • Facoltà di adozione del cognome comune;
  • Equiparazione ai coniugi in ambito sanitario e penitenziario, anche in materia di decisioni mediche e accesso alle informazioni.

Regime patrimoniale delle unioni civili

Il regime patrimoniale legale previsto dalla legge per le unioni civili è quello della comunione dei beni, salvo diversa scelta dei partner al momento della costituzione dell’unione o successivamente.

La comunione dei beni comporta la titolarità congiunta dei beni acquistati dopo la costituzione dell’unione, con eccezioni simili a quelle previste per il matrimonio (beni personali, donazioni, ecc.).

È possibile optare per la separazione dei beni, mediante apposita dichiarazione all’Ufficiale di Stato Civile.

Scioglimento dell’unione civile

Lo scioglimento dell’unione civile può avvenire:

  • su volontà di uno o di entrambi i partner;
  • per decesso;
  • per sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei due partner.

Diversamente dal matrimonio, non è previsto il procedimento di separazione, ma si procede direttamente allo scioglimento, mediante una dichiarazione resa all’Ufficiale di Stato Civile o mediante ricorso congiunto in Tribunale.

Unioni civili e adozione

La legge Cirinnà non estende automaticamente alle unioni civili il diritto all’adozione del figlio del partner (stepchild adoption). Tuttavia, la giurisprudenza ha ammesso in alcuni casi questa possibilità, secondo il principio del superiore interesse del minore, valutato caso per caso dal tribunale.

 

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Unioni civili: niente assegno alla ex se non c’è disparità economica Unioni civili: niente assegno di mantenimento per la ex se entrambe si trovano in una situazione economica precaria

Unioni civili e assegno di mantenimento

Sulle unioni civili e assegno di mantenimento torna a pronunciarsi la Cassazione. Nell’ordinanza n. 24930/2024 gli Ermellini precisano che per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento richiesto nell’ambito di un’unione civile sono necessari gli stessi presupposti dell’assegno di divorzio. Nel caso di specie, dalle prove fornite, emerge però che tali presupposti non sussistono e che entrambe le donne si trovano in condizioni economiche precarie. Non rileva il precedente matrimonio eterosessuale della richiedente, le tre figlie e l’invalidità, visto che l’inabilità al lavoro non è stata dimostrata.

Unione civile: scioglimento

Il Tribunale competente pronuncia lo scioglimento di un’unione civile.  La sentenza pone a carico di una delle parti l’obbligo di corrispondere un contributo mensile alla ex di 100,00 euro, oltre adeguamento ISTAT.

Revocato l’assegno di mantenimento alla ex

La beneficiaria impugna la sentenza chiedendo l’incremento dell’assegno di mantenimento. La Corte d’appello però lo respinge e accoglie, al contrario, l’appello incidentale. La parte obbligata ha richiesto nello specifico la revoca del mantenimento che il Tribunale aveva riconosciuto alla ex compagna.

Per la Corte d’appello non rileva la circostanza che la richiedente prima della relazione, abbia contratto matrimonio eterosessuale da cui ha avuto tre figlie. Per il giudice dell’impugnazione non rileva neppure l’investimento affettivo dell’appellante nella nuova relazione di coppia.

La Corte d’appello rileva che il Tribunale ha tenuto conto della patologia depressiva della richiedente, perché non contestato dalla controparte, anche se non documentata. L’autorità giudiziaria tuttavia rimarca che non è stata dimostrata l’inabilità al lavoro. La richiedente durante l’unione civile ha svolto tra l’altro attività lavorativa che ha poi deciso di lasciare spontaneamente per non perdere la pensione di invalidità.

Per la Corte di merito l’appello incidentale merita quindi accoglimento perché l’obbligata è rimasta senza redditi al momento della decisione del giudice di primo grado. La stessa ha svolto in precedenza attività lavorativa, ma è risultata gravata da debiti contratti proprio durante l’unione civile. La quasi totale assenza di redditi delle due parti non consente quindi di porre a carico di una delle due l’obbligo di sostenere economicamente l’altra.

Ignorati il pregresso matrimonio eterosessuale, le tre figlie e l’invalidità

Parte soccombente ricorre in Cassazione lamentando con il primo motivo, come la Corte d’appello, ai fini del decidere, abbia ignorato il suo pregresso matrimonio, la presenza di tre figlie e la decisione di trasferirsi dall’ex compagna, regolando la relazione con l’unione civile. La ricorrente lamenta inoltre la mancata considerazione della sua condizione di invalidità civile e della conseguente inabilità al lavoro. Con il secondo motivo  contesta invece la decisione della Corte d’appello nel punto in cui ritiene che non vi sia prova che la controparte sia più forte economicamente. L’assegno di mantenimento trova la sua ratio nel dovere di assistenza che la legge pone a carico del soggetto economicamente più forte. Da valutare inoltre la durata dell’unione civile, ma anche la pregressa convivenza. La resistente ha un lavoro ed è proprietaria di un immobile mentre la ricorrente ha solo una pensione di invalidità, non ha beni immobili e neppure un’automobile.

Unioni civili: niente assegno se non c’è disparità reddituale

Per la Cassazione entrambi i motivi del ricorso sono inammissibili. Il primo motivo tende a ottenere una diversa valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito. Come noto però la revisione dell’apprezzamento di merito è inammissibile in sede di Cassazione.

Unioni civili: stessi presupposti regole dell’assegno divorzile

Il secondo motivo è parimenti inammissibile perché alle unioni civili, per quanto riguarda il riconoscimento dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex partner, valgono gli stessi parametri e presupposti dell’assegno divorzile art. 5 comma 6 legge n. 898/1970.

La misura ha infatti funzione assistenziale, compensativa e perequativa e richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi del partner richiedente e dell’impossibilità oggettiva di procurarseli in autonomia.

La decisione relativa all’eventuale riconoscimento presuppone una valutazione delle condizioni economiche e patrimoniali di entrambe le parti, del contributo fornito dalla richiedente alla vita familiare, alla formazione del patrimonio comune, nonché del patrimonio personale di ciascuno alla luce della durata del matrimonio e dell’età dell’istante.

Dalla documentazione versata in atti emerge che i presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento non sussistono. Entrambe le donne sono prive di redditi e parte ricorrente non ha prodotto in giudizio elementi tali da poter contrastare le conclusioni a cui è giunta la Corte di merito.

 

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