Avvocato: difesa di più parti, spese aumentate per legge Nel caso di difesa di più assistiti nel medesimo giudizio, il compenso spettante all’avvocato equivale allo stesso che gli sarebbe spettato se avesse difeso una sola parte, con l’applicazione di una maggiorazione
Unica attività difensiva per più assistiti
Nel caso in esame, e per quanto qui rileva, i ricorrenti hanno fatto valere dianzi alla Corte di Cassazione la ritenuta violazione dell’art. 4 del d.m. 10 marzo 2014 n. 55.
Nella specie, i ricorrenti hanno rilevato che, nel corso del giudizio di appello, le due società controparti si erano costituite ed erano state difese dal medesimo avvocato, il quale aveva depositato due comparse di costituzione e risposta di identico contenuto e di pari estensione. A tal riguardo i ricorrenti hanno precisato altresì che “il deposito di tali identiche comparse aveva costituito l’unica attività difensiva svolta nel secondo grado di giudizio da difensore delle due parti appellate, che non aveva depositato scritti conclusionali”.
Alla luce di tali circostanze, i ricorrenti hanno contestato la decisione della Corte d’appello che li aveva condannati al rimborso integrale delle spese sostenute da ciascuna delle due società, con conseguente pagamento di “due distinti compensi al medesimo difensore”.
La doglianza poggia sul rilievo secondo cui il Giudice di merito avrebbe dovuto valutare che, nella sostanza, il difensore aveva redatto un unico scritto difensivo, dovendosi pertanto escludere di addossare alle parti soccombenti di quel giudizio “spese eccessive e superflue, in conformità al disposto dell’art. 92, primo comma, cod. proc. civ.”.
Non ammessa la ripetizione di spese eccessive e superflue
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15946-2024, ha accolto il suddetto motivo d’impugnazione e ha dichiarato inammissibili gli altri.
In particolare, la Corte ha affermato che “in ragione dell’esigenza di evitare la ripetizione di spese eccessive o superflue (…), la fattispecie va assimilata, ai fini della disciplina delle spese, a quella di deposito di un unico atto per le diverse parti difese”.
A tal riguardo, la Corte ha altresì precisato che le variazioni in aumento o in diminuzione, nell’ipotesi di assistenza di più soggetti da parte del medesimo avvocato, sono stabilite dall’art. 4, commi 2 e 4, del d.m. 10 marzo 2014 n. 55.
Compenso unico ma maggiorato
Dal combinato disposto delle suddette norme emerge che all’avvocato, in siffatti casi, debba essere corrisposto un “compenso unico”, come se lo stesso avesse difeso una sola parte; a tale importo dovrà poi essere applicata una maggiorazione in misura percentuale per ciascuna parte, nonché in proporzione al numero delle parti assistite.
Resta comunque fermo che, nel caso in cui la difesa di più assistiti non abbia comportato “l’esame di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto”, la maggiorazione proporzionata al numero delle parti debba essere ridotta fino al 30%.
In tal senso, ha spiegato la Corte, per parti aventi la stessa posizione processuale si intendono “coloro che siano accomunati dalla posizione di attore, di convenuto o di intervenuto”.
La decisione della Cassazione
Sulla scorta di quanto sopra riferito, la Cassazione ha concluso il proprio esame sul punto rilevando che “La circostanza che la ‘regola’ fosse quella dell’aumento, e l’eccezione quella della misura standard, induce a ritenere che, mentre il giudice, il quale avesse applicato l’aumento, non avrebbe avuto alcun obbligo di motivare la propria decisione, la scelta di non applicare l’aumento imponeva al giudice l’obbligo di indicare le ragioni per cui aveva inteso derogare alla regola generale”.
In questo senso, la Corte d’appello avrebbe dovuto individuare la misura del compenso standard liquidabile per una sola parte e poi applicare la maggiorazione prevista dalla sopracitata normativa di riferimento.