la denuncia

La denuncia La denuncia: cos'è, la normativa di riferimento, differenze con la querela e l’esposto, e giurisprudenza di rilievo

Cos’è la denuncia?

La denuncia è un atto giuridico formale con il quale una persona (denunciante) porta all’attenzione delle autorità competenti un fatto che ritiene essere un reato, che può essere stato commesso o che sta per essere commesso. È un atto con il quale si porta conoscenza di un crimine alle forze di polizia, al pubblico ministero o, nei casi previsti, anche al giudice.

Essa si distingue dalla querela in quanto non è necessaria che la persona che la presenta sia la parte lesa. La querela infatti è un atto giuridico che viene presentato solo dalla persona danneggiata, la denuncia invece può essere fatta anche da chi ha assistito al reato o ne è venuto a conoscenza in altro modo.

Normativa di riferimento

Questo atto è regolamentato principalmente dal Codice di Procedura Penale e da alcune leggi speciali che riguardano specifici ambiti, come il reato di estorsione, furto, truffa e violenza domestica. Ecco alcuni articoli importanti relativi alla denuncia:

  • 333 codice di procedura penale: stabilisce che chiunque venga a conoscenza di un reato possa denunciarlo alle autorità competenti. La norma prevede inoltre l’obbligo di denuncia per i pubblici ufficiali e per gli incaricati di un servizio pubblico, non per i soggetti privati, nei casi previsti dalla legge.
  • Art 334 bis del codice di procedura penale esonera dall’obbligo di denuncia gli avvocati e i soggetti indicati dall’articolo 391 bis c.p.p neppure per i reati di cui vengono a conoscenza nel corso delle attività di investigazione svolte.

Come si presenta una denuncia?

La denuncia può essere presentata oralmente o per iscritto. Se la denuncia avviene oralmente, verrà trascritta dalle forze dell’ordine o dall’autorità competente. La forma scritta è preferibile, poiché consente una maggiore chiarezza e consente al denunciante di esprimere dettagli in modo completo.

Le modalità di presentazione possono essere diverse:

  • Presso le forze di polizia (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza): le autorità di polizia sono sempre pronte ad accogliere una denuncia e avviare le indagini.
  • Direttamente al pubblico ministero: tramite la procura della Repubblica, se la denuncia riguarda reati particolarmente gravi o complessi.
  • In via telematica: alcuni reati possono essere denunciati online, tramite i portali dedicati, come quello della Polizia di Stato.

La denuncia deve contenere informazioni precise e dettagliate riguardo al reato e ai fatti che si intendono denunciare. Devono essere forniti tutti i dettagli rilevanti, inclusi i dati delle persone coinvolte, la descrizione dei fatti e, se disponibili, eventuali prove o documenti.

La denuncia anonima

Esiste anche la denuncia anonima, ovvero un atto in cui il denunciante non rivela la propria identità. Sebbene questa forma sia ammessa, ha delle limitazioni. Le autorità infatti, in base al quanto disposto dal comma 3 dell’art. 333 c.p.p non sono obbligate a prendere in considerazione una denuncia anonima, in quanto può risultare difficile da verificare o meno attendibile. Tuttavia, se il contenuto dell’atto porta a informazioni utili e concrete, le autorità possono comunque avviare un’indagine. Viceversa, nel caso in cui la denuncia anonima non fornisca elementi concreti, non obbliga le forze dell’ordine a intraprendere un’azione legale.

Differenza tra denuncia, querela ed esposto

La denuncia è spesso confusa con la querela e l’esposto, ma ci sono alcune differenze fondamentali tra questi atti.

  • Denuncia: è l’atto con cui si segnala alle autorità competenti un reato. Chiunque può denunciare un crimine, anche se non è direttamente coinvolto come parte lesa.
  • Querela: la querela invece è una denuncia fatta solo dalla parte lesa o da chi ha subito il danno direttamente dal reato. La querela è necessaria per procedere legalmente in casi come lesioni, diffamazione o stalking, in quanto sono reati che non sono perseguibili d’ufficio, ma su richiesta della persona danneggiata.
  • Esposto: un esposto, invece, è una segnalazione generica che non implica un atto accusatorio. Serve a far conoscere alle autorità competenti un fatto sospetto o illecito, ma non ha la finalità di avviare un procedimento penale o chiedere la punizione di un responsabile.

Differenze con querela ed esposto

Caratteristica Denuncia Querela Esposto
Scopo Segnalare un reato Iniziare un procedimento legale Segnalare un comportamento illecito, senza finalità accusatorie
Obbligo di presentazione Facoltativa  per i privati per reati perseguibili d’ufficio Necessaria per reati procedibili su querela Facoltativa, senza obbligo giuridico
Prosecuzione del reato Può avviare un’indagine d’ufficio Richiede il consenso della parte lesa Non avvia automaticamente un’indagine
Chi può presentarla Chiunque abbia conoscenza di un reato La persona danneggiata dal reato Chiunque, anche senza essere parte lesa

Giurisprudenza sulla denuncia

La giurisprudenza ha trattato vari aspetti di questo atto evidenziando come la stessa sia fondamentale per il buon funzionamento del sistema giuridico:

Cassazione n. 29319/2024: una denuncia anonima non può essere utilizzata come prova in un processo penale. Tuttavia, essa può innescare l’attività investigativa del Pubblico Ministero o della polizia giudiziaria, spingendoli a raccogliere informazioni utili per verificare se vi siano elementi sufficienti per avviare un’indagine formale. In altre parole, la denuncia anonima non ha valore probatorio, ma può servire come spunto per ulteriori accertamenti.

SU Cassazione n. 25932/2008:  una denuncia considerata irregolare e quindi equiparabile a una denuncia anonima, pur non potendo essere utilizzata come prova, può stimolare le indagini del Pubblico Ministero o della polizia giudiziaria. Questo avviene attraverso la raccolta di informazioni che potrebbero portare all’identificazione di un’ipotesi di reato, la quale verrebbe poi approfondita seguendo le procedure legali. In sostanza, anche se la denuncia in sé non ha valore probatorio, può comunque innescare un processo investigativo.

 

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decreto penale di condanna

Decreto penale di condanna Cos’è il decreto penale di condanna, qual è la normativa di riferimento, come funziona e come si può fare opposizione

Cos’è il decreto penale di condanna?

Il decreto penale di condanna è un provvedimento giurisdizionale previsto dal codice di procedura penale italiano, che consente di definire rapidamente procedimenti per reati di minore gravità senza ricorrere a un processo ordinario. Questo strumento mira a ridurre il carico di lavoro dei tribunali e accelerare i tempi della giustizia penale.

Normativa di riferimento

La disciplina di questo istituto è contenuta negli articoli da 459 a 464 del codice di procedura penale. Con la riforma Cartabia (D.lgs. n. 150/2022), sono state introdotte importanti modifiche al procedimento.

  • un termine di tempo più ampio al Pm per la richiesta di decreto penale di condanna a partire dalla data di iscrizione del soggetto ritenuto responsabile del reato;
  • la possibilità di convertire la pena detentiva prevista per il reato in lavoro di pubblica utilità;
  • la possibilità per l’imputato di chiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità senza formulare l’atto di opposizione;
  • la previsione che il decreto penale di condanna debba contenere anche l’avviso all’imputato della facoltà di accesso ai programmi di giustizia riparativa e l’avviso di poter effettuare il pagamento della pena pecuniaria nella misura ridotta di 1/5 entro 15 giorni dalla notifica del decreto, rinunciando all’opposizione.

Come funziona il decreto penale di condanna

Il decreto può essere richiesto dal pubblico ministero quando ritiene che le prove raccolte siano sufficienti per una condanna e che il reato sia punibile con una pena pecuniaria o una pena detentiva sostituibile con una pena pecuniaria.

La procedura tipica di emissione del decreto penale di condanna passa attraverso fasi determinate.

  • Richiesta del pubblico ministero: il pubblico ministero presenta al giudice per le indagini preliminari (GIP) la richiesta di emissione del decreto, corredata dalle prove.
  • Emissione del decreto: se il GIP ritiene fondata la richiesta, emette il decreto penale di condanna, che viene notificato all’
  • Notifica e termine per l’opposizione: l’imputato ha 15 giorni dalla notifica per presentare opposizione.

Quando viene emesso

Il decreto penale di condanna è emesso in caso di reati di minore entità, come ad esempio:

  • guida in stato di ebbrezza;
  • lesioni personali lievi;
  • reati contro il patrimonio di modesta entità;
  • violazioni amministrative con rilevanza penale.

L’emissione è subordinata alla presenza di prove evidenti e all’assenza di necessità di ulteriori accertamenti.

Opposizione al decreto penale di condanna

L’imputato che riceve un decreto penale di condanna ha la possibilità di opporsi entro 15 giorni dalla notifica. L’opposizione comporta:

  • Richiesta di giudizio ordinario: l’imputato può chiedere di essere giudicato con il rito ordinario o con rito abbreviato.
  • Richiesta di patteggiamento: l’imputato può chiedere l’applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento).
  • Decisione del giudice: il giudice fissa l’udienza per valutare il caso solo nei casi in cui l’imputato si opponga al decreto penale, negli altri casi il contraddittorio con l’imputato non sussiste.

La riforma Cartabia ha introdotto la possibilità di presentare l’opposizione anche in via telematica, semplificando le procedure.

Giurisprudenza decreto penale

La giurisprudenza italiana ha affrontato diverse questioni relative a questo istituto, chiarendo le modalità e i limiti del procedimento:

Cassazione 2773/2025:  Il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, dopo l’emissione del decreto penale di condanna, respinge la richiesta di sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, del codice della strada, senza disporre il giudizio immediato, risulta anomalo alla luce della normativa introdotta dall’art. 28 del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.

Corte Costituzionale n. 209/2024:   infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., sollevata in riferimento all’art. 111 della Costituzione, nella parte in cui non stabilisce l’incompatibilità del giudice per le indagini preliminari a pronunciarsi su una nuova richiesta di decreto penale dopo aver respinto la precedente per inadeguatezza della pena indicata dal pubblico ministero.

Cassazione 138/2016: in caso di richiesta di restituzione nel termine per proporre opposizione a un decreto penale di condanna, l’onere dell’istante si limita ad allegare le ragioni della mancata conoscenza del provvedimento notificato. Il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 175, comma 2, c.p.p., come modificato dalla L. n. 67/2014, deve verificare se l’interessato abbia effettivamente ignorato la notifica. Se permane un’incertezza oggettiva sulla tempestiva conoscenza del decreto e l’istante ha adempiuto al proprio onere, il giudice deve concedere la restituzione nel termine.

 

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interrogatorio di garanzia

Interrogatorio di garanzia L'interrogatorio di garanzia: cos’è qual è la normativa, come si svolge la procedura e quali sono le finalità

Cos’è l’interrogatorio di garanzia?

L’interrogatorio di garanzia è un istituto di procedura penale finalizzato a garantire i diritti della persona sottoposta a misura cautelare personale. Questo strumento è fondamentale per assicurare che l’indagato sia informato delle accuse a suo carico e abbia la possibilità di difendersi sin dalle fasi iniziali del procedimento penale.

Normativa di riferimento

L’interrogatorio di garanzia è disciplinato dall’art. 294 c.p.p., che stabilisce le modalità e i tempi entro cui deve essere effettuato. La normativa prevede che l’interrogatorio venga svolto dal giudice entro cinque giorni dall’esecuzione della misura cautelare, salvo proroghe giustificate da particolari esigenze.

Con la riforma Cartabia (D.lgs. n. 150/2022), sono state introdotte modifiche volte a rafforzare le garanzie difensive, migliorando la trasparenza e l’efficacia del procedimento. L’interrogatorio può oggi svolgersi a distanza se il difensore o la persona sottoposta alla misura cautelare ne facciano richiesta. Il nuovo comma 6 bis invece prevede che l’interrogatorio possa essere documentato anche con mezzi di riproduzione audiovisiva e, in caso di indisponibilità, con mezzi di riproduzione fonografica.

Come si procede all’interrogatorio di garanzia?

  1. Notifica della misura cautelare: l’indagato riceve la notifica della misura cautelare e viene informato del diritto di essere assistito da un difensore.
  2. Fissazione dell’interrogatorio: il giudice fissa l’interrogatorio entro cinque giorni dall’inizio della esecuzione della custodia, salvo proroghe.
  3. Svolgimento dell’interrogatorio: durante l’interrogatorio, il giudice illustra all’indagato le ragioni della misura cautelare e ascolta le sue dichiarazioni.
  4. Presenza del difensore: l’indagato ha il diritto di essere assistito dal proprio difensore di fiducia o, in mancanza, da un difensore d’ufficio.

Svolgimento dell’interrogatorio di garanzia

L’interrogatorio si svolge in presenza del giudice, del pubblico ministero e del difensore dell’indagato. Il giudice informa l’indagato dei fatti contestati e delle prove raccolte, garantendo il diritto di replica. L’indagato può scegliere di rispondere alle domande o avvalersi della facoltà di non rispondere.

Finalità e modalità dell’interrogatorio di garanzia

L’interrogatorio di garanzia realizza precise finalità:

  • informare l’indagato delle accuse e delle prove raccolte;
  • consentire la difesa dell’indagato sin dalle prime fasi del procedimento;
  • verificare la legittimità della misura cautelare adottata;
  • valutare eventuali richieste di revoca o modifica della misura cautelare.

Le modalità dell’interrogatorio sono disciplinate dagli articoli 64 e 65 c.p.c Esse prevedono, tra l’altro, il divieto di utilizzare metodi o tecniche capaci di influenzare la libertà, di alterare il ricorso o la capacità di valutazione dei fatti da parte dell’interrogato.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza italiana ha chiarito vari aspetti dell’interrogatorio di garanzia.

  • Cassazione n. 2241/2025: la brevità del termine tra la notifica dell’avviso di deposito e l’interrogatorio di garanzia non determina nullità, poiché prevale l’interesse a un immediato contatto tra indagato e giudice per verificare i presupposti della misura cautelare. Le esigenze difensive possono essere tutelate con un’istanza di differimento entro cinque giorni o con richiesta di revoca per inefficacia dell’ La congruità del termine va valutata considerando la presenza del difensore e la possibilità di un’adeguata assistenza, tenendo conto di distanza, mezzi di comunicazione e tempi di esame degli atti.
  • Cassazione n. 29330/2024: richiamo il principio sancito dalla SU n. 15069/2023, ossia che “la traduzione dell’ordinanza cautelare è essenziale all’esercizio delle prerogative difensive del soggetto alloglotta che non conosce la lingua italiana. La comprensione dei motivi per i quali è intervenuta la privazione della libertà personale costituisce, infatti, una condizione preliminare all’esercizio di queste prerogative e tale comprensione «presuppone la conoscenza linguistica, diretta o mediata da un interprete, delle accuse» (pag. 16 della motivazione). Secondo il supremo Collegio – che richiama sul punto la sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 1993 – solo in questo modo è possibile assicurare «una garanzia essenziale al godimento di un diritto fondamentale di difesa.”
  • Cassazione n. 42638/2023: La nuova disciplina, nel prevedere l’interrogatorio “a distanza”, richiede in primo luogo la previa richiesta dell’interessato e la successiva autorizzazione del giudice. La previa richiesta di parte, in virtù del richiamo che il comma quinto opera al comma quarto del medesimo articolo, appare quindi un requisito necessario affinché il giudice piuttosto che procedere alla delega dell’interrogatorio, assuma l’interrogatorio attraverso il video collegamento.”

 

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braccialetto elettronico

Braccialetto elettronico: carcere per chi impedisce il funzionamento Braccialetto elettronico: il giudice può disporre la custodia cautelare in carcere per chi lo manomette o ne impedisce il funzionamento

Braccialetto elettronico: le novità del decreto giustizia

Braccialetto elettronico: il decreto legge n. 178/2024 contenente misure urgenti sulla giustizia torna ad occuparsene. L’articolo 7 del decreto interviene su alcune norme del codice di procedura penale. L’obiettivo è quello di rendere più efficace questo strumento di controllo a tutela soprattutto delle donne vittime di violenza e di stalking.

Fattibilità del controllo con il  braccialetto elettronico

A questo scopo dopo l’articolo 97 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale la riforma inserisce ex novo l’articolo 97 ter. La norma è incentrata sulle modalità di accertamento della fattibilità tecnica e operativa del controllo tramite braccialetto elettronico.

L’accertamento della fattibilità tecnica e operativa, disciplinato dagli articoli 275-bis, 282-bis e 282-ter del codice, riguarda, in particolare, la verifica preliminare necessaria per stabilire le modalità di controllo che il giudice prescrive. La polizia giudiziaria, eventualmente supportata da operatori specializzati della società incaricata dei servizi tecnici o elettronici, deve effettuare questa verifica senza ritardi e comunque entro 48 ore.

Detta verifica comprende:

  • la possibilità di attivare e far funzionare i mezzi elettronici o tecnici previsti;
  • l’analisi delle caratteristiche specifiche del luogo di applicazione (es. distanza, copertura di rete, qualità della connessione, tempi di trasmissione dei segnali);
  • la gestione operativa degli strumenti e altre circostanze rilevanti per valutare l’efficacia del controllo sulle prescrizioni imposte all’

Concluse queste operazioni, la polizia giudiziaria deve redigere un rapporto tecnico. Questo documento certifica la fattibilità del controllo e lo trasmette senza ritardi, entro ulteriori 48 ore, all’autorità giudiziaria competente. Il giudice, sulla base di questo rapporto, valuta eventuali misure cautelari, inclusa l’applicazione congiunta o la sostituzione con misure più restrittive. 

Carcere per chi ne impedisce il funzionamento regolare

Per rendere più efficace il controllo con il braccialetto elettronico il decreto giustizia interviene anche sull’art. 276 c.p.p, che si occupa dei provvedimenti che il giudice può adottare in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte.

La nuova versione prospettata dal decreto del comma 1 ter dell’art. 276 c.p.p prevede che in caso di violazione delle disposizioni relative agli arresti domiciliari, come il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da un altro luogo di dimora privata, oppure in caso di manomissione o di comportamenti gravi o reiterati che compromettono o ostacolano il corretto funzionamento dei dispositivi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo previsti dall’articolo 275-bis, anche quando utilizzati ai sensi degli articoli 282-bis e 282-ter, il giudice procede alla revoca della misura e alla sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto risulti di lieve entità.

 

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