diritto di ripensamento

Diritto di ripensamento Il diritto di ripensamento consente al consumatore di recedere da un contratto entro quattordici giorni senza costi aggiuntivi

Quando si può esercitare il diritto di ripensamento?

Diritto di ripensamento: quando si può esercitare? Quando si effettua un acquisto online, può capitare che ci si penta quasi subito dell’operazione, vuoi perché ci si rende conto che il prodotto non ci serve davvero, o magari perché si considera il suo prezzo un po’ troppo alto.

Per ovviare a questa spiacevole situazione, la legge ha previsto in favore del consumatore un particolare rimedio: il diritto di ripensamento.

Come annullare un contratto per ripensamento

Il diritto di ripensamento è previsto in favore di chiunque effettui un acquisto fuori dei locali commerciali (ad esempio online, o anche in occasione di una vendita a domicilio) oppure concluda un contratto a distanza (ad esempio per l’attivazione di una fornitura domestica come telefono, luce e gas, oppure per attivare un servizio come una piattaforma a pagamento per la visione di film o eventi sportivi).

Nello specifico, l’art. 52 del Codice del Consumo (d.lgs. 206 del 2005) stabilisce che “il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali”.

In sostanza, senza dover fornire alcuna motivazione, chi ha effettuato l’acquisto ha la possibilità di ripensarci entro quattordici giorni dalla conclusione del contratto oppure dalla consegna del bene.

Entro tale termine, l’acquirente deve comunicare alla controparte contrattuale la propria decisione di recedere dal contratto.

Come funziona il diritto di recesso entro 14 giorni

In caso di ripensamento relativo all’acquisto di un prodotto, il consumatore è tenuto alla restituzione a proprie spese del bene.

D’altro canto, il venditore deve provvedere al rimborso integrale di quanto pagato dal consumatore, ivi comprese le spese di spedizione (ma se l’acquirente aveva scelto una modalità di consegna più dispendiosa rispetto a quella solitamente proposta dal venditore, tali maggiori spese rimangono a suo carico).

Disciplina del diritto di ripensamento nel Codice del consumo

La disciplina del diritto di ripensamento a tutela del consumatore prevede anche altre particolari disposizioni, come quella che obbliga il fornitore di servizi ad informare il cliente della possibilità di esercitare il diritto di ripensamento.

In mancanza di tale informativa, al consumatore sono concessi ben dodici mesi in più per esercitare il ripensamento (quindi 12 mesi più quattordici giorni). Nell’arco di tale periodo, il fornitore può, comunque, provvedere a inviare la suddetta informativa: in tal caso, dall’invio “tardivo” decorrono i classici quattordici giorni per l’esercizio del diritto in oggetto.

Per legge, inoltre, è nulla qualsiasi clausola che preveda limitazioni al rimborso in favore del consumatore se questi esercita il diritto di ripensamento (cfr. art. 56 primo comma del Codice del consumo).

È importante ricordare che, in base all’art. 47 comma secondo del Codice, la disciplina sul ripensamento si applica solo per acquisti fuori dei locali commerciali il cui corrispettivo pagato dal consumatore sia pari o superiore a 50 euro.

Ripensamento e acquisti all’interno di negozi “fisici”

Va evidenziato, pertanto, come il diritto di ripensamento non operi per gli acquisti effettuati in negozio, cioè all’interno dei locali commerciali del venditore.

In tal caso, quest’ultimo rimane libero di non venire incontro al ripensamento da parte dell’acquirente e pertanto non è tenuto ad accettare la restituzione del bene né, tanto meno, a rimborsargli quanto speso. Nulla vieta, peraltro, al venditore di prevedere facoltà analoghe al ripensamento anche per gli acquisti effettuati in negozio.

Differenze tra diritto di ripensamento e di recesso

È importante notare che, per quanto affini, gli istituti del diritto di ripensamento e del recesso rimangono due cose diverse. In un certo senso, il ripensamento è una specie particolare di recesso, ed è per questo che nella terminologia del Codice del Consumo (art. 52 e segg.) si fa riferimento al “recesso” anche per individuare il diritto di ripensamento da esercitarsi entro quattordici giorni.

In generale, il diritto di recesso è sempre esercitabile nei contratti continuativi, come ad esempio quelli di fornitura di servizi domestici. Solitamente, però, la disciplina normativa prevede alcuni “paletti” da rispettare, ad esempio in relazione ai costi aggiuntivi da sostenere, o ai termini di preavviso da non oltrepassare, oppure in ordine ai motivi del recesso.

class action

Class action Le class action sono azioni collettive a tutela degli interessi omogenei di una serie di soggetti. la disciplina codicistica e le azioni a tutela dei consumatori

In che cosa consiste una class action

La class action è un’azione collettiva con cui un insieme di soggetti (ad es.: consumatori) può chiedere contro un unico soggetto il risarcimento di un danno o altra misura analoga oppure la cessazione di un comportamento lesivo dei propri diritti o interessi.

Quando si può fare una class action

Negli ultimi anni, la class action è stata oggetto di alcune rilevanti innovazioni normative, sia nel nostro ordinamento che a livello europeo, tese a rendere questo strumento ancora più vantaggioso, rispetto all’azione esercitabile singolarmente, per il soggetto che si ritiene danneggiato.

Tali novità legislative mirano, dunque, a favorire l’utilizzo delle azioni collettive, finora ancora poco sperimentate nelle aule dei nostri tribunali.

I procedimenti collettivi di cui al codice di procedura civile

Gli interventi normativi di cui sopra si  è detto disciplinano due diversi istituti, tra loro affini ma che riguardano situazioni differenti.

La legge n. 31/2019, introducendo gli artt. 840-bis e seguenti del codice di procedura civile, individua la disciplina dei procedimenti collettivi, azionabili anche da un singolo utente, oltre che da associazioni iscritte in un apposito elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, che tutelino gli interessi di quanti si ritengano lesi da un comportamento tenuto dall’impresa o dal gestore di pubblici servizi.

Quante persone servono per fare una class action

Va notato, quindi, che nel caso dei procedimenti collettivi di cui alla disciplina codicistica, il comportamento lesivo può essere tutelato sia con l’azione individuale di un singolo soggetto (art. 840-bis c.p.c., quarto comma), sia come azione di classe; quest’ultima può essere azionata, a sua volta, da ciascun componente della classe (persona fisica o giuridica) oppure da un’organizzazione o associazione senza scopo di lucro, che abbia tra i suoi fini statutari la tutela dei diritti di cui si lamenta la lesione.

Se un’azione di classe, il cui avvio viene reso conoscibile attraverso appositi portali web, viene avviata da più componenti della medesima classe, si dispone la riunione dei vari ricorsi in un unico procedimento.

Il procedimento collettivo mira all’accertamento della condotta lesiva e può portare alla condanna di risarcimento del danno, alle restituzioni o all’inibizione o divieto di prosecuzione di una determinata condotta.

Una caratteristica da sottolineare propria dei procedimenti collettivi disciplinati dal codice di procedura civile è rappresentata dal fatto che non vi sono particolari limitazioni di materia riguardo all’oggetto degli stessi, a differenza, come vedremo tra breve, delle class action disciplinate dal Codice del Consumo.

Class action: le azioni rappresentative del Codice del consumo

Il d.lgs. 28/2023, recependo la Direttiva UE 1828 del 2020, ha introdotto gli artt. 140-ter e ss. del Codice del consumo (d.lgs. 206/2005).

Le azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori possono essere avviate dalle associazioni dei consumatori iscritte in un elenco tenuto dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, oppure da organismi pubblici indipendenti (ad esempio, il Garante della Privacy) o da enti designato da altri Stati membri dell’Unione Europea.

A differenza dei procedimenti collettivi disciplinati dal codice di procedura civile, quindi, nelle azioni rappresentative disciplinate dal Codice del Consumo non  è prevista la possibilità che la class action origini dall’azione individualmente avviata da una singola persona (fisica o giuridica) componente della classe.

La class action dei consumatori può essere azionata solo in determinate materie che comportino la lesione di interessi collettivi dei consumatori, come ad esempio in presenza di pratiche commerciali scorrette o di pubblicità ingannevole.

Come nei procedimenti collettivi sopra esaminati, anche le azioni rappresentative a tutela dei consumatori possono portare a provvedimenti inibitori o compensativi a carico del professionista/impresa che ha posto in atto il comportamento lesivo.

Ciò significa che il giudice può vietare a quest’ultimo di tenere un determinato comportamento o condannarlo a restituzioni in favore dei danneggiati o al risarcimento del danno a questi arrecato.

Come aderire alla class action

Tra i vantaggi propri delle class action vi è la possibilità, per gli enti legittimati a proporla, di agire senza necessità di raccogliere preventivamente il mandato di ogni interessato. Gli interessati, inoltre, possono manifestare la propria adesione all’azione anche dopo l’emanazione del provvedimento che chiude il giudizio, per beneficiare delle disposizioni risarcitorie in esso contenute.

Inoltre, la disciplina prevede, a favore dei ricorrenti, agevolazioni istruttorie, anche attraverso misure sanzionatorie a carico dell’impresa che non metta a disposizione materiale probatorio in suo possesso; circostanze, quelle appena descritte, che contribuiscono a rendere più favorevole l’azione collettiva rispetto a quella che potrebbe avviare il singolo danneggiato.