Infortunio in itinere: la normativa
L’infortunio in itinere è una tipologia particolare di infortunio sul lavoro, che viene coperto e indennizzato dall’INAIL, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in base a quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124/1965, contenente il “Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali”.
Infortunio in itinere: cos’è e quando è coperto
Ai sensi del comma 3 dell’art. 2 di detto Testo Unico, fatti salvi i casi di interruzione o deviazioni indipendenti dal lavoro o non necessitate, l’assicurazione comprende anche:
- “gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro;
- durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro;
- e qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti.”
L’interruzione e la deviazione devono intendersi intendono necessitate quando sono determinate da cause di forza maggiore, da esigenze essenziali e improrogabili o dall’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera e quindi copre i danni riportati anche nel caso in cui il lavoratore utilizzi un mezzo di trasporto privato, purché necessitato. L’uso del velocipede invece, per i positivi riflessi ambientali collegati al suo utilizzo, deve intendersi sempre necessitato.
Infortunio in itinere: quando non è coperto
Non sono coperti dall’assicurazione gli infortuni cagionati direttamente dall’abuso di alcol o di psicofarmaci o dall’uso di sostanze stupefacenti e allucinogeni per motivi non terapeutici.
L’assicurazione non copre inoltre l’infortunio del lavoratore conducente sprovvisto dell’abilitazione alla guida.
Alla luce delle eccezioni sopra analizzate non è coperto dall’assicurazione INAIL l’infortunio in itinere che si verifica:
- in presenza di una deviazione o interruzione del percorso che non sono necessitate e che non dipendono dal lavoro;
- quando il lavoratore, pur in assenza di una necessità, utilizzi il mezzo di trasporto privato;
- quando la deviazione o l’interruzione del percorso non dipende da una causa di forza maggiore, da esigenze essenziali e improrogabili o dall’obbligo di adempiere un dovere di rilievo penale.
Indennizzo INAIL: danno e modalità di erogazione
Quando il lavoratore è vittima di un infortunio in itinere l’INAIL corrisponde l’indennizzo nelle seguenti modalità:
- se la menomazione permanente riportata dal lavoratore è inferiore al 6% l’INAIL non corrisponde alcun indennizzo per la presenza di una franchigia;
- se la menomazione permanente presenta un’entità compresa tra il 6% e il 15% l’indennizzo viene corrisposto in un’unica soluzione in capitale;
- se la menomazione permanente riportata è compresa tra il 16% e il 100% l’indennizzo viene erogato tramite una rendita periodica.
Assicurazione e responsabilità civile
L’articolo 10 del D.P.R n. 1124/1965 prevede che l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro esoneri il datore di lavoro da un eventuale responsabilità civile. L’assicurazione permane in presenza di una responsabilità civile di chi abbia riportato una condanna penale per il fatto che ha causato l’infortunio e anche quando il datore debba rispondere civilmente nel caso in cui il fatto sia imputabile a coloro che egli abbia incaricato della direzione o della sorveglianza e questi soggetti siano condannati penalmente.
Il danno differenziale
Qualora un lavoratore riporti dei danni derivanti da un infortunio in itinere e venga accertata anche una responsabilità civile, il risarcimento civile, ai sensi dell’articolo 10 comma 7 del DPR n. 1124/1965 è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate dall’INAIL.
Per danno differenziale si intende pertanto la misura del danno che si ottiene dalla differenza di quanto ottenuto dal lavoratore a titolo di indennizzo dall’INAIL e quanto dovuto dal responsabile civile. Questo meccanismo è previsto per evitare speculazioni ossia duplicazioni risarcitorie.
Il lavoratore infatti, per ottenere il risarcimento del danno differenziale, dimostrare di avere subito un danno ulteriore rispetto a quello per il quale riceve l’indennizzo INAIL.
L’istituto del danno differenziale si fonda sulla diversità strutturale dell’indennizzo INAIL e del risarcimento civilistico.
L’indennizzo INAIL infatti soddisfa l’esigenza sociale si assicurare al lavoratore infortunato i mezzi adeguati, il risarcimento del danno civilistico invece svolge la funzione di ristorare integralmente il danno subito.
Danno differenziale: voci di danno risarcibili
Le voci di danno che rientrano nel danno differenziale e che possono essere richieste in sede civile sono le seguenti:
- danno biologico (inferiore al 6%): per la tutela della integrità psico fisica del lavoratore infortunato;
- danno patrimoniale: comprensivo del danno emergente (spese vive sostenute, ad esempio per le visite mediche, i farmaci, ecc) e del lucro cessante, ossia il mancato guadagno causato dall’infortunio e derivante dall’impossibilità di lavorare;
- danno morale: qualsiasi patimento o turbamento dell’animo umano conseguente al sinistro;
- danno esistenziale: è quello che si concretizza nel cambiamento peggiorativo delle abitudini di vita e delle relazioni sociali.
Cassazione: comparazione tra poste omogenee
A chiarire nel dettaglio il criterio di liquidazione del danno differenziale è intervenuta la Cassazione con l’ordinanza n. 3694/2023.
Gli Ermellini ricordano che il danno differenziale è il frutto della diversità strutturale e funzionale tra l’indennizzo INAIL e il risarcimento del danno civilistico.
Tale diversità non consente di ritenere l’indennità INAIL in grado di soddisfare integralmente il pregiudizio subito dal lavoratore infortunato.
Il giudice di merito pertanto, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve compararlo con l’indennizzo INAIL nel rispetto del criterio delle poste omogenee, tenendo presente che l’indennizzo è in grado di ristorare solamente il danno biologico permanente e non i pregiudizi che compongono il danno non patrimoniale.
A tal fine occorre distinguere il danno non patrimoniale da quello patrimoniale comparando questo alla quota INAIL che viene rapportata alla retribuzione del lavoratore e alla capacità lavorativa specifica dello stesso.
In seguito, in relazione al danno non patrimoniale, dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno sottratte le voci escluse dalla copertura assicurativa ossia danno morale e danno biologico temporaneo per sottrarre poi dall’importo ricavato il valore capitale della quota della rendita INAIL che copre il solo danno biologico permanente.
In conclusione dall’importo complessivo del danno biologico va sottratto il valore capitale della rendita INAIL, ma solo il valore capitale della quota che ristora il danno biologico con esclusione di quella relativa alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica che indennizza il danno patrimoniale.