Il giurista risponde, Penale

Rapina impropria e omicidio aggravato dal nesso teleologico Nelle ipotesi di tentata rapina impropria e tentato omicidio aggravato dal nesso teleologico è configurabile l’assorbimento della circostanza aggravante nel reato di cui all’art. 628, comma 2, c.p.?

giurista risponde

Quesito con risposta a cura di Mariarosaria Cristofaro e Alessandra Muscatiello

 

Nelle ipotesi di rapina impropria, ove la violenza esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni determini la morte della persona offesa, la circostanza aggravante di cui all’art. 61, comma 1, n. 2, c.p. è assorbita nel reato di cui all’art. 628, comma 2, c.p. data la coincidenza tra le fattispecie criminose della modalità commissiva dell’uso della violenza e dell’elemento finalistico (cioè l’aver agito allo scopo di assicurarsi il profitto del reato o l’impunità). – Cass., sez. I, 11 settembre 2023, n. 37070.

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sull’assorbimento del nesso teleologico nelle ipotesi di tentata rapina impropria e tentato omicidio.

Nei precedenti gradi di giudizio l’odierno ricorrente è stato condannato per tentata rapina impropria commessa mediante attacco di esplosivo al sistema bancomat, tentato omicidio aggravato dal nesso teleologico, detenzione e porto di arma comune da sparo e danneggiamento aggravato. La Corte di appello, in conferma della decisione di primo grado, ha ritenuto sussistente la circostanza aggravante del nesso teleologico in riferimento al rapporto tra tentato omicidio e tentata rapina impropria. Con un articolato atto di ricorso la difesa ha contestato la violazione del canone metodologico di cui all’art. 192 c.p.p., l’erronea applicazione della legge penale in punto di qualificazione giuridica del fatto come tentato omicidio, il vizio di motivazione in riferimento alla configurabilità del nesso teleologico e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della recidiva. I giudici di legittimità hanno accolto la censura relativa all’esclusione della circostanza aggravante in oggetto, aderendo, così, a quell’indirizzo interpretativo che non si sofferma sulla cd esorbitanza della violenza. Invero, in tema di assorbimento del nesso teleologico, gli orientamenti giurisprudenziali che si sono susseguiti nel tempo hanno prospettato soluzioni diverse.

Come è noto, l’art. 628 c.p. incrimina, al comma 1, la condotta di chi, per procurare un ingiusto profitto, mediante violenza o minaccia si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene (rapina propria); al secondo comma, invece, punisce chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione per assicurarsi il possesso o per procurarsi l’impunità (rapina impropria). La diversa sequenza temporale in cui si sostanziano gli elementi costitutivi si spiega in ragione del fatto che nella rapina propria la violenza o minaccia si pone in un rapporto di strumentalità rispetto alla condotta di sottrazione (“mediante violenza o minaccia”), mentre nella rapina impropria la violenza o minaccia – oltre a giustificarsi sulla base della condotta di sottrazione – è funzionale ad un ulteriore obiettivo, ossia quello del possesso o dell’impunità. Proprio su questi presupposti la giurisprudenza ha incentrato le questioni relative alla configurabilità del tentativo in caso di rapina impropria e all’assorbimento della circostanza del nesso teleologico. La prima questione è stata risolta dalle Sezioni Unite che, valorizzando la funzione estensiva della tipicità svolta dall’art. 56, c.p., hanno ammesso la configurabilità del reato nella forma tentata (Cass., Sez. Un., 12 settembre 2012, n. 3492). Diversamente, il quesito relativo al possibile assorbimento del nesso teleologico si presta, ancora oggi, a soluzioni contrastanti. Come anticipato, con la pronuncia in oggetto la Cassazione ha aderito a quell’indirizzo che riconosce l’assorbimento della circostanza aggravante. L’orientamento contrapposto, invece, nega tale possibilità in virtù del fatto che non è riscontrabile incompatibilità giuridica tra il reato di rapina impropria e l’aggravante di cui all’art. 61, comma 1, n. 2, c.p. laddove la violenza esercitata dall’agente risulti esorbitante rispetto a quella idonea a configurare la rapina (in tal senso Cass. 17 maggio 2019, n. 21730; Cass. 16 maggio 2019, n. 21458). Questi principi si fondano non tanto sulle caratteristiche specifiche della rapina nella forma impropria, quanto nell’elemento dell’esorbitanza della violenza rispetto al soddisfacimento dell’interesse di lucro perseguito: l’aggravante del nesso teleologico sussiste nel caso in cui la violenza esercitata sia smisurata rispetto a quella strettamente funzionale all’esecuzione della rapina (così Cass. 12 dicembre 2022, n. 46869). In tali ipotesi, quindi, i reati di omicidio e rapina impropria concorrono con l’aggravante in questione (Cass. 13 maggio 2020, n. 14940; Cass. 28 marzo 2018, n. 14301). A sostegno di questa tesi è stato precisato che la violenza o la minaccia integrano elementi costitutivi della rapina impropria, insieme all’elemento oggettivo dell’impossessamento del bene e all’elemento soggettivo del dolo specifico. Il dolo specifico esaurisce la sua funzione nell’ambito della rapina, per cui l’aggravante del nesso teleologico permette di legare due autonome fattispecie di reato non sovrapponibili tra di loro. Più precisamente «commesso il delitto di rapina impropria, trasmodando l’azione violenta del soggetto attivo del reato nell’omicidio, si rende autonomamente rilevante accanto alla fattispecie di rapina quella dell’omicidio, con la conseguenza che l’aggravante teleologica di cui all’art. 61, comma 1, n. 2, c.p. collega queste due figure di reato secondo il rapporto strumentale esistente tra mezzo e fine» (Cass. 21 marzo 2017, n. 18116).

L’indirizzo interpretativo espresso di recente dai giudici di legittimità – e condiviso dalla Prima Sezione nella sentenza in epigrafe – si articola in senso contrario a quanto fin qui detto. Nelle ipotesi in cui l’omicidio sia commesso immediatamente dopo l’impossessamento vi è coincidenza tra le due fattispecie, oltre che delle modalità commissive (la violenza), anche del finalismo dell’azione (violenza per assicurarsi l’impunità) che, avvalorando la tesi opposta, finirebbe per essere incriminato due volte: la prima in quanto elemento costitutivo della rapina impropria, la seconda come elemento che caratterizza l’aggravante del delitto di omicidio (così anche Cass. 8 settembre 2022, n. 33117). Nel caso di specie, dunque, la Cassazione ha valorizzato la natura soggettiva dell’aggravante teleologica che, ove applicata, andrebbe a duplicare un effetto sanzionatorio in modo non consentito. La volontà del soggetto, infatti, è assunta come elemento costitutivo del reato di cui all’art. 628, comma 2, c.p. e non può essere valutata nella previsione sanzionatoria per il delitto di violenza contestualmente commesso (in tal senso anche Cass. 21 giugno 2017, n. 51457; Cass. 16 novembre 2006, n. 42371). Quest’aspetto spiega l’assorbimento del disvalore della circostanza di cui all’art. 61, comma 1, n. 2, c.p. nella fattispecie di rapina impropria.

Diversamente, l’aggravante del nesso finalistico tra omicidio e rapina può sussistere in caso di rapina propria commessa immediatamente dopo l’omicidio che, configurandosi come reato-mezzo, viene commesso per eseguire la rapina ad esso posteriore.

In conclusione, in tema di rapina impropria, ove la violenza esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni determini la morte della persona offesa, la circostanza aggravante del nesso teleologico è assorbita – per il principio di specialità – nel reato di cui all’art. 628, comma 2, c.p. data la coincidenza tra le fattispecie criminose della modalità commissiva dell’uso della violenza e dell’elemento finalistico (cioè l’aver agito allo scopo di assicurarsi il profitto del reato o l’impunità).

Alla luce delle esposte ragioni il Collegio ha annullato senza rinvio la sentenza limitatamente alla censura in esame.

Gli altri motivi prospettati dalla difesa, ad eccezione di quello relativo all’erronea applicazione di legge in riferimento alla ritenuta sussistenza della recidiva, sono stati dichiarati manifestamente infondati data l’assenza di vizi logici o processuali. In particolare, quanto alla qualificazione giuridica del tentato omicidio, la Corte di legittimità ha ribadito che ai fini della configurabilità del reato è sufficiente il dolo diretto anche nella forma di dolo alternativo.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cass., sez. I, 8 settembre 2022, n. 33117; Cass., sez. I, 21 giugno 2017, n. 51457; Cass., sez. I, 16 novembre 2006, n. 42371
Difformi:      Cass., sez. I, 12 dicembre 2022, n. 46869; Cass., sez. II, 13 maggio 2020, n. 14940; Cass., sez. I, 17 maggio 2019, n. 21730; Cass., sez. II, 16 maggio 2019, n. 21458; Cass., sez. II, 28 marzo 2018, n. 14301; Cass., sez. I, 21 marzo 2017, n. 18116
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