Quesito con risposta a cura di Sara Rosati e Silvia Todisco
Il Giudice, ai sensi degli artt. 337bis c.c. e seguenti, a fronte dell’avvenuta cessazione della convivenza more uxorio ed in assenza di una volontà comune e concorde dei genitori, già conviventi di fatto, alla prosecuzione della convivenza ad altro titolo, è tenuto a pronunciarsi sul collocamento dei figli e sull’assegnazione della casa coniugale, non essendo necessario accertare “l’intollerabilità della convivenza”. – Cass., sez. I, 7 marzo 2023, n. 6810.
Lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 337bis, 337ter e seguenti, il genitore non collocatario delle figlie minori ha presentato ricorso avverso la pronuncia della Corte d’Appello con la quale è stato disposto il collocamento prevalente delle figlie presso la madre e l’assegnazione a suo favore della casa familiare.
In particolare, il ricorrente ha censurato la scelta della Corte d’Appello di accogliere la domanda di collocamento delle figlie presso la madre cui ha assegnato la casa familiare ritenendo che la decisione si sia fondata, erroneamente, sull’apodittica affermazione dell’esistenza di una intollerabilità della convivenza, senza considerare che anche se era venuto meno il progetto affettivo della coppia, il comune interesse per la crescita e l’educazione della prole era idoneo a giustificare la scelta del Tribunale, il quale aveva, invece, deciso di non pronunciarsi su tale domanda.
Secondo la Suprema Corte, il ricorso va respinto in quanto in parte inammissibile poiché afferente a circostanza non decisiva (intollerabilità della convivenza) ed in parte infondato.
La Suprema Corte premette che per la famiglia di fatto non trova applicazione l’art. 151, comma 1, c.c. laddove stabilisce che “la separazione può essere chiesta quando si verificano anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole” perché nella convivenza di fatto more uxorio la scelta di coabitare è libera e non consegue ad un obbligo giuridico.
Ciò premesso, secondo la Suprema Corte, la Corte d’Appello avrebbe correttamente ritenuto che il Tribunale avesse omesso la doverosa pronuncia in merito al collocamento e all’assegnazione, ed avendo preso atto della volontà comune di non proseguire nel progetto di coppia, avrebbe correttamente statuito in merito all’assegnazione della casa familiare ed alla collocazione privilegiata del minore presso al madre.
La Corte, infine, specifica che la pronuncia sul collocamento dei minori e sull’assegnazione della casa coniugale prescinde dalla ricorrenza o meno di una intollerabilità della convivenza, essendo all’uopo sufficiente, per l’adozione dei provvedimenti in esame, l’avvenuta cessazione della convivenza more uxorio in assenza di una volontà comune e concorde dei genitori, già conviventi di fatto, alla prosecuzione della convivenza ad altro titolo.