Il giurista risponde, Penale

Abuso d’ufficio e violazione precetti urbanistici La violazione di fonti sub-primarie attuative di specifici precetti di legge, quali gli strumenti urbanistici, può rilevare ai fini della integrazione del reato di abuso d’ufficio, di cui all’art. 323 cod. pen., anche a seguito della riforma attuata con il D.L. 76/2020?

giurista risponde

Quesito con risposta a cura di Andrea Bonanno, Claudia Caselgrandi e Federica Colantonio

 

Il problema della fonte normativa che deve avere il rango di legge a seguito della riformulazione del reato di abuso di ufficio è stato affrontato nel senso di confermare la rilevanza della violazione degli strumenti urbanistici di fonte subprimaria, richiamati dalla legge, perché operano quali presupposti di fatto della norma di legge violata. Secondo questa elaborazione giurisprudenziale, i piani urbanistici non rientrano nella categoria dei regolamenti, come ritenuto da risalente e superato orientamento giurisprudenziale, che nel mutato quadro normativo escluderebbe la fattispecie di abuso in atti di ufficio, ma in quella degli atti amministrativi generali la cui violazione, in conformità all’indirizzo ermeneutico consolidato, rappresenta solo il presupposto di fatto della violazione della normativa legale in materia urbanistica. – Cass. IV, 8 novembre 2022, n. 46669.

La Suprema Corte è chiamata a delineare l’ambito applicativo oggettivo della fattispecie di cui all’art. 323 cod. pen., che funge da norma di chiusura dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione e che ha subito una modifica in senso restrittivo per effetto del recente D.L. 76/2020, convertito dalla L. 120/2020.

In particolare, prima della riforma l’elemento oggettivo del reato di abuso d’ufficio era costituito dalla violazione di norme di legge o di regolamento, mediante la quale l’agente intenzionalmente procurava a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrecava ad altri un danno ingiusto.

Per effetto della riforma del 2020, la fattispecie non contempla più la violazione delle norme regolamentari ai fini dell’integrazione del reato, bensì esclusivamente “l’inosservanza di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”.

Pertanto, risultano espunte dal perimetro di rilevanza penale le violazioni di atti aventi natura regolamentare e le violazioni di norme di rango legislativo che non dettino specifiche regole di condotta ovvero che dettino regole in relazione alle quali residuino spazi di discrezionalità per la pubblica amministrazione, con conseguente abolitio criminis parziale con riguardo alle suddette condotte (art. 2, comma 2, cod. pen.). Nell’ipotesi in cui sia intervenuta sentenza di condanna irrevocabile, ai sensi dell’art. 673 c.p.p., è prevista la revoca della sentenza da parte del Giudice dell’esecuzione, dichiarando che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, e l’adozione dei provvedimenti conseguenti volti a disporre la cessazione dell’esecuzione e degli effetti penali della condanna.

Nonostante il rigore lessicale del testo risultante dalla riforma, volta a restringere l’ambito oggettivo della fattispecie di reato, la giurisprudenza in alcune pronunce ha inteso in senso ampliativo la nozione di violazione di legge, comprendendovi l’ipotesi di inosservanza del principio costituzionale di imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), che sarebbe dotato di precettività nella parte in cui, esprimendo il divieto di ingiustificate preferenze o favoritismi, impone al pubblico ufficiale e all’incaricato di pubblico servizio una precisa regola di comportamento di immediata applicazione.

Nella stessa direzione, un orientamento della giurisprudenza formatosi immediatamente dopo l’entrata in vigore della riforma ha tentato di ricondurre alla nozione di violazione di legge lo sviamento di potere, che costituisce un vizio di legittimità collegato necessariamente all’esercizio di un’attività discrezionale e che, dunque, dovrebbe collocarsi al di fuori del perimetro della fattispecie, stando al tenore letterale della norma. Lo sviamento di potere, che consiste nel potere esercitato per un fine diverso da quello stabilito dalla legge e, dunque, per uno scopo egoistico o comunque estraneo ai fini che la pubblica amministrazione è chiamata a perseguire, secondo tale orientamento, si pone al di fuori dello schema della legalità e determina la lesione dell’interesse tutelato dalla norma che incrimina l’abuso d’ufficio. La violazione di legge rilevante ai fini dell’integrazione dell’art. 323 cod. pen. riguarda, difatti, non soltanto la condotta del pubblico ufficiale che contrasta con le norme di legge che disciplinano l’esercizio del potere, ma anche le condotte dirette a realizzare un interesse collidente con quello per il quale il potere è conferito, realizzando una violazione dello schema normativo che legittima l’attribuzione.

Nella medesima prospettiva anti-formalistica, in cui si colloca la pronuncia in esame, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto integrati gli estremi dell’abuso d’ufficio anche a fronte di violazioni di fonti subprimarie attuative di specifici precetti di legge e, in alcuni casi, anche nell’ipotesi di violazioni di norme regolamentari che si risolvano nella specificazione tecnica di un precetto comportamentale già compiutamente definito nella norma primaria, a condizione che quest’ultima risulti conforme ai canoni della tipicità e della tassatività.

La Suprema Corte ha affermato, difatti, come non possa ritenersi dirimente il carattere formale del tipo di norma violata ogni volta che questa costituisca, quanto al contenuto, diretta applicazione di un precetto legislativo dal quale non residuino margini di discrezionalità e risulti, dunque, riconducibile a un’attività vincolata, interamente disciplinata dalla norma di fonte primaria.

Alla luce delle presenti considerazioni, la Sezione IV della Suprema Corte ha fornito risposta positiva al quesito, confermando la rilevanza della violazione degli strumenti urbanistici di fonte subprimaria richiamati dalla legge, in quanto operano come presupposti di fatto della norma di legge violata (così anche Cass. 8 marzo 2022, n. 13148).

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cass. pen. 33240/2021; Cass. pen. 13148/2022
Difformi:      Cass. pen. 28402/2022
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