Quesito con risposta a cura di Carmela Qualiano e Davide Venturi
Nel caso di contratti di fideiussione che abbiano recepito clausole nate da intese anticoncorrenziali la sanzione predisposta è quella della nullità parziale. Il generale favore per la conservazione degli atti di autonomia negoziale, ancorché difformi dallo schema legale, tuttavia, comporta l’eccezionalità dell’estensione all’intero contratto della nullità che colpisce la singola clausola. In conseguenza di ciò è a carico di chi ha interesse a far cadere in toto l’assetto di interessi programmato fornire la prova dell’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, mentre resta precluso al giudice rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero atto. – Cass., sez. III, 13 marzo 2024, n. 6685.
La sentenza in commento aderisce, confermandolo, all’orientamento giurisprudenziale avallato da Cass., Sez. Un., 30 dicembre 2021, n. 41994 la quale ha affermato, in esito ad una puntuale ricognizione della normativa nazionale e comunitaria, che i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate nulle in relazione alle clausole contrastanti con la normativa antitrust sono, a loro volta, parzialmente nulli. Tale nullità parziale è, tra le diverse opzioni di tutela riconoscibili in capo al cliente fideiussore, quella che perviene a risultati più in linea con le finalità e gli obiettivi della normativa antitrust apparendo anche idonea a salvaguardare il generale principio di conservazione del contratto.
Sulla base di ciò la Cassazione ha disatteso il motivo di ricorso che postulava la violazione dell’art. 1421 c.c. affermando che, mentre il giudice davanti al quale viene proposta la domanda di nullità integrale del contratto deve rilevarne d’ufficio la nullità solo parziale, ad esso è precluso rilevare la nullità totale in mancanza di dimostrazione dell’interdipendenza dell’ intero contratto dalla parte o dalla clausola nulla.
Il ricorrente, poi, invoca la mancata considerazione del comportamento della società di leasing che, in spregio del principio di buona fede e correttezza, avrebbe gestito il contratto senza preoccuparsi di non ledere gli interessi del fideiussore, evidenziando la violazione delle garanzie di cui agli artt. 1955 e 1956 c.c. La Cassazione, tuttavia, ricorda che la non correttezza della società concedente non porta, da sola, alla liberazione del fideiussore. Occorre, infatti, che da essa sia derivato un pregiudizio non solo economico ma propriamente giuridico che si sostanzia nella perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c. o di regresso ex art. 1950 c.c. non essendo sufficiente la mera maggiore difficoltà di attuarlo derivante dalle diminuite capacità satisfattive del debitore (così anche Cass. 19 febbraio 2020, n. 4175).