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Accettazione tacita eredità: il punto della Cassazione La Corte, con due recenti ordinanze, ha precisato che si ha accettazione tacita dell’eredità quando sono posti in essere atti incompatibili con la volontà di rinunciare all'eredità

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L’assunzione della qualità di erede

Con le ordinanze n. 10544-2024 e n. 7995-2024, la Suprema Corte ha avuto modo di definire alcuni tratti distintivi dell’accettazione tacita di eredità.

Nell’ambito delle sopracitate ordinanze la Corte di Cassazione si è occupata d’individuare gli elementi sulla base dei quali è possibile affermare che vi sia stata accettazione tacita da parte degli eredi.

A tal proposito, con l’ordinanza n. 10544/2024 la Corte ha ricordato che “è già stato posto il principio secondo il quale l’assunzione in giudizio della qualità di erede di un originario debitore costituisce accettazione tacita dell’eredità, qualora il chiamato si costituisca dichiarando tale qualità senza in alcun modo contestare il difetto di titolarità passiva della pretesa (…); è altresì stato posto il principio secondo il quale l’accettazione tacita di eredità può essere desunta anche dalla partecipazione in contumacia a giudizi di merito concernenti beni del de cuius (….)”.

Quando si ha accettazione tacita dell’eredità

Nella medesima direzione, con l’ordinanza n. 7995/2024, il Giudice di legittimità ha ripercorso l’orientamento della giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, con cui è stato affermato che l’accettazione tacita dell’eredità può venire in rilievo in svariate ipotesi in cui il chiamato eserciti l’azione in giudizio, quali, a titolo esemplificativo “l’agire in giudizio del figlio del defunto nei confronti del debitore del de cuius per il pagamento di quanto al medesimo dovuto (…), la riassunzione del processo da parte del figlio del de cuius (…), la proposizione di azioni di rivendica o di azioni dirette alla difesa della proprietà o alla richiesta di danni per la mancata disponibilità dei beni ereditari, in quanto azioni che travalicano il mero mantenimento dello stato di fatto esistente all’atto dell’apertura della successione e la mera gestione conservativa dei beni compresi nell’asse ex art. 460 cod. civ.”.

Sulla base di tali principi, la Corte ha pertanto ritenuto che anche la proposizione di un ricorso per cassazione possa essere considerata quale tacita accettazione tacita dell’eredità.

Atti incompatibili con la volontà di rinuncia all’eredità

La Corte ha concluso l’esame dell’ordinanza n. 10544/2024, rigettando il ricorso proposto ed affermando che “integrano accettazione tacita di eredità gli atti incompatibili con la volontà di rinunciare all’eredità e non altrimenti giustificabili se non con la veste di erede, mentre sono privi di rilevanza gli atti che, ammettendo come possibili altre interpretazioni, non denotano in maniera univoca una effettiva assunzione della qualità di erede, spetta al giudice di merito il relativo accertamento”.

Per quanto invece attiene all’ordinanza n. 7995/2024, la Corte ha accolto il ricorso proposto e rilevato che “poiché l’accettazione tacita dell’eredità può desumersi dall’esplicazione di un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l’eredità, essa può legittimamente reputarsi implicita nell’esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che  (…) non rientrino negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall’art. 460 cod. civ., ma travalichino il semplice mantenimento dello stato di fatto quale esistente al momento dell’apertura della successione, e che, quindi, il chiamato non avrebbe diritto di proporre se non presupponendo di voler far propri i diritti successori”.

 

 

 

 

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