pensione reversibilità eredi

La pensione di reversibilità non si eredita La Cassazione chiarisce che la pensione di reversibilità opera a favore dei superstiti aventi causa, mentre deve escludersi che, alla morte del titolare della pensione di reversibilità, la stessa venga attribuita agli eredi di quest’ultimo

Pensione di reversibilità

Nel caso in esame, la Corte d’appello di Napoli aveva accolto la domanda di pensione di reversibilità proposta dagli eredi della titolare nei confronti dell’Inps, riconoscendo il beneficio nei loro confronti.

Avverso tale decisione l’ente previdenziale aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di cassazione.

Il Giudice di legittimità, per quanto qui rileva, con ordinanza n. 14287-2024, ha accolto il ricorso proposto dall’Inps e ha cassato la sentenza impugnata.

La trasmissibilità della pensione di reversibilità

In particolare, la Corte ha ricordato il costante orientamento formatosi in senso alla giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo cui “la pensione di reversibilità di cui all’art. 22 l. n. 903/65 opera a favore dei superstiti del titolare di pensione, mentre deve escludersi che, alla morte del titolare di pensione di reversibilità, detta pensione venga ulteriormente attribuita ai superstiti di questo. Non spetta perciò un diritto alla pensione di reversibilità derivante dal decesso di chi già beneficiasse di pensione di reversibilità, anziché di pensione diretta”.

Per quanto riguarda il caso di specie, la Corte ha rilevato che il Giudice di merito non aveva correttamente applicato la normativa di riferimento, non avendo, in particolare “considerato che la madre della appellante era titolare di pensione diretta, ma di pensione di reversibilità per morte del marito” e che pertanto il beneficio non poteva essere trasmesso agli eredi della stessa.

 

Allegati

pensione reversibilità nipoti

Pensione reversibilità ai nipoti: le nuove regole L'INPS, in virtù del dettato della sentenza della Corte Costituzionale, fornisce chiarimenti sul riconoscimento della pensione ai superstiti in favore dei nipoti maggiorenni orfani

Pensione di reversibilità ai nipoti

Con la circolare n. 64/2024, l’INPS ha chiarito che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale (n. 88/2022), con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 38 del DPR n. 818/1957, i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti sono inclusi tra i destinatari diretti ed immediati della pensione ai superstiti.

La sentenza sulla pensione di reversibilità ai nipoti

In particolare, la Corte ha osservato che “nel quadro normativo risultante dalla richiamata sentenza n. 180 del 1999, il rapporto di parentela tra l’ascendente e il nipote maggiorenne, orfano e inabile al lavoro, subisce un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello con il nipote minorenne, con conseguente fondatezza della questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. […] La relazione appare in tutto e per tutto assimilabile a quella che si instaura tra ascendente e nipote minore di età, per essere comuni ai due tipi di rapporto la condizione di minorata capacità del secondo e la vivenza a carico del primo al momento del decesso di questo.  È illogico, e ingiustamente discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del de cuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilità particolarmente accentuata: tant’è che ad essi è riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilità in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione”.

In ragione dell’unitarietà della tutela previdenziale riconosciuta in favore dei superstiti, in caso di morte del dante causa, il riferimento alla pensione di reversibilità – trattamento riconosciuto in caso di morte del pensionato – deve essere inteso anche alla pensione indiretta – trattamento pensionistico riconosciuto in caso di morte dell’assicurato. Conseguentemente, afferma l’istituto, “per effetto della predetta sentenza, i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti sono inclusi tra i destinatari diretti e immediati della pensione ai superstiti”.

Effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 88/2022

Alla luce della sentenza, dunque, l’INPS chiarisce la definizione delle domande nuove e giacenti presentate dai nipoti orfani.

Nello specifico, afferma l’istituto, “le domande già respinte ai sensi della norma dichiarata incostituzionale devono essere riesaminate, a richiesta degli interessati, sempreché il diritto non sia stato negato con sentenza passata in giudicato. Il trattamento pensionistico verrà riconosciuto con l’ordinaria decorrenza, nei limiti della prescrizione e della decadenza”.

Inoltre, “le pensioni liquidate in favore del coniuge e/o dei figli del dante causa aventi diritto ai sensi dell’articolo 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e dell’articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, devono essere rideterminate, con conseguente modifica degli importi delle quote di pensione attualmente in pagamento, a seguito del riconoscimento del diritto a pensione in favore dei nipoti aventi diritto per effetto della sentenza della Corte”. Inoltre, “ai nipoti superstiti aventi diritto per effetto della sentenza n. 88 del 2022 deve essere riconosciuta la quota spettante fin dalla decorrenza originaria, nei limiti della prescrizione e della decadenza”.

Incompatibilità

“Il diritto alla pensione ai superstiti in favore dei nipoti quali destinatari diretti e immediati dell’ascendente assicurato/pensionato – osserva tuttavia l’INPS – è incompatibile e prevalente rispetto al diritto di altre categorie di superstiti quali collaterali e ascendenti del dante causa”.

Il riconoscimento del trattamento pensionistico in favore dei nipoti aventi diritto comporta “l’eliminazione della pensione riconosciuta in favore di categorie di superstiti il cui diritto è incompatibile con quello dei nipoti”.

Tuttavia, “le somme corrisposte ai superstiti, il cui diritto è incompatibile con quello dei nipoti, non sono oggetto di recupero da parte dell’Istituto, salvo il caso di dolo del percettore”.

quattordicesima

Quattordicesima Quattordicesima mensilità in arrivo a luglio 2024 per lavoratori e pensionati: cos’è, che funzione svolge, chi ne ha diritto e come si calcola

Quattordicesima: cos’è

La quattordicesima mensilità rappresenta un elemento fondamentale nel panorama retributivo italiano, costituendo una forma di remunerazione aggiuntiva prevista per i lavoratori e i pensionati.

Questa mensilità extra, comunemente nota come “quattordicesima”, viene erogata in aggiunta alle dodici mensilità ordinarie e alla tredicesima, offrendo così un sostegno economico ulteriore.

Il diritto alla quattordicesima emerge da disposizioni contrattuali stabiliti nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) e varia a seconda delle categorie di appartenenza dei lavoratori o dei criteri definiti per i pensionati.

Comprendere la finalità di questa misura, chi ne ha diritto, come viene calcolata e le tempistiche di erogazione è essenziale per lavoratori e pensionati che desiderano gestire al meglio le proprie risorse finanziarie.

Funzione della quattordicesima

Come anticipato, la quattordicesima rappresenta un sostegno ulteriore per lavoratori e pensionati. La funzione di questa misura infatti è duplice: da un lato, incrementare il potere d’acquisto degli individui; dall’altro, contribuire a stimolare la domanda interna attraverso l’incremento della liquidità disponibile per le famiglie. Il suo scopo è quindi di supportare i lavoratori e i pensionati nel sostenere spese extra, legate soprattutto al periodo estivo e a quello natalizio.

Chi ne ha diritto

Hanno diritto alla quattordicesima mensilità i lavoratori a tempo indeterminato, a tempo determinato e i pensionati che soddisfano determinati requisiti, anche di natura reddituale.

I lavoratori hanno diritto alla quattordicesima solo se la misura è prevista dal contratto collettivo di appartenenza. I lavoratori che beneficiano di questa retribuzione aggiuntiva e differita sono i lavoratori del commercio, del settore terziario, del turismo, dei pubblici esercizi, dell’autotrasporto e della logistica. Da questo trattamento sono invece escluse alcune categorie, come i dipendenti pubblici e i metalmeccanici.

I pensionati che hanno diritto alla quattordicesima devono avere compiuto 64 anni di età e devono essere titolari di un determinato reddito, di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell’AGO (Assicurazione generale Obbligatoria) e delle forme sostitutive, siano esse esclusive che esonerative e gestire da enti pubblici che gestiscono la previdenza obbligatoria.

I riferimenti normativi per comprendere chi ha diritto alla quattordicesima mensilità di pensione sono:

  • l’articolo 5 (commi 1, 2, 3, 4) del decreto legge n. 81/2007, convertito nella legge n. 127/2007;
  • la legge 232/2016 che ha esteso la quattordicesima ad altri soggetti e che ha precisato anche il requisito reddituale richiesto.

Come si calcola la quattordicesima

Il calcolo della quattordicesima mensilità segue criteri definiti e differenziati per lavoratori e pensionati.

Per i lavoratori dipendenti il calcolo della quattordicesima valgono le regole stabilite nel singolo contratto collettivo del settore di appartenenza. La base di calcolo solitamente comprende tutti gli elementi fissi e continuativi della retribuzione, escludendo quindi bonus una tantum o premi di risultato. L’importo non viene erogato mese per mese, ma matura mese per mese durante il periodo in cui ovviamente il lavoratore è in forza. La maturazione in genere decorre da luglio e termina nel mese di giungo dell’anno successivo.

Nel caso dei pensionati, invece, la quattordicesima viene erogata secondo criteri stabiliti dall’INPS e varia in base alla fascia di reddito complessiva del beneficiario. Nel conteggio infatti si tiene conto del reddito, ma anche degli anni di contribuzione. L’importo inoltre varia a seconda che il soggetto sia stato un lavoratore dipendente o un lavoratore autonomo.

I tempi di erogazione

Le tempistiche di erogazione della quattordicesima mensilità differiscono tra lavoratori e pensionati, riflettendo varie normative e accordi contrattuali.

Per i lavoratori la quattordicesima è tipicamente erogata in estate, solitamente nei mesi di giungo – luglio, in base a quanto stabilito dai rispettivi Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL). Questa prassi può variare leggermente in base agli specifici settori o aziende, ma la tendenza generale rimane quella di una erogazione estiva, in coincidenza con le esigenze vacanziere dei lavoratori.
Per i pensionati, invece, l’erogazione della quattordicesima avviene secondo le disposizioni dell’INPS e generalmente viene pagata nel mese di luglio o di dicembre.

È importante precisare comunque che non tutti hanno diritto alla quattordicesima: l’effettiva erogazione dipende dalle condizioni stabilite dal CCNL di riferimento o da specifiche disposizioni legislative per i pensionati.

E’ fondamentale inoltre chiarire che, in caso di spettanza della misura, vi possono essere delle eccezioni o condizioni particolari che influenzano l’erogazione della quattordicesima sia per i lavoratori che per i pensionati, inclusi eventuali aggiornamenti legislativi o modifiche contrattuali. Pertanto, si consiglia sempre di verificare le specifiche applicabili al proprio caso presso l’ente erogatore o il datore di lavoro.

 

certificato pensione INPS obisM

Certificato di pensione Inps (ObisM) Cos'è il certificato di pensione Inps (ObisM), come si ottiene e le novità dell'ObisM 2024 messo online dall'istituto

Cos’è il Certificato di pensione INPS (ObisM)

Il certificato di pensione INPS (modello ObisM) è messo a disposizione, tra i servizi online al cittadino dell’istituto per i beneficiari di prestazioni previdenziali e assistenziali.

Il certificato di pensione è disponibile per i pensionati di tutte le gestioni, compresa la gestione ex INPGI 1, confluita all’INPS con effetto dal 1° luglio 2022, ai sensi dell’articolo 1, comma 103, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022). Non viene predisposto, invece, per le prestazioni di accompagnamento a pensione (ad es. Ape Social, Isopensioni, ecc.), che, non avendo natura di trattamento pensionistico, non vengono annualmente rivalutate e continuano ad essere corrisposte nella stessa misura per tutta la loro durata.

Il modello ObisM viene pubblicato annualmente, tenendo conto delle attività generalizzate di rivalutazione delle pensioni e delle prestazioni assistenziali:

Dal 2021, il certificato è disponibile in modalità dinamica, per cui le informazioni risultano aggiornate all’atto della richiesta.

ObisM 2024

Il certificato di pensione per l’anno 2024, disponibile online dal 9 maggio 2024, è stato implementato, spiega l’istituto nel messaggio 9 maggio 2024, n. 1772., “con le informazioni relative alle seguenti novità:

  • incremento delle pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo (art. 1, comma 310, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 – legge di Bilancio 2023) riconosciuto, per il 2024, nella misura del 2,7% senza distinzione di età del percipiente, ai titolari di un trattamento pensionistico lordo complessivo in pagamento di importo inferiore o pari al trattamento minimo per ciascuna delle mensilità fino a dicembre 2024, compresa la tredicesima mensilità;
  • pensione anticipata flessibile (art. 1, comma 283, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 – legge di Bilancio 2023), riconosciuta in via sperimentale per l’anno 2023, al raggiungimento di un’età anagrafica di 62 anni e un’anzianità contributiva di almeno 41 anni e perfezionamento dei requisiti entro il 31 dicembre 2023;
  • applicazione del nuovo sistema di calcolo per scaglioni e aliquote ai fini IRPEF, di cui al decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216 (cfr. il messaggio n. 755 del 20 febbraio 2024)”.

Come ottenerlo

È possibile ottenere il modello ObisM, accedendo al “Fascicolo previdenziale del cittadino”, sul sito INPS, accreditandosi tramite i consueti canali:

  • SPID di secondo livello (Sistema Pubblico di Identità Digitale);
  • CIE 3.0 (Carta di Identità Elettronica);
  • CNS (Carta Nazionale dei Servizi);
  • PIN dispositivo rilasciato dall’Istituto solo per i residenti all’estero non in possesso di un documento di riconoscimento italiano e, pertanto, impossibilitati a richiedere le credenziali SPID;
  • eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature).
riscatto laurea

Riscatto laurea Il riscatto della laurea consente di riscattare gli anni degli studi universitari a fini pensionistici, non tutti però ne beneficiano 

Riscatto laurea: cos’è e a cosa serve

Il riscatto della laurea rappresenta un’opportunità significativa per molti lavoratori che desiderano migliorare la propria situazione previdenziale e quindi la propria pensione.

Questa pratica consente di considerare il periodo degli studi universitari conclusi con il conseguimento dei relativi titoli (diploma universitario, diploma di laurea, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, laurea triennale, specialistica, magistrale, diploma Istituti AFAM)  come tempo contributivo, pagando i contributi volontari all’INPS o all’ente previdenziale competente. In questo modo è possibile raggiungere più rapidamente il requisito contributivo richiesto per andare in pensione con la possibilità, quindi, di accorciare i tempi per andare in pensione.

Il riscatto di laurea però non è una possibilità offerta ai neolaureati, ma si estende a tutti coloro che sono in possesso di un titolo di studio universitario, indipendentemente dall’età o dallo stato occupazionale, presentandosi come un’opzione vantaggiosa sia per i lavoratori dipendenti che per i liberi professionisti.

La normativa vigente prevede diverse modalità di riscatto, inclusa quella agevolata, destinata a specifiche categorie. 

Il processo di valutazione per procedere al riscatto richiede un’attenta analisi dei costi e dei potenziali benefici pensionistici, considerando le variabili quali l’età del richiedente, il reddito e gli anni di studi da riscattare.

Riscatto ordinario e riscatto agevolato

Le tipologie di riscatto a cui è possibile accadere sono due, il riscatto ordinario e quello agevolato.

Il riscatto ordinario del corso della laurea per gli iscritti all’INPS è disciplinato dal decreto legislativo n. 187/1997 e l’onere del riscatto varia a seconda che il periodo da riscattare sia anteriore o precedente al 1996, anno in cui al regime retributivo è succeduto quello contributivo per il calcolo della pensione.

Il riscatto agevolato, istituito con la legge n. 26/2019, riguarda i periodi collocati nel periodo contributivo e offre ai dipendenti pubblici e privati, così come agli autonomi e ai liberi professionisti, la possibilità di riscattare gli anni di studio a condizioni particolarmente vantaggiose.

A chi conviene il riscatto della laurea

Il riscatto della laurea è stato vantaggioso fino al 2021, a partire dal 2022 infatti, il valore di 5.240,00 euro per il riscatto agevolato di un anno di laurea, ha iniziato ad aumentare gradualmente. Al momento per riscattare 5 anni di studio occorre sborsare più di 30.000 euro.

Tutta colpa dell’inflazione degli ultimi anni. In una situazione del genere occorre quindi valutare se il riscatto rappresenta effettivamente un aiuto per andare in pensione in anticipo e fare quindi due conti per verificarne la convenienza economica.

Per chi è vantaggioso

I soggetti per i quali il riscatto agevolato rappresenta un vantaggio sono i lavoratori che hanno iniziato a studiare e a versare i contributi previdenziali a partire dal 1996, soprattutto se lavoratori dipendenti con stipendi piuttosto alti.

Possono beneficiare del riscatto pensionistico anche le donne. Grazie alla pensione anticipata il riscatto rappresenta senza dubbio un aiuto per andare prima in pensione perché aiuta a raggiungere prima i requisiti contributivi.

I lavoratori di età compresa tra i 55 e i 60 anni che sono entrati nel mondo del lavoro molto presto grazie al riscatto della laurea possono andare in pensione con un anticipo superiore ai 5 anni.

Per chi non è vantaggioso

Il riscatto agevolato non conviene invece a chi ha iniziato a versare i contributi prima del 1995. L’esercizio della opzione contributiva irrevocabile con il ricalcolo dell’assegno pensionistico determina una diminuzione importante della pensione. Molto meglio pensare al riscatto tradizionale, senza dubbio più oneroso e collegato all’aumento attesa dell’assegno pensionistico.

Il riscatto non è vantaggioso per chi ha iniziato a lavorare tardi, ossia poco prima o intorno ai 30 anni, perché si rischia di andare in pensione più tardi.

I lavoratori di età compresa tra i 30 e i 50 anni, che hanno iniziato a lavorare all’età di 24 anni e hanno un trattamento pensionistico contributivo, se decideranno di andare in pensione con due anni di anticipo si ritroveranno una pensione ridotta nella misura del 10%.