Dsu precompilata

DSU precompilata: esclusione automatica dei titoli di Stato DSU precompilata: quadri del patrimonio mobiliare precompilati con i valori al netto dei titoli di Stato, esclusi dal calcolo dell’ISEE

DSU precompilata: novità sui Titoli di Stato

Novità in materia di DSU precompilata dopo che il DPCM del 13 gennaio 2025 ha previsto l’esclusione dei titoli di Stato dall’ISEE fino al valore di 50.000 euro.

L’INPS, dopo il Circolare del 3 aprile 2025, con cui ha chiarito le novità del Regolamento ISEE e l’esclusione dei titoli di Stato, fornisce ulteriori indicazioni con il messaggio n. 1895 del 16 giugno 2025.

Titoli di Stato: esclusione automatica dalla DSU precompilata

Nel recente messaggio l’INPS chiarisce che il servizio di Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) precompilata include ora una novità importante: la riduzione automatica dei valori del patrimonio mobiliare (Quadro FC2, Modulo FC.1). La riduzione si applica ai titoli di Stato, ai buoni fruttiferi postali e ai libretti di risparmio postale, fino all’importo massimo di 50.000 euro per ogni nucleo familiare. L’obiettivo è escludere questi investimenti dal calcolo ISEE, agevolando l’accesso a prestazioni sociali.

Esclusione titoli di Stato dall’ISEE: come funziona

La riduzione agisce sui valori di saldo al 31 dicembre dei rapporti finanziari trasmessi dall’Agenzia delle Entrate. Per quanto riguardai libretti di risparmio postale, la decurtazione si applica al saldo e  alla giacenza media.

L’esclusione viene applicata seguendo un ordine di priorità: prima al dichiarante, poi agli altri componenti del nucleo in ordine decrescente di età, e infine al genitore non coniugato e non convivente.

Per ciascun soggetto, la priorità di applicazione della riduzione è la seguente: prima i titoli di Stato, poi i buoni fruttiferi postali e infine i libretti di risparmio postale.

Il dichiarante può visualizzare il dettaglio delle decurtazioni attraverso un’apposita sezione nel Quadro FC2 e ha la possibilità di accettare o modificare i dati precompilati, che sono già al netto delle esclusioni.

Nella DSU autodichiarata, per i libretti di risparmio postale, la riduzione deve essere applicata sia al saldo che alla giacenza media, sempre entro il limite di 50.000 euro per nucleo familiare.

 

Leggi anche l’articolo: ISEE 2025: cosa prevede il DPCM

canone Rai

Canone RAI Canone RAI : imposta sul possesso di apparecchi televisivi, chi deve pagarlo, come funziona l’esenzione, conseguenze per il mancato pagamento

Cos’è il canone RAI

Il canone RAI è un’imposta sul possesso di un apparecchio televisivo, prevista dalla legge italiana per finanziare il servizio pubblico radiotelevisivo. Non è quindi un abbonamento, ma un tributo obbligatorio, dovuto anche da chi non guarda i canali RAI ma possiede una TV o un dispositivo in grado di ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare.

Normativa di riferimento

La disciplina del canone RAI è contenuta in diverse fonti, tra le quali si segnalano le seguenti:

  • R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246, convertito in L. 4 giugno 1938, n. 880;
  • legge di Stabilità 2016 (L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi 152-159);
  • provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate, che gestisce l’esonero e il pagamento.

Chi è obbligato a pagare il canone RAI

Sono tenuti al pagamento del canone:

  • tutti coloro che possiedono uno o più apparecchi televisivi in un’abitazione privata;
  • anche chi non guarda i programmi RAI, se il dispositivo è idoneo alla ricezione.

L’obbligo ricade per ciascuna famiglia anagrafica, anche se ci sono più apparecchi e più immobili.

Quando si ha diritto all’esenzione

È possibile richiedere l’esenzione in alcuni casi specifici:

  • assenza totale di televisori in casa;
  • anziani over 75 con reddito annuo non superiore a 8.000 euro, senza conviventi con redditi propri (eccetto colf e badanti);
  • diplomatici e militari stranieri secondo convenzioni internazionali;
  • residenti all’estero per immobili non occupati.

L’esonero va richiesto ogni anno con apposita dichiarazione all’Agenzia delle Entrate.

Come si paga il Canone RAI

Dal 2016, il canone viene addebitato automaticamente nella bolletta elettrica, suddiviso in 10 rate mensili da gennaio a ottobre. Per chi non ha utenze elettriche residenziali, il pagamento avviene tramite modello F24.

L’importo per il 2025 è di 90 euro annui.

Conseguenze per chi non paga

Il mancato pagamento del canone può comportare:

  • l’applicazione di una sanzione amministrativa;
  • il recupero dell’imposta non versata;
  • un possibile accertamento fiscale.

Chi dichiara falsamente di non possedere un TV rischia anche responsabilità penale per dichiarazione mendace.

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irpef

Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) Tutto quello che c’è da sapere sull’Irpef: presupposti, calcolo della base imponibile, applicazione dell’aliquota e detrazioni. Gli scaglioni e gli acconti Irpef alla luce del correttivo in vigore dal 22 giugno 2025

Cos’è l’Irpef

L’Irpef è l’imposta sul reddito delle persone fisiche e rappresenta una delle principali fonti del gettito fiscale dello Stato.

L’Irpef, come lascia intendere la sua denominazione, è dovuta dalle persone fisiche, residenti o non residenti nel territorio italiano, ed ha come presupposto la percezione di determinate tipologie di redditi, che andremo tra breve ad esaminare.

Preliminarmente, va ricordato che il calcolo di tale imposta si basa, in ossequio al dettato costituzionale (art. 53 Cost.), su un criterio di progressività, con ciò intendendosi che, all’aumentare dei redditi considerati, aumenta anche l’aliquota applicabile per il calcolo dell’imposta in modo tale che l’ammontare dell’imposta cresca in modo più che proporzionale rispetto al reddito imponibile.

Va precisato, inoltre, che, ai fini Irpef, sono considerati residenti in Italia anche i cittadini trasferitisi in Paesi aventi un regime fiscale privilegiato.

Su quale reddito si calcola l’Irpef

I redditi che contribuiscono a formare la base imponibile dell’Irpef sono i redditi fondiari (derivanti dal possesso di terreni e fabbricati), i redditi da capitale, i redditi da lavoro autonomo e dipendente (ivi comprese le pensioni), i redditi d’impresa e i redditi diversi.

Questi ultimi, individuati dall’art. 67 del TUIR (Testo Unico delle imposte sui redditi, DPR 917/86), sono, ad esempio, quelli derivanti da plusvalenze, cessioni di strumenti finanziari, vincite di lotterie, redditi conseguenti all’utilizzazione economica di opere dell’ingegno e brevetti industriali, redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente etc.

Come si calcola l’Irpef

Per il calcolo dell’Irpef dovuta dal singolo contribuente, occorre sommare i suoi redditi (rispondenti alle varie tipologie appena esaminate) e sottrarre, da tale importo complessivo, i cosiddetti oneri deducibili. Con tale espressione si fa rifermento ad alcune spese sostenute durante l’anno dal contribuente, come, ad esempio, i contributi previdenziali e assistenziali.

In tal modo, si forma la base imponibile, su cui viene applicata l’aliquota (un coefficiente percentuale) prevista dalla legge per lo scaglione di reddito corrispondente. Dal risultato di tale operazione è possibile, inoltre, operare la detrazione degli importi sostenuti per altri tipi di spesa (in primis, le spese sanitarie, le spese per l’istruzione dei figli, etc.).

L’imposta dovuta dal contribuente è pertanto quella risultante dalla sottrazione degli importi detraibili dall’imposta lorda (risultante, a sua volta, dall’applicazione dell’aliquota al reddito complessivo, diminuito degli oneri deducibili).

Gli scaglioni e le aliquote Irpef 2024

Abbiamo fatto, finora, più volte riferimento agli scaglioni di reddito previsti dalla legge, ai quali corrisponde una determinata aliquota da applicare per il calcolo dell’imposta dovuta.

Ebbene, per il 2024 la legge ha individuato tre scaglioni di reddito, con le aliquote corrispondenti:

  • reddito fino a 28.000 euro, cui corrisponde un’aliquota del 23%;
  • reddito da 28.000 a 50.000 euro, cui corrisponde un’aliquota del 23% fino a 28.000 euro e del 35% per la parte eccedente;
  • reddito oltre 50.000 euro, cui corrisponde un’aliquota del 23% fino a 28.000 euro, del 35% per la parte tra 28.000 e 50.000 euro e del 43% per la parte eccedente i 50.000 euro.

Il reddito minimo per non pagare l’IRPEF nel 2024, ovvero la cosiddetta no tax area, è pari ad 8.500 euro.

Come si paga l’Imposta sui redditi delle persone fisiche

Per pagare l’Irpef occorre compilare il modello Redditi PF oppure il modello 730 (per redditi da lavoro dipendente o pensione).

Il versamento dell’imposta prevede il pagamento, con modello F24, entro il 30 giugno, del saldo relativo all’anno precedente e della prima rata di acconto relativa all’anno in corso; entro il 30 novembre va invece versata la seconda (o l’unica, quando ciò sia previsto) rata di acconto.

Irpef come impugnare

L’eventuale impugnazione di un atto con cui l’Agenzia delle Entrate esige il pagamento di somme a titolo di Irpef va impugnato con ricorso alla Corte di giustizia tributaria di primo grado, la cui decisione sarà ricorribile in appello presso la CGT di secondo grado e successivamente anche per Cassazione.

In alternativa, è possibile chiedere all’Agenzia il riesame dell’atto. In ogni caso, la contestazione da parte del contribuente non vale, di per sé, a sospendere i termini di pagamento dell’imposta.

Acconti Irpef 2025: correttivo in vigore

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 86/2025, di conversione del decreto legge n. 55/2025, varato dal Governo il 22 aprile scorso, recante “Disposizioni urgenti in materia di acconti Irpef dovuti per l’anno 2025”.

Il chiarimento normativo è servito a mettere ordine nelle disposizioni, tra il decreto legislativo n. 216/2023 (attuativo della riforma fiscale) e la legge di bilancio 2025. A causa di un difetto di coordinamento, tra la riforma che aveva introdotto in via sperimentale la riduzione degli scaglioni Irpef da quattro a tre, e la manovra di Bilancio 2025, che ha reso strutturale questa riduzione, era rimasta tuttavia parte della normativa ancorata al vecchio sistema di calcolo degli acconti, ingenerando così confusione e possibili errori nei versamenti e nelle dichiarazioni.

Grazie a questo intervento normativo, viene ufficializzato, inoltre, che i lavoratori dipendenti e i pensionati che non percepiscono altri tipi di reddito non dovranno versare alcun acconto IRPEF per l’anno 2025.

La nuova legge è in vigore dal 22 giugno 2025.

 

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decreto fiscale 2025

Decreto Fiscale 2025 Decreto fiscale 2025 in vigore dal 18 giugno 2025: novità per lavoratori autonomi e società, proroghe per gli aderenti al regime di vantaggio e forfettari

Decreto Fiscale 2025: quali novità

Pubblicato sulla G.U. del 17 giugno 2025 il decreto fiscale n. 84/2025, in vigore dal giorno successivo 18 giugno 2025. Il provvedimento introduce diverse novità in vari settori. Vediamo le più importanti.

Le modifiche principali

Il decreto fiscale 2025 prevede le seguenti modifiche:

  • Saranno deducibili le spese per vitto, alloggio e trasporto purché sostenute nel territorio italiano con mezzi di pagamento tracciabili. Le spese sostenute all’estero invece non richiederanno pagamenti tracciabili perla deducibilità.
  • I rimborsi delle spese sostenute in Italia per, vitto alloggio, trasporto e viaggio saranno inclusi invece nel reddito imponibile da lavoro autonomo se non sono saranno sostenuti con mezzi di pagamento tracciabili.
  • Gli interessi e i proventi derivanti dall’esercizio di arti e professioni non saranno considerati redditi di lavoro autonomo, ma di capitale.
  • Il decreto ha eliminato il riferimento alle società collegate nel calcolo della deduzione fiscale per le nuovi assunzioni, al fine di determinare il reddito di impresa.
  • Per i soggetti Isa che aderiscono al regime di vantaggio e per i forfettari previsto lo spostamento del primo acconto 2025 e del saldo 2024 al 21 luglio e al 20 agosto 2025.
  • Ampliato il regime del reverse charge alle imprese che si occupano di logistica e di trasporto, previa approvazione UE.
  • Nuove regole per la determinazione del reddito in caso di partecipazioni in associazioni e società artistiche o professionali.
  • Semplificata la riduzione delle perdite riportabili, basandosi ora su un criterio più diretto: il doppio della somma dei conferimenti e versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi, eliminando il riferimento al patrimonio netto. Questa nuova logica si applica anche alle fusioni, dove la riduzione delle perdite riportabili seguirà lo stesso criterio.
  • Le società conferitarie applicheranno regole simili a quelle delle beneficiarie di scissioni, basandosi sul patrimonio netto dell’ultimo bilancio. Sono state inoltre eliminate restrizioni legate ai conferimenti d’azienda, semplificando i trasferimenti di partecipazioni.
  • La disciplina fiscale delle società estere controllate (CFC) viene allineata agli standard internazionali di tassazione minima globale. A partire dal 1° luglio 2025, lo split payment non si applicherà più alle società quotate FTSE-MIB per le operazioni fatturate.
  • Più tempo per le aliquote Imu 2025. Entro il 15 settembre 2025, i Comuni potranno approvare le delibere con il prospetto delle aliquote, anche se in ritardo rispetto alla scadenza del 28 febbraio 2025 o se non avevano elaborato il prospetto tramite l’applicazione informatica.

 

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bonus bollette 2025

Bonus Bollette 2025 Bonus bollette 2025: cos'è, requisiti ISEE, come si ottiene, tempi di erogazione e trasparenza in bolletta

Bonus Bollette 2025: cos’è

Il governo italiano con il decreto bollette n. 19/2025, convertito in legge e in vigore dal 30 aprile 2025, ha introdotto un contributo straordinario di 200 euro destinato ad aiutare le famiglie per fare fronte all’impatto dell’inflazione energetica. Questo bonus, erogato per il pagamento delle utenze domestiche (luce, gas, acqua), mira a fornire un sollievo economico diretto ai nuclei familiari in possesso di certi requisiti ISEE.

Dal punto di vista pratico il bonus si traduce in uno sconto di 600 auto totali, suddiviso in tre rate mensili da 200 euro ciascuna e applicato direttamente in bolletta. Il bonus da 200 euro si va a sommare al già esistente bonus sociale luce e gas. Chi ha già diritto al bonus sociale per disagio economico potrà quindi arrivare a uno sconto annuale superiore ai 500 euro.

Requisiti ISEE bonus bollette 2025

Il contributo da 200 euro è destinato a clienti domestici con ISEE 2025 che rientrano in specifiche fasce di reddito. Queste includono:

  • coloro che sono già titolari del bonus sociale previsto per chi si trova in una situazione di saggio economico (ISEE fino a 9.530,00 euro e ISEE fino 20.000 per inutile famigliari che hanno almeno 4 figli a carico);
  • i nuclei famigliari con ISEE fino a 25.000 euro.

Come si ottiene il bonus 

La procedura per accedere al contributo è stata notevolmente semplificata. Non è richiesta infatti alcuna domanda specifica. Lo sconto verrà automaticamente accreditato in bolletta una volta verificato il requisito economico tramite la presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) e l’ottenimento di un’attestazione ISEE valida.

Comunicazione trasparente

Tutti i fornitori di energia elettrica, sia quelli del mercato libero che quelli del mercato a maggior tutela, sono tenuti a riportare in bolletta una comunicazione chiara e trasparente. Questa comunicazione informerà i clienti con ISEE fino a 25.000 euro che il bonus straordinario è stato concesso automaticamente da ARERA e INPS, basandosi sulla DSU presentata. Questa misura di trasparenza mira a garantire che i beneficiari siano pienamente consapevoli del sostegno ricevuto e del suo funzionamento.

Erogazione del bonus bollette 2025

L’erogazione del contributo straordinario è prevista nel primo trimestre utile dopo la presentazione della DSU. Le modalità operative sono state definite dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) con la delibera 135/2025/R/eel. Il documento prevede l’erogazione del contributo unitamente al bonus sociale elettrico per il periodo compreso tra il 1° aprile 2025 e il 31 luglio 2025.

Tempistiche

L’attivazione del bonus sarà automatica a partire da giugno 2025 e verrà gestita dal Gestore del Sistema Informativo Integrato (SII). Quest’ultimo, basandosi sui dati ISEE trasmessi mensilmente dall’INPS, identificherà i titolari delle forniture elettriche idonei al contributo. In seguito attiverà il bonus straordinario in automatico e notificherà i fornitori per l’inserimento dello sconto direttamente in bolletta.

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concordato preventivo biennale

Concordato preventivo biennale: cos’è e come funziona Il Concordato preventivo biennale stimola le imprese e i liberi professionisti ad adempiere spontaneamente ai propri obblighi dichiarativi. Ecco cos'è e cosa prevede il correttivo in vigore dal 13 giugno 2025

Cos’è il Concordato Preventivo Biennale

Il Concordato Preventivo Biennale (CPB) è uno strumento di compliance fiscale introdotto dal Decreto Legislativo n. 13 del 12 febbraio 2024, finalizzato a incentivare il rispetto volontario degli obblighi dichiarativi di imprese e professionisti. Il suo scopo è di stabilizzare le posizioni fiscali per un periodo di due anni al fine di favorire una pianificazione tributaria e ridurre il rischio di contenziosi con l’Amministrazione finanziaria.

Concordato Preventivo Biennale: destinatari

Possono aderire al CPB i contribuenti che svolgono attività d’impresa, arti o professioni e che applicano gli Indici Sintetici di Affidabilità (articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50).

Per l’ammissione il contribuente:

  • non deve avere debiti tributari o contributivi definitivamente accertati con sentenza irrevocabile;
  • se ha debiti residui, questi devono essere inferiori a 5.000 euro, comprensivi di interessi e sanzioni.

Sono esclusi dal CPB coloro che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi per almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti, o che hanno subito condanne per reati fiscali negli ultimi tre anni.

Proposta e calcolo del concordato

Il CPB prevede la possibilità per il contribuente di proporre una definizione biennale del reddito derivante dall’attività esercitata e del valore della produzione netta rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP. La proposta viene calcolata utilizzando il software “Il tuo ISA 2024 CPB”, che consente di determinare gli importi tenendo conto dei dati forniti per l’applicazione degli ISA e degli altri elementi specifici per il CPB.

Il software considera anche eventuali eventi straordinari che possono influenzare i risultati del primo anno di applicazione del Concordato, permettendo al contribuente di segnalare questi eventi nel modello dichiarativo.

Cause di esclusione

L’adesione al CPB è soggetta a determinati requisiti e limitazioni. Tra le principali condizioni ostative si segnalano:

  • la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi nei periodi d’imposta precedenti;
  • l’aver riportato condanne per reati fiscali o per specifici reati del codice penale;
  • aver conseguito reddito esente o escluso dalla base imponibile per oltre il 40% del reddito totale nel periodo precedente;
  • aver aderito al regime forfetario durante il primo periodo d’imposta oggetto del concordato;
  • aver realizzato operazioni societarie straordinarie (fusioni, scissioni, conferimenti) durante il biennio.

In caso di dichiarazioni false, sono previste sanzioni penali ai sensi del DPR n. 445/2000.

Oggetto del concordato

Il CPB riguarda principalmente:

  • il reddito da lavoro autonomo, senza considerare plusvalenze e minusvalenze straordinarie;
  • il reddito dimpresa, senza includere componenti straordinarie come sopravvenienze attive e passive; utili e perdite derivanti da partecipazioni societarie o in gruppi di interesse economico (GEIE).

Il reddito dichiarato non può essere inferiore a 2.000 euro e deve essere riportato in tutte le dichiarazioni annuali. Anche il valore della produzione netta, rilevante ai fini IRAP, non può scendere sotto questa soglia.

Effetti dell’adesione al concordato preventivo biennale

L’adesione al concordato produce diversi effetti per il contribuente:

  • l’esenzione dagli accertamenti previsti dall’articolo 39 del DPR n. 600/1973, salvo specifiche cause di decadenza;
  • l’accesso ai benefici premiali del regime ISA, inclusi vantaggi sull’imposta sul valore aggiunto (IVA);
  • l’obbligo di rispettare i normali adempimenti contabili e dichiarativi per i periodi d’imposta coperti dal Concordato.

L’adesione al Concordato non produce effetti per l’IVA, ma il contribuente deve comunque rispettare i requisiti previsti per le dichiarazioni fiscali.

Cessazione e decadenza

Il CPB può perdere efficacia in determinati casi:

  • cessazione dellattività o modifica significativa dell’attività svolta rispetto al periodo precedente.
  • eventi eccezionali che riducono significativamente i redditi o i valori della produzione, oltre il 30% rispetto agli importi concordati;
  • adesione al regime forfetario o realizzazione di operazioni societarie straordinarie durante il biennio;
  • superamento dei limiti di ricavi o compensi previsti dagli ISA.

In caso di decadenza dal Concordato, restano comunque dovute le imposte calcolate sul reddito e sul valore della produzione concordati, se superiori a quelli effettivamente conseguiti.

Termini riaperti fino al 12 dicembre 2024

Il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri martedì 12 novembre 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 novembre (dl n. 167/2024), ha riaperto, fino al 12 dicembre 2024, i termini scaduti il 31 ottobre 2024 per consentire l’adesione al patto biennale. Questa riapertura però è riservata a chi ha presentato la propria dichiarazione entro il 31 ottobre e non ha preso parte alla prima tranche di concordato preventivo biennale. I forfettari sono esclusi.

Correttivo al concordato preventivo biennale

Il correttivo al concordato preventivo biennale, approvato dal Governo il 4 giugno 2025, con l’obiettivo di rendere il meccanismo più conveniente e attrattivo, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 13 giugno 2025.

Il testo (D.Lgs. n. 81/2025, recante “Disposizioni integrative e correttive in materia di adempimenti tributari, concordato preventivo biennale, giustizia tributaria e sanzioni tributarie“, ), prevede diverse novità, tra cui: la possibilità per i forfetari di determinare il reddito imponibile applicando i coefficienti di redditività; la modifica del termine di adesione al 30 settembre 2025.

 

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esenzione ticket sanitario

Esenzione ticket sanitario Esenzione ticket sanitario 2025: cos’è, tipologie, procedure per la domanda, perdita dell'esenzione, sanzioni e verifica

Cos’è il ticket sanitario

Prima di addentrarci nell’argomento dell’esenzione da ticket sanitario, occorre chiarire che il  ticket è una compartecipazione alla spesa sanitaria richiesta al cittadino per alcune prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), come visite specialistiche, diagnostica strumentale, esami di laboratorio e farmaci. In determinati casi, lo Stato riconosce l’esenzione totale o parziale da tale obbligo.

Cos’è l’esenzione dal ticket sanitario

L’esenzione dal ticket sanitario rappresenta un’importante misura di tutela per i cittadini che si trovano in condizioni economiche o sanitarie particolari. Consente di usufruire gratuitamente di visite specialistiche, esami diagnostici, prestazioni ambulatoriali e farmaci, nei limiti previsti dalla normativa vigente.

Nel 2025, le regole per ottenere l’esenzione sono state confermate con aggiornamenti agli importi dei limiti reddituali. Di seguito una guida completa per capire chi ha diritto all’esenzione, quali documenti servono e come fare domanda.

Tipologie di esenzione ticket sanitario

Le esenzioni si distinguono in due macro-categorie:

1. Esenzione per condizione economica (reddito e status sociale)

Queste esenzioni si basano sul reddito annuo del nucleo familiare fiscale e/o su particolari condizioni personali.

Nel 2025, le principali categorie sono:

Codice

Tipologia

Requisiti reddituali 2025

E01

Minori di 6 anni e over 65

Reddito familiare annuo ≤ € 36.151,98

E02

Disoccupati e familiari a carico

Reddito familiare annuo ≤ € 8.263,31 (aumentato a € 11.362,05 con coniuge, + € 516,46 per ogni figlio a carico)

E03

Titolari di assegno sociale

Nessun limite aggiuntivo oltre al trattamento

E04

Titolari di pensione minima over 60 e familiari a carico

Reddito complessivo ≤ soglia E02

NB: I limiti reddituali sono aggiornati ogni anno sulla base degli indici ISTAT.

2. Esenzione per motivi sanitari

Sono previste anche esenzioni legate allo stato di salute:

  • Per patologie croniche (es. diabete, ipertensione) – codice esenzione da 001 a 056.
  • Per malattie rare – codici specifici stabiliti dal Ministero della Salute;
  • Per invalidità civile, di guerra o per servizio – in base alla percentuale riconosciuta esenzione farmaci + prestazioni).
  • Gravidanza – prestazioni gratuite secondo i protocolli previsti.
  • Prevenzione (es. screening oncologici) – esami gratuiti secondo i piani regionali.

Come richiedere l’esenzione ticket nel 2025

La procedura da seguire per la richiesta di esenzione è diversa a seconda che l’agevolazione venga richiesta per reddito o per patologia.

Esenzione per reddito (E01, E02, E03, E04)

La procedura è automatizzata tramite l’Agenzia delle Entrate e il Sistema Tessera Sanitaria (STS). I soggetti aventi diritto risultano già inseriti negli elenchi regionali.

Come verificare o autocertificare:

  1. Accedere al sito del Sistema Tessera Sanitaria: sistemats1.sanita.finanze.it
  2. Inserire il codice fiscale e i dati richiesti.
  3. In caso di assenza nei dati pre-caricati, è possibile presentare un’autocertificazione presso:
    • l’ASL di competenza;
    • gli sportelli CUP (Centro Unico di Prenotazione);
    • i medici di medicina generale, abilitati ad aggiornare l’anagrafica esenzioni.

La dichiarazione ha validità annuale e deve essere rinnovata ogni anno entro il 31 marzo.

Esenzione per patologia o invalidità

In questo caso è necessaria la certificazione medica attestante la condizione:

  1. richiesta del certificato di esenzione presso la propria ASL;
  2. presentazione di documentazione sanitaria e verbale di invalidità (se applicabile);
  3. rilascio del codice di esenzione con registrazione sulla Tessera Sanitaria.

Chi può perdere l’esenzione

Secondo le disposizioni vigenti, l’esenzione decade automaticamente qualora vengano meno i requisiti reddituali, sanitari o anagrafici. Il cittadino ha l’obbligo di comunicare tempestivamente all’ASL eventuali variazioni. In caso contrario, può incorrere in sanzioni amministrative e nel recupero delle somme indebitamente non versate.

Cosa succede se si presenta una falsa autocertificazione?

La presentazione di una dichiarazione mendace costituisce reato ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. 445/2000. Oltre alla revoca dell’esenzione e alla richiesta di rimborso delle prestazioni, è possibile l’apertura di un procedimento penale.

Come verificare l’esenzione sul proprio profilo sanitario

Ogni cittadino può controllare lo stato dell’esenzione registrato sulla Tessera Sanitaria:

  • tramite il proprio Fascicolo Sanitario Elettronico regionale;
  • chiedendo al proprio medico di famiglia o specialista;
  • presso gli sportelli ASL o CUP.

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bollo auto

Bollo auto: guida completa Bollo auto: cos’è, chi deve pagarlo, normativa, esenzioni e agevolazioni per veicoli storici e di altro tipo, sanzioni

Cos’è il bollo auto

Il bollo auto è un tributo locale dovuto annualmente per il possesso di veicoli immatricolati in Italia. Spesso definito impropriamente “tassa di circolazione”, il bollo è in realtà una tassa di proprietà, da pagare anche se il veicolo non viene utilizzato.

Il bollo auto infatti è tecnicamente definito anche “tassa automobilistica”, ed è, nello specifico, un tributo regionale che deve essere pagato da chiunque possieda un veicolo iscritto al PRA (Pubblico Registro Automobilistico). La disciplina che lo riguarda è rappresentata principalmente da norme statali e regionali. Le competenze amministrative invece sono attribuite alle Regioni e alle Province autonome, che possono stabilire esenzioni, riduzioni o agevolazioni specifiche.

Normativa di riferimento

Le principali fonti normative sono:

  • D.lgs. 504/1992, che ha istituito la tassa automobilistica come tributo proprio delle Regioni;
  • Art. 7 della Legge n. 99/2009, che prevede le competenze sull’accertamento e la riscossione;
  • Norme regionali, che regolano aspetti come le scadenze, gli importi e le esenzioni;
  • Codice della strada, per i riflessi in tema di immatricolazione e radiazione.

Chi deve pagare il bollo auto

Il bollo è dovuto da chi risulta proprietario del veicolo al PRA l’ultimo giorno utile del mese in cui scade il precedente pagamento. In dettaglio:

  • il pagamento è obbligatorio ogni anno, anche se il veicolo non viene utilizzato su strada;
  • anche i veicoli fermi o non circolanti, purché immatricolati, sono soggetti all’imposta;
  • in caso di compravendita, è tenuto al pagamento chi è proprietario alla data della scadenza del bollo.

Scadenze e modalità di pagamento

Il bollo auto deve essere pagato entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di scadenza.

Si può pagare:

    • all’ACI, tramite il sito istituzionale o in sede;
    • presso le tabaccherie abilitate con circuito Lottomatica o Banca 5;
    • con l’app IO (PagoPA);
    • tramite Home Banking, utilizzando il circuito PagoPA.

Per verificare l’importo e la scadenza del proprio bollo, è possibile consultare i servizi online dell’ACI o dell’Agenzia delle Entrate, inserendo targa e tipo veicolo.

Bollo auto storiche: regole e agevolazioni

Le auto storiche, cioè i veicoli con più di 20 anni di età e rilevanza storica, possono beneficiare di agevolazioni fiscali, ma solo in presenza di specifiche condizioni.

Le categorie sono:

  1. Veicoli ultraventennali (20-29 anni): possono usufruire di riduzione del 50% del bollo, ma solo se in possesso del certificato di rilevanza storica rilasciato da enti riconosciuti (ASI, FMI, ecc.) e riportato sulla carta di circolazione.
  2. Veicoli ultratrentennali (oltre 30 anni): sono esenti dal pagamento del bollo, ma devono essere non adibiti a uso professionale. In alcune Regioni può essere previsto un bollo forfettario annuo (es. 25 euro in Lombardia).

Esenzioni e riduzioni

Oltre ai veicoli storici, possono essere esenti dal bollo:

  • i veicoli intestati a persone con disabilità, in presenza di determinati requisiti previsti dalla Legge 104/1992;
  • veicoli elettrici: in molte Regioni sono esentati per 5 anni dall’immatricolazione, con possibile proroga parziale;
  • ibride e GPL/metano: in alcune Regioni è prevista una riduzione o esenzione temporanea.

Sanzioni per mancato pagamento del bollo auto

Il mancato pagamento del bollo può comportare:

  • sanzione amministrativa del 30% dell’importo dovuto, oltre agli interessi legali se il pagamento avviene dopo il ricevimento dell’accertamento/ ingiunzione;
  • fermo amministrativo del veicolo, in caso di reiterata inadempienza;
  • radiazione d’ufficio dal PRA, dopo tre anni consecutivi di mancato pagamento, con impossibilità di circolazione.

Per evitare tali conseguenze, è possibile regolarizzare la propria posizione tramite il ravvedimento operoso, che consente di pagare con sanzioni ridotte, entro certi termini.

Come verificare se il bollo è stato pagato

Si può controllare lo stato dei pagamenti:

  • sul sito dell’ACI, nella sezione dedicata al calcolo bollo e verifica pagamenti;
  • tramite l’app IO, per le Regioni aderenti al sistema PagoPA;
  • presso gli sportelli regionali o ACI della propria Regione.
bonus biciclette

Bonus biciclette: la guida Bonus biciclette 2025: cos’è, come funziona, requisiti necessari per fare domanda, come richiederlo, come trovare i bandi attivi

Cos’è il Bonus biciclette 2025

Il Bonus biciclette 2025, anche noto come incentivo mobilità sostenibile, è una misura volta a favorire l’acquisto di bici tradizionali, e-bike e cargo bike da parte di cittadini e imprese, nell’ottica di una mobilità urbana più ecologica ed efficiente. Questo contributo economico mira a ridurre l’inquinamento, il traffico urbano e a incentivare stili di vita salutari.

Il bonus bici è un’agevolazione economica che può consistere in:

  • un rimborso parziale sulla spesa sostenuta per l’acquisto;
  • un credito di imposta;
  • oppure un contributo diretto calcolato come percentuale sul prezzo del mezzo acquistato.

A seconda della Regione o Comune, possono essere attivati ulteriori bandi locali con condizioni specifiche.

La normativa di riferimento

Il bonus biciclette nazionale è stato originariamente introdotto con il Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020, n. 34), art. 229, convertito in L. 17 luglio 2020, n. 77, come misura emergenziale in seguito alla pandemia da COVID-19. Il successo dell’iniziativa ha portato a successive estensioni e nuove edizioni, anche a livello regionale e comunale.

Nel 2025, il bonus bici non è previsto in forma unitaria a livello nazionale, ma è attivo tramite iniziative regionali, comunali e fondi PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), con variazioni significative da territorio a territorio.

A chi spetta il bonus biciclette

Il Bonus biciclette 2025 può essere richiesto da:

  • persone fisiche residenti in Italia;
  • famiglie a basso reddito (in alcuni casi con limiti ISEE);
  • aziende e partite IVA che acquistano bici cargo o mezzi a pedalata assistita per uso professionale o consegne;
  • residenti in comuni che attivano bandi locali per la mobilità sostenibile;
  • soggetti che rottamano un vecchio veicolo inquinante (in base al singolo bando).

I requisiti variano in base all’ente che eroga il contributo (Ministero dell’Ambiente, Regioni, Comuni, o enti locali), pertanto è essenziale consultare il sito dell’ente di appartenenza.

Cosa si può acquistare con il bonus bici

L’incentivo può essere utilizzato per acquistare:

  • bici muscolari (tradizionali);
  • bici elettriche o a pedalata assistita (e-bike);
  • bici cargo, anche a uso professionale;
  • accessori per la mobilità ciclabile (solo se previsti dal bando);
  • in alcuni casi, anche monopattini elettrici, handbike o mezzi per persone con disabilità.

Il mezzo deve essere nuovo, conforme alla normativa europea e acquistato presso rivenditori autorizzati.

Qual è l’importo del bonus

L’importo del Bonus bici 2025 varia in base al tipo di incentivo attivato:

  • contributo percentuale del prezzo, con tetti massimi stabiliti (es. Euro 500 – Euro 1.000);
  • credito di imposta (es. fino a Euro 750 detraibili dalla dichiarazione dei redditi, se previsto da leggi statali);
  • bonus rottamazione per chi dismette un vecchio veicolo inquinante.

Per il bonus e-bike 2025, alcune Regioni e Comuni (es. Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Bologna, Firenze) hanno già pubblicato o stanno predisponendo bandi con importi che variano da Euro 200,00 a Euro 1.500,00 in funzione del modello, della finalità (uso personale o professionale) e della disponibilità del fondo.

Come ottenere il bonus biciclette 

Le modalità per richiedere il Bonus biciclette cambiano a seconda dell’ente erogatore. Generalmente, la procedura prevede:

  1. Registrazione sul portale dedicato del Ministero dell’Ambiente (se nazionale) o della Regione/Comune;
  2. Inserimento della domanda online, con:
    • copia del documento d’identità;
    • codice fiscale;
    • ISEE (se richiesto);
    • fattura o scontrino parlante;
    • eventuale dichiarazione di rottamazione del veicolo inquinante.

Alcuni bandi prevedono l’invio prima dell’acquisto (prenotazione del contributo), altri consentono di chiedere il rimborso dopo l’acquisto.

Attenzione: i fondi sono spesso limitati e distribuiti secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande, fino a esaurimento.

Dove trovare bandi attivi

Per sapere se il tuo Comune o Regione ha attivato il bonus biciclette:

  • consulta il sito ufficiale del Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica;
  • accedi ai siti istituzionali delle Regioni e dei Comuni;
  • verifica eventuali bandi su Decathlon, LaBicicletteria.eu, o piattaforme specializzate in mobilità sostenibile;
  • chiedi informazioni presso CAF, patronati o rivenditori autorizzati.

 

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bonus latte artificiale

Bonus latte artificiale  Bonus latte artificiale: cos’è, normativa, a chi spetta, requisiti reddituali e soggettivi, importo e come fare domanda

Cos’è il bonus latte artificiale

Il bonus latte artificiale è un contributo economico previsto per supportare le famiglie nell’acquisto di formule per lattanti in caso di accertata impossibilità dell’allattamento materno. Si tratta di una misura sanitaria e sociale introdotta per garantire pari opportunità di nutrizione ai neonati nei primi mesi di vita, nel rispetto delle linee guida pediatriche.

La normativa di riferimento

Il bonus è stato istituito con l’art. 1, comma 456 della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di Bilancio 2020) e successivamente regolamentato con il Decreto del Ministero della Salute del 31 agosto 2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 266 del 8 novembre 2021. L’erogazione del beneficio è subordinata all’individuazione delle risorse disponibili e all’attivazione delle procedure a livello regionale o aziendale (ASL).

A chi spetta il bonus latte artificiale

Il bonus può essere richiesto esclusivamente da madri:

  • residenti in Italia;
  • con indicazione medica di impossibilità all’allattamento al seno per motivi patologici (ad esempio infezioni croniche, terapie farmacologiche incompatibili, ipogalattia severa documentata, interventi chirurgici, patologie metaboliche o infettive, ecc.);
  • con un ISEE minorenni in corso di validità non superiore a 30.000 euro annui.

È importante evidenziare che il beneficio è rivolto a supportare l’alimentazione dei bambini nei primi sei mesi di vita, periodo ritenuto fondamentale per lo sviluppo neonatale.

Importo del contributo

L’importo massimo riconosciuto è di € 400 annui, da riproporzionarsi in base al numero di mesi in cui l’allattamento al seno è impossibile.

L’importo viene concesso una tantum, in relazione al periodo di impossibilità all’allattamento certificato dal medico specialista o dal pediatra di libera scelta.

Modalità di richiesta

Le modalità operative per ottenere il bonus latte artificiale variano leggermente da Regione a Regione. In generale, la domanda va presentata alla propria ASL di appartenenza, entro i primi sei mesi dalla nascita, allegando:

  1. il certificato medico attestante l’impossibilità di allattare per patologia, rilasciato da uno specialista del Servizio Sanitario Nazionale o da un pediatra;
  2. la certificazione ISEE in corso di validità;
  3. il documento di identità della madre richiedente;
  4. il codice fiscale del bambino;
  5. le ricevute fiscali o scontrini parlanti comprovanti l’acquisto del latte artificiale.

La richiesta può essere presentata in modalità cartacea o telematica, secondo le indicazioni fornite dalla ASL o Regione di appartenenza (come ASL Pescara, Regione Puglia, Regione Lazio ecc.).

Modalità di erogazione del bonus latte artificiale

L’ASL competente provvede a verificare la documentazione e ad autorizzare l’erogazione del contributo tramite:

  • rimborso delle spese già sostenute, su presentazione delle ricevute;
  • in alcuni casi, voucher o contributi diretti da utilizzare presso farmacie o punti vendita convenzionati.

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