approvazione e revisione tabelle millesimali

Approvazione e revisione tabelle millesimali: serve la forma scritta Necessità della forma scritta per l’approvazione e la revisione delle tabelle millesimali

Tabelle millesimali e forma scritta

L’aspetto che suscita maggiore interesse relativamente alla redazione ed applicazione delle tabelle millesimali in sede di riparto di una o più spese in ambito condominiale, attiene alla necessità di forma scritta per ciò che concerne l’approvazione e/o le modifiche.

Tale assunto è di fondamentale importanza anche nell’ottica delle conseguenze relative alla forma di invalidità di una delibera assembleare che disponga diversamente.

Così ha stabilito con sentenza n. 26042/2019, la Suprema Corte in data 15 ottobre 2019. Con tale sentenza si è affermato, che non è sufficiente – per derogare a criteri tabellari previsti dalla legge e/o dal regolamento di condominio e per la creazione di una tabella “virtuale” di riparto – il pagamento dei contributi per molti anni da parte dei condomini sulla base di tabelle applicate “de facto” né la reiterata approvazione di rendiconti e di delibere di ripartizione delle spese secondo criteri diversi da quelli di cui alle tabelle esistenti. Una o più deliberazioni adottate in tal senso dall’assemblea sarebbero sicuramente invalide (conforme Cass. n. 4259/2018).

Il riparto per quote uguali non esiste

Si ricade in detta fattispecie nel caso, purtroppo frequente, in cui si vanno a ripartire spese ordinarie o, soprattutto straordinarie, con il criterio della suddivisione in parti uguali, sulla scorta di prassi seguite nel tempo dai condòmini.

Quel che è certo è che osta a tale illegittimo contegno, la mancanza di una approvazione per iscritto della tabella che si pretende di applicare ovvero della modifica della stessa rispettivamente, in forza del sistema vigente, a maggioranza o all’unanimità.

Invero, sul punto già si erano espresse le Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 943/1999 argomentando sull’analogia di forma (scritta ad substantiam) che deve caratterizzare il regolamento di condominio e le tabelle millesimali. E ciò non solo in caso di regolamento contrattuale (in quanto nello stesso ben possono essere contenute clausole che incidono sui diritti dei singoli condomini o sulle loro proprietà esclusive o, ancora, possono prevedersi limitazioni per i singoli sulle parti comuni) ma anche in caso di regolamento di condominio cd. assembleare, con tabelle allegate, posto che vi è l’obbligo per l’amministratore di conservare il relativo registro dei verbali (art. 1130 n.7 c.c.). Tale ultimo assunto trova conferma nella disposizione di cui all’art. 68 disp. att c.c. alla stregua del quale, ove non precisato dal titolo, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata (in forma scritta) al regolamento di condominio.

Irrilevanza del consenso o dell’acquiescenza dei condomini

Deve, quindi, affermarsi l’irrilevanza del ripetersi del consenso o dell’acquiescenza tacita dei condomini verso ripartizioni effettuate alla stregua di tabelle millesimali diverse da quelle risultanti dai sopra menzionati atti scritti, sino a quando queste non vengano modificate da una valida delibera assembleare.

 

costituzione fondo speciale

Delibera condominiale nulla senza costituzione del fondo speciale Per la Cassazione, la delibera per lavori straordinari non preceduta da quella sulla costituzione del fondo speciale è nulla e il vizio può essere rilevato d’ufficio dal giudice

Delibera lavori straordinari: il fatto

Nella vicenda portata all’attenzione della Suprema Corte, un condomino si opponeva alla richiesta di pagamento di oneri condominiali straordinari a mezzo decreto ingiuntivo sostenendo la nullità della delibera di approvazione dei lavori straordinari per non aver il condominio precedentemente deliberato la costituzione obbligatoria del fondo speciale di cui all’art. 1135 co. 1 n. 4 c.c.

Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda attorea e annullava il decreto ingiuntivo opposto.

Costituzione del fondo speciale

La Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9388/2023 rigetta il ricorso del Condominio ritenendo necessaria per la validità della delibera di approvazione dei lavori straordinari la preventiva approvazione del fondo speciale di cui all’art. 1135 co. 1 n. 4 c.c. 

Infatti, la delibera impugnata non indicava nè la costituzione del fondo speciale per l’intera somma nè che il contratto di appalto prevedeva il pagamento graduale in relazione allo stato di avanzamento dei lavori e che il fondo era stato costituito in relazione ai singoli pagamenti.

Essendo la disposizione posta a presidio dell’interesse collettivo al corretto funzionamento della gestione del condominio nonché all’interesse del singolo condomino ad evitare il proprio rischio di dover garantire al terzo creditore il pagamento dovuto dai morosi, la delibera assunta a maggioranza non può decidere di non provvedere alla costituzione del fondo o di modificare le modalità di costituzione previste dalla legge. Neppure nel caso in cui l’appaltatore vi consente in quanto una simile decisione sarebbe pregiudizievole per tutti i condomini e per le esigenze della gestione condominiale pertanto gli Ermellini hanno così ritenuto concludendo che una simile delibera è da ritenersi completamente nulla.

Per tale motivo il previo allestimento del fondo speciale si pone come una condizione di validità della stessa delibera di approvazione delle opere.

La giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione

Il “decisum” della Suprema Corte va correlato all’altra recente sentenza in materia di opposizione a D.I. la cui importanza è il presupposto dell’attuale decisione. Infatti, la Corte di Cassazione a SS.UU. con sentenza del 14 aprile 2021  n. 9839 ha statuito che:

“Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca solo l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.”

diritto di accesso ai documenti condominiali

Diritto di accesso ai documenti condominiali e abuso del diritto Il tribunale di Napoli Nord si sofferma sul diritto di accesso ai documenti condominiali e l'abuso del diritto

Diritto di accesso ai documenti condominiali

La legge n. 220/2012 ha introdotto il nuovo art. 1130-bis c.c., il quale espressamente prevede che i condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Per converso, sussiste l’obbligo dell’amministratore di tenuta delle scritture e dei documenti giustificativi per dieci anni dalla relativa registrazione.

Tale norma, per quanto concerne il diritto di accesso alla documentazione condominiale, deve necessariamente essere letta in combinato disposto con il secondo comma dell’art. 1129 c.c. che obbliga l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, a comunicare:

  • i propri dati anagrafici e professionali;
  • il codice fiscale o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione;
  • il locale ove si trovano i registri obbligatori (anagrafe, contabilità, verbali, nomina/revoca);
  • da ultimo, per quel che concerne maggiormente il caso in commento, “i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prendere gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata”.

Una prima considerazione che deve essere necessariamente effettuata attiene alle modalità di accesso agli atti da parte dei condomini. Come affermato a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità, il potere di controllo, pur riconosciuto dalla legge ai partecipanti al Condominio, non deve mai risolversi in un intralcio all’amministrazione né porsi in contrasto con il principio di correttezza ex art. 1175 c.c. (Cass. n. 12579/2017).

Immobile in comodato: il caso in commento

Nella fattispecie concreta in questione, un proprietario di un immobile in condominio richiedeva a più riprese all’amministratore copia degli ultimi tre rendiconti approvati nonché di conoscere le quote ordinarie dovute, in quanto il predetto immobile era concesso in comodato alla moglie, nell’interesse del figlio minore (cd. “casa familiare”).

Sebbene le predette richieste, inviate dapprima personalmente e di poi a mezzo legale di fiducia, venivano regolarmente ricevute dall’amministratore a mezzo raccomandata a.r., questi non forniva alcun riscontro.

Il condomino, dunque, si vedeva costretto a ricorrere al Tribunale competente per territorio incardinando ricorso ex art. 702-bis c.p.c. (cd. “obbligo di fare” ora abrogato con la riforma Cartabia)) per vedere soddisfatte le sue ragioni.

Con l’ordinanza in commento (del 21 luglio 2020), nell’accogliere la domanda attorea, il Tribunale di Napoli Nord pone riferimento alle norme in tema di mandato. Come si legge in motivazione: la L. n. 220/2012 ha ormai chiarito che l’amministratore è legato al Condominio da un particolare rapporto di mandato e che, dunque, stante anche il dato legislativo, nei rapporti tra l’amministratore ed i condomini si applicano le norme in tema di mandato, in quanto compatibili. Tra queste, assume rilievo l‘art. 1713 c.c. relativa all’obbligo gravante sul mandatario di rendere al mandante il conto della gestione. Da tale obbligo deriva, dunque, il diritto dei condomini a prendere visione della documentazione condominiale, nelle forme e con i limiti di cui al precedente paragrafo e a condizione che il diritto di accesso non comporti oneri per il condominio.

L’abuso del diritto

È chiaro che, in caso di continue e reiterate richieste “meramente esplorative” da parte del condomino, il contegno assunto sfocerebbe nella figura del cd. abuso di diritto. Tale istituto, a differenza di altri sistemi codicistici europei, non è espressamente disciplinato mediante una previsione generale di divieto di esercizio del diritto in modo abusivo. Vi sono, viceversa, solo specifiche disposizioni in cui sanzionato l’abuso con riferimento all’esercizio di determinate posizioni soggettive. La principale, e forse la maggiormente nota agli operatori del settore condominiale, di queste fattispecie è sicuramente quella del “divieto di atti emulativi” di cui all’art. 833 c.c.

Sul piano processuale, poi, l’abuso del diritto si traduce in abuso del processo per le ipotesi in cui una parte agisca senza utilizzare la normale diligenza in maniera “temeraria”. Tale fattispecie è sanzionata dall’art. 96 c.p.c. in tema di condanna alle spese processuali.

Gli elementi costitutivi dell’abuso sono, dunque essenzialmente tre (Cass. n. 20106/2009):

  • la titolarità di un diritto soggettivo (quello del condomino ex artt. 1129 c.c. e 1130-bis c.c.), con possibilità di utilizzo secondo diverse modalità;
  • l’esercizio concreto del diritto in modo solo formalmente rispettoso della cornice attributiva, ma, tuttavia, censurabile rispetto a un criterio di valutazione giuridico e/o extragiuridico;
  • la verificazione, a causa di tale modalità di utilizzo, di una sproporzione tra il beneficio del titolare del diritto (il condomino) ed il sacrificio cui è costretta “la controparte” (l’attività professionale dell’amministratore);
  • secondo parte della dottrina, sarebbe necessario anche l’elemento soggettivo del cd. animus nocendi, tipico degli atti emulativi.

Diritto innegabile, dunque, in capo al condomino, quello di accesso alla documentazione del Condominio, ma da esercitarsi entro ben determinati limiti.