amministratore condominio

Amministratore condominio: deve fornire le credenziali del sito web Il tribunale di Ivrea si sofferma sul corretto adempimento da parte dell'amministratore di condominio dell'obbligo di rendicontazione

Credenziali web del condominio

L’amministratore è tenuto a fornire le credenziali del sito web del condominio, poiché i condomini hanno diritto di visionare i documenti ed estrarne copia in tempi ragionevoli. Lo ha  precisato il tribunale di Ivrea con la sentenza n. 917/2024.

La vicenda

Con ricorso ex art. 633 c.p.c. una condomina trascinava in giudizio il proprio condominio chiedendo al tribunale di ingiungere all’amministratore la consegna dei registri della contabilità condominiale e gli estratti conto del conto corrente condominiale a partire dal 2019. Il tribunale con decreto ingiuntivo ingiungeva la consegna di detta documentazione e l’amministratore spiegava opposizione sostenendo di aver convocato l’assemblea informando i condomini con fascicoletto esplicativo della contabilità e della gestione tenuta sino ad allora e di avere messo a disposizione le c.d. “pezze giustificative” previo appuntamento per tutti i 5 giorni precedenti l’assemblea condominiale.

L’opposizione

Per cui, parte attrice, previo deposito integrale della documentazione richiesta con li d.i. opposto in sede di citazione, evidenziava l’operato intellegibile dell’amministratore improntato alla massima trasparenza chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo emesso. Evidenziava, infatti, come la richiesta di ostensione della documentazione condominiale, da parte della condomina fosse generica e non circostanziata e in ogni caso non giustificata dal momento che tutta la documentazione era visibile tramite l’accesso al sito internet del Condominio, senza intermediazione dell’amministratore.
Sotto distinto ma connesso profilo parte attrice lamentava il fatto che non sussistesse in capo al condomino il diritto di ricevere copia (ovvero trasmissione della documentazione) quanto piuttosto uno speculare diritto di prendere visione e che, dunque, il geometra non poteva essere considerato inadempiente.
Parte attrice chiedeva, quindi, conclusivamente la revoca del d.i. opposto.
Con comparsa di costituzione e risposta la condomina chiedeva che venisse dichiarata la cessata materia del contendere, stante li deposito della documentazione ingiunta. In punto fattuale, ad ogni modo evidenziava come solo successivamente alla notifica del d.i., l’amministratore avesse comunicato le credenziali per l’accesso all’area web riservata del condominio.

La decisione

Il tribunale, dà preliminarmente atto dell’avvenuta cessazione della materia del contendere, tenuto conto della produzione in giudizio di tutta la documentazione richiesta in sede di ingiunzione. Tuttavia, afferma che se scrutinata nel merito, la domanda dell’amministratore sarebbe stata senz’altro infondata.

La documentazione richiesta infatti non era mai stata formalmente messa in disponibilità della condomina nè dai documenti in atti risultava che le password e le credenziali di accesso che erano stampigliate nelle lettere di convocazioni fossero da utilizzare per accedere al sito condominiale e ciò anche a tacere del fatto che le stesse risultavano incomplete e dunque non funzionanti. Peraltro, le stesse lettere di convocazioni “enunciano e fanno chiaramente intendere che l’ostensione fosse subordinata all’appuntamento con l’amministratore e che, dunque, non vi era facoltà di accesso illimitato alla documentazione archiviata in cloud da parte dei condomini”. In ogni caso, evidenzia ancora il giudice, le credenziali sono state consegnate dall’allora amministratore solo dopo la notifica del d.i. opposto.

L’obbligo di rendicontazione

Riguardo alle modalità attraverso le quali si ritiene che “tale obbligo di rendicontazione risulti adempiuto – rammenta quindi il tribunale – la giurisprudenza ha chiarito che ciascun condominio ha questo diritto di ostensione, ovvero di prendere visione dei documenti di rilievo ed estrarre copia, senza condizionare l’esercizio a determinate tempistiche, ancorché ragionevolmente si debba ritenere che lo stesso vada evaso in tempi ragionevoli (e tre-quattro mesi, come nel caso di specie, non appaiono un tempo ragionevole).

Ciò posto è evidente, conclude il giudicante, “che se vi fosse stata reale intenzione di rendere visibile sin da subito la documentazione richiesta dalla signora sarebbe stato agevole per l’amministratore di Condominio indicare e rammentare le password, le credenziali e il c.d. PID onde consentire la presa visione dei documenti in cloud, ma ciò non è avvenuto”.

Allegati

esenzione imu

Esenzione Imu se uno dei due coniugi è residente La Cassazione chiarisce che l'esenzione IMU spetta anche se soltanto uno dei due coniugi è in posso della residenza anagrafica nel comune

Esenzione IMU

L’esenzione Imu spetta anche se solo uno dei due coniugi è in possesso della residenza anagrafica nel Comune. Lo ha chiarito la sezione tributaria della Cassazione con sentenza n. 17278-2024 decidendo una vertenza tra una coppia di coniugi e il comune di Praiano.

La vicenda

Nella vicenda, la Commissione tributaria regionale della Campania – sez. staccata di Salerno, rigettava l’appello del Comune di Praiano avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da una coppia contro l’avviso di accertamento per IMU 2012 (benefici prima casa nell’ipotesi di doppia residenza familiare in Comuni diversi).
L’amministrazione ricorreva per Cassazione lamentando violazione di legge in considerazione dell’insussistenza del diritto del contribuente all’esenzione IMU per la prima casa, in quanto i coniugi non avevano entrambi la residenza nell’immobile preso in considerazione per l’esenzione (la moglie, infatti, era dimorante in altro Comune).

L’intervento della Corte Costituzionale in materia

Per gli Ermellini, tuttavia, il ricorso risulta infondato e deve respingersi.
Il Comune ricorrente, scrivono i giudici, “non valuta (in quanto successiva) la decisione n. 209 del 2022, in materia, della Corte Costituzionale: «È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 31 e 53 Cost., l’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, come modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b ), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui stabilisce per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «[per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»”.

Contrasto col principio di eguaglianza

La norma, censurata dalla Corte Costituzionale con ordinanza di autorimessione, contrasta in pratica con il principio di eguaglianza nella parte in cui – nel definire l’abitazione principale ai fini dell’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) – introduce il riferimento al nucleo familiare, “determinando così una irragionevole discriminazione tra le persone unite in matrimonio o unione civile e i singoli o conviventi: sino a che non avviene la costituzione del detto nucleo, infatti, ciascun possessore di immobile che vi risieda anagraficamente e dimori abitualmente può fruire della detta esenzione – anche se unito in una convivenza di fatto, e avendo i partner il diritto a una doppia esenzione – mentre il matrimonio o l’unione civile determinano l’effetto di precludere tale ultima possibilità, nonché, secondo il diritto vivente, ogni esenzione per i coniugi che abbiano stabilito la residenza anagrafica in abitazioni site in Comuni diversi. Né può rilevare una giustificazione in termini antielusivi della norma, in ragione del rischio che le «seconde case» vengano iscritte come abitazioni principali, disponendo i comuni di efficaci strumenti per controllare la veridicità delle dichiarazioni sull’esistenza della dimora abituale. Il previsto collegamento tra abitazione principale e nucleo familiare – che ha condotto il diritto vivente a riconoscere il diritto all’esenzione in esame soltanto nel caso di disgregazione di tale nucleo, ossia di frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi – contrasta anche con l’art. 31 Cost.”.

Nucleo familiare

Risulta violato, infine, rilevano ancora dal Palazzaccio richiamando la decisione della Consulta, “anche l’art. 53 Cost., dal momento che la rilevanza, nell’articolazione normativa dell’IMU, di elementi come le relazioni del soggetto con il nucleo familiare e, dunque, dello status personale del contribuente, non appare coerente con la sua natura di imposta reale salva, in via di eccezione, una ragionevole giustificazione che nel caso non sussiste».

La decisione

Conseguentemente, stabiliscono dal Palazzaccio rigettando il ricorso, il contribuente, come correttamente stabilito dalla sentenza impugnata, aveva diritto all’esenzione prima casa: «In tema di esenzione IMU per la casa principale, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 2022, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.I. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla .I n. 214 del 2011, va escluso che la nozione di abitazione principale presupponga la dimora abituale e la residenza anagrafica del nucleo familiare del possessore, per cui li beneficio spetta al possessore dell’immobile ove dimora abitualmente e risiede anagraficamente, anche se il coniuge abbia la residenza anagrafica in diverso comune» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32339 del 03/11/2022, Rv. 666357 – 01)”.

Allegati

condomino trasferito senza avviso

Condomino trasferito senza avviso: l’amministratore non ha colpa Se il condomino si è trasferito senza avvisare, non è responsabile l'amministratore della mancata convocazione all'assemblea condominiale

Condomino trasferito senza avviso: mancata convocazione

Un condomino si è trasferito senza avvisare, l’amministratore non è responsabile della mancata convocazione. La mancata comunicazione del trasferimento non consente infatti all’amministratore di aggiornare il registro anagrafico. Le comunicazioni effettuate al condominio all’indirizzo risultante dal registro devono quindi  considerarsi regolarmente perfezionate. Lo ha stabilito il Tribunale di Rieti nella sentenza n. 329-2024.

Mancata convocazione in assemblea

Un condominio ottiene un decreto ingiuntivo nei confronti di un singolo condomino per recuperare il mancato pagamento delle spese condominiali. Il condomino si oppone alla richiesta, il Giudice di Pace respinge l’opposizione e il soccombente impugna la decisione in appello davanti al Tribunale competente. Il condomino nell’appellare la decisione fa presente in uno dei motivi, di non aver ricevuto la convocazione all’assemblea nel corso della quale era stato approvato il bilancio che giustificava le voci di spesa richieste in pagamento. Lo stesso precisa anche che la convocazione all’assemblea era stata inviata con raccomandata con ricevuta di ritorno alla sua vecchia residenza. Lo stesso però non aveva ritirato la raccomandata perché si era trasferito precedentemente in un’altra casa, come emerso anche dal certificato storico del Comune.

Il condomino evidenzia di non aver avuto conoscenza neppure del verbale di assemblea, che gli è stato inviato con plico a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, anche questo presso la vecchia residenza e anche in questo caso non ritirato per compiuta giacenza. Lo stesso lamenta infine il mancato ricevimento della raccomandata con cui il Condominio ha sollecitato il pagamento dell’importo per cui è causa. Sollecito non ritirato sempre per compiuta giacenza perché anche questo notificato in una residenza diversa.

Delibera annullabile: assemblea non costituita da tutti i condomini

Queste le ragioni per le quali il condomino richiede l’annullamento della delibera assembleare, che ha approvato la spesa richiesta poi in pagamento con decreto ingiuntivo. Nello specifico il condomino afferma la mancata costituzione dell’assemblea da parte di tutti gli aventi diritto. Lo stesso osserva infine che la mancata comunicazione delle delibere nei suoi confronti non ha determinato la decorrenza del termine dei 30 giorni previsti dalla legge per chiedere l’annullamento della decisione condominiale.

Amministratore senza colpa se il condomino si trasferisce

Il Tribunale non accoglie le doglianze del condomino perché non sono condivisibili alla luce della normativa condominiale. L’introduzione dell’anagrafe condominiale (art. 1130 n. 6 codice civile) ha posto in capo all’amministratore l’obbligo di annotare sullo stesso i dati anagrafici dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento, comprese le variazioni. A tale compito l’amministratore deve provvedere direttamente o a spese del singolo condomino se questo soggetto non provvede a comunicare i dati e le variazioni.

Condomino: obbligo di comunicare i cambi di indirizzo

Il condomino deve comunicare eventuali variazioni entro 60 giorni in forma scritta. In caso di ritardo o di inerzia l’amministratore può richiedere con lettera raccomandata i dati necessari per aggiornare il registro. Nell’ipotesi invece di risposta incompleta od omessa entro 30 giorni dalla richiesta, l’amministratore può acquisire personalmente le informazioni necessarie addebitando il costo al singolo condomino.

Se quindi da un alto l’amministratore deve tenere e aggiornare regolarmente il registro di anagrafe condominiale, dall’altra il singolo condomino deve comunicare con tempestività all’amministratore il suo trasferimento in un altro domicilio. La mancata comunicazione della variazione da parte del condomino determina il regolare perfezionamento della comunicazione all’indirizzo che risulta dal registro dell’anagrafe. Il condomino quindi, in questi casi, è l’unico responsabile della mancata ricezione. Non si può esigere in capo all’amministratore una continua e costante verifica in ordine all’esistenza o meno di trasferimenti di residenza di ciascun singolo condomino, specie alla luce dell’obbligo di cui sopra gravante sui condomini, che fa presumere la piena idoneità dell’indirizzo già comunicato alla ricezione delle comunicazioni, in assenza di successiva comunicazione di variazione del medesimo”. 

Allegati

verbale assemblea condominiale

Verbale assemblea condominiale: può essere inviato via mail Per il tribunale di Genova, la trasmissione del verbale d'assemblea al condomino può essere eseguita anche con mail ordinaria

Invio verbale assemblea condominiale

Il verbale d’assemblea può essere inviato al condomino assente con ogni modalità, anche con mail. Lo ha affermato il tribunale di Genova, con sentenza n. 477/2024, decidendo una controversia relativa all’impugnazione di una delibera condominiale.

La vicenda

Nella vicenda, una condomina impugnava la delibera con cui l’assemblea aveva approvato opere straordinarie di manutenzione all’edificio, da pagare subito per beneficiare del bonus facciate, ritenendo la stessa illegittima e pregiudiziale in quanto non in grado di pagare la propria quota dei lavori. La quota peraltro veniva anticipata dall’amministratore a sua insaputa e le veniva chiesto successivamente il rimborso, per cui la donna lamentava anche l’illegittimità del comportamento dell’amministratore stesso.

Il condominio si costituiva sostenendo che la condomina era stata convocata via mail, al cui indirizzo era stato anche inviato il riparto straordinario deliberato al fine di consentire il pagamento nei termini e data la difficoltà della stessa a reperire i fondi necessari al pagamento della quota, erano seguiti diversi scambi di messaggi via whatsapp e via mail che avevano reso incontrovertibile la piena conoscenza da parte della signora sia della delibera assembleare sia dell’anticipo della quota a suo nome.

Peraltro, il condominio sosteneva che l’impugnazione era tardiva ex art. 1137 c.c. e che il verbale dell’assemblea era stato trasmesso all’attrice via mail, all’indirizzo da questa fornito e sempre utilizzato per le comunicazioni con l’amministrazione condominiale.

Eccezione di decadenza

Per il giudice, l’eccezione di decadenza è meritevole di accoglimento, considerato che se pure l’art. 66 disp. att. del codice civile “prevede specifiche forme, quali posta raccomandata, pec, fax o consegna a mano, per la comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea, queste non sono riferibili all’invio del verbale al condominio assente, la cui forma resta libera; valutato che l’onere della prova spetta al condominio e può essere raggiunta con ogni mezzo anche per presunzioni; considerato pertanto legittimo ed idoneo a far decorrere i termini per l’impugnazione anche il semplice invio del verbale assembleare a mezzo email all’indirizzo da sempre utilizzato tra le parti per le comunicazioni”.

Nella fattispecie, pertanto, sussistono indizi gravi, precisi e concordanti utili a dimostrare che l’attrice era pienamente a conoscenza del contenuto della delibera dalla stessa impugnata solo tardivamente. Per cui il ricorso è rigettato.

Vai a tutte le notizie sul condominio

condominio amministratore revocato rieletto

Condominio: l’amministratore revocato può essere rieletto Il tribunale di Tempio Pausania ricorda che il divieto di rieleggere l'amministratore revocato dal giudice è solo temporaneo

Amministratore revocato dal giudice

Il divieto di nomina dell’amministratore di condominio revocato dal giudice ha carattere temporaneo e non comprime in via definitiva il diritto dello stesso di ricevere nuovamente l’incarico. E’ quanto precisato dal tribunale di Tempio Pausania, con la sentenza n. 126/2024.

La vicenda

Nella vicenda, alcuni condomini impugnavano la delibera assembleare avente ad oggetto la rielezione del precedente amministratore, revocato con sentenza della Corte d’appello, in quanto adottata in violazione del comma 13 dell’art. 1129 del codice civile.

Il condominio, dal canto suo, si costituiva e contestava quanto dedotto dagli attori, chiedendo il rigetto del ricorso.

Amministratore revocato divieto di nomina temporaneo

Il giudice pronunciandosi sull’eccezione di parte attrice concernente la violazione del co. 13 dell’art. 1129 c.c., ha affermato preliminarmente che “la giurisprudenza è ormai consolidata nell’affermare che il divieto di nomina dell’amministratore revocato dal tribunale è temporaneo e non comprime definitivamente il diritto dello stesso di ricevere l’incarico, rilevando soltanto per la designazione assembleare immediatamente successiva al decreto di rimozione”.

Il divieto di nomina, posto dal riformato art. 1129 co. 13 c.c., “funziona, in realtà, nei confronti dell’assemblea – ha proseguito il tribunale – precludendole di eludere la revoca giudiziale con una delibera che riconfermi l’amministratore rimosso dal tribunale, e ciò pure se siano ormai venute meno le ragioni che avevano determinato la sua revoca (cfr. Cass. 23743/2020)”.

La decisione

Nel caso di specie, a seguito della revoca, la funzione di amministratore è stata esercitata per due annualità da un altro soggetto, con la conseguenza che la rielezione avvenuta con la delibera impugnata appare perfettamente legittima. Del resto, conclude il giudicante rigettando il ricorso, l’operato dell’amministratore “rimane inevitabilmente soggetto al giudizio dell’assemblea condominiale, unico vero controllore dell’attività dell’amministratore, la quale potrà decidere di non rinnovare alla scadenza il mandato affidatogli, o anche prima di tale data potrà deliberare la sua revoca”.

Leggi anche Amministratore ad acta: può essere nominato lo stesso amministratore

giurista risponde

Legittimazione opposizione a decreto ingiuntivo nei confronti del condominio A chi appartiene la legittimazione a opporsi ad un decreto ingiuntivo emesso contro il Condominio per debiti derivanti dalla gestione dei beni comuni?

Quesito con risposta a cura di Manuel Mazzamurro e Incoronata Monopoli

 

Il singolo condomino non ha autonoma legittimazione a proporre opposizione a decreto ingiuntivo emesso a carico del condominio per i debiti derivanti dalla gestione dei beni comuni, spettando essa unicamente all’amministratore. – Cass., sez. II, 15 marzo 2024, n. 7053.

Nel caso di specie la Suprema Corte è stata chiamata a valutare la legittimazione del singolo condomino a proporre opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio.

In primo e secondo grado era stata rigettata l’opposizione formulata dal singolo condomino per un decreto ingiuntivo relativo a lavori di manutenzione del condominio. In particolare, in secondo grado il Giudice di Appello precisava che solo il condominio poteva opporsi al decreto ingiuntivo, sussistendo per il singolo condomino una legittimazione autonoma nelle controversie in materia di diritti reali concernenti le parti comuni dell’edificio condominiale.

Viene proposto quindi ricorso per Cassazione, contestando la violazione dei principi in materia di condominio. In particolare, si obiettava che la presenza dell’amministratore non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a tutela dei propri diritti, sicché essi non possono considerarsi terzi rispetto a pretese vantate nei confronti del condominio.

La Suprema Corte, nella decisione de qua, rigettando il ricorso, ha evidenziato che, nelle controversie condominiali, la legittimazione ad agire può essere riconosciuta ai singoli condomini solo nel caso in cui la lite investa il diritto degli stessi sulle parti comuni dell’edificio (così anche Cass. 24 luglio 2023, n. 22116).

Viceversa, quando la controversia non ha ad oggetto la tutela o l’esercizio di diritti reali su parti o servizi comuni, ma posizioni di natura obbligatoria volte a soddisfare esigenze comuni della collettività condominiale, la legittimazione spetta al solo amministratore, potendo il singolo condomino svolgere intervento adesivo dipendente (così anche Cass. 12 dicembre 2017, n. 29748).

Tuttavia, si evidenzia che sul punto vi è anche recente orientamento che ha riconosciuto al condomino al quale sia intimato il pagamento di una somma di danaro in base ad un decreto ingiuntivo non opposto ottenuto nei confronti del condominio, la disponibilità dei rimedi dell’opposizione a precetto e dell’opposizione tardiva al decreto (cfr. Cass. 22 febbraio 2022, n. 5811).

Nel caso di specie, il singolo condomino ha proposto opposizione rispetto ad un decreto ingiuntivo derivante da lavori di manutenzione delle parti comuni del condominio, la cui legittimazione è solo del condominio nella persona dell’amministratore. Per tale motivo, la Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato la pronuncia della Corte d’Appello.

Precedenti giurisprudenziali:

Conformi: Cass., sez. III, 24 luglio 2023, n. 22116; Cass., sez. II, 12 dicembre 2017, n. 29748

Difformi: Cass., sez. VI, 22 febbraio 2022, n. 5811

*Contributo in tema di “Legittimazione a proporre opposizione a decreto ingiuntivo”, a cura di Manuel Mazzamurro e Incoronata Monopoli, estratto da Obiettivo Magistrato n. 75 / Giugno 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

condizionatore cortile condominio

Condizionatore nel cortile del condominio senza autorizzazione La Cassazione chiarisce che il singolo può effettuare l'installazione sulle parti comuni se non ne altera la destinazione

Condizionatore nel cortile del condominio

Il condomino può installare un condizionatore nel cortile del condominio senza l’autorizzazione dell’assemblea, purchè l’installazione non alteri il decoro architettonico dell’edificio e non presupponga la modificazione delle parti comuni. Lo ha precisato la seconda sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 17975/2024.

La vicenda

La vicenda ha per oggetto l’impugnazione di quattro delibere condominiali che negavano alla ditta della ricorrente di installare alcuni condizionatori nella zona del cortile comune, ordinandone la rimozione.

Perdendo nel merito, la condomina adiva il Palazzaccio lamentando il mancato riconoscimento del diritto di servirsi delle cose comuni (ossia cortile e muri perimetrali) per installare i condizionatori, atteso che tale operazione non altera la destinazione e non impedisce agli altri condomini di fare parimenti uso secondo il loro diritto.

Peraltro, la condomina rileva la disparità di trattamento rispetto ad altri condomini che hanno in precedenza installato condizionatori.

Violazione del diritto di utilizzo della cosa comune

La S.C. raggruppando e riordinando i vari motivi di doglianza, rileva come la questione centrale della fattispecie concerna “la violazione del diritto di ciascun condomino di utilizzare la cosa comune”.

Nel merito, la Corte “ha più volte affermato che la naturale destinazione all’uso della cosa comune, può tener conto di specificità – che possono costituire ulteriore limite alla tollerabilità della compressione del diritto del singolo condomino – solo se queste, costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di utilizzo (cfr. Cass. n. 15319/2011)”.

Ed è stato affermato il principio secondo il quale “nell’identificazione del limite all’immutazione della cosa comune, disciplinato dall’art. 1120 co. 2 c.c., il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione – coessenziale al concetto di innovazione – ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità, per cui si può tener conto di specificità – che possono costituire ulteriore limite alla tollerabilità della compressione del diritto del singolo condomino – solo se queste costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di utilizzo (cfr. Cass. n. 24960/2016)”.

Nel caso di specie, la Corte di merito, secondo i giudici della S.C., “non è scesa all’analisi degli aspetti tecnici della installazione, quali un apprezzabile deterioramento del decoro architettonico ovvero una significativa menomazione del godimento e dell’uso del bene comune, omettendo anche di valutare che si tratta di obbligo introdotto solo successivamente alla installazione di cui si discute”. La delibazione dei dati istruttori da parte del giudice del gravame, “a ben vedere – proseguono – parte da una non condivisibile interpretazione del limite alle innovazioni consentite della cosa comune, là dove lo pone nella trascurabilità del pregiudizio del singolo condomino o nella “corrispettività” di un qualche vantaggio per lo stesso, non meglio definito”.

In altri termini, ai sensi dell’art. 1120 c.c., afferma la Cassazione, “l’installazione, sulle parti comuni, di un impianto per il condizionamento d’aria a servizio di una unità immobiliare, che non presupponga la modificazione di tali parti, può essere compiuta dal singolo condomino per conto proprio, in via di principio senza richiedere al Condominio alcuna autorizzazione”.

La decisione

Per cui, la sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e la parola passa al giudice del rinvio che dovrà verificare “se esiste un apprezzabile deterioramento del decoro architettonico ovvero una significativa menomazione del godimento e dell’uso del bene comune ad impedimento della installazione dei condizionatori in esame”.

modiglioni balcone condominio

Modiglioni: con funzione decorativa sono beni condominiali I modiglioni, cioè le mensole sottobalcone, con funzione decorativa, sono da considerarsi beni condominiali

Modiglioni beni condominiali

I modiglioni (ossia le mensole sottobalcone) se hanno funzione decorativa sono da considerarsi beni condominiali. Lo ha affermato il tribunale di Torino con sentenza n. 1360/2024 decidendo una vicenda avente ad oggetto, da parte di un condomino, la richiesta di annullamento delle delibere assunte dall’assemblea con cui erano stati approvati i lavori di manutenzione straordinaria della facciata interna di un condominio e la messa in sicurezza della stessa.

La vicenda

In particolare, il condomino lamentava come il capitolato approvato dall’assemblea non fosse attendibile e come le delibere non avessero ad oggetto beni di proprietà comune condominiale, ma strutture (i modiglioni) di proprietà esclusiva dei singoli condomini.

Il condominio, dal canto suo, costituendosi in giudizio contestava le domande avversarie, evidenziando inoltre come i modiglioni avessero una funzione estetica, oltre che strutturale, e fossero dunque di proprietà condominiale.

Veniva disposta una consulenza tecnica d’ufficio volta a descrivere lo stato dei luoghi.

La decisione

Il giudice, anche sulla scorsa delle risultanze della CTU che confermavano la natura condominiale dei modiglioni oggetto di causa, decideva rigettando la domanda attorea.

Il consulente aveva chiarito come “la funzione dei modiglioni – fosse – con certezza strutturale e non meramente estetica”. E come tali dunque “costituiscono parti comuni – dell’edificio – ex art. 1117 c.c., ma in ogni caso essi partecipano tutti di una funzione estetica per l’intero fabbricato condominiale”.

Come noto, afferma il tribunale, “la Corte di Cassazione opera una differenziazione tra i balconi e i rivestimenti degli stessi, precisando come ‘mentre i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell’art 1117 c.c. non essendo necessari per l’esistenza del fabbricato, né essendo destinati all’uso o al servizio di esso, i rivestimenti dello stesso devono, invece, essere considerati beni comuni se svolgono in concreto una prevalente, e perciò essenziale, funzione estetica per l’edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole (cfr. Cass. Ord. n. 10848/2020; Cass. n.4909/2020)”. Inoltre, le pronunce di legittimità sono chiare nell’affermare che “il rivestimento e gli elementi decorativi del fronte o della parte sottostante della soletta dei balconi degli appartamenti di un edificio debbono essere considerati di proprietà comune dei condomini, in quanto destinati all’uso comune, ai sensi dell’art. 1117 c.c., in tutti i casi in cui assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l’edificio, mentre sono pertinenze dell’appartamento di proprietà esclusiva quando servono solo per il decoro di quest’ultimo; conseguentemente, nel caso di distacco, per vizio di costruzione, del rivestimento o degli elementi decorativi predetti, l’azione di responsabilità nei confronti del costruttore è legittimamente esperita dal condominio, ai sensi dell’art. 1669 c.c., se il rivestimento o gli elementi decorativi abbia prevalente funzione estetica per l’intero edificio (cfr. Cass. n. 12792/1992)”.

Per cui, conclude il giudice, “non possono condividersi i rilievi dell’attrice, secondo cui la funzione estetica, in quanto residuale, non sarebbe sufficiente a giustificare l’adozione di una delibera condominiale. Ciò che rileva non è tanto determinare se sia prioritaria la funzione strutturale o quella estetica, bensì stabilire se gli elementi decorativi adempiano prevalentemente alla funzione ornamentale dell’intero edificio o solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti”. Nel caso di specie, è emerso chiaramente come “i modiglioni rivestano una funzione decorativa dell’intero edificio – e non solo dei singoli balconi – in quanto elementi facenti parte di un’architettura storica dei primi del ‘900 e di un sistema costruttivo non contemporaneo”.

Alla luce di quanto sopra esposto, il tribunale afferma la validità delle delibere impugnate e respinge integralmente le domande attoree.

Bonus colonnine domestiche: via alle domande Dopo il decreto direttoriale del Mimit contenente le istruzioni per l'erogazione del bonus, dall'8 luglio aperte le prenotazioni per il bonus colonnine destinato a chi vuole installare un punto di ricarica presso la propria abitazione

Il bonus colonnine domestiche è un contributo che spetta a privati e condomini per l’acquisto e l’installazione di infrastrutture di potenza standard per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica effettuati da utenti domestici.

Con il decreto del Mimit del 12-6-2024 sono state definite, per l’anno 2024, le disposizioni procedurali per la concessione e l’erogazione di contributi per privati e condomini. Le date di avvio, per la prenotazione dei contributi, sono state rese note con avviso pubblicato sul sito del ministero e su quello di Invitalia. A partire dall’8 luglio 2024, ore 12, è possibile richiedere il bonus che copre l’80% del costo di acquisto e installazione delle infrastrutture di ricarica per privati e condomini.

Soggetti beneficiari e importo contributo

I soggetti beneficiari sono le persone fisiche residenti in Italia e i condomini per le parti di uso comune ex artt. 1117 e 1117- bis c.c.

Il contributo concedibile è pari all’80% del prezzo di acquisto e posa, nel limite massimo di euro 1.500 per persona fisica richiedente; il limite di spesa è innalzato a euro 8.000 in caso di posa in opera sulle parti comuni degli edifici condominiali di cui agli articoli 1117 e 1117- bis del codice civile.

Il contributo è erogato in unica soluzione e non è cumulabile con altre agevolazioni di carattere nazionale, regionale o dell’Unione Europea previste per la medesima spesa.

Spese ammissibili

Sono ammissibili al contributo le spese sostenute dai beneficiari, dal 1 gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, relativamente all’annualità 2024, per l’acquisto dell’infrastruttura di ricarica e la relativa posa in opera, da effettuarsi a regola d’arte.

Tali spese possono comprendere:

  • l’acquisto e la messa in opera di infrastrutture di ricarica, ivi comprese – ove necessario – le spese per l’installazione delle colonnine, gli impianti elettrici, le opere edili strettamente necessarie, gli impianti e i dispositivi per il monitoraggio;
  • spese di progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi; c) costi per la connessione alla rete elettrica, tramite attivazione di un nuovo POD (point of delivery).

Le spese, specifica il decreto, devono essere oggetto di pagamento tracciabile.

Come fare domanda

Il bonus colonnine domestiche è concesso sulla base di una procedura a sportello, le cui date di apertura e chiusura per il 2024 sono state pubblicate con avviso sul sito del Mimit. Come accennato, a partire da lunedì 8 luglio è possibile richiedere il contributo. Ciascun soggetto può presentare una sola domanda di accesso all’agevolazione.

L’istanza va presentata esclusivamente per via telematica, utilizzando la propria identità digitale tramite le credenziali SPID, CIE o carta nazionale dei servizi (CNS), mediante compilazione del modulo elettronico reso disponibile sul sistema informatico dedicato e seguendo la procedura guidata.

Entro novanta giorni dalla data di chiusura dello sportello, il Ministero emana il decreto di concessione ed erogazione dei contributi, nel rispetto dell’ordine cronologico di ricezione delle domande.

Ultimata la compilazione dell’istanza, il sistema informatico rilascia una ricevuta di registrazione per confermare la corretta presentazione della stessa.

Allegati

convocazione assemblea condominio

Convocazione assemblea condominiale: modi e tempi Come avviene la convocazione dell’assemblea condominiale: modalità e tempi da rispettare per non incorrere nell’annullabilità della delibera

Convocazione assemblea:  art. 66 disp. att. c.c.

La convocazione dell’assemblea condominiale è disciplinata dettagliatamente dall’art. 66 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile.

La norma regolamenta le convocazioni ordinarie e straordinarie, i tempi e le modalità con cui deve essere effettuata la comunicazione e i limiti che la legge pone a questo istituto.

Assemblea condominiale: tipologie e poteri di iniziativa

L’assemblea condominiale può essere convocata con cadenza annuale in via ordinaria per deliberare sulle questioni indicate dall’art. 1135 c.c.:

  • conferma dell’amministratore e del suo compenso;
  • approvazione del preventivo di spesa annuale e ripartizione degli importi tra i condomini;
  • approvazione del rendiconto e impiego dell’eventuale residuo attivo dell’attività di gestione;
  • decisione sulla necessità di realizzare opere di manutenzione straordinaria o innovazioni da apportate all’edificio condominiale.

L’assemblea straordinaria

L’assemblea straordinaria può essere convocata dall’amministratore quando è necessario o quando ne facciano richiesta due condomini che rappresentino un sesto del valore del fabbricato condominiale.

Se trascorrono inutilmente 10 giorni dalla richiesta della convocazione i condomini richiedenti possono provvedere in autonomia alla convocazione.

Qualora manchi l’amministratore sia l’assemblea condominiale ordinaria che quella straordinaria, può essere convocata su iniziativa di ogni condomino.

Avviso di convocazione: contenuto e comunicazione

L’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale deve contenere l’indicazione specifica e dettagliata degli argomenti che verranno discussi nell’ordine del giorno oltre all’indicazione del luogo e dell’ora in cui si terrà la riunione.

Per quanto riguarda i tempi l’avviso di convocazione deve essere comunicato almeno 5 giorni prima rispetto alla data che è stata fissata per l’assemblea in prima convocazione.

Le modalità consentite per la comunicazione dell’avviso di convocazione sono diverse. La convocazione può essere effettuata infatti a mezzo posta raccomandata, con posta elettronica certificata, mezzo fax o tramite consegna a mano.

E’ facoltà dell’amministratore di condominio fissare più riunioni a distanza ravvicinata per fare in modo che l’assemblea si svolga in tempi brevi, comunicandolo con un unico avviso, nel quale dovrà indicare specificamente tutte le date e gli orari dell’assemblee.

Assemblee di seconda convocazione: i termini da rispettare

L’articolo 66 disp. att. c.c prevede un limite per quanto riguarda le assemblee di seconda convocazione, le quali non si possono tenere nello stesso giorno stabilito per l’assemblea di prima convocazione.

Ai sensi dell’articolo 1136 c.c, qualora l’assemblea in prima convocazione non possa deliberare per mancanza del numero legale richiesto dalla legge, quella in seconda convocazione delibera deve tenersi il giorno successivo a quello di prima convocazione e comunque entro e non oltre il decimo giorno successivo all’assemblea di prima convocazione.

Assemblea in modalità video-conferenza

Qualora lo svolgimento dell’assemblea dovesse avvenire in modalità video conferenza l’avviso di convocazione deve indicare la piattaforma elettronica su cui si svolgerà la riunione e l’orario di inizio della stessa. Questa modalità di svolgimento, così come la partecipazione all’assemblea, sono consentite anche quando il regolamento condominiale non le preveda espressamente. In questo caso il verbale, una volta che è stato redatto dal segretario e trascritto dal Presidente, viene trasmesso sia all’amministratore che a tutti i condomini, nelle stesse modalità viste per la convocazione, ovvero mediante raccomandata, a mezzo pec, via fax o consegna a mano.

Delibera annullabile per problemi legati alla convocazione

Le regole dettate dal codice civile sulla convocazione, qualora non rispettate, rendono annullabile la delibera. Il comma 3 dell’articolo 66 disp. att. c.c stabilisce infatti che, in caso di  mancata convocazione, convocazione tardiva rispetto ai termini previsti o incompleta, la delibera è annullabile su richiesta dei dissenzienti o degli assenti che non sono stati convocati nel rispetto delle regole previste.