cassette postali condominiali

Cassette postali condominiali Cassette postali condominiali: cosa sono, normativa di riferimento, requisiti tecnici e di sicurezza e posizionamento

Le cassette postali condominiali

Le cassette postali condominiali sono elementi essenziali per garantire una corretta distribuzione della corrispondenza negli edifici plurifamiliari. La loro installazione e collocazione sono disciplinate da specifiche normative che mirano a garantire l’accessibilità, la sicurezza e la privacy dei destinatari.​ Nello specifico le cassette postali condominiali sono contenitori destinati alla ricezione della posta per ciascuna unità abitativa all’interno di un condominio. Generalmente, sono raggruppate in un casellario unico situato in un’area comune dell’edificio.​

Obbligatorietà e normativa di riferimento

L’installazione delle cassette postali è obbligatoria per garantire il servizio di recapito postale. La normativa principale che ne regola l’ubicazione è il Decreto del Ministero delle Comunicazioni del 9 aprile 2001, che all’art. 47 stabilisce:​ “Negli edifici plurifamiliari, nei complessi formati da più edifici e negli edifici adibiti a sede d’impresa, le cassette devono essere raggruppate in un unico punto di accesso”.​

Inoltre, l’articolo 46 dello stesso decreto prevede che: “Le cassette devono essere collocate al limite della proprietà, sulla pubblica via o comunque in luogo liberamente accessibile, salvi accordi particolari con l’ufficio postale di distribuzione”.​

Queste disposizioni mirano a facilitare il lavoro dei portalettere, evitando che debbano accedere a proprietà private per consegnare la posta.

Requisiti tecnici e di sicurezza

Le cassette postali devono rispettare determinati requisiti tecnici per garantire la sicurezza e la privacy della corrispondenza:

  • dimensioni: devono essere sufficienti a contenere buste formato A4 senza piegature.
  • sicurezza: devono essere dotate di serrature e dispositivi antiprelievo per prevenire furti.
  • privacy: non devono avere spioncini o aperture che consentano a terzi di visualizzare il contenuto.
  • identificazione: devono recare, ben visibile, l’indicazione del nome del destinatario.​

Questi standard sono definiti dalla norma UNI EN 13724, che stabilisce le caratteristiche che le cassette postali devono possedere per essere considerate a norma.

Posizionamento cassette postali condominiali

Il posizionamento delle cassette postali deve rispettare le seguenti regole:​

  • accessibilità: devono essere collocate in un luogo facilmente accessibile ai portalettere, preferibilmente al limite della proprietà o sulla pubblica via.
  • raggruppamento: in edifici plurifamiliari, devono essere raggruppate in un unico punto di accesso.
  • accordi specifici: eventuali deroghe alla collocazione standard devono essere concordate con l’ufficio postale di distribuzione.

In caso di mancato rispetto di queste disposizioni, il portalettere è autorizzato a lasciare un avviso di giacenza, costringendo il destinatario a ritirare la corrispondenza presso l’ufficio postale

Giurisprudenza e casi particolari

La giurisprudenza ha affrontato diverse controversie relative alla collocazione delle cassette postali. In particolare, è stato ribadito che la loro installazione deve rispettare le normative vigenti e che eventuali modifiche devono essere deliberate dall’assemblea condominiale.

In assenza di decisioni assembleari, un singolo condomino non può procedere autonomamente allo spostamento delle cassette, a meno che non si tratti della propria e non si alteri il decoro architettonico dell’edificio

accesso all'anagrafe condominiale

Accesso all’anagrafe condominiale: la privacy non limita il diritto Accesso all’anagrafe condominiale: per il tribunale di Milano, la privacy non può limitare il diritto del condomino

Accesso all’anagrafe condominiale e privacy

Con la sentenza n. 3445/2025, il Tribunale di Milano ha ribadito un principio di particolare rilievo in ambito condominiale. L’amministratore non può negare al condomino l’accesso all’anagrafe condominiale invocando la normativa sulla privacy. Ciò perchè i condòmini sono a tutti gli effetti anche titolari del trattamento dei dati personali del condominio.

Il contenzioso

La vicenda giudiziaria ha avuto origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da due condòmini nei confronti dell’amministratore, colpevole di non aver loro consegnato copia dell’anagrafe condominiale, nonostante le reiterate richieste. Quest’ultimo ha proposto opposizione sostenendo, tra l’altro, che il diniego fosse giustificato da ragioni di tutela della privacy, in conformità con il Regolamento UE 2016/679 (GDPR).

Secondo l’amministratore, infatti, l’anagrafe condominiale conterrebbe dati personali soggetti a riservatezza e non liberamente divulgabili senza il consenso esplicito degli interessati, configurandosi egli come responsabile del trattamento che non può permettere un accesso generalizzato a tali informazioni.

La decisione del giudice

Il Tribunale ha respinto l’eccezione, chiarendo che i condòmini, in quanto membri dell’ente-condominio, sono non solo interessati ma anche co-titolari del trattamento dei dati, e che, pertanto, non si può opporre il diritto alla riservatezza per ostacolare la consultazione dell’anagrafe. Il diritto di visione e copia dei documenti condominiali, incluso il registro anagrafico, è sancito dal codice civile e riconosciuto dalla giurisprudenza consolidata.

In particolare, il giudice ha sottolineato che il diritto di accesso non è subordinato a una motivazione né a una verifica preventiva di interesse, a condizione che non venga esercitato con finalità abusive o pretestuose.

Privacy e trasparenza: un equilibrio necessario

La pronuncia si inserisce in una linea interpretativa che mira a bilanciare il diritto alla riservatezza con il principio di trasparenza nella gestione condominiale, sottolineando come il GDPR non possa essere utilizzato per impedire ai condòmini di esercitare i loro diritti.

In tal senso, il giudice ha richiamato anche i recenti orientamenti del Garante per la protezione dei dati personali (doc. n. 9237419/2023), i quali riconoscono la piena legittimità dell’accesso ai documenti condominiali da parte dei condòmini, in quanto diretti co-titolari del trattamento.

Esiti giudizio e principio della soccombenza virtuale

Pur rilevando la cessazione della materia del contendere (poiché l’amministratore era stato nel frattempo revocato e i documenti trasmessi), il Tribunale ha applicato il principio della soccombenza virtuale, affermando che, se il giudizio fosse proseguito nel merito, l’opposizione sarebbe stata respinta.

Allegati

condominio parziale

Il condominio parziale Condominio parziale: che cos'è, normativa di riferimento, caratteristiche e differenze rispetto al super condominio, giurisprudenza

Cos’è il condominio parziale?

Il condominio parziale è una particolare configurazione condominiale che si verifica quando solo alcuni condomini di un edificio beneficiano di un determinato bene o servizio comune. Questo istituto, disciplinato indirettamente dall’art. 1123, comma 3, c.c., incide sulla ripartizione delle spese e sulla gestione delle parti comuni, evitando che tutti i condomini debbano contribuire a spese di beni che non utilizzano.

Il condominio parziale si verifica quando un bene o un servizio condominiale è destinato all’uso esclusivo di una parte dei condomini. In questi casi, il principio generale di ripartizione delle spese in base ai millesimi subisce una deroga: pagano solo coloro che traggono utilità diretta dal bene o servizio.

Esempi:

  • Un ascensore presente solo in una scala del condominio: pagano le spese solo i proprietari degli appartamenti serviti dall’ascensore.
  • Un tetto a falde che copre solo una parte dell’edificio: le spese di manutenzione gravano solo sui condomini che ne beneficiano.
  • Un cortile interno accessibile solo ad alcuni condomini: le spese di gestione saranno a loro carico.
  • Un impianto di riscaldamento autonomo presente solo in una parte del condominio: le spese spettano ai soli condomini serviti.

Ripartizione spese nel condominio parziale

L’art. 1123, comma 3, c.c., prevede che quando un bene o un servizio è destinato a servire solo una parte dell’edificio, le relative spese devono essere sostenute esclusivamente dai condomini che ne traggono vantaggio, ossia utilità

Le spese  in questo tipo di condomonio si suddividono in:
Spese ordinarie: manutenzione, riparazioni minori e gestione quotidiana del bene comune (es. pulizia dell’ascensore, bollette dell’illuminazione delle scale servite).
Spese straordinarie: ristrutturazioni, sostituzione di impianti o interventi strutturali rilevanti (es. rifacimento del tetto di una sola porzione dell’edificio).
Spese di amministrazione: compenso dell’amministratore, spese per delibere assembleari e costi gestionali, suddivisi in base all’utilizzo del bene.

Se non esiste un’espressa disposizione nel regolamento condominiale, l’assemblea può stabilire la suddivisione delle spese con delibera.

Differenze rispetto al supercondominio

Sebbene entrambi i concetti riguardino la suddivisione delle spese e la gestione di beni comuni, il condominio parziale e il supercondominio hanno caratteristiche diverse.

Aspetto

Condominio Parziale

Supercondominio

Definizione

Si verifica quando un bene comune è utilizzato solo da alcuni condomini.

Si verifica quando più condomini condividono strutture comuni.

Normativa

Art. 1123, comma 3, c.c.

Art. 1117-bis c.c.

Ripartizione spese

Solo chi utilizza il bene contribuisce ai costi.

Le spese si suddividono tra tutti i condomini del complesso.

Esempi pratici

Ascensore, tetto, scale servite solo da alcuni condomini.

Parcheggi, vialetti, impianti di illuminazione condivisi tra più edifici.

Un esempio di supercondominio è un complesso residenziale formato da più palazzine che condividono un parcheggio comune, mentre un condominio parziale si verifica quando solo alcuni condomini utilizzano un determinato impianto o struttura.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha chiarito numerosi aspetti del condominio parziale, confermando il principio che le spese devono essere ripartite solo tra i condomini che beneficiano del bene o servizio comune.

Tribunale di Potenza n. 372/2023: Il condominio, inclusa la sua forma parziale, trae origine non solo dalla divisione di un’unica proprietà, ma anche dalla specifica condizione materiale e funzionale dei beni che lo costituiscono, in relazione al loro servizio esclusivo alle singole proprietà individuali.

Cassazione n. 791/2020: La figura del condominio parziale, basata sull’articolo 1123, terzo comma, del Codice Civile, si configura automaticamente per legge quando un bene, per le sue peculiarità strutturali e di utilizzo, è oggettivamente destinato al servizio o al godimento esclusivo di una porzione limitata dell’edificio condominiale. Questo comporta che tale bene costituisce oggetto di proprietà autonoma, escludendo una necessaria comproprietà di tutti i condomini. Di conseguenza, i condomini esclusi dalla titolarità del bene non hanno il diritto di partecipare alle decisioni assembleari riguardanti tale bene, e la composizione dell’assemblea e le maggioranze richieste variano in base alla titolarità delle specifiche parti oggetto della deliberazione.

Cassazione n. 13229/2019: Nel contesto del condominio parziale, le spese per la ricostruzione di un singolo corpo di fabbrica e l’obbligo di risarcire eventuali danni gravano esclusivamente sui condomini proprietari delle unità immobiliari a cui il bene comune danneggiato o da ricostruire è funzionale, anche qualora la sentenza di condanna sia formalmente indirizzata all’intero condominio.

Conclusioni

Il condominio parziale garantisce la corretta ripartizione delle spese nei condomini, evitando che alcuni proprietari debbano pagare per beni o servizi che non utilizzano. La giurisprudenza ha confermato più volte l’applicabilità dell’art. 1123, comma 3, c.c., sottolineando che il condominio parziale nasce automaticamente in presenza di beni destinati a un uso limitato. Per evitare controversie, è consigliabile definire chiaramente nel regolamento condominiale quali beni rientrano nel condominio parziale e come devono essere ripartite le spese. In caso di dubbi o contestazioni, è possibile ricorrere all’assemblea condominiale o, nei casi più complessi, all’autorità giudiziaria.

Leggi anche: Condominio parziale e lesioni: chi paga?

Bonus colonnine domestiche Cos'è e come fare domanda dal 29 aprile 2025 per il bonus colonnine destinato a chi vuole installare un punto di ricarica presso la propria abitazione

Il bonus colonnine domestiche è un contributo che spetta a privati e condomini. E’ destinato all’acquisto e installazione di infrastrutture di potenza standard per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica effettuati da utenti domestici.

Con il decreto del Mimit del 12-6-2024 sono state definite, per l’anno 2024, le disposizioni procedurali per la concessione e l’erogazione di contributi per privati e condomini.

Le date di avvio, per la prenotazione dei contributi, vengono rese note con avviso pubblicato sul sito del ministero e su quello di Invitalia.

A partire dal 29 aprile 2025, ore 12, è possibile richiedere il bonus che copre l’80% del costo di acquisto e installazione delle infrastrutture di ricarica.

Soggetti beneficiari e importo contributo

I soggetti beneficiari sono le persone fisiche residenti in Italia e i condomini per le parti di uso comune ex artt. 1117 e 1117- bis c.c.

Il contributo concedibile è pari all’80% del prezzo di acquisto e posa, nel limite massimo di euro 1.500 per persona fisica richiedente. Il limite di spesa è innalzato a euro 8.000 in caso di posa in opera sulle parti comuni degli edifici condominiali di cui agli artt. 1117 e 1117- bis c.c.

Il contributo è erogato in unica soluzione e non è cumulabile con altre agevolazioni di carattere nazionale, regionale o dell’Unione Europea previste per la medesima spesa.

Spese ammissibili

Sono ammissibili al contributo le spese sostenute dai beneficiari, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2024, per l’acquisto dell’infrastruttura di ricarica e la relativa posa in opera, da effettuarsi a regola d’arte.

Tali spese possono comprendere:

  • l’acquisto e la messa in opera di infrastrutture di ricarica, ivi comprese – ove necessario – le spese per l’installazione delle colonnine, gli impianti elettrici, le opere edili strettamente necessarie, gli impianti e i dispositivi per il monitoraggio;
  • spese di progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi; costi per la connessione alla rete elettrica, tramite attivazione di un nuovo POD (point of delivery).

Le spese, specifica il decreto, devono essere oggetto di pagamento tracciabile.

Come fare domanda

Il bonus colonnine domestiche è concesso sulla base di una procedura a sportello, le cui date di apertura e chiusura sono pubblicate con avviso sul sito del Mimit.

A partire dal 29 aprile 2025 è ripartito il Bonus colonnine, per chi ha acquistato e installato l’infrastruttura di ricarica tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2024 e non ha potuto presentare domanda entro il termine di chiusura della precedente edizione.

Le domande possono essere presentate dalle ore 12:00 del 29 aprile alle ore 12:00 del 27 maggio 2025. Ciascun soggetto può presentare una sola domanda di accesso all’agevolazione.

L’istanza va presentata esclusivamente per via telematica sul sito di Invitalia, utilizzando la propria identità digitale tramite le credenziali SPID, CIE o CNS. Va compilato il modulo elettronico reso disponibile sul sistema informatico dedicato e seguendo la procedura guidata.

Entro 90 giorni dalla data di chiusura dello sportello, il Ministero emana il decreto di concessione ed erogazione dei contributi. Nel rispetto dell’ordine cronologico di ricezione delle domande.

Ultimata la compilazione dell’istanza, il sistema informatico rilascia una ricevuta di registrazione per confermare la corretta presentazione della stessa.

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giunto tecnico condominiale

Il giunto tecnico condominiale Giunto tecnico condominiale: definizione, funzione, normativa e ripartizione delle spese

Che cos’è un giunto tecnico o giunto strutturale

Il giunto tecnico condominiale, anche noto come giunto strutturale, è un’interruzione fisica progettata tra due edifici contigui o tra due parti dello stesso edificio per evitare che, in caso di sollecitazioni meccaniche o movimenti strutturali (come terremoti, dilatazioni termiche o assestamenti del terreno), le strutture entrino in contatto diretto danneggiandosi reciprocamente. In particolare, esso previene il cosiddetto martellamento, ovvero l’urto tra edifici adiacenti con differenti risposte dinamiche.

Il giunto strutturale può essere visibile (ad esempio con un profilo metallico o un elemento elastico di copertura) oppure nascosto, in ogni caso è essenziale per garantire la sicurezza statica e l’autonomia strutturale delle costruzioni.

A cosa serve il giunto tecnico in un condominio

Nel contesto condominiale, il giunto tecnico svolge quindi una duplice funzione:

  • strutturale: garantisce l’indipendenza statica delle unità immobiliari, soprattutto in edifici pluriblocco costruiti con corpi di fabbrica separati;
  • funzionale: evita infiltrazioni d’acqua, dispersioni termiche o rumori, grazie all’inserimento di materiali flessibili, guarnizioni o profili metallici.

Oltre alla funzione edilizia e strutturale, il giunto strutturale ha quindi anche un’importanza ai fini della manutenzione dell’involucro edilizio e della sicurezza abitativa.

Normativa di riferimento

Sebbene non esista una normativa codificata specifica per il giunto strutturale in ambito condominiale, il suo utilizzo è prescritto dalle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 2018), approvate con D.M. 17 gennaio 2018, che impongono l’adozione di distacchi adeguati tra edifici per garantire la sicurezza sismica.

In ambito condominiale, il giunto tecnico assume rilevanza anche in relazione ad alcuni articoli del codice civile, che riguardano le spese per i beni comuni:

  • Art. 1117 c.c. (beni comuni);
  • Art. 1123 c.c. (criteri di ripartizione delle spese);
  • Art. 1134 c.c. (spese urgenti).

Come si ripartiscono le spese per il giunto tecnico

Una questione delicata riguarda  la ripartizione delle spese per la manutenzione o sostituzione del giunto tecnico.

La giurisprudenza e la dottrina più accreditata, come emerge anche dalla sentenza Cassazione civile n. 8292/2000 ritengono che le spese per la conservazione del valore capitale mirano a garantire o ripristinare l’integrità del bene e si basano sulla proprietà, suddividendosi proporzionalmente alle quote. Queste spese, indipendenti dai vantaggi personali derivanti dall’utilizzo del bene, rispondono a una funzione oggettiva legata alla tutela del capitale. Le spese legate all’uso dipendono invece dal godimento soggettivo e personale del bene e sono ripartite in proporzione al grado di utilizzo, riflettendo la funzione e il fondamento specifici del godimento. Ne consegue che  qualora i giunti strutturali richiedano interventi di manutenzione, le decisioni relative e le spese devono essere sostenute dai condomini coinvolti, salvo diverso accordo stipulato, in base ai millesimi di proprietà. In questo modo si garantisce una distribuzione proporzionata alle quote di ciascun condomino.

Sull’argomento si segnala anche la recente sentenza della Corte d’appello di Bari n. 457/2025, la quale ha affermato che il giunto tecnico, essendo un elemento essenziale per l’intera struttura, comporta una ripartizione proporzionale delle spese tra i condomini. La Suprema Corte del resto ha stabilito che interventi su pilastri di edifici separati da giunti tecnici, necessari a sostenere non solo l’edificio, ma anche parti comuni come porticati, seguono il criterio di ripartizione previsto dall’art. 1123 c.c. Tutti i condomini devono quindi contribuire “pro-quota” alle spese, indipendentemente dal diritto di proprietà.

supercondominio

Il supercondominio Supercondominio: cos'è, requisiti, obbligatorietà, differenze con il condominio parziale, ripartizione spese e giurisprudenza

Cos’è il supercondominio?

Il supercondominio è un tipo particolare di condominio, che insorge  quando più edifici, aventi parti comuni, sono organizzati in un unico complesso. Questo istituto, disciplinato dall’art. 1117-bis c.c., si applica quando più condomini condividono spazi, strutture o servizi comuni, rendendo necessaria una gestione unitaria per la loro amministrazione e ripartizione delle spese.

Il supercondominio sorge in pratica quando più condomini condividono parti comuni come strade, parcheggi, impianti di illuminazione, fognature, ingressi, giardini o servizi comuni. Trattasi di una struttura sovraordinata che regola i rapporti tra singoli condomini appartenenti a edifici distinti, ma collegati da elementi comuni.

Il supercondominio è una realtà sempre più diffusa nei grandi complessi residenziali e richiede una gestione attenta e strutturata. La sua disciplina è simile a quella del condominio ordinario, ma con alcune peculiarità.

La Cassazione ha ribadito più volte l’obbligo di una gestione unitaria, specialmente in relazione alle spese e alla nomina dell’amministratore. È quindi fondamentale conoscere le norme applicabili per evitare conflitti tra condomini e garantire una corretta amministrazione.

Esempi pratici di supercondominio

  • un complesso residenziale formato da più palazzine con un unico ingresso, un vialetto d’accesso e un parcheggio comune;
  • un gruppo di edifici che condividono un’area verde o un impianto idrico centralizzato;
  • un residence con più unità abitative e un sistema di sicurezza comune.

Requisiti per la nascita del supercondominio

Secondo la giurisprudenza, il supercondominio nasce ipso iure et facto, ossia automaticamente, quando più condomini utilizzano e godono di beni e servizi comuni. Non è necessario un atto costitutivo formale, poiché la sua esistenza dipende dalla presenza di elementi comuni tra edifici autonomi.

Alla luce di quanto detto finora i requisiti fondamentali per il suo riconoscimento sono:

  • pluralità di condomini: devono esserci almeno due distinti condomini;
  • esistenza di parti comuni: devono essere presenti beni o servizi ad utilizzo collettivo;
  • una gestione unitaria, indispensabile a causa della condivisione di elementi comuni.

Il supercondominio è obbligatorio?

La legge non rende obbligatoria la formazione di un supercondominio. Ciò nonostante, nel caso in cui diversi edifici condividano servizi indispensabili, ad esempio reti idriche o impianti di riscaldamento, costituire un supercondominio si rivela frequentemente necessario per assicurare una gestione efficace e una divisione dei costi equa.

Differenza tra condominio parziale e supercondominio

È fondamentale distinguere tra condominio parziale e supercondominio, poiché spesso i due concetti vengono confusi.

Aspetto

Condominio Parziale

Supercondominio

Definizione

Un condominio in cui solo alcuni condomini utilizzano un bene comune.

Più condomini distinti che condividono strutture comuni.

Normativa

Art. 1123, comma 3, c.c.

Art. 1117-bis c.c.

Nascita

Non è automatico, ma deriva da una specifica suddivisione delle spese.

Nasce automaticamente se ci sono beni comuni tra più condomini.

Gestione

L’amministrazione riguarda solo alcuni condomini.

Necessita di un’amministrazione unica per le parti comuni.

Un esempio pratico di condominio parziale è una palazzina in cui solo alcuni condomini beneficiano dell’ascensore o del garage, mentre gli altri no. In questo caso, solo chi ne usufruisce dovrà partecipare alle spese di gestione e manutenzione.

Ripartizione delle spese  

La gestione economica del supercondominio segue le regole generali del condominio. Le spese vengono suddivise tra i condomini in base alle regole sancite dall’art. 1123 c.c, ossia in base al valore della groprietò di ciascuno, all’uso che ciascuno può farne e all’utilità che il gruppo di condomini ne trae.

Le principali categorie di spesa sono rappresentate dalle:

  • spese ordinarie: manutenzione di vialetti, illuminazione, aree verdi;
    spese straordinarie: ristrutturazioni, rifacimento fognature, sostituzione di impianti comuni.
    spese di amministrazione: compenso dell’amministratore del supercondominio, assicurazione, spese legali.

Se il regolamento di supercondominio prevede un fondo speciale per le spese straordinarie, i contributi dovranno essere versati in base ai criteri stabiliti dallo stesso.

Giurisprudenza 

La giurisprudenza ha consolidato diversi principi in materia di supercondominio, chiarendo aspetti fondamentali della sua gestione e regolamentazione.

Cassazione n. 8254/2025:  l’articolo 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile stabilisce che nei supercondomini o complessi con più di 60 partecipanti, ogni condominio è obbligato a nominare un proprio rappresentante per le decisioni ordinarie sulle parti comuni e per la nomina dell’amministratore. Questa nomina deve avvenire con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, quinto comma, del codice civile. Se un condominio non nomina il suo rappresentante, ogni condomino di quel condominio può rivolgersi al giudice affinché provveda alla nomina. Allo stesso modo, se alcuni condominii non designano il loro rappresentante, il tribunale può nominarli su richiesta anche di uno solo dei rappresentanti già designati. In sostanza, la legge impone una delega collettiva obbligatoria attraverso la figura del rappresentante per semplificare la gestione nei supercondomini più grandi.

Cassazione n. 22954/2022: Per riscuotere le quote dovute per la manutenzione dei beni comuni del supercondominio, l’amministratore deve rivolgersi direttamente ai proprietari delle singole unità immobiliari.

Cassazione n. 32237/2019: un supercondominio si costituisce automaticamente (“ipso iure et facto”) quando più edifici, anche se già organizzati in condomini separati, sono legati da beni o servizi comuni essenziali (manufatti, impianti, servizi) che impedirebbero ai singoli edifici di funzionare autonomamente. La definizione di “supercondominio” riprende quella di condominio, applicandola a una pluralità di edifici. Il legame di dipendenza tra le parti comuni che servono e gli edifici serviti fa sì che si applichino le norme specifiche del condominio anziché le regole generali sulla comunione dei beni.

Cassazione n. 15262/2018: Se un immobile privato subisce danni a causa di beni o parti comuni di uno specifico edificio all’interno di un complesso supercondominiale, l’unico soggetto responsabile legalmente è quel particolare condominio. Pertanto, l’azione legale va indirizzata verso quell’amministrazione condominiale, rappresentata dal suo amministratore, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo possa essere anche l’amministratore del supercondominio.

Leggi anche gli altri articoli in materia di diritto condominiale 

spese legali stragiudiziali

Spese legali stragiudiziali al condomino moroso: delibera nulla Non è valida la delibera assembleare che imputa al singolo condomino moroso le spese legali stragiudiziali

Spese legali stragiudiziali in condominio

Spese legali stragiudiziali in condominio: il Tribunale di Pavia, con la sentenza n. 178/2025, ha chiarito che non è valida la delibera assembleare che imputa al singolo condomino moroso le spese legali sostenute per l’invio della diffida di pagamento, trattandosi di una spesa che rientra nell’interesse comune.

Il caso esaminato

Nella vicenda, una condomina aveva regolarmente corrisposto le prime due rate del bilancio preventivo, ma si era vista recapitare una lettera di costituzione in mora nella quale si richiedeva anche il rimborso delle spese legali.

La questione finiva, quindi, in giudizio, al fine di ottenere la dichiarazione di nullità della delibera assembleare con conseguente restituzione della somma, perchè non dovuta, in quanto percepita sulla base di una delibera assembleare condominiale nulla.

Il principio affermato dal Tribunale

Nel decidere il merito del ricorso, il tribunale afferma che la questione controversa è se l’imputazione in bilancio delle spese legali per il recupero di crediti in via stragiudiziale debba essere effettuata con riferimento, in via esclusiva, al condomino moroso.

Dopo aver analizzato la normativa del codice civile e gli indirizzi giurisprudenziali in materia, il giudice di Pavia ritiene di dover aderire all’orientamento secondo il quale “pur essendo astrattamente consentito addebitare spese asingoli condomini di natura ‘personale’, queste devono necessariamente ed obbligatoriamente ancorarsi ad una diversa e maggiore utilità concreta che il condomino trae dall’utilizzo diversificato di una o più parti comuni dell’edificio condominiale” (cfr. Cass. n. 12573/2019; Cass. n. 18503/2020).

La spesa per compensi in ragione di attività prestata dall’avvocato incaricato dall’amministratore di condominio era, quindi, non addebitabile esclusivamente ala ricorrente (in assenza di suo esplicito consenso e di espressa previsione del regolamento di condominio), ma doveva essere ripartita fra tutti i condomini in base al criterio legale dei millesimi, dato che i costi in esame non erano in nessun modo inerenti all’uso differenziato delle parti comuni condominiali. Al contrario, l’intero condominio ha beneficiato della stessa attività di legale.

La decisione

La delibera assembleare impugnata, quindi, per il tribunale, deve essere dichiarata nulla perché adottata dall’assemblea in violazione dei criteri stabiliti dalla legge.
La nullità comporta sul piano giuridico l’obbligo di restituzione della somma versata da parte della condomina.

Allegati

divisori dei balconi

Divisori dei balconi in condominio Divisori dei balconi in condominio: cosa sono, normativa e ripartizione delle spese

Cosa sono i divisori dei balconi condominiali

I divisori dei balconi (o setti divisori) sono elementi verticali posti tra due balconi attigui di proprietà esclusiva, con la funzione di separare fisicamente e visivamente le unità immobiliari, garantendo privacy, sicurezza e, in alcuni casi, contribuendo al decoro architettonico della facciata condominiale. Possono essere realizzati in vari materiali: muratura, metallo, vetro opaco, PVC, o anche strutture leggere come grigliati e pannelli frangivista.

Pur essendo collocati tra balconi di proprietà privata, i divisori sono spesso soggetti a disciplina comune, soprattutto quando incidono sull’aspetto esteriore dell’edificio o sulla sua stabilità.

Normativa di riferimento

La disciplina dei divisori dei balconi condominiali si desume principalmente dal codice civile, in particolare dagli articoli:

  • Art. 1117 c.c. – beni comuni: nel caso in cui i divisori siano strutturalmente o funzionalmente collegati alla facciata, possono essere considerati parte comune;
  • Art. 1123 c.c. – ripartizione delle spese: occorre applicare la regola generale della proporzionalità al valore della proprietà;
  • Art. 1125 c.c. – spese per i muri divisori: la regola stabilisce la ripartizione a metà tra i proprietari delle unità separate;
  • Art. 1122 c.c. – innovazioni su parti di proprietà esclusiva: vieta interventi che pregiudichino il decoro architettonico o la stabilità dell’edificio.

La giurisprudenza ha più volte chiarito che, anche quando i balconi sono di proprietà esclusiva, i divisori verticali – se integrati nella facciata – assumono rilievo comune ai fini della tutela dell’aspetto architettonico dell’immobile.

Inoltre, l’installazione o modifica di divisori può richiedere autorizzazioni comunali o rispetto delle norme edilizie locali, specie nei casi di edifici vincolati o in zone soggette a tutela paesaggistica.

Tipologie di divisori tra balconi

I principali tipi di divisori in condominio sono:

  • muretti in laterizio o cemento;
  • pannelli in vetro satinato o opalino;
  • grigliati in legno o metallo;
  • pareti mobili o rimovibili in PVC o tessuto tecnico.

La scelta del tipo di divisorio deve rispettare l’estetica del fabbricato e non alterare la sicurezza, la salubrità o la stabilità delle strutture portanti.

Ripartizione delle spese per i divisori dei balconi

Uno degli aspetti più delicati riguarda la ripartizione delle spese di manutenzione, sostituzione o installazione dei divisori tra balconi.

Secondo l’art. 1125 c.c., le spese per la manutenzione dei muri divisori tra due proprietà contigue, come nel caso dei setti tra balconi, vanno ripartite in parti uguali tra i condomini proprietari dei balconi che il divisorio separa.

Ne consegue che:

  • se il divisorio è collocato tra due balconi di proprietà esclusiva, la spesa va divisa al 50% tra i due proprietari;
  • se il divisorio è parte integrante della facciata o dell’impianto architettonico condominiale, può essere considerato bene comune e la spesa va ripartita tra tutti i condomini secondo i millesimi di proprietà (art. 1123, comma 1, c.c.);
  • in caso di modifica unilaterale da parte di un solo condomino, questi ne sopporta interamente la spesa e risponde di eventuali danni o alterazioni al decoro (ex art. 1122 c.c.).

Anche gli interventi per il rifacimento dei divisori a seguito di infiltrazioni o degrado devono seguire il criterio del beneficio e della contiguità tra le proprietà, con eventuale delibera assembleare se l’opera incide sulle parti comuni.

Interventi e limiti da rispettare

Ogni intervento sui divisori quindi deve:

  • evitare modifiche che compromettano il decoro architettonico;
  • non limitare il diritto di veduta;
  • rispettare le distanze legali, previste dal codice civile o dai regolamenti edilizi locali.

Inoltre, qualora il divisorio sia modificato unilateralmente da un condomino (es. sostituzione di una parete opaca con una trasparente), l’amministratore può chiedere il ripristino dello stato originario qualora l’intervento risulti lesivo per il condominio.

 

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vespaio

Il vespaio: regime condominiale Il vespaio in condominio: cos’è e a cosa serve, disciplina, qual’è la sua natura giuridica e come vengono ripartite le spese di manutenzione

Cos’è il vespaio e a cosa serve?

Il vespaio è una struttura edilizia situata tra il suolo e il pavimento del piano terra di un edificio, composta generalmente da uno spazio vuoto o da un sistema di elementi modulari in plastica o calcestruzzo. La sua funzione principale è migliorare l’isolamento termico e impedire l’umidità di risalita, oltre a garantire una maggiore protezione contro infiltrazioni d’acqua e la presenza di gas nocivi come il radon.

Il vespaio è un bene comune? 

Uno dei principali quesiti in ambito condominiale riguarda la qualificazione del vespaio come bene comune o pertinenza esclusiva di alcuni condomini.

Ai sensi dell’art. 1117 c.c., rientrano tra le parti comuni dell’edificio le strutture essenziali alla stabilità, sicurezza e funzionalità dell’immobile. La giurisprudenza ha più volte chiarito che, salvo diversa indicazione nel titolo di proprietà o nel regolamento condominiale, il vespaio deve considerarsi una parte comune, in quanto necessario alla stabilità e all’isolamento dell’edificio.

Tuttavia, se il vespaio è stato realizzato successivamente da un singolo condomino per migliorare il comfort del proprio appartamento senza incidere sulla struttura portante dell’edificio, potrebbe essere considerato una pertinenza esclusiva.

Ripartizione delle spese del vespaio

Poiché il vespaio ha la funzione di preservare l’integrità strutturale dell’edificio e migliorare l’abitabilità degli ambienti, le spese per la sua manutenzione e riparazione sono generalmente a carico di tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà (art. 1123 c.c.).

Tuttavia, si possono verificare delle eccezioni:

  • se il vespaio serve esclusivamente un’unità immobiliare, il costo della manutenzione spetterà al relativo proprietario;
  • se il titolo di proprietà o il regolamento di condominio dispone diversamente, le spese possono essere ripartite in modo differente;
  • se l’intervento sul vespaio è legato a un abuso edilizio o a una modifica non autorizzata da parte di un condomino, le spese saranno interamente a suo carico.

Giurisprudenza sul vespaio condominiale

La giurisprudenza ha fornito diverse indicazioni in merito alla natura condominiale del vespaio.

Cassazione n. 8252/2025

Secondo l’interpretazione giuridica, il vespaio sottostante il pavimento del piano terra, se realizzato con uno strato di materiale inerte e avente la sola funzione di isolamento e separazione tra la superficie di sedime e la soletta inferiore, non è considerato parte del suolo comune ai sensi dell’articolo 1117 del Codice Civile. Questo perché tale manufatto è specificamente destinato a migliorare le condizioni abitative dell’unità immobiliare al piano terra, pur poggiando sul suolo comune. In altre parole, la sua funzione è strettamente legata alla singola unità abitativa e non al condominio nel suo insieme.

Cassazione n. 18216/2017

L’intercapedine tra le fondamenta e il piano terra, utilizzata per l’aerazione e la coibentazione dell’edificio, è considerata parte comune del condominio, a meno che i titoli di acquisto non stabiliscano diversamente. Pertanto, la Corte d’Appello ha commesso un errore nel considerare il vespaio sottostante l’unità immobiliare al piano terra come proprietà esclusiva del proprietario di tale piano e nell’escludere che i danni causati dal suo cattivo stato debbano essere interamente a carico del condominio.

Cassazione n. 23304/2014

Secondo la giurisprudenza della Cassazione, il vespaio, ovvero l’intercapedine tra le fondamenta e la prima soletta del piano interrato di un edificio condominiale, è generalmente considerato di proprietà comune. Questa interpretazione deriva dalla funzione del vespaio, che è quella di garantire l’aerazione e la coibentazione dell’edificio. Tuttavia, questa regola generale può essere derogata se i titoli d’acquisto, come il regolamento contrattuale o il rogito, specificano diversamente. In assenza di tali specificazioni, le spese relative alla costruzione e alla manutenzione del vespaio devono essere ripartite tra tutti i condomini, in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà.

 

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condominio minimo

Condominio minimo Condominio minimo: cos’è, normativa e regole di gestione, costituzione, maggioranze, obbligo del codice fiscale e dell'amministratore

Cos’è il condominio minimo

Il condominio minimo è una particolare forma di condominio che sorge quando in un edificio vi sono almeno due proprietari di unità immobiliari distinte. Nonostante il numero ridotto di partecipanti, il condominio minimo è soggetto alla disciplina del Codice Civile e alle normative condominiali generali.

Gestione semplificata

Si parla di condominio minimo quando un edificio con almeno due unità immobiliari autonome appartiene a due diversi proprietari, i quali condividono alcune parti comuni come il tetto, le scale, la facciata o l’ascensore. Questo tipo di condominio si distingue per la sua gestione semplificata, che non prevede l’obbligo di un amministratore, fatte salve specifiche necessità.

Normativa di riferimento

Il condominio minimo è regolato dagli articoli 1117 e seguenti del Codice Civile, che disciplinano la gestione delle parti comuni nei condomini.

La Legge n. 220/2012 (riforma del condominio) del reato ha confermato l’applicabilità della normativa condominiale anche ai condomini minimi, sebbene con alcune semplificazioni.

Vediamo quali sono le disposizioni più significative del codice civile che interessano il condominio minimo.

L’art. 1117 c.c elenca le parti comuni dell’edificio, che devono essere gestite congiuntamente dai proprietari.

L’articolo 1129 c.c stabilisce che quando i condomini sono più di nove è necessario nominare un amministratore. Da questa norma si deduce che la gestione è semplificata fino a quando i condomini non sono più di otto. In questi casi infatti la nomina dell’amministratore è facoltativa.

L’art. 1138 c.c.: esonera dall’obbligo di approvare un regolamento i condomini in cui i condomini non siano più di 10.

Come si costituisce  

A differenza di un condominio tradizionale, il condominio minimo nasce automaticamente nel momento in cui un edificio con parti comuni è suddiviso tra due proprietari diversi. Non è necessario un atto formale di costituzione. I condomini però devono rispettare alcune regole fondamentali:

  • attribuzione delle spese: le spese per la manutenzione delle parti comuni vanno ripartite tra i proprietari in base ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo;
  • registrazione fiscale: se il condominio ha necessità di gestire un conto corrente o di effettuare operazioni fiscali (ad esempio, pagamenti a fornitori), è necessario richiedere un codice fiscale presso l’Agenzia delle Entrate;
  • assemblea condominiale: anche se si tratta di un piccolo condominio, è necessario rispettare le regole decisionali per la gestione delle spese e delle manutenzioni straordinarie.

Maggioranze necessarie nel condominio minimo

Le decisioni nel condominio minimo devono essere prese con il consenso dei due proprietari. Se non si trova un accordo, è possibile rivolgersi al giudice per dirimere la controversia.

Le maggioranze richieste sono:

  • Unanimità per le decisioni che riguardano la modifica delle parti comuni e le innovazioni;
  • Maggioranza semplice (50% + 1) per le spese ordinarie e le decisioni di gestione.

Se uno dei due proprietari si oppone a una decisione necessaria, l’altro può rivolgersi al Tribunale per ottenere un provvedimento che autorizzi l’intervento.

Obbligo di amministratore e codice fiscale

Nel condominio minimo non è obbligatoria la nomina di un amministratore, a meno che i due condomini non lo ritengano opportuno. Tuttavia, se il condominio deve effettuare operazioni contabili o fiscali (ad esempio, lavori straordinari che richiedono detrazioni fiscali), è necessario dotarsi di un codice fiscale condominiale.

 

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