gdpr vale per wikipedia

Il GDPR vale anche per Wikipedia Il Garante Privacy ricorda che anche Wikipedia, la nota enciclopedia online deve rispettare le regole sulla protezione dei dati personali, sul giornalismo e la manifestazione del pensiero

GDPR e Wikipedia

GDPR vale anche per Wikipedia, la nota enciclopedia online. “Il trattamento di dati personali effettuato da Wikipedia ricade sotto il GDPR e ai contenuti pubblicati si applicano le norme sull’attività giornalistica e la manifestazione del pensiero”. È quanto ha stabilito il Garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento del 9 maggio scorso, dopo il reclamo di un interessato che non aveva visto soddisfatta la richiesta di cancellazione di un articolo biografico, relativo a una vicenda giudiziaria, da parte di Wikipedia Foundation, la no-profit Usa creatrice del progetto dell’enciclopedia online.

Wikipedia host neutrale

Per quanto riguarda il trattamento di dati personali effettuato negli articoli, la Fondazione, che non ha stabilimento in Europa, ritiene che Wikipedia non offra un servizio agli utenti nella Ue e di non essere quindi vincolata al rispetto del Regolamento generale sulla protezione dati: l’enciclopedia sarebbe solo un “host neutrale” che “ospita” i contenuti inseriti dalla comunità di volontari.

Wikipedia servizio di informazione

In realtà, per il Garante, “Wikipedia non solo offre un servizio di informazione su una grande varietà di argomenti, ma lo rivolge anche al mercato europeo, come dimostrano la costante azione di indirizzo e verifica degli standard qualitativi dei contenuti rivolti dalla Fondazione alla comunità e la creazione di versioni del sito dedicate agli utenti di uno o più Stati membri”. Si realizza così – spiega il Garante – “quel requisito di intenzionalità nell’offerta di servizi che permette di applicare il GDPR a un titolare del trattamento stabilito in un Paese terzo e senza stabilimento nella Ue”.

Il provvedimento del Garante

L’Autorità ha comunque respinto l’istanza di cancellazione dell’interessato, perché il trattamento di dati personali per finalità giornalistiche, anche senza consenso, “è lecito se rispetta i diritti e la dignità delle persone e il principio dell’essenzialità dell’informazione. Allo stesso modo, è lecita anche la permanenza dell’articolo nell’archivio dell’enciclopedia online: gli archivi di siti e giornali, anche cartacei, rivestono infatti una importante funzione ai fini della ricostruzione storica degli eventi”.

Il Garante ha tuttavia disposto la deindicizzazione dell’articolo.

“La presenza online della pagina – infatti – vanificherebbe il beneficio del limite della conoscibilità posto alle condanne inferiori ai due anni, che non sono inserite nel casellario giudiziario, mentre nel frattempo è venuto a scemare l’interesse pubblico per la vicenda”.

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decreto liste attesa sanità

Decreto liste d’attesa: legge in vigore La legge di conversione del decreto liste d’attesa in vigore dal 1° agosto 2024 istituisce una piattaforma nazionale delle liste di attesa e per ridurre i tempi prevede visite ed esami nei weekend

Decreto liste d’attesa, legge in vigore dal 1° agosto

La legge n. 107/2024 di conversione del decreto liste d’attesa (dl 73/2024) è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 luglio per entrare in vigore il 1° agosto 2024.

Il testo, che reca le misure necessarie per ridurre i tempi delle liste d’attesa in ambito sanitario è aveva ricevuto il via libera dal Senato il 18 luglio e il sì definitivo della Camera il 24 luglio 2024.

Tante le novità per rendere più efficiente il sistema sanitario, compreso il superamento del tetto di spesa destinato al personale sanitario a partire dal 2025, la piattaforma nazionale per le liste d’attesa e la previsione in agenda per il CUP delle prestazioni offerte dal settore pubblico e privato convenzionato. Visite ed esami potranno essere effettuati anche durante il weekend.

Vediamo più in dettaglio le misure più importanti.

Prenotazioni delle prestazioni sanitarie

Gli erogatori dei servizi sanitari pubblici e quelli privati accreditati avranno come punto di riferimento per le prenotazioni il CUP, che è unico a livello regionale o infraregionale.

Incentivata l’adozione di soluzioni digitali da parte delle regioni e delle province al fine di agevolare la prenotazione delle visite e il pagamento dei ticket in autonomia da parte dei pazienti.

Sanzioni mancato rispetto prenotazioni

Presso i CUP è prevista l’attivazione di un sistema di disdetta delle prenotazioni per ricordare la data dell’erogazione e consentire al paziente di confermare o cancellare l’esame o la visita da remoto almeno due giorni prima.

Per garantire il rispetto delle prenotazioni sarà possibile applicare, salvi casi di impossibilità sopravvenuta o forza maggiore, una sorta di sanzione che corrisponderà alla quota ordinaria di partecipazione al costo.

Visite ed esami anche nei weekend

Per ridurre i tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie le visite diagnostiche e specialistiche saranno effettuate anche il sabato e la domenica e la fascia oraria potrà essere prolungata. Prevista la possibilità di effettuare aperture straordinarie anche dei centri trasfusionali nel pomeriggio e nei giorni festivi. Il decreto mira inoltre a garantire il corretto equilibrio tra attività istituzionale e  libero professionale all’interno delle aziende sanitarie ospedaliere.

Nasce la piattaforma nazionale delle liste d’attesa

Istituita la piattaforma nazionale delle liste dattesa al fine di realizzare l’interoperabilità tra le varie piattaforme regionali e delle province autonome. Questo strumento di governo delle liste di attesa vuole realizzare il potenziamento del portale della trasparenza, come richiesto dal piano nazionale di ripresa resilienza.

Grazie alla piattaforma si potrà garantire maggiore efficienza del monitoraggio a livello nazionale, la piattaforma inoltre potrà orientare la programmazione dell’offerta attraverso il controllo aggiornato delle agende disponibili e di quelle accessibili alla prenotazione tramite il CUP.

Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria

Il provvedimento istituisce l’Organismo di verifica e controllo sullassistenza sanitaria presso il Ministero della salute. Tale organismo svolgerà  le proprie attività sulla base di una programmazione annuale e potrà avvalersi del supporto del comando dei Carabinieri per la tutela della salute tramite l’accesso alle aziende e agli enti del servizio sanitario nazionale, alle aziende ospedaliere universitarie, ai policlinici universitari, agli erogatori di servizi sanitari privati e agli istituti di ricovero e cura di carattere scientifico per verificare eventuali disfunzioni emerse dal controllo dell’agenda di prenotazione. Quanto emergerà dai controlli verrà comunicato al responsabile unico regionale dellassistenza sanitaria che deciderà le modalità di intervento.

Il Ruas

A livello regionale sarà il Ruas ad avere la responsabilità del rispetto dei criteri di efficienza stabiliti per l’erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sul funzionamento della gestione delle liste di attesa e dei piani per il recupero delle liste stesse. Ogni tre mesi il Ruas dovrà redigere e inviare un rapporto di monitoraggio delle prestazioni critiche e delle liste d’attesa all’Organismo segnalando le problematiche e indicando gli interventi effettuati.

Assunzione personale sanitario

Nel 2024 e fino all’adozione di decreti specifici l’importo di spesa per il personale delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale delle regioni già autorizzati per il 2023 saranno incrementati ogni anno del 10% dell’incremento del fondo sanitario regionale rispetto all’anno precedente, e su richiesta di un ulteriore 5%.

Dal 2025 con uno più decreti verrà definita una metodologia per individuare il fabbisogno di personale degli enti che compongono il servizio sanitario nazionale. Alle regioni spetterà il compito di predisporre il piano dei fabbisogni triennali.

Più assistenza e più attenzione alla salute mentale

Per le regioni destinatarie del Programma Nazionale Equità nella Salute 2021-2027, il Dl Sanità definisce un piano che si pone l’obiettivo di rafforzare le capacità di erogazione dei servizi sanitari e incrementare i servizi sanitari e sociosanitari sul territorio.

Detto piano d’azione individua, in relazione ai servizi sanitari e sociosanitari erogati presso il domicilio o in ambulatorio e alle attività svolte dai Dipartimenti di salute mentale, iniziative destinate al rafforzamento e all’ammodernamento dei servizi dedicati alla cura della salute mentale e agli screening oncologici.

Leggi anche Liste d’attesa: il piano del Governo

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Reddito di cittadinanza: discriminante chiedere la residenza Per la Corte UE, il requisito della residenza di 10 anni richiesto per ottenere  il reddito di cittadinanza discrimina i cittadini stranieri

Reddito cittadinanza: discriminante la residenza per gli stranieri

Il requisito della residenza di 10 anni (di cui gli ultimi due necessariamente continuativi), richiesto dalla legge che disciplina il reddito di cittadinanza (decreto legge n. 4/2019 convertito dalla legge n. 26/2020) è discriminante per gli stranieri. Incompatibili con la disciplina UE anche le sanzioni penali previste per le false dichiarazioni relative al suddetto requisito della residenza. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia UE nella sentenza emessa in relazione alle cause C-112/22 e C-223/22.

Reddito di cittadinanza: accusa di falso per il requisito della residenza

La vicenda ha inizio perché due cittadine straniere vengono accusate di aver dichiarato il falso in relazione al requisito della residenza di 10 anni necessario per ottenere il reddito di cittadinanza.

Per il Tribunale di Napoli competente la normativa italiana sul reddito di cittadinanza, che richiede il requisito della residenza in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, è discriminante per gli stranieri, anche se titolari di un permesso per soggiornanti di lungo periodo, rispetto ai cittadini italiani.

Il requisito della residenza per lo straniero viola la parità di trattamento?

Il Tribunale di Napoli, nell’ambito dei procedimenti penali a carico delle due donne, si rivolge quindi alla quindi Corte di Giustizia UE per chiedere la corretta interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera d) della Direttiva UE 2003/109 sullo status dei cittadini stranieri soggiornanti di lungo periodo, in quanto lo stesso prevede che: “Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda: d) le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale.” 

Il Tribunale ha il dubbio che la normativa italiana sul reddito di cittadinanza, nel richiedere il requisito della residenza di 10 anni, di cui gli ultimi due continuativi ai cittadini stranieri per accedere alla misura, sia contraria all’articolo 11 della Direttiva UE 2003/109, dedicato alla “parità di trattamento” se letto anche alla luce dell’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che garantisce l’accesso alle prestazioni sociali a coloro che risiedono o si spostino legalmente sul territorio dell’Unione Europea.

Requisito della residenza discrimina gli stranieri

In risposta alla questione sollevata dal Tribunale di Napoli la Corte UE chiarisce che il requisito della residenza di 10 anni, di cui gli ultimi due continuativi rappresenta in effetti una forma di disseminazione indiretta nei confronti dei cittadini stranieri, che colpisce comunque anche i cittadini italiani che fanno ritorno in Italia dopo un periodo di residenza in un altro paese UE.

Risulta incompatibile con il diritto UE però anche la norma che prevede sanzioni penali nei confronti di coloro che dichiarano il falso in relazione al requisito della residenza necessario per accedere al reddito di cittadinanza.

Per questo la Corte UE, nel rispondere al quesito del Tribunale di Napoli dichiara che “Larticolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, letto alla luce dellarticolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, devessere interpretato nel senso che: esso osta alla normativa di uno Stato membro che subordina laccesso dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo a una misura riguardante le prestazioni sociali, lassistenza sociale o la protezione sociale al requisito, applicabile anche ai cittadini di tale Stato membro, di aver risieduto in detto Stato membro per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, e che punisce con sanzione penale qualsiasi falsa dichiarazione relativa a tale requisito di residenza”. 

giurista risponde

Ricorso avverso atti infra procedimentali È ammissibile il ricorso avverso atti infra procedimentali?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, è inammissibile il ricorso avverso atti infra procedimentali. – Cons. Stato, sez. I, 8 aprile 2024, n. 451.

Il Collegio ha evidenziato che: “Nel ricorso in esame la determinazione impugnata, avente ad oggetto la sospensione del procedimento disciplinare in virtù della pregiudiziale pendenza del procedimento penale nei confronti del ricorrente, costituisce atto endoprocedimentale, non solo adottato nell’interesse e a garanzia del ricorrente, ma soprattutto, privo di rilevanza lesiva nei suoi confronti”.

Si è inoltre evidenziato che anche secondo giurisprudenza civile: “In tema di procedimento amministrativo, il provvedimento finale a rilevanza esterna è impugnabile quale atto direttamente e immediatamente lesivo, mentre non sussiste l’interesse ad impugnare un atto privo di effetti immediati e diretti in quanto meramente endoprocedimentale”.

In conclusione, è inammissibile il ricorso proposto avverso la determinazione che sospende, ex art. 1393, comma 1, D.Lgs. 66/2010, il procedimento disciplinare di stato per acquisire gli esiti di quello penale presupposto venendo in rilievo un atto infra procedimentale privo di effetti lesivi.

 

Contributo in tema di “Ricorso avverso atti infra procedimentali”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 75 / Giugno 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

decreto legge sport e scuola

Decreto legge sport e scuola: in vigore la legge La legge di conversione del dl sport e scuola, in vigore dal 31 luglio 2024, prevede nuove misure specifiche per studenti disabili e stranieri e aiuti per gli affitti dei fuori sede

Decreto legge sport e scuola: legge in GU

Il decreto legge sport e scuola ha concluso il suo iter di approvazione. Dopo il sì della Camera, il 17 luglio, al disegno di legge di conversione del decreto n. 71/2024, il testo è passato al Senato dove ha ricevuto l’ok definitivo il 23 luglio 2024.

La legge di conversione n. legge-106-2024 è stata pubblicata il 30 luglio in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il giorno successivo.

Scarica il dossier della Camera sul decreto

Il testo, recante “Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca” si compone di 26 articoli suddivisi in quattro capi:

  1. misure in materia di sport, lavoro sportivo e relativa disciplina fiscale;
  2. disposizioni urgenti in materia di sostegno didattico per gli alunni con disabilità;
  3. disposizioni urgenti per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024- 2025;
  4. elementi di novità in materia di università e ricerca.

Docente per gli studenti stranieri

Un docente di italiano si occuperà dell’insegnamento della lingua agli studenti stranieri se almeno il 20% degli alunni ha problemi in questa materia. Questa figura di supporto agli altri insegnanti, che agevolerà il lavoro in classe a partire dall’anno scolastico 2025/2026, sarà destinata agli studenti stranieri che si iscrivono nelle scuole italiane per la prima volta e che non possiedono le competenze base nella lingua italiana. Nel frattempo, a partire dall’anno scolastico 2024/2025, le scuole avranno la possibilità di attivare un potenziamento linguistico per gli stranieri all’interno dell’orario extracurricolare attingendo alle risorse del programma nazionale PN Scuola e competenze 2021-2027.

Studenti disabili: docenti più specializzati

Il testo potenzia i percorsi di specializzazione per gli insegnanti di sostegno degli studenti disabili.

Possibilità di iscrizione ai percorsi di formazione attivati da Indire o dalle università anche per coloro che hanno superato o hanno in corso un percorso di formazione per il sostegno all’estero.

Per garantire e facilitare la continuità didattica, su richiesta della famiglia un docente in servizio nell’anno precedente e in possesso dell’abilitazione all’insegnamento degli alunni con disabilità può essere confermato con priorità nel posto destinato al sostegno.

Incrementato in fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità. Tra le finalità del fondo viene aggiunto il finanziamento e il potenziamento del trasporto scolastico per gli studenti disabili delle scuole secondarie di secondo grado.

Più docenti nelle scuole

Per immettere in ruolo il personale docente all’interno delle scuole saranno indetti concorsi e si potrà attingere alle graduatorie a esaurimento e alle graduatorie per le supplenze qualora dopo procedura ordinaria dovessero risultare posti ancora vacanti.

Sport: nasce la commissione per la verifica di conti

In materia di sport viene istituita la commissione indipendente per la verifica dellequilibrio economico finanziario delle società sportive professionistiche. La commissione svolgerà il ruolo di organismo di controllo e di vigilanza su quelle società professionistiche che prenderanno parte ai campionati degli sport di squadra anche al fine di verificare il corretto funzionamento  dei controlli interni.

Il testo riconosce alla Lega di serie A un rilievo maggiore. Le leghe sportive che si occupano dei professionisti dovranno avere una rappresentanza equa all’interno degli organi di direzione delle federazioni sportive, che dovranno prendere in considerazione anche il contributo economico che viene apportato al sistema sportivo.

Incrementato il fondo per aiutare gli studenti fuori sede

Il fondo per corrispondere un contributo alle spese di locazione abitativa degli studenti fuori sede per l’anno 2024 viene incrementato i 10,3 milioni di euro. L’aiuto è riconosciuto agli studenti iscritti nelle università statali purché appartengano a un nucleo familiare con ISEE non superiore ai 20.000 euro e non percepiscano ulteriori contributi pubblici per l’alloggio.

Razionalizzata e potenziata anche la struttura di supporto del commissario straordinario per gli alloggi straordinari per assicurare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR in materia.

decreto salva casa

Decreto Salva casa: legge in vigore In vigore dal 28 luglio 2024 la legge di conversione del decreto “Salva casa” pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 27 luglio - Il testo coordinato con le modifiche

Decreto Salva casa, legge in GU

Il decreto “Salva casa” in vigore dal 30 maggio 2024 ha concluso il suo iter di conversione in legge. Il disegno di legge con modificazioni per la conversione del dl-69-2024 recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica” dopo l’approvazione della Camera ha ricevuto il sì definitivo del Senato il 24 luglio.

Diverse le novità introdotte nei passaggi parlamentari (vedi il Dossier della Camera sulla conversione del Dl salva-casa).

Vediamo che cosa prevede la nuova legge-105-2024, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 27 luglio (insieme al testo coordinato con le modifiche) e in vigore dal 28 luglio 2024.

Sottotetti recuperabili

Per incentivare l’offerta abitativa, senza occupare nuovo suolo, si prevede la possibilità di recuperare i sottotetti  nei limiti e nel rispetto delle procedure dettate dalle leggi regionali anche qualora le opere di recupero non consentano di rispettare le distanze minime tra gli edifici e dai confini. Il tutto però deve avvenire nel rispetto delle seguenti condizioni:

  • rispetto dei limiti di distanza che erano vigenti quando è stato realizzato l’immobile;
  • divieto di apportare modifiche alla superficie e alla forma del sottotetto come delimitato dalle pareti del perimetro;
  • rispetto dell’altezza massima dell’immobile prevista dal titolo che ha previsto la costruzione dell’edificio.

Vedi Dossier ANCE “Sottotetti: le discipline sul territorio

Aumentano le opere in edilizia libera

Attraverso alcune modifiche al D.P.R 380/2001 “Testo Unico dell’edilizia” aumentano le opere rientranti nell’edilizia libera, che possono essere eseguite quindi senza alcun titolo abilitativo:

  • installazione di vetrate panoramiche amovibili e trasparenti (VEPA) ai porticati per proteggere l’immobile dagli agenti atmosferici, migliorare le prestazioni acustiche ed energetiche, ridurre la dispersione termica e impermeabilizzare, anche solo in parte, dalle acque piovane dei balconi aggettanti;
  • strutture fisse per sostenere le opere destinate alla protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, come le tende, le tende da sole, le tende da esterno e a pergola con telo retrattile, con elementi di protezione solare o regolabili purché dette strutture non creino spazi chiusi in modo stabile, abbiano caratteristiche, anche estetiche, poco impattanti visivamente e risultino armoniose rispetto alle linee architettoniche precedenti.

Strutture amovibili Covid senza limiti di tempo

Alcune disposizioni sono finalizzate inoltre a mantenere in modo permanente le strutture amovibili che sono state realizzate per finalità sanitarie, assistenziali ed educative durante l’emergenza sanitaria da Covid-19.

Stato legittimo degli immobili e delle unità immobiliari

Lo stato legittimo dell’immobile non dipende più dalla coesistenza del titolo che ha permesso la costruzione dell’immobile e di quello che ha legittimato l’ultimo intervento che ha riguardato l’edificio per intero e a condizione che in sede di rilascio l’amministrazione abbia verificato la legittimità dei titoli precedenti.

E’ sufficiente quindi la sussistenza di uno dei due titoli, integrati da titoli successivi che abbiano abilitato le opere. Tra i titoli idonei a stabilire lo stato legittimo dell’immobile il decreto comprende alcune sanzioni pagate perché ad esempio sono stati realizzati interventi difformi dal permesso di costruire od opere di ristrutturazione effettuate senza il permesso di costruire o in modo totalmente diverso da quanto previsto dallo stesso.

In relazione ai condomini, per la dimostrazione dello stato di legittimità delle singole unità non rilevano le difformità sulle parti comuni dell’edificio indicate dall’articolo 1117 c.c ossia quelle necessarie per l’uso comune, quelle destinate a parcheggio, i locali per i servizi comuni e le opere, le installazioni e i manufatti destinati all’uso comune. Per dimostrare lo stato legittimo dell’intero edificio non rilevano invece le difformità delle singole unità abitative.

Destinazione d’uso di singole unità

Ammessi i mutamenti di destinazione d’uso delle singole unità immobiliari con o senza opere se rientrano nella stessa categoria funzionale, purché rispettosi della normativa vigente di settore. I Comuni possono comunque stabilire condizioni specifiche attraverso i propri strumenti urbanistici. Per quanto riguarda le unità situate al piano terra o seminterrato il cambio di destinazione d’uso deve rispettare la normativa regionale.

Tolleranze costruttive per le opere realizzate entro il 24.05.2024

Introdotte deroghe, anche in misura percentuale, alle misure indicate dal titolo abilitativo e che riguardano l’altezza, la cubatura, i distacchi, la superficie coperta e altri parametri.

Nel computo della superficie utile per applicare le deroghe si tiene conto solo di quella approvata con il titolo edilizio che ha autorizzato l’intervento, al netto dei frazionamenti eseguiti nell’immobile o nelle unità nel corso del tempo.

Agibilità: requisiti minimi di altezza e superficie

Il certificato di agibilità può essere rilasciato se l’immobile presenta:

  • un’altezza minima interna di 2,40 metri;
  • una superficie minima di 20 metri quadrati per una persona;
  • una superficie minima di 28 metri quadrati per due persone.

La conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie richiede che sia soddisfatta anche una delle seguenti condizioni:

  • i locali devono far parte di edifici soggetti a recupero e miglioramento edilizio degli aspetti igienico sanitari;
  • contestualmente viene presentato un progetto di ristrutturazione per garantire condizioni idonee dal punto di vista igienico sanitarie, ottenibili tramite una superficie maggiore dell’alloggio, una adeguata ventilazione naturale, sistemi di ventilazione naturali di supporto e risconti d’aria trasversali.

Vajont: certificati di agibilità e abitabilità più facili

Per le unità immobiliari e gli edifici che sono stati costruiti grazie agli aiuti previsti dalla legislazione nazionale nelle zone colpite dalla tragedia del Vajont, il decreto prevede che il rilascio del certificato di collaudo, di regolare esecuzione o l’accertamento dello stato dei lavori in base ai quali è stata riconosciuta la rata a saldo del contributo,  sostituisca a tutti gli effetti il certificato di agibilità o di abitabilità, a condizione che le opere risultino rispettose della normativa vigente al tempo della loro realizzazione.

Leggi anche Veranda abusiva: si può sanare?

edilizia pubblica incostituzionale residenza

Edilizia pubblica: incostituzionale chiedere la residenza La Corte Costituzionale ha bocciato la legge del Piemonte che richiedeva per ottenere un'abitazione di edilizia pubblica il requisito della residenza nel territorio regionale

Alloggio di edilizia pubblica e residenza

E’ incostituzionale richiedere la residenza o l’attività lavorativa pregressa e protratta nel territorio regionale al fine di ottenere un’abitazione di edilizia pubblica. “Non c’è alcuna ragionevole correlazione – infatti – fra l’esigenza di accedere al bene casa, ove si versi in condizioni economiche di fragilità, e la pregressa e protratta residenza o attività lavorativa nel territorio regionale”. Lo ha ribadito la Corte costituzionale con la sentenza n. 147-2024, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 Cost., dell’art. 3, comma 1, lettera b), della legge della Regione Piemonte 17 febbraio 2010, n. 3.

Ostacolo al diritto all’abitazione

La Corte ha sottolineato come “il requisito della pregressa e protratta residenza sul territorio regionale, così come quello della pregressa e protratta attività lavorativa, pone un ostacolo al soddisfacimento del diritto all’abitazione che deve invece fondarsi sulla situazione di bisogno o di disagio, rispetto alla quale la durata della permanenza pregressa nel territorio regionale non presenta alcun collegamento logico”.

Si tratta, infatti, di requisiti che, “proprio perché sganciati da ogni valutazione su tale stato di bisogno, sono incompatibili con il concetto stesso di servizio sociale, inteso quale servizio destinato prioritariamente ai soggetti economicamente deboli”. Né “valgono a indicare una prospettiva di radicamento sul territorio regionale”.

Incostituzionale sotto un triplice profilo

Il giudice delle leggi ha pertanto riscontrato che la legge piemontese viola l’art. 3 Cost. sotto un triplice profilo: “per intrinseca irragionevolezza, perché prevede requisiti del tutto non correlati con la funzione propria dell’edilizia sociale; perché determina una ingiustificata diversità di trattamento tra persone che si trovano nelle medesime condizioni di fragilità; e perché tradisce il dovere della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

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Referendum: come si usa la piattaforma per la raccolta firme digitali Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 luglio il Dpcm 18 luglio 2024 che prevede l’attivazione della nuova piattaforma digitale per la raccolta delle firme per il referendum. Ecco come funziona

Referendum: piattaforma digitale raccolta firme

È stato pubblicato il 25 luglio in Gazzetta ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm del 18 luglio 2024) che prevede l’attivazione della nuova piattaforma digitale dedicata alla raccolta delle firme per i referendum. Ne dà notizia il ministero della Giustizia sul proprio sito Gnewsonline.

La piattaforma è concepita per agevolare la sottoscrizione digitale dei referendum abrogativi o costituzionali, e delle iniziative legislative di natura popolare.

Con questa nuova iniziativa progettuale, curata dal Dipartimento per l’Innovazione Tecnologica della giustizia tramite la Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati, il Ministero della Giustizia “ribadisce il proprio impegno nel promuovere strumenti innovativi volti a facilitare la partecipazione attiva dei cittadini e garantire processi democratici più accessibili e trasparenti”.

Come funziona il sistema

Il sistema, che ha ottenuto il parere del Garante per la protezione dei dati personali, è utilizzabile dai promotori di proposte referendarie e dagli uffici della Corte di Cassazione e delle Camere, per gestire tutte le fasi del processo di raccolta delle firme dei sostenitori in formato digitale. Il sistema effettua poi la verifica della presenza e validità delle firme, mediante interoperabilità con il sistema dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), presso le anagrafi dei comuni ove sono residenti i cittadini firmatari delle proposte.

“La piattaforma rappresenta un’innovazione cruciale per la partecipazione politica in Italia e pone il Ministero e il nostro Paese all’avanguardia nell’uso delle tecnologie digitali a supporto della democrazia”, ha dichiarato il Ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Operatività piattaforma dal 25 luglio 2024

Ex art. 1 del decreto, l’operatività della piattaforma per la raccolta digitale delle sottoscrizioni in materia di referendum e di proposte di legge di iniziativa popolare è attestata a partire dalla data di entrata in vigore del Dpcm, ossia dal 25 luglio stesso.

Per cui, le firme degli elettori a sostegno delle proposte referendarie ex art. 75 e 138 Costituzione e dei progetti di legge ex art. 71, 2° comma, Cost., saranno raccolte in forma digitale.

Leggi anche Referendum, arriva la piattaforma digitale

Come si utilizza la piattaforma

Il ministero ha pubblicato un utile vademecum sull’utilizzo della piattaforma , la quale è accessibile dall’area privata con la propria identità digitale (Spid, Cie, Cns o eIDAS), effettuando la scelta preliminare tra “cittadini” e “comitati promotori” e potendo così sostenere e gestire una o più proposte referendarie.

Una volta completata l’autenticazione, con un semplice click si può sostenere un’iniziativa tra quelle disponibili. Al termine, è possibile scaricare l’attestato di sottoscrizione.

La piattaforma consente anche di promuovere un referendum abrogativo, costituzionale o una legge di iniziativa popolare. Il sistema garantisce una procedura guidata intuitiva e strumenti utili, come la sezione che permette di visualizzare il numero di firme raccolte a livello territoriale per la specifica iniziativa.

Alla scadenza della raccolta firme si potrà scaricare un attestato, emesso dal ministero della Giustizia, di messa a disposizione dei dati e delle sottoscrizioni del quesito all’Ufficio referendum della Corte di cassazione.

Nell’homepage della piattaforma, sezione “Elenco iniziative”, sono presenti le proposte referendarie attive e quelle già chiuse, con dettagli sul quesito, i firmatari e i promotori dell’iniziativa. Per tutti coloro che si sono autenticati, é disponibile sulla Hp, in calce, una form per la richiesta di assistenza.

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enti contribuire finanze pubbliche

Tutti gli enti devono contribuire alle finanze pubbliche La Consulta dichiara non fondate le questioni di legittimità sollevate dalla regione autonoma Valle d'Aosta: anche i comuni valdostani devono contribuire alle finanze pubbliche

Enti territoriali contributo finanze pubbliche

Anche i comuni valdostani devono contribuire alle finanze pubbliche così come gli altri enti territoriali. Lo ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 145-2024 dichiarando la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Regione autonoma Valle D’Aosta, dell’art. 6-ter, comma 4, del decreto-legge n. 132 del 2023, che ha modificato il comma 853 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023). Il suddetto comma 853, insieme ai precedenti commi da 850 a 852, impone a tutti gli enti territoriali italiani (regioni, province, città metropolitane e comuni), compresi quindi i comuni valdostani, di versare un contributo a favore delle finanze statali in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e della necessità di rispettare gli obblighi imposti dall’Unione europea.

“Nessun ente territoriale, dunque – ha affermato la Consulta – può sottrarsi ai propri doveri finanziari nei confronti dello Stato, perché ciò significherebbe aggravare il peso del contributo per gli altri enti”.

La qlc

La Valle d’Aosta lamentava di dover pagare illegittimamente due volte il contributo, una in quanto regione e un’altra in qualità di rappresentante dei comuni valdostani, sostenendo che i comuni non dovessero pagare in quanto gli stessi sarebbero, da un punto di vista finanziario, un’unica entità insieme alla Valle D’Aosta e lamentava, altresì, l’assenza della procedura dell’accordo con lo Stato per determinare l’entità del contributo dovuto.

La decisione della Corte Costituzionale

La Corte costituzionale ha però ritenuto che la Regione Valle d’Aosta è semplicemente il soggetto che per legge ha il compito di eseguire e ricevere i pagamenti nei confronti dello Stato per conto dei comuni valdostani, senza che questi ultimi possano essere considerati un tutt’uno con la Regione, “cosicché è vero che quest’ultima paga due volte, ma in entrambi i casi correttamente, perché paga quanto da lei dovuto in qualità di regione e quanto dovuto dai propri comuni, dai quali poi potrà farsi rimborsare”. Neppure è violato il principio pattizio “perché lo Stato può imporre anche alle regioni a statuto speciale, quale è la Valle d’Aosta, contributi per il risanamento della finanza pubblica, quantificandone l’importo complessivo e rimettendo agli accordi tra gli enti territoriali e lo Stato solo i criteri di ripartizione del contributo per determinare l’importo dovuto da ciascun ente”.

 

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vietato usare femminile ddl

Vietato usare il “femminile”: ddl ritirato Il ddl sui nomi femminili del leghista Potenti che prevedeva anche multe fino a 5mila euro in caso di violazioni è stato ritirato

DDL sui nomi femminili: ritirato

Il  disegno di legge sui nomi femminili proposto in data 11 luglio 2024 dal senatore leghista Manfredi Potenti è stato ritirato.  Lo si evince alla pagina del Senato dedicata all’atto n. 1191 che riporta espressamente la dicitura: “ritirato 22 luglio 2024”.

Il senatore con questo disegno di legge intitolato “Disposizioni per la tutela della lingua italiana, rispetto alle differenze di genere” avrebbe voluto vietare per legge l’utilizzo dei nomi al femminile di alcune professioni dagli atti pubblici.

Per il proponente l’utilizzo del femminile nei documenti ufficiali sarebbe irrispettoso verso le istituzioni per cui è “necessario un intervento normativo che implichi un contenimento della creatività nelluso della lingua italiana nei documenti delle istituzioni”.

Preservare la PA da deformazioni letterali

Come previsto dall’articolo 1 del testo l’obiettivo della proposta di legge è quello di “preservare la pubblica amministrazione dalle deformazioni letterali derivanti dalla necessità di affermare la parità di genere nei testi pubblici”.

Per il ddl occorre “preservare l’integrità della lingua italiana ed in particolare, evitare l’impropria modificazione dei titoli pubblici, come “Sindaco”, “Prefetto”, “Questore”, “Avvocato” dai tentativi simbolici di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo”.

Vietato usare il “femminile”

Il divieto di utilizzo del femminile era previsto espressamente dall’articolo 3 della proposta di legge che così disponeva: “divieto del ricorso discrezionale al femminile o sovra esteso o a qualsiasi sperimentazione linguistica. È ammesso l’uso della doppia forma od il maschile universale, da intendersi senza neutro e senza alcuna connotazione sessista.”

Nello specifico il disegno di legge avrebbe voluto vietare l’utilizzo negli atti pubblici del “genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, e dagli incarichi individuati dati aventi forza di legge”.

Fino a 5.000 euro di multa in caso di violazione

In caso di inadempimento, l’articolo 5 del testo avrebbe previsto multe salate “la violazione degli obblighi di cui la presente legge comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 1000 a 5000 euro”.  

Il parere dell’Accademia della Crusca

Il Professor Paolo d’Achille, Presidente dell’Accademia della Crusca, nel commentare il disegno di legge del Senatore Manfredi Potenti ricorda che da un punto di vista puramente tecnico qualunque nome declinato al maschile può essere volto al femminile e che non sempre è possibile il contrario.

In una risposta del 2023 riferita all’individuazione di regole finalizzate allo sviluppo di un linguaggio giuridico di tipo inclusivo, il professor d’Achille aveva precisato di usare la lingua italiana nel rispetto della parità di genere, ricordando la correttezza dell’uso del genere femminile per i titoli professionali che si riferiscono alle donne.

 

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