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Silenzio assenso in materia edilizia e fiscalizzazione dell’abuso edilizio Il contrasto tra la destinazione dell’immobile e la disciplina urbanistica a esso applicabile esclude la fiscalizzazione?

giurista risponde

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Si, il contrasto tra la destinazione dell’immobile e la disciplina urbanistica a esso applicabile esclude di per sé la fiscalizzazione. Di conseguenza non può assumere rilevanza sanante una disciplina urbanistica o edilizia sopravvenuta, non potendo il privato confidare in una modifica del quadro normativo che renda legittimo ciò che non lo era. – Cons. Stato, sez. II, 13 dicembre 2024, n. 10076 (Silenzio assenso in materia edilizia e cosiddetta fiscalizzazione dell’abuso edilizio).

I Giudici di Palazzo Spada, richiamando la costante giurisprudenza, ribadiscono che in materia edilizia l’istituto del silenzio assenso è assoggettato a una disciplina speciale e non direttamente all’art. 20 della L. 241/1990 che non è istituto di carattere generale destinato ad applicarsi in via residuale in mancanza di una diversa disciplina, in quanto la regola è quella secondo la quale le pubbliche Amministrazioni hanno il dovere di concludere il procedimento con un provvedimento espresso e nel rispetto dei principi di legalità e trasparenza, così come nell’istanza ex art. 38 del D.P.R. 380/2001, che non disciplina le conseguenze della mancata risposta dell’amministrazione sull’eventuale istanza del privato, per cui non può formarsi il silenzio assenso su di essa.

Sulla base di tali premesse, la Sezione ha rilevato che, l’art. 20, comma 8, D.P.R. 380/2001, da un lato, prevede che il diniego, per impedire la formazione dell’assenso tacito, deve essere motivato; dall’altro, esclude che l’istituto si applichi qualora l’immobile o l’area in cui si trova siano sottoposti a vincoli, o vi siano state richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase. Inoltre, ciò lo si desume anche dalla disciplina in materia di silenzio assenso sull’istanza di condono che si forma solo se ricorrono tutti i requisiti soggettivi e oggettivi per l’accoglimento della stessa; e dal fatto che sull’istanza di accertamento di conformità, l’art. 36, comma 3 del D.P.R. 380/2001 prevede il meccanismo del silenzio diniego. Pertanto, laddove in materia edilizia, il legislatore, non abbia espressamente qualificato la mancata tempestiva risposta dell’amministrazione come silenzio assenso, ovvero come silenzio diniego, essa configura un’ipotesi di silenzio inadempimento, avverso la quale il privato, attraverso l’azione di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a., può ottenere l’accertamento dell’obbligo di provvedere e, qualora ne ricorrano i presupposti, anche una pronuncia sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio.

Con riferimento all’art. 38 del D.P.R. 380/2001 si enucleano tre diverse fattispecie: i) una riferibile a un titolo edilizio annullato per un vizio di procedura emendabile e che pertanto è soggetto a convalida ordinaria; ii) la seconda, nella quale il vizio di procedura è insanabile, ma l’opera realizzata abusivamente è conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia, che può essere mantenuta previa applicazione di una sanzione pecuniaria, il cui integrale versamento produce gli stessi effetti del permesso di costruire in sanatoria; iii) la terza, nella quale il vizio che ha annullato il titolo edilizio è di natura sostanziale, quindi l’intervento è contrastante con la disciplina applicabile, ciò precludendo sia la convalida sia la fiscalizzazione e imponendo il ripristino dello stato dei luoghi. Pertanto, l’art. 38 D.P.R. 380/2001 va a disciplinare la convalida introducendo degli elementi di specialità rispetto all’art. 21nonies, comma 2, L. 241/1990 consentendo, da un lato, la convalida del provvedimento annullato (mentre la convalida è preclusa alla formazione del giudicato), e dall’altro, limita la convalida ai vizi di procedura (escludendo i vizi sostanziali).

Nel caso in esame è stato rilevato il contrasto tra la destinazione dell’immobile e la disciplina urbanistica a esso applicabile, che di per sé esclude la fiscalizzazione. Le società ricorrenti contestavano il diniego di fiscalizzazione e l’ordinanza di demolizione emessi rispetto a un capannone utilizzato come autofficina e realizzato in base a un permesso di costruire annullato per contrasto con la normativa urbanistica applicabile all’area. Successivamente, era stata approvata una variante urbanistica, che modificava le destinazioni ammissibili nella zona, includendo quelle utili all’attività dell’autofficina.

Ad ogni modo, non si può giungere ad esiti diversi qualora nel tempo intercorso tra il rilascio del permesso di costruire poi annullato e la presentazione dell’istanza di applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione, la disciplina urbanistica sia stata modificata.

I Giudici rilevano che l’art. 38 D.P.R. 380/2001 consente che si producano, in conseguenza del pagamento di una sanzione pecuniaria, i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria, ex art. 36 D.P.R. 380/2001, pur in presenza di un bene formalmente abusivo, in quanto il titolo avrebbe dovuto essere rilasciato, stante la sostanziale legittimità dell’opera alla disciplina urbanistica all’epoca vigente e a cui si correla l’affidamento del privato, con la conseguenza che non può assumere rilevanza sanante una disciplina urbanistica o edilizia sopravvenuta, non potendo il privato confidare in una modifica del quadro normativo che renda legittimo ciò che prima non lo era. Ciò al fine di scongiurare la sanabilità dell’immobile per conformità sopravvenuta, che è stata disattesa in mancanza di una base legale. Sul punto, i Giudici precisano, che non conduce a diversa soluzione il D.L. 69/2024, convertito con modificazioni in L. 105/2024, da un lato, perché non ancora vigente al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, dall’altro, perché esso non ha inteso superare il requisito della c.d. doppia conformità, ma ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità.

In conclusione, la modifica al piano regolatore generale del Comune, a prescindere dall’effettiva conformità del capannone alla nuova disciplina, non aveva rilevanza ai fini della concessione della fiscalizzazione, il cui diniego è stato ritenuto immune dai vizi dedotti dalle società ricorrenti.

 

(*Contributo in tema di “Silenzio assenso in materia edilizia e cosiddetta fiscalizzazione dell’abuso edilizio”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 83 / Marzo 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)