giurista risponde

Legittimità costituzionale art. 649 c.p.p. È costituzionalmente legittimo l’art. 649 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall’art. 171ter della L. 663/1941 che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 174bis della medesima legge?

Quesito con risposta a cura di Alessia Bruna Aloi, Beatrice Doretto, Antonino Ripepi, Serena Suma e Chiara Tapino

 

È costituzionalmente illegittimo l’art. 649 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall’art. 171ter della L. 663/1941 che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 174bis della medesima legge. – Corte Cost. 16 giugno 2022, n. 149.

La L. 633/1941, in materia di diritto d’autore, disciplina un doppio binario sanzionatorio per le medesime condotte illecite: da un lato, l’art. 171ter contempla un illecito penale; dall’altro, l’art. 174bis prevede un illecito amministrativo. Questo duplice apparato sanzionatorio ha portato a sollevare una questione di legittimità costituzionale per violazione del divieto di bis in idem di cui all’art. 649 c.p.p. in relazione all’art. 117, comma 1, Cost. e all’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU. Il giudice remittente non pone in discussione la coesistenza delle due norme sanzionatorie, né la loro concreta applicabilità, ma si limita ad invocare un rimedio idoneo ad evitare lo svolgimento o la prosecuzione di un giudizio penale, allorché l’imputato sia già stato sanzionato in via definitiva per il medesimo fatto con la sanzione amministrativa prevista dall’art. 174bis della L. 633/1941. Tale rimedio viene individuato dal giudice remittente nella pronuncia di proscioglimento o non luogo a procedere, già prevista in via generale dall’art. 649 c.p.p., per il caso in cui l’imputato sia già stato giudicato penalmente, in via definitiva, per il medesimo fatto.

La Corte ha ritenuto la questione fondata. Il diritto al ne bis in idem mira a tutelare l’imputato non solo contro la prospettiva dell’inflizione di una seconda pena, ma ancor prima contro l’eventualità di subire un secondo processo per il medesimo fatto, a prescindere dall’esito di quest’ultimo che potrebbe anche essersi concluso con un’assoluzione. I presupposti per l’operatività del ne bis in idem sono: la sussistenza di un idem factum, identificato nei medesimi fatti materiali sui quali si fondano le due accuse penali, indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica; la sussistenza di una previa decisione che riguardi il merito della responsabilità penale dell’imputato e sia divenuta irrevocabile; la sussistenza di un bis, ossia di un secondo procedimento o processo di carattere penale per i medesimi fatti. Inoltre, la costante giurisprudenza europea (Corte EDU, Zolotoukhine c. Russia, 10 febbraio 2009; Corte EDU, A e B c. Norvegia, 15 novembre 2016) afferma non sia decisiva la qualificazione della procedura e della sanzione come “penale” da parte dell’ordinamento nazionale, ma la sua natura sostanzialmente “punitiva” da apprezzarsi sulla base dei criteri Engel. La Corte EDU ha affermato, nella citata pronuncia A e B c. Norvegia, che non necessariamente dà luogo ad una violazione del ne bis in idem l’inizio o la prosecuzione di un secondo procedimento di carattere sostanzialmente punitivo, in relazione a un fatto per il quale una persona sia già stata giudicata, in via definitiva, nell’ambito di un diverso procedimento, anch’esso di carattere sostanzialmente punitivo. Una tale violazione è infatti esclusa qualora tra i due procedimenti vi sia una “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta”. Al fine di ravvisare la suddetta connessione è necessario verificare: se i diversi procedimenti perseguano scopi complementari; se la duplicità dei procedimenti in conseguenza della stessa condotta sia prevedibile; se i due procedimenti siano condotti in modo tale da evitare la duplicazione nella raccolta e nella valutazione delle prove; se siano previsti dei meccanismi che consentano nel secondo procedimento di tenere in considerazione la sanzione inflitta nel primo.

Nel caso in esame è indubbia la natura punitiva delle sanzioni amministrative, previste dall’art. 174bis della L. 633/1941, alla luce dei criteri Engel e della stessa giurisprudenza costituzionale. La Corte sostiene che non vi sia alcun dubbio sul fatto che il sistema normativo, previsto dalla L. 633/1941, consenta al destinatario dei suoi precetti di prevedere la possibilità di essere assoggettato a due procedimenti distinti e a due conseguenti classi di sanzioni. Tuttavia, deve escludersi che i due procedimenti perseguano scopi complementari o riguardino diversi aspetti del comportamento illecito. La sanzione amministrativa persegue l’intenzione di potenziare l’efficacia general-preventiva dei divieti già contenuti nella legge. Quanto alle condotte sanzionate, gli artt. 171ter e 174bis della L. 633/1941 puniscono i medesimi fatti, con l’eccezione delle condotte colpose aventi rilevanza solo amministrativa. Il sistema normativo non prevede alcun meccanismo volto ad evitare duplicazioni nella raccolta e nella valutazione delle prove e ad assicurare una coordinazione temporale fra i procedimenti. Non è previsto, inoltre, alcun meccanismo che consenta al giudice penale di tenere conto della sanzione amministrativa già irrogata per i medesimi fatti. Da tutto ciò discende che il sistema del doppio binario in esame non è congegnato in maniera tale da assicurare una risposta sanzionatoria unitaria agli illeciti in materia di violazioni del diritto d’autore. I due procedimenti seguono percorsi autonomi che non si intersecano né si coordinano, creando così le condizioni per il verificarsi di violazioni sistemiche del diritto al ne bis in idem.

Per questi motivi i giudici costituzionali – rilevata la violazione del ne bis in idem – hanno reputato di potervi porre parzialmente rimedio mediante la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 649 c.p.p. Ciononostante, la Corte si è dichiarata consapevole della circostanza che il rimedio adottato non sia in grado di scongiurare le violazioni del ne bis in idem nell’ipotesi in cui sia dapprima divenuta definitiva la sanzione penale ed il cittadino venga sottoposto successivamente a procedimento amministrativo. Di conseguenza, la Consulta ha auspicato una rimeditazione complessiva dei vigenti sistemi di doppio binario sanzionatorio ad opera del legislatore, in modo tale da adeguarli ai principi enunciati dalla giurisprudenza sovranazionale e nazionale.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Corte cost. 43/2018; Corte cost. 222/2019; Corte cost. 145/2020