responsabilità per danno erariale

Giudice in ritardo: scatta la responsabilità per danno erariale La Corte dei conti conferma che per il giudice che prolunga il processo per negligenza scatta la responsabilità per danno erariale

Responsabilità del giudice e danno erariale indiretto

Responsabilità per danno erariale: secondo un recente pronunciamento della Corte dei conti (sentenza n. 83/2025), anche i magistrati possono essere chiamati a rispondere per danno erariale quando un comportamento gravemente negligente causi ritardi ingiustificati nel processo. L’indipendenza della funzione giurisdizionale, infatti, non comporta un’assoluta irresponsabilità: il giudice resta tenuto al rispetto di regole di diligenza e correttezza nella conduzione delle cause.

In particolare, nel caso esaminato, un magistrato d’appello è stato condannato a risarcire parzialmente l’amministrazione per aver rimesso la causa al collegio senza controllare che il fascicolo di primo grado fosse disponibile, determinando un ritardo di circa due anni.

Il quadro normativo: tra equa riparazione e azione di rivalsa

La vicenda trae origine dalla condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’equa riparazione prevista dalla legge Pinto (legge n. 89/2001), riconosciuta a due cittadini per l’eccessiva durata del procedimento. Successivamente, la Procura contabile ha promosso l’azione di responsabilità amministrativa nei confronti del magistrato istruttore.

L’articolo 5, comma 4, della stessa legge prevede infatti la trasmissione del decreto di equa riparazione alla Procura della Corte dei conti per l’accertamento di eventuali responsabilità. La normativa si coordina con la legge n. 117/1988 sulla responsabilità civile dei magistrati, che individua la negligenza inescusabile quale parametro per qualificare la colpa grave.

Gli argomenti difensivi del magistrato e il rigetto dell’appello

Nel giudizio di appello, il magistrato ha sostenuto che la normativa all’epoca vigente non attribuiva al consigliere istruttore l’obbligo di verificare la completezza degli atti prima del rinvio al collegio e che tale controllo spettava alla cancelleria. Inoltre, ha richiamato la giurisprudenza sul limite alla sindacabilità delle valutazioni di merito compiute dal giudice.

La Corte dei conti ha però ribadito che la condotta omissiva integra una violazione degli obblighi di vigilanza, con conseguenze dannose per l’Erario, e che la responsabilità contabile può riguardare anche l’attività strettamente giurisdizionale quando il danno deriva da un comportamento macroscopicamente negligente.

La riduzione della condanna per concorso della cancelleria

Pur confermando la responsabilità del magistrato, i giudici contabili hanno riconosciuto che la condotta omissiva della cancelleria ha inciso nella causazione dell’evento dannoso. Di conseguenza, l’importo risarcitorio è stato ridotto in misura proporzionale alla corresponsabilità accertata.

Responsabilità per danno erariale e principio di indipendenza

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 385/1996, ha già chiarito che l’indipendenza della funzione giurisdizionale è pienamente compatibile con la responsabilità civile, penale e amministrativo-contabile dei magistrati. Un orientamento condiviso anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (ordinanza n. 2370/2023), che hanno affermato la possibilità di chiamare il magistrato a rispondere per danno erariale, sia per l’attività amministrativa, sia per quella giurisdizionale, se caratterizzata da colpa grave o dolo.

malasanità e danno erariale

Malasanità e danno erariale: la transazione non prova la colpa medica La Corte dei conti chiarisce: l’accordo transattivo tra paziente e Asl non basta a dimostrare la responsabilità del medico. Serve la prova della colpa grave

Malasanità e danno erariale

Malasanità e danno erariale: la sola stipula di un accordo transattivo tra l’Azienda sanitaria e il paziente non è sufficiente a fondare la responsabilità del personale sanitario. Lo ha chiarito la Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per la Calabria – con la sentenza n. 45 del 18 marzo 2025, ribadendo che la transazione può rappresentare un indice di possibile danno pubblico, ma non vale come prova automatica di colpa grave del medico.

Il caso: paralisi ostetrica e richiesta di risarcimento

Il procedimento ha preso le mosse da un’azione promossa dalla Procura contabile nei confronti di un ginecologo e di un’ostetrica, chiamati a rispondere del danno erariale indiretto che sarebbe derivato all’Azienda sanitaria in seguito al risarcimento riconosciuto ai genitori di una neonata affetta da paralisi ostetrica del plesso brachiale destro (C5-C6). La lesione, secondo l’accusa, sarebbe stata causata da errate manovre durante il parto.

L’Azienda, senza attendere un accertamento giudiziale, aveva sottoscritto una transazione con i familiari, su impulso della propria compagnia assicurativa, basandosi su una consulenza medico-legale di parte.

Nessuna colpa grave, nessuna responsabilità

La Corte, tuttavia, ha respinto la domanda risarcitoria. In primo luogo ha escluso l’applicabilità della legge Gelli-Bianco (l. n. 24/2017) per ragioni temporali, trattandosi di fatti anteriori alla sua entrata in vigore. Ma soprattutto ha rilevato l’assenza di prova circa una condotta illecita e, comunque, l’assenza di colpa grave da parte dei sanitari.

Secondo i giudici contabili, non vi era riscontro clinico di una condizione di distocia della spalla, fattore cruciale per attribuire l’evento lesivo all’operato medico. Al contrario, il buon indice di Apgar al momento della nascita costituiva un elemento indiziario in favore della correttezza dell’intervento sanitario.

L’accordo transattivo non vincola il giudice

Elemento centrale della decisione è il chiarimento sul valore della transazione nel giudizio di responsabilità: essa, spiegano i giudici, non costituisce di per sé prova della colpa del medico. L’accordo tra l’Azienda e i genitori ha infatti natura negoziale e non contiene un accertamento formale di responsabilità, configurandosi come “res inter alios acta”, cioè un atto giuridico non opponibile a chi non vi ha preso parte (artt. 1372 e 1965 c.c.).

Il giudice contabile è dunque tenuto ad accertare autonomamente e rigorosamente i presupposti della responsabilità, in particolare la condotta illecita, la colpa grave e il nesso causale tra l’agire del medico e il danno. Solo in presenza di tali elementi può essere pronunciata una condanna per danno erariale.