Modulo Contestazione Amichevole d’Incidente (CAI)
Nel caso in esame, il giudizio di merito aveva avuto ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno nell’ambito di un sinistro stradale che vedeva coinvolte tre autovetture che erano state coinvolte in un tamponamento a catena.
Per quanto qui rileva, la compagnia assicuratrice, nei confronti della quale era stata avanzata la domanda risarcitoria, aveva rilevato come fosse onere della richiedente dimostrare le modalità con cui si erano svolti i fatti contestati; rispetto a tale onere, aveva evidenziato l’assicuratrice, la richiedente si era limitata a produrre il modello CAI (contestazione amichevole d’incidente) sottoscritto da entrambi i conducenti.
Tale documento, in difetto di riscontro provenienti da altri elementi di prova, era stato ritenuto insufficiente dal Tribunale, in funzione di giudice di secondo grado, a fornire la prova del fatto dedotto a sostegno della domanda risarcitoria avanzata.
Invero, il Tribunale aveva ritenuto che il modello CAI non avesse valore di piena prova nemmeno nei confronti di chi l’aveva prodotto, poiché le dichiarazioni ivi contenute possono essere liberamente valutate dal giudice.
Avverso tale decisione l’appellante aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.
Il modulo CAI può essere fatto valere solo dai sottoscriventi
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15431-2024, ha rigettato il ricorso proposto e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
Per quanto in particolare rileva nel presente esame, la Corte ha rilevato che “l’art. 143, comma 2, del d.lgs. n. 209 del 2005 è chiaro nell’affermare che la C.A.I. sottoscritta da entrambi i conducenti determina una presunzione, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia svolto con le modalità e le conseguenze indicate su quel modulo”.
Presunzione di prova
Rispetto alla suddetta previsione normativa, la Corte ha evidenziato che, essendo prevista una presunzione di prova fino prova contraria, la società assicuratrice ben potrebbe superarla fornendo appunto la prova necessaria a tal fine. Anche tale ultima prova ricade dunque sulla società assicuratrice e non sul danneggiato, come erroneamente affermato dalla sentenza impugnata.
La Corte ha poi ribadito quanto già affermato dal Giudice di merito e dalla costante giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, ovvero che il modello CAI non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti di chi lo produce, poiché le dichiarazioni ivi contenute possono essere liberamente apprezzate dal giudice.
Valore confessorio
In questo senso, il libero convincimento del giudice sul valore confessorio del CAI, in quanto proveniente da un litisconsorte necessario, non è in contrasto con le norme sopracitate che conferiscono al modello CAI, firmato da entrambi i conducenti, il valore di una presunzione iuris tantum che l’assicuratore può superare.
Quanto sopra, ha spiegato la Corte, serve anche a comprendere l’interpretazione delle norme sul valore del CAI e del principio di litisconsorzio necessario, a proposito della responsabilità derivante da circolazione stradale.
La decisione della Cassazione
Nel caso di specie, la Corte ha concluso il proprio esame rilevando come la ricorrente- danneggiata (cessionaria del credito del secondo tamponato) non poteva far valere nei confronti dell’assicuratore alcun modello CAI, posto che il creditore cedente non aveva firmato alcunché (o, almeno, nessuno ha sostenuto il contrario) e quindi, in questo senso, non aveva preso parte alla redazione e sottoscrizione del suddetto documento.