Penale

Punibile la madre che impedisce al padre di vedere i figli Per la Cassazione, l'impedimento sistematico impedisce l'applicazione della non punibilità ex art. 131-bis c.p.

particolare tenuità del fatto

Particolare tenuità del fatto

Non si può applicare la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. nei confrontoi della madre che impedisce al padre in modo sistematico di vedere i figli. Così la seconda sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 47882-2023.

La vicenda

Nella vicenda, la donna ricorreva al Palazzaccio avverso la sentenza della Corte d’Appello di Salerno che, in funzione di giudice del rinvio, dichiarava l’imputata colpevole del reato ex art. 388, comma 2, c.p., per non aver consentito per quattro mesi al marito separato di vedere i figli a lei affidati, in violazione degli accordi fra coniugi recepiti nel decreto di omologa della consensuale, condannandola alla pena di trecento euro di multa oltre al risarcimento del danno subito dalla parte civile.

La donna proponeva ricorso chiedendo l’annullamento della sentenza in particolare per l’omessa applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. Lamentava, nello specifico, che la sentenza impugnata non aveva indicato le ragioni per cui il reato era stato ritenuto sussistente, avendo valorizzato soltanto le dichiarazioni della parte civile e ignorando quelle rese dalla stessa, ed escludendo “la causa di non punibilità sulla base di due indimostrate circostanze, costituite dagli impegni di lavoro che avrebbero impedito al marito di essere puntuale agli appuntamenti fissati e dal presunto interesse della stessa a privilegiare il rapporto con il nuovo compagno a discapito del diritto del padre di incontrare i figli, in assenza di episodi indicativi di tale fatto, non riferiti neppure dalla persona offesa”.

La decisione

Per la Cassazione, tuttavia, il ricorso è inammissibile perchè proposto con motivi non consentiti o manifestamente infondati. Già nella sentenza di appello, sostengono i giudici della S.C., era stato già accertato che la donna, “con sistematicità” aveva impedito l’incontro tra l’ex marito e i figli “in termini del tutto ingiustificati” rispetto a quanto previsto nel provvedimento giudiziale di omologazione della separazione (così la sentenza rescindente). Il giudice del rinvio, successivamente, “ha escluso che le modalità della condotta elusiva, protrattasi per un periodo apprezzabile, nonchè il danno cagionato al padre dei figli minori consentissero di ritenere l’offesa di particolare tenuità”.

Per cui, affermano ancora da piazza Cavour, la motivazione, seppur sintetica “risulta immune dai vizi denunciati dalla ricorrente”. All’inammissibilità dell’impugnazione, segue di conseguenza anche la condanna della donna al pagamento delle spese del procedimento nonchè, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.

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