Criptofonini: i principi di diritto delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite penali con la sentenze n. 23755/2024 e 23756-2024 mettono un punto fermo in materia di acquisizione di contenuti scambiati con i criptofonini, ossia smartphone dotati di sistemi di cifratura che ostacolano eventuali intercettazioni. Le decisioni, parzialmente sovrapponibili, sono state emesse in relazione a due procedimenti penali intrapresi nei confronti di soggetti nei cui confronti erano stati rilevati gravi indizi di colpevolezza per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Con i principi sanciti dalle SU la Cassazione facilita lo scambio di prove digitali tra Italia e altri Stati UE, semplificando le procedure e tutelando i diritti fondamentali.
Prove digitali e ordini europei di indagine
Le Sezioni Unite penali n. 23755/2024 stabiliscono importanti principi in materia di prove digitali e ordini europei di indagine.
- Il contenuto di comunicazioni scambiate per mezzo dei criptofonini, già acquisito e decifrato da un’autorità giudiziaria straniera, può essere trasmesso in Italia tramite ordine europeo di indagine. Non è necessaria la procedura di collaborazione tra autorità giudiziarie, ma valgono le norme sulla circolazione delle prove (artt. 238, 270 c.p.p. e 78 disp. att. c.p.p.).
- Il Pubblico Ministero italiano può richiedere direttamente all’estero, tramite ordine europeo di indagine, le prove già in possesso delle autorità competenti, senza bisogno di autorizzazione preventiva dal giudice italiano.
- L’autorizzazione del giudice italiano non è necessaria per acquisire il contenuto di comunicazioni già acquisite all’estero, neanche se si tratta di comunicazioni criptate. Questo vale sia per la disciplina nazionale che per quella europea (Direttiva 2014/41/UE).
- La disciplina sui dati di traffico e ubicazione (art. 132 Decreto legislativo n. 196/2003) si applica solo alle richieste ai fornitori di servizi, non a quelle dirette ad altre autorità giudiziarie che già detengono tali dati. Il PM può quindi accedervi senza autorizzazione del giudice.
- Il giudice italiano può escludere l’utilizzo di prove acquisite all’estero se rileva una violazione dei diritti fondamentali. La parte interessata deve però dimostrare tale violazione.
- Non c’è violazione dei diritti fondamentali se la difesa non può accedere all’algoritmo di criptazione utilizzato. Il rischio di alterazione dei dati è escluso perché ogni messaggio è associato alla sua chiave di cifratura, che ne impedisce la decrittazione anche parziale.
Acquisizione prove digitali estere
Le Sezioni Unite penali n. 23756/2024 hanno chiarito le regole per l’acquisizione di prove digitali ottenute all’estero, in particolare tramite intercettazioni:
- L’acquisizione di intercettazioni effettuate all’estero su piattaforme criptate o criptofonini non rientra nella collaborazione tra autorità giudiziarie (art. 234-bis c.p.p.), ma è disciplinata dall’art. 270 c.p.p.
- Il Pubblico Ministero italiano può richiedere direttamente all’estero le prove già in possesso delle autorità competenti, senza bisogno di autorizzazione preventiva dal giudice italiano.
- Le intercettazioni estere effettuate con un captatore informatico su un server criptato sono ammissibili.. Non è necessaria l’autorizzazione del giudice italiano, come previsto dalla Direttiva 2014/41/UE, perché la disciplina nazionale non la richiede.
- Il giudice italiano può escludere l’utilizzo di intercettazioni esterne se rileva una violazione dei diritti fondamentali. La parte interessata deve però dimostrare tale violazione.
- Non vi è violazione dei diritti fondamentali se la difesa non può accedere all’algoritmo di criptazione utilizzato. Il rischio di alterazione dei dati è escluso perché ogni messaggio è associato alla sua chiave di cifratura, che ne impedisce la decrittazione anche parziale.