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Torna al lavoro il vigile in mutande! Licenziamento illegittimo: la Cassazione conferma la sentenza della Corte d’Appello in favore del vigile beccato a timbrare il cartellino in mutande

licenziamento vigile in mutande

Illegittimo il licenziamento del vigile in mutande

Illegittimo il licenziamento del vigile sorpreso a timbrare il cartellino in mutande. Lo ha confermato la sentenza della Corte di Cassazione n. 20109-2024.

La “truffa del cartellino”

Confermata quindi la revoca del licenziamento, la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno. Si conclude così la vicenda del vigile diventato protagonista, insieme ad altri furbetti, della nota vicenda della “truffa del cartellino”.

Sottoposto a procedimento penale e disciplinare il vigile era stato infine licenziato. In sede d’appello però il licenziamento era stato dichiarato illegittimo e al dipendente comunale era stato riconosciuto un risarcimento superiore a 230.000 euro e la reintegra nel posto di lavoro. Dopo la sentenza della Cassazione i legali dichiarano che agiranno per ottenere somme ulteriori per le ferie non godute, oltre alla rivalutazione e agli interessi.

Licenziamento per giusta causa

La vicenda portata all’attenzione degli Ermellini si apre quando la Corte di Appello, accogliendo il reclamo del vigile urbano, annulla il licenziamento disciplinare e il provvedimento che lo ha confermato, condannando il Comune di Sanremo, nella veste di datore di lavoro, a risarcirgli i danni pari alla retribuzione dovuta dal giorno del licenziamento a quello della reintegra nel posto di lavoro.

Il licenziamento per giusta causa è conseguito a un procedimento penale intrapreso nei confronti del vigile, accusato di essersi allontanato dal posto di lavoro senza timbrare il badge in uscita, di avere timbrato anche per i colleghi e di non avere timbrato in diverse occasioni, dichiarando orari di servizio falsi.

Per la Corte di Appello, in relazione alla timbratura in abiti succinti (ossia in mutande come risultato dalle riprese delle telecamere) e alla timbratura effettuata da terzi, il Comune non è stato in grado di dimostrare compiutamente la rilevanza disciplinare di queste condotte.

La Corte di Appello ha quindi  accolto il reclamo del vigile perché ha ritenuto vincolante il giudicato penale, che ha escluso la rilevanza penale degli episodi attribuiti al vigile.

Cassazione: confermato il licenziamento illegittimo

Il Comune di Sanremo nella sua qualità di datore di lavoro non accetta la decisione e ricorre in Cassazione, affidandosi a tre motivi di doglianza.

La Cassazione però respinge il ricorso, dichiarando infondati il primo e il secondo motivo di impugnazione e inammissibile il terzo.

Per gli Ermellini l’articolo 653 c.p.p. che regola l’efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio disciplinare, non comporta automaticamente l’insussistenza dell’illecito disciplinare in presenza di un’assoluzione in sede penale.

Il giudicato penale di assoluzione da un reato non comporta in automatico l’archiviazione del procedimento disciplinare. Anche quando l’assoluzione viene pronunciata con la formula “perché il fatto non sussiste” non significa che la pubblica amministrazione, nella sua qualità di datore di lavoro, non possa procedere in sede disciplinare.

Nel caso di specie però la Corte di merito ha sancito l’illegittimità della sanzione espulsiva del dipendente in maniera corretta. La sentenza penale di assoluzione adottata con la formula “perché il fatto non sussiste” non consentiva infatti di ritenere le condotte del vigile autonomamente rilevanti dal punto di vista disciplinare. Il giudicato penale ha coperto quindi l’elemento oggettivo e quello soggettivo, anche sotto il profilo disciplinare.

Queste le ragioni per le quali la Cassazione è arrivata a confermare la decisione della Corte d’appello sull’illegittimità del licenziamento irrogato al vigile.

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