Contratto a tutele crescenti: cos’è
Il contratto a tutele crescenti rappresenta una delle innovazioni chiave introdotte dal Decreto Legislativo n. 23/2015, noto come Jobs Act, una riforma del lavoro promossa dal governo Renzi. Questo nuovo tipo di contratto ha avuto un notevole impatto sulle pratiche di assunzione e gestione del lavoro in Italia, implementando un sistema di protezioni per i lavoratori che aumenta con l’anzianità. Esso però riduce parzialmente i diritti in caso di licenziamento, soprattutto nelle fasi iniziali del contratto. La misura promuove la flessibilità nel mercato del lavoro italiano e segna un cambiamento significativo nelle norme sui licenziamenti, stabilendo specifiche protezioni per chi è stato assunto dopo l’entrata in vigore della legge o per coloro il cui contratto viene trasformato in uno a tempo indeterminato.
Regolamentazione dei licenziamenti
Il decreto si applica ai lavoratori subordinati assunti con contratti a tempo indeterminato dalla sua entrata in vigore, includendo anche le conversioni da contratti precedenti. La normativa riguarda principalmente operai, impiegati e quadri e introduce un regime di tutele crescenti basato sull’anzianità di servizio. Questo sistema assicura protezioni economiche progressive e limita il reintegro sul lavoro solo in casi specifici di licenziamenti nulli, discriminatori o disciplinari ingiustificati. Approfondiamo nei dettagli.
Licenziamento discriminatorio e nullo
In caso di licenziamento discriminatorio, nullo o comunicato oralmente, il giudice ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro indipendentemente dal motivo formale indicato dal datore. Inoltre, è previsto un risarcimento minimo pari a cinque mensilità dell’ultima retribuzione oltre al pagamento dei contributi previdenziali per il periodo di esclusione. Tuttavia, il lavoratore può scegliere un’indennità sostitutiva pari a quindici mensilità terminando così il rapporto lavorativo.
Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa
Il decreto distingue i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo o oggettivo e per giusta causa. Se il giudice verifica l’assenza dei motivi giustificativi del licenziamento, dichiara estinto il rapporto lavorativo riconoscendo al lavoratore un’indennità economica proporzionale all’anzianità di servizio variabile tra sei e trentasei mensilità. Quando viene dimostrata l’insussistenza del fatto contestato, il giudice ordina la reintegrazione con un risarcimento massimo di dodici mensilità.
Licenziamenti collettivi
In caso di licenziamenti collettivi, il decreto prevede sanzioni per irregolarità procedurali o violazioni nei criteri di selezione. Se non comunicato in forma scritta, si applica lo stesso regime dei licenziamenti discriminatori o nulli con possibilità di reintegro e risarcimento. In altre situazioni, spetta al lavoratore un’indennità calcolata sull’anzianità.
Funzionamento del contratto a tutele crescenti
Il principale vantaggio del contratto a tutele crescenti è l’indennizzo previsto in caso di licenziamento illegittimo che aumenta con l’anzianità dopo il periodo iniziale. Se si verifica un licenziamento senza giusta causa o motivo valido:
- nei primi tre anni: il lavoratore ha diritto a un’indennità tra 1 e 6 mensilità secondo l’anzianità, ma fino a 36 mesi massimo;
- oltre tre anni: le protezioni aumentano significativamente col tempo sino a 36 mensilità. Per i motivi economici o aziendali non vi è reintegrazione, ma solo indennizzo economico variabile secondo durata contrattuale e circostanze.
Differenze rispetto al contratto tradizionale
Rispetto al contratto tradizionale a tempo indeterminato dove il lavoratore ha diritto sia all’indennizzo che alla reintegrazione senza giusta causa se non ci sono validi motivi economici; nel sistema delle tutele crescenti la reintegrazione avviene solo in casi discriminatori o violazione dei diritti inviolabili (come nel caso della donna incinta), negli altri casi c’è solo un’indennità economica.
Vantaggi per aziende e dipendenti
Il contratto offre vantaggi sia alle aziende che ai dipendenti. Per le imprese è una soluzione più flessibile permettendo una gestione più agevole delle risorse umane senza costosi esborsi economici. Ai dipendenti garantisce invece una maggiore stabilità col passare degli anni grazie alle crescenti tutele sebbene inizialmente limitate.
Critiche e preoccupazioni
Nonostante i benefici ci sono critiche poiché alcune parti ritengono che questo sistema possa ridurre la protezione dei lavoratori nei primi anni favorendo una maggiore flessibilità. La limitazione della reintegrazione potrebbe diminuire la tutela contro i licenziamenti ingiusti portando minor sicurezza soprattutto ai giovani meno esperti, esposti maggiormente nei primi anni contrattuali.
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