Quesito con risposta a cura di Carolina Giorgi, Corina Torraco e Incoronata Monopoli
Ai fini della validità della compravendita immobiliare, la nullità comminata dal D.P.R. 380/2001, art. 46, e dalla L. 47/1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell’ambito dell’art. 1418, comma 3, c.c. di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ed atti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile proprio a quell’immobile; in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato. – Cass. II, 17 ottobre 2022, n. 30425.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha richiamato i principi espressi dalle S.U. 8230/2019 in cui, nell’affrontare il tema della rilevanza, ai fini della validità della compravendita immobiliare, dei profili attinenti alla regolarità urbanistica del bene oggetto del contratto, sono pervenute a una nozione testuale, e non virtuale, di nullità negoziale, dichiarando applicabile l’art. 1418, comma 3, c.c. Per l’effetto, si è dunque esclusa l’esistenza di una norma imperativa, rilevante quale nullità virtuale, e di un generale divieto di stipulazione di atti aventi ad oggetto immobili abusivi al fine di renderli giuridicamente non utilizzabili. Tali principi risultano altresì applicabili nel caso di costruzione iniziata anteriormente al 1° settembre 1967, per i quali la L. 47/1985, art. 40, comma 2, prevede, in luogo della menzione in atto degli estremi della concessione, la dichiarazione da parte del proprietario o altro avente titolo, nella forma sostitutiva dell’atto notorio, attestante che l’opera risulta iniziata in data anteriore. In presenza di tale dichiarazione, la nullità comminata dalla legge urbanistica può ritenersi esistente solo nel caso in cui tale dichiarazione non risulti riferibile all’immobile oggetto dell’atto traslativo ovvero che quanto dichiarato non corrisponda alla realtà. Sussistendo tale dichiarazione nell’atto di compravendita (come nel caso di specie), restano irrilevanti, sotto il profilo della validità dell’atto, eventuali difformità del bene, rispetto allo stato di fatto originario, che non incidano sulla riferibilità ad esso della dichiarazione sostitutiva, difformità che potranno produrre le loro conseguenze unicamente sul terreno della responsabilità contrattuale.
PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI |
Conformi: Cass. S.U. 22 marzo 2019, n. 8230 |
Difformi: Cass. II, 17 ottobre 2013, n. 23591 |