Quesito con risposta a cura di Enesia Ciampa, Giovanna de Feo, Giacomo Migliarini
Il coerede, il quale abbia apportato miglioramenti al bene ereditario da lui posseduto, non può invocare la disciplina dell’art. 1150 c.c. – la quale attribuisce al terzo possessore di buona fede una indennità pari all’aumento di valore della cosa per effetto dei miglioramenti – ma, quale mandatario o utile gestore degli altri compartecipi alla comunione ereditaria, ha unicamente il diritto di essere rimborsato delle spese fatte per la cosa comune, dal momento che lo stato di indivisione riconduce all’intera massa i miglioramenti apportati dal coerede; ne consegue che al momento dell’attribuzione delle quote l’apporto si ripartisce, insieme con le spese, tra i vari condividenti, secondo il principio nominalistico. – Cass., sez. VI, 17 gennaio 2023, n. 1207.
Il coerede, che sul bene comune da lui posseduto abbia apportato delle migliorie, può pretendere il rimborso delle spese sostenute, ex art. 1110 c.c., in sede di divisione. Non può, invece, secondo consolidato orientamento della Cassazione, chiedere un’indennità pari all’aumento del valore della cosa, in base all’art. 1150 c.c.
In applicazione di questo principio, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dal comunista che aveva apportato migliorie all’immobile in cui abitava, riconoscendogli il diritto, in sede di divisione, ad ottenere il rimborso dagli altri coeredi per le spese sostenute.
La comunione ereditaria è la situazione di contitolarità sui beni indivisi del de cuius che si perfeziona al momento dell’accettazione del patrimonio ereditario. Con la divisione, che può essere consensuale, testamentaria o giudiziale, i beni indivisi vengono ripartiti ed attribuiti a ciascun erede.
Prima di tale momento, tutti i comunisti hanno il diritto di concorrere nell’amministrazione della cosa in comune che deve essere gestita collettivamente. In ragione di ciò, se il coerede apporta dei miglioramenti al bene da lui posseduto non potrà invocare la disciplina di cui all’art. 1150 c.c. che riconosce al terzo possessore in buona fede una indennità pari all’aumento del valore della cosa per effetto del proprio intervento. Egli avrà, però, diritto, in qualità di mandatario degli altri compartecipi o utile gestore della comunione ereditaria, al rimborso delle spese sostenute (così anche Cass., sez. II, 17 luglio 2020, n. 15300).
Solo per i debiti di valore, al momento della liquidazione, viene riconosciuta la rivalutazione monetaria della somma da corrispondere al creditore. Pertanto, essendo l’obbligo di rimborso classificabile quale debito di valuta, in sede di determinazione del quantum da attribuire al comunista creditore, la somma non sarà sottoposta a maggiorazione in base alla rivalutazione del valore del bene (in tal senso anche Cass., sez. II, 21 dicembre 2019, n. 5135).
Tale diritto sorge anche nel caso di utilizzo esclusivo dell’immobile prima della divisione, dato che i miglioramenti apportati, per il principio di accessione, accrescono il valore del bene in comunione e se ne deve tenere conto ai fini della stima dello stesso, per la determinazione delle quote e la liquidazione dei conguagli. Rientrano nella nozione di “migliorie” quelle opere che abbiano accresciuto il godimento, la produttività e la redditività del bene, senza presentare una propria individualità rispetto alla “res” in cui vanno ad incorporarsi.
Quindi, il partecipante che, “in caso di trascuranza degli altri”, ex art. 1110 c.c., abbia sostenuto le spese necessarie per la conservazione della cosa comune, potrà rivolgersi a ciascuno degli altri coeredi per ottenere il rimborso in proporzione alle rispettive quote, fatta salva la quota di spesa di sua personale spettanza, che resterà a suo carico (sul punto si veda Cass., sez. II, 11 settembre 2013, n. 20841).
Concludendo, la Cassazione riconosce tale diritto al comunista, confermando il precedente indirizzo che configura come debito di valuta la somma spettante a colui che abbia apportato miglioramenti alla massa ereditaria e, cassando l’ordinanza impugnata, rinvia alla Corte di Appello, in diversa composizione, per una decisione che tenga conto del principio di diritto affermato in sede di legittimità
PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI |
Conformi: Cass., sez. II, 17 luglio 2020, n. 15300; Cass., sez. II, 21 dicembre 2019, n. 5135; Cass., sez. II, 11 settembre 2013, n. 20841 |