Quesito con risposta a cura di Sara Rosati e Silvia Todisco
In tema di assegno divorzile e di contributo al mantenimento del figlio, la determinazione del reddito da lavoro dipendente del soggetto a carico del quale sono richieste quelle prestazioni impone di tenere conto delle ritenute fiscali e contributive operategli in busta paga sulla retribuzione, mentre il rilievo attribuibile, per il medesimo fine, ad altre trattenute ivi eventualmente effettuategli dal datore di lavoro può variare a seconda del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso. – Cass., sez. I, 3 marzo 2023, n. 6515.
La questione oggetto della pronuncia della Suprema Corte trae origine dal caso di un genitore con una retribuzione netta di media di circa 1.500,00 mensili, gravata da pesanti oneri finanziari (in particolare, una cessione di Euro 397,00 e un prestito di Euro 347,00) che è stato condannato dal Tribunale al pagamento, a titolo di contributo per il mantenimento della prole, di Euro 300,00 per il figlio e di Euro 300,00 a titolo di assegno divorzile.
In sede di impugnazione, la Corte d’Appello ha rideterminato in Euro 250,00 sia l’assegno divorzile che il contributo in favore del figlio.
Avverso tale pronuncia la ricorrente ha adito i Giudici della Suprema Corte denunciando, per quanto qui di rilievo, la violazione e falsa applicazione della L. 898/1970, art. 5, comma 6 e dell’art. 316bis c.c. e della Costituzione, artt. 2 e 29.
In particolare, la censura muove dall’assunto che non ogni trattenuta che venga operata in busta paga sulla retribuzione di un lavoratore dipendente debba essere presa in considerazione ai fini della determinazione del suo reddito.
Si lamenta che la Corte territoriale avrebbe disposto la riduzione dell’assegno valorizzando, sic et simpliciter, in modo indiscriminato, gli oneri finanziari gravanti sullo stipendio di controparte, senza prendere in considerazione le ragioni poste a fondamento dei medesimi.
La Suprema Corte ha ritenuto il motivo fondato.
In particolare, ha affermato che non ogni trattenuta che viene operata in busta paga sulla retribuzione di un lavoratore dipendente va presa in considerazione ai fini della determinazione del suo reddito. La Corte opera una distinzione tra le ritenute fiscali e contributive, che certamente vanno prese in considerazione perché la loro applicazione da luogo alla determinazione del reddito disponibile da parte del soggetto, e le altre trattenute eventualmente operate dal datore di lavoro, le quali corrispondono, nella generalità dei casi, a titoli che, a differenza dei primi, non prescindono dalla volontà dell’obbligato e derivano, invece, da suoi atti di disposizione.
Secondo la Corte, il rilievo attribuibile a tali ritenute, in sede di determinazione della condizione economica del coniuge ai fini dell’assegno di separazione, può variare a seconda del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso.
Nell’accogliere il ricorso, dunque, la Corte rammenta che sarebbe stato necessario, laddove la sentenza impugnata ha proceduto alla riduzione dell’entità dell’assegno, che la Corte avesse verificato da cosa fossero concretamente scaturite le altre trattenute operate in busta paga dal datore di lavoro, evidentemente derivanti, da atti di disposizione di quest’ultimo.
PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI |
Conformi: Cass., sez. I, 21 giugno 2012, n. 10380 |