Quesito con risposta a cura di Alessia Bruna Aloi, Beatrice Doretto, Antonino Ripepi, Serena Suma e Chiara Tapino
È costituzionalmente illegittimo l’art. 538 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131bis c.p., decida sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile a norma degli artt. 74 e ss. c.p.p. – Corte Cost. 12 luglio 2022, n. 173.
Il fatto di particolare tenuità ha ad oggetto una condotta offensiva costituente reato che il legislatore preferisce non punire a causa della lievità dell’offesa. La sentenza che esclude la punibilità per la particolare tenuità del fatto non è pertanto una pronuncia tipicamente assolutoria; al contrario, questa accerta in via definitiva che il reato è stato commesso dalla persona che viene dichiarata non punibile. Per questo motivo il giudicato di tale pronuncia, nel giudizio civile di danno, ex art. 651bis c.p.p., è modellato su quello tipico delle sentenze di condanna (art. 651 c.p.p.) e non su quello delle sentenze di assoluzione (art. 652 c.p.p.). Questo parallelismo con le sentenze di condanna disvela un deficit di tutela per la parte civile nel momento in cui si prevede all’art. 538 c.p.p. che il giudice decida sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno solo in presenza di una sentenza di condanna. Tale difetto di tutela giurisdizionale per la parte civile non è stato invece ravvisato dalla Consulta nell’ipotesi di assoluzione per vizio totale di mente, venendo in questo caso in rilievo un accertamento penale riconducibile a quello delle sentenze assolutorie di cui all’art. 652 c.p.p. (Corte Cost. 29 gennaio 2016, n. 12). Inoltre, il codice di procedura penale contempla delle ipotesi in cui vi può essere una statuizione sulle pretese civili risarcitorie o restitutorie (artt. 576, 578 e 622 c.p.p.), dando in questo modo una risposta di giustizia alla domanda della parte civile, nonostante il mancato accertamento, con effetto di giudicato, circa la sussistenza del fatto, la sua illiceità penale e l’affermazione che l’imputato lo ha commesso. Al contrario, pur in presenza del suddetto accertamento, una risposta di giustizia manca nell’ipotesi di proscioglimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131bis c.p. Questa disparità di trattamento fra le ipotesi esaminate e la fattispecie di cui all’art. 538 c.p.p. comporta la violazione, da parte di quest’ultima, del principio di uguaglianza (art. 3, comma primo, Cost.). L’art. 538 c.p.p. è inoltre in contrasto con il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24, comma 2, Cost.), in quanto la parte civile non ottiene una decisione in ordine alla sua pretesa risarcitoria o restitutoria, anche quando essa appare fondata e meritevole di accoglimento. Infine, la norma collide con il canone della ragionevole durata del processo (art. 111, comma secondo, Cost.), poiché nel caso in esame il giudizio penale subisce un arresto e la parte civile è tenuta a promuovere una nuova azione davanti al giudice civile, anche solo per recuperare le spese sostenute nel processo penale.
La riconduzione a legittimità della disposizione censurata richiede, dunque, di riconoscere al giudice penale la possibilità di pronunciarsi anche sulla domanda di risarcimento del danno quando accerti la sussistenza dei presupposti per dichiarare la non punibilità dell’imputato per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131bis c.p.
PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI |
Conformi: non constano precedenti rilevanti |
Difformi: Corte Cost. 12/2016 |