Quesito a cura di Carolina Giorgi, Corina Torraco e Incoronata Monopoli
L’accoglimento della domanda di simulazione per interposizione fittizia nei confronti dell’interponente acquirente, proposta dal terzo creditore, è diretta anche alla verifica dell’effettiva produzione dell’effetto traslativo del bene in favore del medesimo interponente, per effetto del concluso accordo simulatorio; conseguenza, quest’ultima, che scaturisce in via automatica e immediata dalla dichiarazione di simulazione relativa soggettiva ex art. 1414, comma 2, c.c. Il terzo creditore dell’interponente, effettivo acquirente, ha lo specifico interesse, infatti, a far valere la reale appartenenza del bene al suo debitore, ai fini di poterne aggredire il patrimonio e soddisfare così il suo credito. – Cass. II, 11 novembre 2022 n. 33367.
In tema di interposizione fittizia personale, la simulazione incide sul piano dei soggetti, ossia degli autori del regolamento negoziale. In tal caso, l’accordo negoziale ha il precipuo effetto di attribuire la qualità di destinatario degli effetti dell’atto ad un soggetto diverso da colui il quale figura come tale (interposto), determinando, pertanto, uno sdoppiamento tra parte apparente e parte effettiva del rapporto. Generalmente, l’interposizione fittizia di persona si verifica nei casi in cui un soggetto intenda acquistare un bene e, tuttavia, non voglia rendere noto a terzi il suo diritto di proprietà. L’interponente, infatti, si accorda con altro soggetto (interposto), affinché questi figuri formalmente quale acquirente, ma rimanga, in realtà, del tutto estraneo rispetto agli effetti del contratto, i quali si produrranno in via esclusiva in capo al primo (interponente). Ciò posto, sia l’effetto traslativo (acquisto della titolarità del diritto), sia le conseguenze obbligatorie della compravendita (obbligo del pagamento del corrispettivo), non ricadranno sul simulato acquirente, bensì sull’interponente. È indispensabile, tuttavia, perché la fattispecie si realizzi, che l’accordo simulatorio intercorra tra tre soggetti, coinvolgendo, oltre al soggetto interposto ed all’interponente, anche il terzo contraente (alienante). L’attività negoziale posta in essere dall’interposto dispiega direttamente i suoi effetti nei confronti dell’interponente, il quale risulta l’unico e reale destinatario degli effetti dell’atto. Sono sufficienti, pertanto, due negozi per la realizzazione della suddetta fattispecie: da un lato, l’accordo simulatorio, intercorrente tra interposto, interponente e terzo; dall’altro, il contratto simulato, fittiziamente stipulato tra interposto e terzo, ma in realtà destinato a produrre i suoi effetti nei confronti dell’interponente.
Tanto premesso, nel caso in esame, il Giudice del gravame, confermando il percorso motivazionale della sentenza di prime cure, ha ritenuto dimostrata dal terzo creditore dell’acquirente reale l’esistenza di un accordo simulatorio trilatero, raggiunto tra l’interponente acquirente, l’alienante dell’immobile e l’interposto acquirente; ben disponendo, dunque, la titolarità della proprietà del bene in favore dell’interponente, come naturale e diretta conseguenza della dichiarazione della simulazione dell’atto di alienazione. La Cassazione evidenzia, nel caso di specie, la funzione dichiarativa dell’azione del terzo, creditore del dissimulato compratore. Tale azione non mira a far riconoscere l’esistenza degli elementi costitutivi di un negozio diverso da quello voluto, bensì ad accertare nei confronti delle parti di una compravendita con interposizione fittizia di persona, che, per effetto della simulazione relativa del contratto, l’immobile compravenduto è “passato in proprietà” al debitore.
Nel caso in esame, trattandosi di una simulazione relativa soggettiva, azionata dal terzo creditore dell’acquirente reale, non viene richiesta ai fini probatori la tipica controdichiarazione scritta, come da combinato disposto degli artt. 1417 e 2725 c.c. poiché i creditori o i terzi sono soggetti estranei al negozio e, dunque, non in grado di fornire le suddette prove ut supra; ciò posto, viene loro riconosciuta la prova per testi o per presunzioni. Diversamente, laddove la domanda venga proposta dalle parti o dagli eredi, la prova per testi viene ammessa soltanto nell’ipotesi di cui al n. 3 dell’art. 2724 c.c. quando il contraente perda senza colpa il documento, ovvero quando la prova sia diretta a far valere l’illiceità del negozio, ai sensi dell’art. 1417 c.c.
La circostanza, inoltre, che l’acquirente effettivo interponente, costituitosi in giudizio, abbia aderito alla domanda del terzo creditore e abbia ammesso la realizzazione della simulazione relativa soggettiva, chiedendo, in via riconvenzionale, l’accertamento della proprietà in suo favore, non implica alcuna conseguenza, ne’ in termini di necessaria chiamata del terzo nei confronti dell’interposto, ne’ in termini probatori sulla necessaria allegazione di controdichiarazione scritta, posto che la domanda che ha trovato accoglimento è stata quella spiegata dal terzo creditore, domanda attorea principale, rispetto alla quale la pretesa di accertamento della proprietà avanzata dal convenuto interponente ha avuto una mera valenza adesivo-rafforzativa; sicché per il terzo creditore la dimostrazione della simulazione per interposizione fittizia di persona è ammissibile solamente per testimoni e presunzioni.
Sulla scorta di tali argomentazioni, la Cassazione ha accolto il ricorso di parte attrice.
L’accoglimento della domanda di simulazione per interposizione fittizia nei confronti dell’interponente acquirente, proposta dal terzo creditore, ha comportato anche la dichiarazione dell’effetto traslativo del bene in favore dell’interponente, reale acquirente e proprietario. Infine, l’interposizione fittizia di persona, seppur rientri fra i casi di simulazione relativa, non richiede, tuttavia, che la prova dell’accordo simulatorio risulti da atto scritto, bensì da testimoni o presunzioni, in quanto nel caso in esame l’istituto de quo non è stato fatto valere nei rapporti tra le parti, ma da terzi creditori.
PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI |
Conformi: Cass. II, 25 gennaio 1988, n. 587; Cass. II, 4 maggio 2007, n. 10240; Cass. VI, 2 luglio 2015, n. 13634 |