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Redditometro sospeso Il Mef ha emanato atto di indirizzo formalizzando la sospensione del decreto recante “Determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche” sul cd redditometro

redditometro sospeso

Il decreto del MEF sul redditometro

Come spiegato nel nostro articolo Torna il redditometro era stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 116 del 20 maggio, il decreto 7 maggio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, recante “Determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche”, applicabile ai redditi per gli anni d’imposta a decorrere dal 2016.

Decreto sospeso: atto di indirizzo del Mef

La Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha dichiarato tuttavia che “Nessun Grande Fratello fiscale sarà mai introdotto da questo governo”. Lo strumento del redditometro è, invero, da sempre molto contestato in quanto ritenuto, tra l’altro, potenzialmente lesivo della privacy dei cittadini.

La decisione del Governo giunge dopo che erano stati sentiti l’ISTAT e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione, nonché dopo che era stato acquisito il parere del Garante della protezione dei dati personali.

È stato in particolare riferito che il testo normativo sarà sospeso fino alla sua revisione.

La decisione è stata formalizzata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, con atto di indirizzo, ove è stato disposto che l’avvio delle attività applicative, conseguenti all’emanazione del decreto ministeriale 7 maggio 2024, è differito, considerata l’opportunità di preventivamente modificare il contenuto normativo dell’art. 38 DPR 600/1973 “al fine di rendere più esplicita la sottointesa volontà di concentrare il ricorso all’applicazione dell’istituto della determinazione sintetica del reddito fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva ai casi nei quali il contribuente ometta di dichiarare i propri redditi, a fronte del superamento di soglie di spesa da determinare”.

Che cos’è il redditometro

Il decreto in esame avrebbe introdotto nuove regole per “riattivare” lo strumento, già in passato utilizzato dall’Agenzia delle Entrate, volto alla comparazione delle spese di un contribuente con il suo reddito dichiarato, al fine di individuare (e successivamente accertare) eventuali evasioni fiscali da parte dello stesso nel caso di incoerenza tra i due valori.

In particolare, come spiegato nel precedente contributo, lo strumento del redditometro rappresenta una misura che, sulla base di indici e coefficienti, è in grado di misurare la capacità di spesa di una persona fisica, consentendo al fisco di quantificare, in modo induttivo, i redditi del contribuente.

Cosa prevedeva il “decreto sospeso”

Per completezza, di seguito si riportano alcuni aspetti che erano stati introdotti nel sopracitato decreto.

In particolare, l’art. 2 precisava che le spese “si considerano sostenute dalla persona fisica cui risultano riferibili sulla base dei dati disponibili o delle informazioni presenti in Anagrafe tributaria. Si considerano, inoltre, sostenute dal contribuente, le spese effettuate dal coniuge e dai familiari fiscalmente a carico”. Al contrario, non si considerano sostenute dalla persona fisica “le spese per i beni e servizi se gli stessi sono relativi esclusivamente ed effettivamente all’attività di impresa o all’esercizio di arti e professioni”.

L’art. 3 del decreto stabiliva invece quali erano gli elementi sulla base dei quali l’Agenzia delle entrate avrebbe determinato il reddito complessivo accertabile del contribuente, quali, a titolo esemplificativo: le spese sostenute dal contribuente come risultanti dal Sistema informativo dell’anagrafe tributaria; l’ammontare della spesa per i beni e servizi considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile per una famiglia corrispondente alla tipologia di nucleo familiare di appartenenza; gli incrementi patrimoniali del contribuente imputabile al periodo d’imposta di riferimento.

Infine, l’art. 4 del decreto ammetteva la possibilità per il contribuente di dimostrare “a) che il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta, ovvero con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, ovvero da parte di soggetti diversi dal contribuente; b) che le spese attribuite hanno un diverso ammontare; c) che la quota del risparmio utilizzata per consumi ed investimenti si è formata nel corso di anni precedenti”.

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