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E’ violenza sessuale se la vittima ubriaca perde coscienza La Cassazione afferma che in tema di reati contro la libertà sessuale, nei rapporti tra maggiorenni, il consenso deve perdurare nel corso dell’intero rapporto sessuale senza soluzione di continuità

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Condizioni di inferiorità psichica

Nel caso di specie, il Giudice di merito aveva condannato l’imputato alla pena di due anni e sei mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 609-bis c.p., poiché, approfittando delle condizioni di inferiorità psichica determinate dall’abuso di sostanza alcoliche da parte della vittima, l’aveva indotta a subire atti sessuali consistiti in una penetrazione vaginale.

Avverso tale decisione l’imputato aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’attualità del consenso

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 19638-2024, ha rigettato il ricorso proposto e ha condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali.

La Corte ha anzitutto rilevato come il Giudice di merito aveva correttamente ricostruito i fatti e valutato l’intero compendio probatorio, spiegando altresì i motivi sulla base dei quali la persona offesa non era in grado di esprimere un valido consenso all’atto sessuale, trovandosi in stato d’incoscienza a causa dell’abuso di alcol.

Nella specie, era stato evidenziato come, dalla dinamica dei fatti, era emerso che la giovane donna, dopo aver perso i sensi a causa di un’eccessiva assunzione di sostanze alcoliche, aveva perduto i sensi durante il rapporto sessuale e pertanto non aveva potuto acconsentire allo stesso.

La Corte ha in particolare evidenziato come, il consenso della persona offesa, se pur inizialmente manifestato, avrebbe dovuto persistere durante tutto il rapporto sessuale, posto quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità sul punto, ovvero che “in tema di reati contro la libertà sessuale, nei rapporti tra maggiorenni, il consenso agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell’intero rapporto senza soluzione di continuità, con la conseguenza che integra il reato di cui all’art. 609 bis cod. pen. la prosecuzione del rapporto nel caso in cui, successivamente a un consenso originariamente prestato, intervenga “in itinere” una manifestazione di dissenso, anche non esplicita, ma per fatti concludenti chiaramente indicativi della contraria volontà”.

Per quanto invece attiene alla posizione dell’imputato, il Giudice di legittimità ha evidenziato che la sua lucidità “era desumibile innanzitutto dalle dichiarazioni dell’amico (…) il quale, in sede di sommarie informazioni, aveva riferito che una volta raggiunto l’imputato gli aveva fatto un sorriso per far intendere che era stato consumato un rapporto sessuale con la persona offesa”, inoltre, ha proseguito la Corte, l’imputato “si era alzato prontamente tirandosi su la zip dei pantaloni per poi allontanarsi per paura di ripercussioni da parte dei buttafuori”.

Dall’insieme di questi elementi era dunque possibile desumere che l’imputato era “nel pieno delle proprie capacità e quindi in grado di comprendere la situazione di incoscienza della vittima”.

La Corte ha pertanto concluso il proprio esame rilevando che la sentenza impugnata non può essere annullata in sede di legittimità e ha, per l’effetto, rigettato il ricorso proposto.

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