Rito camerale: cos’è
Il rito camerale o in camera di consiglio, è un procedimento snello e informale, spesso utilizzato per questioni che richiedono una decisione rapida o riguardano lo stato delle persone, la famiglia o la gestione di patrimoni. In alcuni casi, nel procedimento è coinvolto anche il Pubblico Ministero, in altri il giudice, prima di decidere, deve acquisire il parere di altri organi.
Normativa di riferimento
Il rito camerale o procedimento in camera di consiglio è disciplinato dagli articoli 737 – 742 bis c.p.c, norma di chiusura che individua negli articoli che la procedono, la disciplina di carattere generale applicabile ai procedimenti in camera di consiglio.
Rito camerale: competenza
Per quanto riguarda la competenza, nel rito camerale è necessario verificare di volta in volta la materia specifica e il territorio. Se il giudice competente per territorio non è espressamente indicato, per regola generale è necessario riferirsi al giudice del luogo di domicilio o residenza della persona nel cui interesse viene emesso il provvedimento, se questa informazione manca si prende come riferimento la residenza del ricorrente. Di solito, la competenza spetta al Tribunale ordinario o al Tribunale per i minorenni, ma esistono anche casi in cui la decisione è demandata al Giudice di Pace o al Presidente del Tribunale.
Avvio del rito camerale con ricorso
Generalmente, un procedimento in camera di consiglio si avvia su ricorso di soggetti specifici indicati dalla legge, o da chiunque sia direttamente o indirettamente interessato dagli effetti del provvedimento. Ci sono però eccezioni importanti: in alcuni casi specifici è il giudice stesso a promuovere il procedimento d’ufficio.
Contenuto del ricorso
Il ricorso, che rappresenta la domanda iniziale, deve esporre in modo sintetico, ma chiaro i fatti e le ragioni della richiesta. Una volta depositato presso la cancelleria del giudice competente, il ricorso va notificato solo se coinvolge gli interessi di soggetti diversi dal ricorrente.
Giudice del rito camerale: ruolo e funzioni
Nel rito camerale, non c’è un giudice istruttore, ma un giudice relatore, che ha il compito di istruire la causa, potendo anche ascoltare gli interessati. Sulla gestione delle prove e degli elementi istruttori, ci sono diverse interpretazioni: alcuni ritengono che il giudice relatore sia l’unico delegato al compimento dei mezzi istruttori, mentre altri sostengono che sia l’intero collegio (il gruppo di giudici) a dover decidere e assumere le prove, con il relatore che si limita a esporre la questione.
Decreto motivato: il reclamo
Il procedimento camerale si conclude solitamente con un decreto motivato.
I decreti possono essere contestati tramite reclamo al Tribunale in composizione collegiale, che a sua volta decide in camera di consiglio. Se il decreto è del Tribunale di primo grado in camera di consiglio, il reclamo deve essere proposto alla Corte d’Appello.
Soggetti legittimati a proporre reclamo
I soggetti legittimati a proporre reclamo sono le parti coinvolte nel giudizio di primo grado, chiunque subisca un pregiudizio diretto o indiretto dal provvedimento e il Pubblico Ministero. Non può invece proporre reclamo chi ha ottenuto un provvedimento conforme alla propria richiesta.
Termini per il reclamo
Il termine perentorio per presentare il ricorso di reclamo è di dieci giorni. Questo termine decorre dalla comunicazione del decreto da parte della cancelleria se il provvedimento riguarda una sola parte, o dalla notifica se coinvolge più parti.
Efficacia del decreto
Il decreto che viene emesso alla fine del rito camerale diventa efficace quando:
- scadono i termini per il reclamo e questo non è stato presentato;
- il reclamo viene rigettato o dichiarato inammissibile;
- le parti accettano il provvedimento.
In situazioni di urgenza, il giudice che ha emesso il decreto può attribuirgli un’efficacia immediata. Il giudice chiamato a decidere sul reclamo, invece, può sospendere l’efficacia del decreto impugnato.
Decreto: modifica e revoca
Una caratteristica fondamentale dei decreti camerali è la loro modificabilità e revocabilità in ogni tempo, anche dopo che sono diventati efficaci. Questo significa che non acquisiscono mai la stabilità di un giudicato, il che permette di adattare il provvedimento a nuove circostanze. Tuttavia, un provvedimento negativo non può essere revocato, ma l’istanza può essere riproposta.
La richiesta di revoca o modifica si presenta tramite ricorso al giudice che ha emesso il decreto, da parte di tutti i soggetti che avrebbero potuto avviare il procedimento iniziale, inclusi quelli che non vi hanno partecipato.
Se il decreto non è stato impugnato, la competenza per la revoca è del giudice di primo grado; se invece è stato emesso in sede di reclamo, la competenza è del giudice di secondo grado. I decreti emessi d’ufficio dal giudice possono essere revocati o modificati anche d’ufficio.
Sono fatti salvi tuttavia i diritti acquisiti dai terzi in virtù di accordi precedenti alla modifica o alla revoca del decreto.
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