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Notifica avvocatura dello Stato e patrocinio La notifica effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato ad un ente nei cui confronti opera non il patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura dello Stato deve ritenersi nulla o inesistente?

Quesito con risposta a cura di Ilenia Grasso

 

La notifica effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato ad un ente nei cui confronti opera non il patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura dello Stato è nulla e non inesistente.

La nullità della notificazione del ricorso introduttivo di primo grado comporta, in appello, la rimessione della causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 105 c.p.a., attesa la possibilità di rinnovare la notificazione ai sensi dell’art. 44, comma 4, c.p.a., come riscritto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 148 del 2021. – Cons. Stato, Sez. VII, 17 novembre 2022, n. 10111. 

Ha chiarito il Consiglio di Stato che, agli enti pubblici autonomi, nei cui confronti opera non il patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura dello Stato, bensì quello facoltativo o autorizzato, sono inapplicabili le regole del foro dello Stato (art. 25 c.p.c.) e della domiciliazione presso l’Avvocatura dello Stato ai fini della notificazione di atti e provvedimenti giudiziali (art. 144 c.p.c.), previsti appunto per le sole amministrazioni dello Stato.

Deve quindi essere considerata affetta da nullità la notifica del ricorso ad una Università, ove effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato.

A fronte di una notifica nulla, il vizio di nullità riscontrato può ritenersi sanato non già fornendo la prova dell’avvenuta conoscenza, comunque, dell’atto, bensì con la costituzione in giudizio della parte convenuta o intimata.

La tardiva costituzione processuale di colui il quale lamenti di non avere regolarmente ricevuto la comunicazione dell’atto introduttivo del giudizio, infatti, se, da un lato, sana il vizio di notifica ai sensi dell’art.156, comma 3, c.p.c. (a fronte della paventata volontà del convenuto di partecipare al processo e della desumibile prova di avvenuto raggiungimento dello scopo dell’attività di notifica espletata), dall’altro, legittima la rimessione in termini, ove chiesta, al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa mediante il riconoscimento della facoltà di compiere tutte quelle attività processuali che sarebbero formalmente precluse dalle decadenze, nelle more, maturate, senza colpa, a carico dell’interessato.

Quanto alla qualificazione del vizio inficiante il procedimento di notifica i Giudici chiariscono le differenze tra nullità e inesistenza e le relative conseguenze.

Qualora, infatti, la notificazione del ricorso introduttivo si ritenesse inesistente, il giudizio si concluderebbe con la declaratoria di inammissibilità non essendo applicabile la disciplina contemplata dall’art. 44, comma 4, c.p.a. in quanto concernente i (diversi) casi di nullità e non anche quelli di inesistenza della notifica.

Diversamente, qualora si propendesse per la tesi della nullità, il giudizio andrebbe rimesso al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 105 c.p.a., essendo possibile la rinnovazione della notificazione in conformità alla disciplina prevista dall’art. 44, comma 4, cit., così come censurata dalla Corte Costituzionale con la sent. 148/2021.

Ciò premesso, richiamando la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione formatasi in tema di notificazione degli atti processuali, si precisa che: “L’inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. A tali fini, il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto ed i vizi relativi alla individuazione di detto luogo, anche qualora esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto (Cons. Stato, Sez. III, 24 aprile 2018, n. 2462)”.

Alla stregua del richiamato indirizzo giurisprudenziale, la notificazione non può, dunque, essere ritenuta inesistente, qualora il procedimento di notifica si sia comunque perfezionato, configurandosi eventuali difformità rispetto al modello tipizzato dal legislatore ipotesi di nullità processuale, suscettibili di sanatoria, in via retroattiva, per effetto della costituzione della parte intimata.

Nello specifico caso esaminato, si conclude, pertanto, per la qualificazione del vizio inficiante la notifica del ricorso come nullità, con conseguente rimessione della causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 105 c.p.a., attesa la possibilità di rinnovare la notificazione ai sensi dell’art. 44, comma 4, c.p.a., come riscritto dalla Corte costituzionale.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. V, 21 settembre 2020, n. 5484;
Cons. Stato, sez. IV, 18 settembre 2019, n. 6231;
Cass. civ., sez. VI, ord. 9 febbraio 2018, n. 3240;
Cass. civ. sez. V, 15 marzo 2017, n. 6678;
Cons. Stato, sez. VI, 8 aprile 2015, n. 1778;
Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2014, n. 5046
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Accesso agli atti ed esame della PA A fronte di un’istanza di accesso presentata ai sensi dell’art. 22, L. 241/1990, l’Amministrazione deve esaminarla anche con riferimento alla disciplina dell’accesso civico generalizzato?

Quesito con risposta a cura di Ilenia Grasso

 

Qualora l’interessato abbia fatto inequivoco riferimento alla disciplina dell’accesso oggetto della L. 241/1990, l’Amministrazione deve esaminare l’istanza unicamente sotto i profili dettati da tale ultima legge e non anche con riferimento all’accesso civico generalizzato.

In caso di mancata risposta dell’Amministrazione sull’istanza di accesso ai sensi della L. 241/1990 si forma, pertanto, il silenzio diniego, che l’interessato ha l’onere di impugnare entro il termine di decadenza, non potendo proporre l’azione ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. – Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2022, n. 10275.

I Giudici ricordano che, qualora nella presentazione di un’istanza di accesso si sia fatto inequivoco riferimento alla disciplina dell’accesso documentale ex art. 22, L. 241/1990, l’Amministrazione destinataria della richiesta non è tenuta a valutare anche la sussistenza dei presupposti legittimanti l’accesso civico generalizzato ex art. 5, comma 2 del D.Lgs. 33/2013.

Come già chiarito dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del 2 aprile 2020, n. 10, solo nel caso in cui alla Pubblica Amministrazione sia rivolta un’istanza di accesso a documenti amministrativi che sia formulata in modo generico (ossia senza riferimento all’accesso c.d. tradizionale oppure all’accesso civico generalizzato) ovvero che contempli il richiamo di entrambi i predetti istituti (c.d. istanza cumulativa), questa ha il potere-dovere di esaminarla nella sua interezza e, dunque, anche con riferimento alla disciplina dell’accesso civico generalizzato.

Tale regola non deve, invece, essere seguita nel caso in cui l’interessato abbia fatto inequivoco riferimento alla disciplina dell’accesso oggetto della L. 241/1990: in tale ipotesi l’istanza dovrà essere esaminata unicamente sotto i profili dettati da tale ultima legge e non anche con riferimento all’accesso civico generalizzato.

Da tale premessa i Giudici fanno discendere, quale logica conseguenza, l’impossibilità per chi abbia formulato un’istanza di accesso documentale di azionare il rimedio di cui all’art. 117 c.p.a.

E infatti, il silenzio formatosi a fronte di un’istanza di accesso documentale, essendo un’ipotesi di silenzio-diniego, deve essere eventualmente impugnato con le forme e nei termini di cui all’art. 116 c.p.a.

Infine, si osserva che l’accesso chiesto da un’impresa per la difesa dei propri interessi in giudizio, in relazione ai procedimenti civili, penali e amministrativi pendenti a suo carico diretti a verificare eventuali impatti dell’attività gestita sulle matrici ambientali circostanti, non può essere qualificato come accesso alle informazioni ambientali di cui all’art. 1, D.Lgs. 195/2005.

Quest’ultimo, infatti, è finalizzato a far conoscere al pubblico e quindi alla collettività le informazioni che riguardano l’ambiente in un’ottica di trasparenza e di massima diffusione.

La ratio che lo caratterizza è, quindi, garantire un controllo diffuso sulla qualità dell’ambiente, circostanza che non si ravvisa a fronte di una richiesta espressamente finalizzata alla difesa degli interessi dell’impresa istante.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, Ad. Plen., 2 aprile 2020, n. 10; CGARS, 9 giugno 2021, n. 122;
Cons. Stato, Sez. VI, ord., 13 aprile 2021, n. 3006