soccorso istruttorio

Soccorso istruttorio L’istituto del soccorso istruttorio dentro e fuori l’ambito delle gare d’appalto: obiettivi, presupposti e modalità di applicazione

Cos’è un soccorso istruttorio?

Il soccorso istruttorio è un istituto previsto dal nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2003, art. 101) e, in via generale, dalla legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990, art. 6 comma 1 lett. b), che impone all’ente pubblico che si rapporta col soggetto privato di richiedere a quest’ultimo rettifiche, integrazioni o chiarimenti in relazione alla documentazione precedentemente prodotta.

L’istituto del soccorso istruttorio, come detto, nasce nell’ambito dei contratti pubblici (era già previsto dal vecchio Codice appalti, D.Lgs. 50/2016, art. 83), dove riceve una dettagliata disciplina, ma, anche grazie alla giurisprudenza, trova ormai pacifica applicazione nell’intero settore amministrativo, sia per le procedure comparative, come selezioni e concorsi, sia – e a maggior ragione – in quelle non comparative.

Quando è possibile il soccorso istruttorio?

Prima di esaminare la disciplina normativa del soccorso istruttorio, è opportuno chiarire che l’obiettivo perseguito dal legislatore attraverso tale istituto è quello di salvaguardare la partecipazione a una gara da parte del soggetto privato (o la validità di una sua istanza, al di fuori di procedure comparative) anche quando la documentazione da questi prodotta sia incompleta o non del tutto chiara o corretta.

Ovviamente, un simile scopo può scontrarsi, nell’ambito di procedure comparative come gare d’appalto o concorsi, con l’esigenza di assicurare la par condicio tra i vari partecipanti, ed è proprio per questo che il soccorso istruttorio incontra precisi limiti che ne subordinano l’applicabilità al ricorrere di determinate condizioni.

In ogni caso, è evidente che la possibilità di operare rettifiche e integrazioni che non incidano sulla sostanza della posizione del soggetto privato, mira ad assicurare una maggiore efficienza dell’azione amministrativa, evitando che candidati e partecipanti meritevoli vengano esclusi per mere irregolarità formali.

Soccorso istruttorio integrativo e chiarimenti nel Codice Appalti

Analizzando la disciplina del dettaglio, vediamo come, a norma dell’art. 101 del Codice dei contratti pubblici, “la stazione appaltante assegna un termine non inferiore a cinque giorni e non superiore a dieci giorni” al privato per integrare la documentazione, sanare eventuali irregolarità, chiedere chiarimenti o operare rettifiche.

Il dato che viene in rilievo, quindi, è innanzitutto la previsione di un termine entro cui il partecipante alla gara ha l’opportunità di sanare le irregolarità della propria domanda, a pena di esclusione dalla procedura di gara (art. 101, comma 2).

Inoltre, le correzioni o integrazioni non possono modificare la sostanza della domanda, ma soltanto alcuni aspetti formali, come vedremo di seguito.

Quali documenti possono essere sanati tramite soccorso istruttorio?

In particolare, l’integrazione documentale e l’attività sanante di omissioni, inesattezze e irregolarità di cui all’articolo citato non possono concernere la documentazione che compone l’offerta tecnica e l’offerta economica, che rappresentano, per l’appunto, la parte sostanziale della domanda di partecipazione.

Per quanto riguarda i chiarimenti, invece, il comma terzo dispone che essi possono “sempre” essere richiesti dalla stazione appaltante con riguardo ai contenuti dell’offerta tecnica e dell’offerta economica, ma, qualora resi, essi non possono in alcun modo modificarne il contenuto.

Infine, il comma quarto dell’art. 101 Codice contratti pubblici prevede la possibilità, per l’operatore economico partecipante alla gara pubblica, di richiedere la rettifica di un errore materiale contenuto nell’offerta tecnica o nell’offerta economica di cui si sia avveduto dopo la scadenza del termine per la loro presentazione, sempre a patto che non ne venga modificata la sostanza.

Il soccorso istruttorio nella legge sul procedimento amministrativo

Quanto, infine, al soccorso istruttorio nel più generale ambito amministrativo, e quindi non solo in tema di appalti, esso trova disciplina, come detto, nella legge 241/90, che legittima il responsabile del procedimento a chiedere al privato la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e, all’uopo, ad ordinare la produzione di documenti.

A tal riguardo, giova ricordare che la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che il soccorso istruttorio è applicabile nell’ambito di concorsi e selezioni pubbliche, proprio nell’ottica di evitare l’esclusione di candidati potenzialmente validi per mere irregolarità formali (v. la recente sentenza n. 15436/2024 del Tar Lazio); e che il soccorso istruttorio va adottato, a maggior ragione, nei casi in cui risulti irrilevante l’esigenza di parità di trattamento, come ad esempio nei procedimenti in cui il privato può ottenere benefici a prescindere da una comparazione della sua posizione con quella di altri soggetti (ad esempio, il riconoscimento di contributi economici subordinati alla mera sussistenza di determinati requisiti).

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troppe scuole

Troppe scuole: autonomia regionale a rischio La Consulta ha bocciato la legge della regione Sardegna sul mantenimento delle autonomie scolastiche esistenti, in quanto eccessiva rispetto al contingente stabilito dallo Stato

Autonomia scolastica e contingente statale

Troppe scuole mettono a rischio l’autonomia regionale in materia scolastica. La Consulta, infatti, con la sentenza n. 168/2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Sardegna (n. 2/2024) che prevedeva il mantenimento di tutte le autonomie scolastiche esistenti nell’anno 2023-2024.

Pur restando ferma “la competenza delle regioni a definire il tipo e l’ubicazione delle istituzioni scolastiche e a istituire nuovi plessi ovvero ad aggregare quelli esistenti, tenendo anche conto delle peculiari esigenze di ciascun territorio” ha affermato la Corte Costituzionale, alla luce di una sua precedente sentenza (n. 223/2023), è pur vero che la riforma statale (da ultimo con legge 197/2022) “impone alle regioni di rispettare il contingente di dirigenti scolastici e amministrativi determinato tramite decreto ministeriale”.

Troppe scuole, legge bocciata

La Corte ha, pertanto, ritenuto che la legge della Regione Sardegna n. 2 del 2024, “nel porsi l’obiettivo di mantenere tutte le autonomie scolastiche esistenti, dunque a prescindere dal contingente dirigenziale definito dallo Stato, si ponga in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost., che attribuisce alla competenza legislativa statale esclusiva la materia «norme generali sull’istruzione»”.

La legge regionale, infatti, per il giudice delle leggi, “viola il principio della necessaria corrispondenza tra dirigenti assegnati alle regioni e istituzioni scolastiche presenti sul territorio. La disposizione impugnata è anche in contrasto con la lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost., in quanto, come esplicitato dalla sentenza n. 223 del 2023, la determinazione del contingente scolastico riguarda personale inserito nel pubblico impiego statale”.

decreto paesi sicuri

Decreto Paesi sicuri In vigore dal 24 ottobre il decreto legge in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale

Decreto Paesi sicuri

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 24 ottobre 2024, il cd decreto Paesi sicuri, approvato dal Governo il 21 ottobre scorso, che modifica le procedure per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il decreto legge n. 158/2024 (pubblicato in GU il 23 ottobre e in vigore dal giorno successivo) detta nuove regole per la sospensione dei provvedimenti impugnati e, analogamente a quanto previsto da altri Paesi europei, aggiorna con atto avente forza di legge l’elenco dei Paesi di origine sicuri.

Paesi di origine sicuri: la lista

Tenuto conto dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea e dei riscontri rinvenuti dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti, sono considerati come Paesi di origine sicuri i seguenti: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.

L’elenco dei paesi di origine sicuri, dispone il decreto, “è aggiornato periodicamente con atto avente forza di legge ed è notificato alla Commissione europea”.

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piattaforma digitale dati

Piattaforma digitale dati: attivati i certificati per Anac Il Ministero della Giustizia ha attivato i primi servizi per l'Anac. Attualmente due i certificati disponibili, quello del Casellario giudiziale e quello delle Sanzioni Amministrative

Piattaforma Digitale Nazionale Dati

Il Ministero della Giustizia ha attivato negli scorsi mesi i primi servizi tramite la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), destinati all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Questa iniziativa, allineata con il nuovo Codice degli Appalti, rappresenta un passo iniziale verso un futuro più trasparente, rapido ed efficiente per il Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE) ed è anche un passo in avanti significativo verso la digitalizzazione dei processi amministrativi e la semplificazione delle procedure che rientra fra le priorità dell’azione di Governo. Lo rende noto via Arenula con un avviso su Gnewsonline.it.

Certificati disponibili

In questa prima fase i servizi chiave messi a disposizione sono rappresentati da due certificati disponibili attraverso la PDND, fondamentali per verificare la legalità e l’affidabilità degli operatori economici:

  1. Certificato del Casellario Giudiziale ex art 28 D.P.R. 313/2002: Una certificazione completa e dettagliata dei precedenti penali di chi partecipa alle gare d’appalto.
  2. Certificato Sanzioni Amministrative ex art 32 D.P.R. 313/2002: Un documento essenziale per verificare l’integrità degli operatori economici sottoposti a verifica, inclusivo delle sanzioni amministrative ricevute.

La fattiva collaborazione tra il Dipartimento per l’innovazione tecnologia della Giustizia ed il personale del Casellario Giudiziale del Dipartimento degli Affari di Giustizia, unitamente al personale ANAC per le attività di competenza, ha reso tali certificati facilmente accessibili, riducendo drasticamente i tempi e i costi delle procedure amministrative.

I prossimi step

L’integrazione tra Ministero della Giustizia e ANAC, resa possibile grazie alla PDND, punta a rinnovare profondamente il modo in cui le informazioni vengono condivise e utilizzate nella gestione degli appalti pubblici.

Questo primo passo è solo l’inizio di un percorso di innovazione della Pubblica Amministrazione in Italia. L’obiettivo, fra le altre cose, è quello di arrivare a consentire ai cittadini di ottenere il casellario giudiziario accedendo online attraverso lo spid, senza doversi recare presso gli uffici giudiziari.

codice degli incentivi

Codice degli incentivi: cosa prevede Il Codice degli incentivi, approvato dal Governo in via preliminare, disciplina l’intero ciclo di vita degli incentivi

Codice degli incentivi in arrivo

Il Consiglio dei Ministri nella giornata di lunedì 21 ottobre 2024 ha approvato, in sede di esame preliminare, il decreto legislativo che, attuando l’articolo 3 commi 1 e 2, lett.b) della legge n. 160/2023, conterrà il Codice degli incentivi. La legge 160/2023 ha infatti delegato il Governo a revisionare il sistema delle agevolazioni previste a favore delle imprese.

Obiettivi del codice

Con l’istituzione del Codice degli incentivi si vogliono perseguire i seguenti obiettivi:

  • contrastare la frammentarietà della normativa al fine di realizzare un sistema più ordinato e organico di norme;
  • rinforzare la collaborazione tra le amministrazioni centrali e quelle locali;
  • risolvere le problematiche connesse alla procedure vigenti.

La realizzazione di questo Codice degli incentivi è sostenuta anche dalla Commissione Europea, che la ritiene una pratica condivisibile a livello europeo.

Cosa prevede il Codice degli incentivi

Il testo di legge, composto da 29 articoli, suddivisi in 5 Capi si occupa di disciplinare il “ciclo di vita dell’incentivo”, dalla programmazione alla valutazione dei risultati raggiunti.

Oggetto e ambito di applicazione

Il Capo I, dedicato alle disposizioni generali, definisce l’oggetto e l’ambito di applicazione del decreto e contiene le definizioni dei termini tecnici utilizzati nel testo. L’articolo 3 precisa poi che il registro RNA (Registro Nazionale degli aiuti di Stato) e la piattaforma incentivi.gov.it rendono disponibili determinati servizi.

Programmazione e coordinamento

Il Capo II si occupa dell’attività di programmazione degli incentivi e del coordinamento istituzionale. Le amministrazioni responsabili devono infatti adottare un programma triennale degli incentivi per programmare gli incentivi di competenza. Il programma deve indicare gli obiettivi strategici, gli incentivi da destinare a tali obiettivi, il cronoprogramma di massima di attuazione e il quadro finanziario.

Per assicurare un adeguato coordinamento tra le politiche statali e regionali di incentivazioni è istituito un Tavolo Permanente degli incentivi.

Attuazione degli incentivi

Il Capo III, dedicato all’attuazione degli incentivi, disciplina i bandi tipo, i criteri per gli affidamenti di attività del ciclo di vita dell’incentivo, gli elementi premiali, i motivi di esclusione, le agevolazioni concedibili, le procedure e le modalità di accesso e di erogazione, le revoche e i controlli.

Valutazione, monitoraggio, informazione e pubblicità degli incentivi

Il Capo IV contiene la disciplina della valutazione degli incentivi, del monitoraggio, della informazione e della pubblicità.

Di estremo interesse l’articolo 21 dedicato alla valutazione. La norma specifica infatti che “le iniziative di sostegno pubblico realizzate attraverso gli incentivi sono assistite da un sistema di valutazione operante lungo il ciclo di vita degli incentivi, comprensivo delle attività di valutazione ex ante, di valutazione in itinere e di valutazione ex post.”

Disposizioni finali

Il Capo V infine contiene le disposizioni transitorie e finali dedicate all’abrogazione di alcune norme e dei testi di legge, alle disposizioni transitorie e di coordinamento e agli aggiornamenti.

L’articolo 28 dedicato alla clausola di invarianza specifica che, dall’attuazione di codice, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

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Monopattini elettrici: no all’obbligo del casco Il Consiglio di Stato ricorda che la sicurezza è di potestà esclusiva dello Stato e non esiste una norma nazionale che impone l'adozione di caschi protettivi per i monopattini elettrici

Monopattini elettrici e obbligo del casco

Monopattini elettrici, nessun obbligo di indossare il casco. La sicurezza stradale è di potestà esclusiva dello Stato e non esiste una norma nazionale che impone il casco protettivo per i monopattini. E’ questo il principio affermato dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8079/2024, il quale pur dando atto “dell’alto e nobile intento di evitare incidenti stradali” ha rigettato l’appello del Comune di Firenze avverso la sentenza del Tar che aveva annullato l’ordinanza che imponeva l’obbligo di indossare il casco.

La vicenda

Nella vicenda, infatti, con ordinanza, il sindaco di Firenze introduceva l’obbligo per i conducenti maggiorenni di “”monopattini a propulsione prevalentemente elettrica… di indossare idoneo casco protettivo”. L’ordinanza ha individuato la giustificazione normativa nelle previsioni di cui agli artt. 6, 4° comma e 7, 1° comma del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (che sostanzialmente attribuiscono, all’Ente proprietario della strada ed all’Amministrazione comunale, la possibilità di prevedere prescrizioni e limitazioni della circolazione), oltre che nella previsione di cui all’art 4, 3° comma, d.m. Infrastrutture e Trasporti 4 giugno 2019 (Sperimentazione della circolazione su strada di dispositivi per la micromobilità elettrica).

Decidendo due ricorsi proposti da due società, Il TAR Firenze ha annullato detta ordinanza, rilevando l’incompetenza del Sindaco in materia. Il comune presentava appello dunque al Consiglio di Stato.

La decisione

Per palazzo Spada, “è evidente il difetto di potere da parte dell’organo emanante, dovendo l’alto e nobile intento di evitare incidenti stradali coordinarsi con la normativa statale (e segnatamente: il codice della strada) in tema di circolazione stradale; normativa che non assegna in alcun modo ai comuni il potere di imporre l’adozione di caschi protettivi in sede di utilizzo di monopattini (o qualsiasi mezzo a due ruote) sul territorio comunale”.

“La qual cosa è tanto più vera – aggiunge il Consiglio di Stato – se si considera che quella della ‘sicurezza’ (tra i quali rientra anche quella stradale) è una materia devoluta alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117 co. 2 lett. h) Cost.), che la esercita pertanto con l’adozione di norme valevoli su tutto il territorio nazionale, e che per tale ragione non può essere delegata alle Regioni e agli altri enti territoriali, pena la frammentazione, su base locale, di un tessuto di regole che deve invece rimanere unitario”.

Per tali ragioni, l’impugnata sentenza deve ritenersi immune dalle lamentate censure, in quanto conseguenza della corretta applicazione dei succitati criteri di riparto di competenze – quoad circolationem – tra lo Stato e gli enti locali.

Pertanto, l’appello è infondato e va rigettato.

referendum autonomia differenziata

Referendum autonomia differenziata Referendum autonomia differenziata: la raccolta firme, il quesito, le ragioni dell'iniziativa e i tempi della procedura

Referendum sull’autonomia differenziata

Il 20 e il 21 luglio 2024 è iniziata la campagna per la raccolta delle firme del referendum abrogativo della legge sulla autonomia differenziata n. 86/2024. Il referendum è stato promosso da un comitato referendario variegato. In esso si sono riunite diverse forse sociali, politiche e associative. Le firme necessarie per sostenete l’iniziativa erano 500.000, ma il risultato è stato raggiunto ampiamente grazie all’istituzione della piattaforma gratuita e pubblica dedicata.

Ragioni del referendum

Le ragioni della proposta di referendum contro l’autonomia differenziata dei rinvenirsi nell’approvazione della legge sulla autonomia differenziata n. 86/2024. Questa legge, proposta dal Ministro Calderoli, è considerata da molti un vero e proprio attacco ai principi della Costituzione. La previsione di livelli differenziati di autonomia tra regioni mette in pericolo l’unità e provoca danni al Nord Italia e al Sud Italia dal punto di vista economico, ambientale, sanitario, scolastico e lavorativo.

Le altre iniziative referendarie

La legge sull’autonomia differenziata è contestata anche a livello regionale. In Trentino ad esempio sono state avviate iniziative di sensibilizzazione dell’elettorato che andrà a votare. In Emilia Romagna invece sono stati votati due quesiti referendari. La regione Toscana ha invece fatto ricorso alla Corte Costituzionale per chiedere che la legge n. 86/2024 venga dichiarata incostituzionale. La regione Campania ha seguito l’esempio della Toscana, così come la Puglia.

Sulle questioni di legittimità costituzionale delle Regioni leggi “Autonomia differenziata: la Consulta ha fissato l’udienza

Legambiente dice no alla legge e promuove il referendum abrogativo. L’autonomia differenziata creerebbe divari territoriali anche in tema di accesso alle risorse naturali. Dello stesso avviso il WWF. La materia ambientale rientra infatti tra quelle che si prestano meno di altre a una frammentazione.

Il quesito referendario

Il quesito del referendum sull’autonomia differenziata è semplice e diretto: “Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?

Criticità della legge n. 86/2024

Diversi costituzionalisti hanno preso posizione sulla legge del Ministro Calderoni. L’appello è presente sul sito dedicato referendumautunomiadifferenziata.com.

Nell’appello i costituzionalisti esaminano la legge n. 86/2024 e la  confrontano con le norme della Costituzione dedicate all’autonomia regionale: articoli 116 e 117.

Effettuata la disamina i costituzionalisti giungono alla conclusione che la realizzazione dell’autonomia differenziata sacrificherebbe l’uguaglianza e l’uniformità dei diritti fondamentali dei cittadini italiani. Tutto questo si pone in contrasto con la necessità di creare  forme di autonomie più efficienti e capaci di soddisfare le esigenze reali dei cittadini.

Referendum autonomia differenziata: i tempi

La legge n. 352/1970, che disciplina i referendum previsti dalla Costituzione detta anche i tempi del procedimento.

Conclusa la raccolta delle firme è necessario procedere al deposito dei fogli che contengono le firme presso la cancelleria della Corte di Cassazione. Questo adempimento deve essere rispettato nel termine di 3 mesi, che decorrono dalla data di apposizione del timbro sui fogli stessi da parte di almeno tre dei promotori.

L’ufficio centrale della Cassazione esamina alla richiesta referendaria ed entro il 31 ottobre emette un’ordinanza. In presenza di irregolarità, l’ufficio notifica il provvedimento per consentire la presentazione di memorie o procedere alla sanatoria.

Entro il 15 dicembre l’ufficio decide in via definitiva sulla legittimità della richiesta con ordinanza. Il provvedimento è comunicato poi al Presidente della Corte Costituzionale.

Entro il 20 gennaio dell’anno successivo a quello dell’ordinanza predetta, il Presidente fissa il giorno per la deliberazione in camera di consiglio e nomina il relatore.

La Corte Costituzionale decide con sentenza, che deve essere pubblicata entro il 10 febbraio e in cui specifica quali richieste sono ammesse e quali invece sono respinte.

La sentenza viene poi comunicata “al Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle due Camere, al Presidente del Consiglio dei Ministri, all’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione, nonché ai delegati o ai presentatori, entro cinque giorni dalla pubblicazione della sentenza stessa. Entro lo stesso termine il dispositivo della sentenza è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.”

A questo punto il Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, fissa la data di convocazione degli elettori in una domenica che deve essere compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno.

 

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decreto omnibus

Decreto Omnibus: in vigore la legge In vigore dal 9 ottobre 2024 la legge di conversione del decreto Omnibus: dalla flat tax doppia per i "Paperoni" alla Zes sino agli sfollati di Scampia, ecco le misure

Decreto Omnibus: le novità

Via libera definitivo della Camera al decreto Omnibus (con 134 voti a favore e 96 contrari), già approvato dal Senato nei giorni scorsi (con la fiducia apposta dall’esecutivo sul ddl di conversione del decreto approvato il 7 agosto 2024).  Il testo, come licenziato dalle Commissioni bilancio e finanze, è stato approvato da Montecitorio il 3 ottobre ben prima della scadenza per la conversione prevista entro l’8 ottobre 2024.

Il ddl di conversione del dl 113/2024, recante “Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico“, contiene misure che spaziano dal raddoppio della flat tax per i Paperoni stranieri, alla Zes sino al bonus Natale per i lavoratori dipendenti ed ha subito modifiche di rilievo nel corso dell’esame parlamentare.

La nuova legge n. 143/2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’8 ottobre 2024 per entrare in vigore il giorno successivo.

Ecco le novità nel dettaglio:

Procedure di erogazione PNRR

Semplificata l’erogazione delle risorse che devono essere impiegate per realizzare gli interventi previsti dal PNRR.

In particolare le amministrazioni devono erogare, nel temine di 30 giorni dal ricevimento delle istanze, il 90% dell’importo dell’intervento.

Bonus Natale

Approvato il riconoscimento dell’indennità esentasse di 100 euro che andrà ad aggiungersi alla tredicesima. Beneficeranno della misura i lavoratori con reddito non superiore a 28.000 euro, spostati e con almeno un figlio a carico. Escluse dalla misura le famiglie di fatto.

Bonus psicologo

Per il 2024 il limite di spesa per il bonus psicologo aumenta di 2 milioni di euro, raggiungendo i 12 milioni di euro.

Peste suina

Contributo straordinario per gli allevatori che devono affrontare le problematiche legate alla peste suina.

La misura varia in base al danno subito.

Misure antipirateria

Due le novità contro la pirateria in TV. La prima prevede l’estensione dell’obbligo di bloccare l’accesso ai contenuti diffusi in modo abusivo ai fornitori VPN e DNS. La seconda prevede il carcere per chi non segnala immediatamente gli abusi alle autorità.

Flat tax Paperoni

Sale da 100mila a 200mila euro l’anno l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero calcolata in via forfetaria per chi sposta la residenza fiscale in Italia.

Ad oggi sono circa 1.200 i soggetti che hanno goduto di questo regime agevolato.

Zes Unica

Il credito di imposta per gli investimenti nella Zes Unica nel Mezzogiorno è di 1800 milioni di Euro per il 2024. Per accedere all’agevolazione, gli operatori economici che hanno già presentato la documentazione prevista dovranno inviare, dal 18 novembre al 2 dicembre 2024, all’Agenzia delle entrate, una comunicazione integrativa attestante l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2024 degli investimenti già indicati. La comunicazione, a pena del rigetto della stessa, dovrà anche indicare l’ammontare del credito di imposta maturato in relazione agli investimenti effettivamente realizzati e le relative fatture elettroniche.

Scampia

Quasi mille euro mensili fino al 31 dicembre per gli sfollati in conseguenza del crollo del ballatoio delle Vele di Scampia del 22 luglio scorso. Li erogherà il comune di Napoli (si va da un minimo di 400 a un massimo di 900 in base al nucleo familiare, più somme aggiuntive in presenza di over65 o disabili).

Enti locali

Il ddl Omnibus contiene anche chiarimenti sulle imposte riscosse dagli enti locali e sull’applicazione in legge della spending review delle Regioni. Il testo contiene inoltre misure in materia di differimento di termini fiscali, a sostegno degli enti territoriali, di rinegoziazione dei mutui da parte degli enti territoriali e di attuazione delle misure del PNRR.

Aree sciistiche

Il provvedimento stanzia 13 milioni di euro per sostenere le imprese turistiche dei Comuni dei comprensori e delle aree sciistiche della dorsale appenninica che nella scorsa stagione sciistica hanno subito una riduzione dei ricavi non inferiore al 30% rispetto a quelli registrati nell’anno precedente. Destinatari del provvedimento:

  • gli esercenti attività di impianti di risalita a fune e di innevamento artificiale, nonché di preparazione delle piste da sci;
  • i noleggiatori di attrezzature per sport invernali;
  • i maestri di sci, iscritti negli appositi albi professionali, e delle scuole di sci presso le quali questi operano;
  • le agenzie di viaggio, i tour operator e i gestori di stabilimenti termali;
  • le imprese turistico-ricettive e di ristorazione.

Decreto del ministero del turismo

Sarà il ministero del turismo ad individuare i comuni interessati dalla misura e a definire i criteri e le modalità di erogazione delle risorse.

Iva associazioni sportive

Il provvedimento interviene anche sulla disciplina Iva per le associazioni sportive dilettantistiche, per i maestri di sci e sul trasferimento dei puledri per contrastare la concorrenza estera in materia fiscale.

Scuola

Si estende anche per l’anno scolastico e per l’anno accademico 2024-2025 la tutela assicurativa degli studenti e del personale del sistema nazionale di istruzione e formazione, della formazione terziaria professionalizzante e della formazione superiore.

Per il 2024 tutte le risorse destinate alla promozione dell’attività di ricerca e   competitività del Paese sono destinate alla quota base per il Fondo per il finanziamento delle università.

 

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giudizio di ottemperanza

Giudizio di ottemperanza Il giudizio di ottemperanza: funzione, presupposti e procedimento. I provvedimenti oggetto del giudizio e la nomina del commissario ad acta

Cos’è l’azione di ottemperanza

Il giudizio di ottemperanza è un particolare procedimento che si svolge davanti al giudice amministrativo per conseguire l’adempimento, da parte della Pubblica Amministrazione, di un obbligo previsto da un precedente provvedimento giudiziario.

I provvedimenti oggetto del giudizio di ottemperanza

Il Codice del processo amministrativo (d. lgs. 104/2010) prevede un’apposita disciplina per l’azione di ottemperanza.

In particolare dispone che essa può essere adottata da un soggetto privato per ottenere l’attuazione di:

  • sentenze pronunciate dal giudice amministrativo (Tar o Consiglio di Stato) passate in giudicato;
  • provvedimenti esecutivi pronunciati dal giudice amministrativo;
  • sentenze del giudice ordinario che obbligano una pubblica amministrazione all’adempimento di un obbligo (ad esempio, pagamento di una somma di denaro);
  • lodi arbitrali esecutivi.

Cosa significa giudizio di ottemperanza

La funzione del giudizio di ottemperanza è, quindi, quella di offrire, al soggetto che sia risultato vittorioso in un giudizio nei confronti di una pubblica amministrazione, uno strumento efficace per ottenere l’adempimento da parte dell’ente pubblico rimasto inerte di fronte al comando contenuto in un provvedimento giudiziario.

Il procedimento di ottemperanza

È importante notare, però, che vi è la possibilità che la sentenza (o altro provvedimento definitorio) oggetto dell’azione di ottemperanza non sia del tutto chiara nel definire in cosa consista l’obbligo a carico della p.a. soccombente.

Per tale motivo, il procedimento di ottemperanza può anche comportare una fase di cognizione, per consentire al giudice dell’ottemperanza di conoscere atti e fatti che lo aiutino a individuare, in concreto e con precisione, l’obbligo cui è tenuto l’ente pubblico.

Così procedendo, il giudice dell’ottemperanza è chiamato a valutare la conformità – o meno – del comportamento tenuto dalla PA rispetto al comando contenuto a suo carico nella pronuncia impugnata, facendo particolare attenzione all’eventuale residua presenza di margini di discrezionalità in capo alla stessa, con riferimento all’obbligo da adempiere.

Chi è competente nel giudizio di ottemperanza

Quanto al rito da osservare nel procedimento di ottemperanza, va innanzitutto evidenziato che la competenza appartiene al giudice amministrativo che ha adottato il provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza oppure al Tar della medesima circoscrizione del giudice ordinario che ha adottato il provvedimento cui conformarsi.

Il giudizio di ottemperanza viene introdotto con ricorso (anche senza previa diffida) ed i termini processuali del procedimento sono ridotti alla metà. La sentenza viene adottata in forma semplificata e contiene le prescrizioni del giudice in ordine alle modalità cui la pubblica amministrazione deve attenersi per soddisfare l’interesse del privato ricorrente.

Il commissario ad acta nel giudizio di ottemperanza

A norma dell’art. 114 del Codice del Processo Amministrativo, il giudice, se necessario, può nominare un commissario ad acta al fine di emanare gli atti che dovrebbero essere adottati dalla PA.

Inoltre, su richiesta di parte, il giudice ha facoltà di fissare una somma di denaro che l’ente pubblico deve pagare al ricorrente in caso di ritardo o di mancata osservanza del suo provvedimento.

L’azione di ottemperanza si prescrive decorsi dieci anni dal passaggio in giudicato del provvedimento di cui si chiede l’osservanza.

Confisca edilizia: non deve pregiudicare il diritto di ipoteca La Corte Costituzionale dichiara l'incostituzionalità dell'art. 7, 3° comma, della legge n. 47/1985 nella parte in cui la confisca edilizia "comprime" il diritto di ipoteca

Confisca edilizia e diritto di ipoteca

“La confisca edilizia, conseguente alla mancata demolizione dell’immobile abusivo da parte del responsabile dell’abuso e del proprietario, deve preservare il diritto di ipoteca iscritto dal creditore prima della trascrizione dell’acquisto a favore del Comune, se il creditore ipotecario non è responsabile dell’abuso”. Così si è espressa la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 160/2024, dichiarando illegittimo l’articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.

La medesima declaratoria di illegittimità costituzionale è stata estesa in via consequenziale anche all’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, norma che è subentrata alla precedente e che presenta un identico contenuto precettivo.

L’interpretazione della giurisprudenza

Le disposizioni suddette erano state interpretate dalla Corte di cassazione e dal Consiglio di Stato nel senso di attribuire alla confisca edilizia la qualifica di acquisto a titolo originario, cui consegue, in mancanza di una diversa previsione di legge, l’estinzione di «eventuali ipoteche, pesi e vincoli preesistenti».

La Consulta, preso atto di tale interpretazione, “ha ritenuto irragionevole e sproporzionato che non sia fatto salvo il diritto di ipoteca, ove il creditore titolare di tale garanzia reale non sia responsabile dell’abuso edilizio. In tal caso, infatti, il creditore non è tenuto a rispondere della mancata demolizione dell’immobile abusivo, vale a dire dell’illecito al quale consegue la sanzione della confisca”.

Effetto sanzionatorio

Pertanto, l’estinzione del diritto di ipoteca finisce per far subire al creditore ipotecario l’effetto sanzionatorio di un illecito commesso da altri.

Del resto, ha rilevato il giudice delle leggi, “la tutela del credito ipotecario non sacrifica l’interesse al rispetto della normativa urbanistico-edilizia. Tale tutela si realizza, infatti, attraverso l’espropriazione forzata e, se l’immobile oggetto della vendita forzata è abusivo, l’aggiudicatario deve comunque o sanare l’abuso o demolirlo”.

La Corte, infine, ha reputato sproporzionato il sacrificio imposto al creditore, non responsabile dell’abuso, attraverso l’estinzione del diritto di ipoteca, “in quanto al creditore residuerebbero in tal caso rimedi inesigibili o inadeguati a compensare il pregiudizio ingiustificatamente comminato”.

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