ambush marketing

Ambush marketing: stop del Consiglio di Stato Per il Consiglio di Stato, l’ambush marketing durante i grandi eventi sportivi lede la concorrenza e inganna i consumatori

Ambush marketing

Con la sentenza n. 3118/2025, il Consiglio di Stato ha confermato l’illiceità del cosiddetto ambush marketing, una forma di comunicazione commerciale ingannevole e non autorizzata che lega indebitamente un marchio a eventi di grande visibilità, in particolare sportivi, senza accordi con gli organizzatori.

Cos’è l’ambush marketing e perché è vietato

Questa pratica, nota anche come pubblicità parassitaria, consiste nel creare un’associazione – spesso implicita – tra un brand e un evento, sfruttandone la notorietà e l’impatto mediatico per trarne vantaggio economico. Il Consiglio di Stato ha sottolineato che tale comportamento può generare confusione nel pubblico, inducendo a credere che esista un rapporto di sponsorizzazione o affiliazione inesistente.

Il caso: pubblicità durante UEFA Euro 2020

Oggetto della controversia è stata una sanzione da 100.000 euro inflitta da AGCM a una nota azienda di e-commerce per aver esposto a Roma, in prossimità dell’area ufficiale UEFA, un maxi-cartellone con il proprio logo, le bandiere delle nazioni partecipanti e il claim “Chi sarà il vincitore?”. Il Tar aveva confermato la legittimità della sanzione, rigettando le giustificazioni dell’azienda, poi respinte anche dal Consiglio di Stato.

Le implicazioni giuridiche dell’ambush marketing

Secondo il massimo giudice amministrativo, tale condotta non è solo rilevante sul piano pubblicistico – con sanzioni fino a 2,5 milioni di euro – ma anche sotto il profilo civilistico e penale. Le norme sulla concorrenza sleale, la tutela dei marchi e il Codice del consumo vietano pratiche commerciali idonee a trarre in inganno il consumatore sull’origine, la natura o le caratteristiche del prodotto.

Il Consiglio di Stato ha distinto tre forme di ambush marketing:

  1. Ambush by association: associazione indiretta tra brand ed evento;

  2. Ambush by intrusion: presenza visiva del marchio nei luoghi dell’evento;

  3. Opportunistic marketing: sfruttamento di episodi legati all’evento per fini promozionali.

Una condotta sleale e pluri-offensiva

Il giudice ha qualificato l’ambush marketing come illecito pluri-offensivo, poiché danneggia più soggetti: l’organizzatore dell’evento, gli sponsor ufficiali e i consumatori. L’azienda ambusher si appropria indebitamente della visibilità dell’evento senza sostenerne i costi, alterando la concorrenza e minando la trasparenza del mercato.

contributi tv locali

Contributi tv locali: lo scalino preferenziale garantisce il pluralismo La Corte Costituzionale conferma la legittimità dello scalino preferenziale nei contributi pubblici alle tv locali

Meccanismo “scalino preferenziale”

Contributi tv locali: con la sentenza n. 44/2025, la Corte costituzionale ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato riguardanti il sistema di assegnazione dei contributi pubblici alle emittenti televisive locali. In particolare, è stata confermata la legittimità del cosiddetto scalino preferenziale, meccanismo che prevede una ripartizione delle risorse in base alla posizione in graduatoria.

Nessuna violazione dell’art. 77 Cost.

La Corte ha anzitutto escluso che gli emendamenti, con cui sono state legificate le norme regolamentari in materia di contributi, abbiano violato l’articolo 77 della Costituzione. Non sussiste, infatti, il difetto di omogeneità tra il contenuto originario dei decreti-legge e le disposizioni successivamente introdotte.

Irrilevante interferenza con giudizi

Sono state inoltre dichiarate infondate le censure relative all’interferenza con l’esercizio del potere giurisdizionale. Il meccanismo in esame non compromette né i giudicati formatisi né i giudizi ancora in corso, risultando compatibile con il principio di separazione dei poteri.

Lo “scalino preferenziale” non lede il pluralismo

La Corte ha chiarito che il criterio che assegna il 95% dei contributi alle prime cento emittenti in graduatoria e solo il 5% alle restanti non viola i principi del pluralismo informativo e della concorrenza.

Panorama informativo e ruolo della qualità

Nel motivare la decisione, la Consulta ha evidenziato il profondo mutamento del sistema dell’informazione, oggi fortemente influenzato dalla digitalizzazione, che ha eliminato molte barriere tecniche ed economiche, permettendo una moltiplicazione delle fonti. In questo contesto, l’obiettivo diventa la salvaguardia della qualità dell’informazione, più che l’aumento delle voci presenti nello spazio pubblico.

Contributi tv locali e scalini preferenziale

Il meccanismo dello scalino preferenziale mira a premiare le emittenti più strutturate, promuovendo l’uso di tecnologie avanzate e la produzione di contenuti informativi di qualità. La Corte ha ritenuto tale scelta non irragionevole, poiché orientata a sostenere imprese editoriali capaci di affrontare il mercato e garantire occupazione stabile nel settore.

controllo amministrativo

Il controllo amministrativo Controllo amministrativo: definizione, evoluzione normativa, tipologie e livelli nella pubblica amministrazione

Cosa si intende per controllo amministrativo

Il controllo amministrativo rappresenta una funzione fondamentale dell’organizzazione pubblica, finalizzata a garantire la legittimità, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa. In un sistema complesso come quello della pubblica amministrazione italiana, i controlli costituiscono uno strumento essenziale per assicurare il rispetto delle norme, l’uso corretto delle risorse pubbliche e il perseguimento degli obiettivi istituzionali.

Per controllo amministrativo si intende l’attività volta a verificare e valutare l’operato dell’amministrazione pubblica, sia sotto il profilo della legalità (conformità agli atti normativi e regolamentari), sia sotto quello dell’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.

Questa funzione è espressione del principio costituzionale di buon andamento (art. 97 Cost.), che impone alla pubblica amministrazione di agire secondo criteri di correttezza, trasparenza e responsabilità.

Evoluzione normativa e attuazione pratica

A partire dagli anni ’90, la disciplina dei controlli amministrativi è stata oggetto di un profondo rinnovamento, orientato verso una logica di risultato più che di mera conformità formale. Le riforme in materia di pubblica amministrazione, in particolare il D.Lgs. 286/1999, il D.Lgs. 150/2009 (legge Brunetta) e le disposizioni più recenti sulla performance organizzativa, hanno introdotto strumenti per misurare l’efficacia dell’azione pubblica in modo sistematico.

In ambito locale, il Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 267/2000) disciplina i controlli interni sugli atti e sulle gestioni degli enti territoriali, prevedendo anche il ricorso a organismi indipendenti di valutazione (OIV).

Tipologie di controllo amministrativo

Il sistema dei controlli nella pubblica amministrazione si articola in varie tipologie, tra le quali si distinguono principalmente:

  1. Controllo di legittimità: consiste nella verifica della conformità degli atti amministrativi alle norme di legge, regolamento e ai principi generali dell’ordinamento. Può essere preventivo o successivo.
  2. Controllo di merito: riguarda la valutazione dell’opportunità e convenienza dell’azione amministrativa, in relazione agli obiettivi prefissati e alle risorse disponibili. Ha natura discrezionale e non giurisdizionale.
  3. Controllo contabile: mira ad accertare la regolarità e la correttezza della gestione finanziaria, contabile e patrimoniale degli enti pubblici. È esercitato dalla Corte dei conti e dagli organi interni di controllo.
  4. Controllo strategico: valuta il raggiungimento degli obiettivi istituzionali e l’impatto delle politiche pubbliche, contribuendo alla pianificazione e al miglioramento continuo delle performance amministrative.
  5. Controllo di regolarità amministrativa e contabile: disciplinato dal D.Lgs. 286/1999, si applica agli atti amministrativi e ai documenti contabili, garantendo la legittimità e la coerenza della spesa pubblica. In ambito statale è esercitato dagli Uffici centrali di bilancio e dalla Ragioneria generale dello Stato.
  6. Controllo di gestione: è finalizzato alla verifica dell’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, con particolare attenzione all’utilizzo delle risorse in relazione ai risultati conseguiti.
  7. Controlli ispettivi: sono attività di vigilanza e verifica condotte da organi superiori o esterni, anche su segnalazione o d’ufficio, per accertare disfunzioni o irregolarità nell’attività amministrativa.

Livelli del controllo amministrativo

I controlli nella pubblica amministrazione si articolano su più livelli, a seconda dell’organo che li esercita e della fase in cui intervengono:

  • Controlli interni: svolti dagli stessi organi dell’amministrazione o da strutture a ciò deputate (es. nuclei di valutazione, uffici interni di controllo di gestione). Rientrano in questa categoria il controllo di gestione, il controllo strategico e quello di regolarità amministrativa.
  • Controlli esterni: esercitati da enti terzi rispetto all’amministrazione controllata. Il principale è quello della Corte dei conti, che vigila sulla legittimità e sulla regolarità della gestione finanziaria pubblica, nonché sull’eventuale responsabilità amministrativo-contabile dei funzionari.
  • Controlli preventivi: intervengono prima che l’atto produca effetti giuridici. Sono tipici, ad esempio, i controlli di legittimità sugli atti soggetti a visto o registrazione.
  • Controlli successivi: effettuati dopo l’adozione dell’atto amministrativo, al fine di verificarne l’effettiva efficacia e l’impatto rispetto agli obiettivi fissati.
  • Controlli gerarchici e funzionali: il primo è esercitato da un’autorità superiore nei confronti dell’autorità subordinata; il secondo si basa sulla competenza funzionale (es. autorità di vigilanza nei settori regolati).

 

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Vaccino anti-hpv

Vaccino anti-HPV: la Consulta legittima la legge della Puglia Per la Corte, la legge della Puglia sul vaccino anti-papilloma virus non viola la Costituzione

Vaccino anti-HPV e percorsi scolastici

Vaccino anti-HPV: con la sentenza n. 48 del 2025, la Corte costituzionale ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate in merito all’articolo 1 della legge della Regione Puglia n. 22/2024, che ha introdotto l’articolo 4-bis nella legge regionale n. 1/2024. Tale disposizione stabilisce che, per accedere ai percorsi formativi nella fascia 11-25 anni, inclusi quelli universitari, è necessario presentare una delle seguenti documentazioni alternative:

  • Attestazione della somministrazione del vaccino contro il Papilloma Virus Umano (HPV);

  • Certificazione dell’avvio del programma vaccinale;

  • Dichiarazione di rifiuto della vaccinazione;

  • Partecipazione a un colloquio informativo sui benefici del vaccino;

  • In alternativa, è possibile esprimere un “formale rifiuto” di produrre qualsiasi documento.

La Consulta conferma la legittimità della norma

Il ricorso era stato presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri, che contestava la norma regionale per presunta violazione della competenza statale esclusiva in materia di “norme generali sull’istruzione” e di livelli essenziali delle prestazioni (LEP) relativi ai diritti civili e sociali, in base all’articolo 117, secondo comma, lettere n) ed m) della Costituzione.

Venivano inoltre richiamati presunti contrasti con:

  • Gli articoli 3 e 34 della Costituzione (principio di uguaglianza e diritto all’istruzione);

  • L’articolo 117, primo comma, in relazione all’articolo 9 del Regolamento UE 2016/679 (GDPR), per il trattamento dei dati personali sanitari.

La Corte ha però dichiarato inammissibile la questione relativa ai LEP per insufficienza della motivazione, e ha ritenuto non fondate le altre censure.

Promuovere la consapevolezza vaccinale

La Consulta ha riconosciuto la legittimità della legge regionale pugliese in quanto esercizio coerente delle competenze concorrenti in materia di tutela della salute e istruzione, previste dalla Costituzione. Il provvedimento non introduce un obbligo vaccinale vero e proprio, ma mira a promuovere la vaccinazione anti-HPV o, almeno, a favorire una scelta informata da parte degli studenti e delle famiglie.

L’obiettivo è quello di stimolare la riflessione consapevole, senza imporre in modo coercitivo la presentazione di attestati sanitari. Viene, infatti, espressamente prevista la possibilità di rifiutare formalmente la produzione di qualsiasi documentazione, salvaguardando così il diritto all’istruzione e il rispetto della libertà individuale.

La decisione

La Corte costituzionale ha confermato, dunque, che la normativa regionale che prevede, ai fini dell’iscrizione ai percorsi di istruzione per i giovani tra 11 e 25 anni, l’obbligo di documentare la propria posizione vaccinale rispetto al virus HPV – anche mediante un semplice rifiuto formale – è costituzionalmente legittima. La misura rispetta il principio di proporzionalità, non vìola il diritto allo studio e rappresenta uno strumento efficace per promuovere la prevenzione sanitaria in ambito educativo, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona.

fondo di solidarietà comunale

Fondo di solidarietà comunale legittimo Fondo di solidarietà comunale: legittimo per la Consulta il trasferimento di risorse ai comuni per i servizi essenziali

Fondo di solidarietà comunale

Con la sentenza n. 45 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Liguria contro alcune disposizioni della legge n. 213 del 2023 (legge di Bilancio per l’anno 2024), in particolare l’articolo 1, commi 494, 497, 533, 534 e 535.

Le norme impugnate prevedono il trasferimento di risorse dal Fondo di solidarietà comunale al nuovo Fondo per l’equità del livello dei servizi, con vincolo di destinazione in favore dei comuni che non abbiano ancora raggiunto i livelli essenziali di prestazione (LEP) nei settori dei servizi sociali, degli asili nido e del trasporto scolastico per alunni con disabilità.

Rispetto dei livelli essenziali di prestazione

La scelta legislativa recepisce quanto già affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 71 del 2023, in cui è stato ribadito che, ai sensi dell’art. 120, secondo comma, della Costituzione, lo Stato può esercitare poteri sostitutivi qualora un ente territoriale non garantisca adeguatamente i diritti civili e sociali riconducibili ai livelli essenziali di prestazione.

Secondo la Corte, tale potere si collega in modo sistemico all’art. 119, quinto comma, Cost., che consente la creazione di fondi perequativi speciali, strutturati in modo distinto e trasparente, diversi dal fondo perequativo ordinario previsto dal terzo comma dello stesso articolo.

Distinzione fondi perequativi ordinari e speciali

La Consulta ha ribadito che, mentre il Fondo di solidarietà comunale, in quanto unico fondo perequativo riferito ai comuni, non può contenere quote vincolate, le risorse destinate al raggiungimento dei LEP possono invece essere correttamente allocate in fondi separati e dedicati, come nel caso del nuovo Fondo per l’equità del livello dei servizi.

Tale collocazione deve rispettare criteri di:

  • autonomia finanziaria regionale;

  • trasparenza amministrativa;

  • coerenza con la finalità costituzionale di riequilibrio territoriale.

Priorità alla spesa pubblica essenziale

La Corte ha sottolineato che il criterio adottato dal legislatore mira ad attuare il principio della spesa costituzionalmente necessaria, secondo cui, in un contesto di risorse pubbliche limitate, devono essere prioritariamente garantite le spese connesse alla tutela della salute, dei diritti sociali e delle politiche per la famiglia, rispetto ad altre voci di bilancio prive di specifica finalizzazione.

cambio destinazione d'uso

Cambio destinazione d’uso: serve parere Consiglio comunale Per la Consulta, è incostituzionale la norma del Lazio che consente trasformazioni edilizie con cambio di destinazione d'uso senza il parere del Consiglio comunale

Cambio destinazione d’uso

Cambio destinazione d’uso senza il preventivo parere del Consiglio comunale: con la sentenza n. 51/2025, la Consulta ha annullato per illegittimità costituzionale l’articolo 4, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 7/2017.

La disposizione impugnata consentiva, in via transitoria, l’esecuzione di interventi edilizi con cambio della destinazione d’uso anche in deroga agli strumenti urbanistici comunali, senza il coinvolgimento del Consiglio comunale, organo titolare delle scelte di pianificazione territoriale.

Violazione competenze urbanistiche comunali

Secondo la Corte, tale previsione comprime ingiustificatamente la potestà pianificatoria dei Comuni, poiché consente modifiche rilevanti del territorio senza l’approvazione dell’organo rappresentativo locale. Ciò risulta in contrasto con i principi costituzionali che regolano l’autonomia amministrativa e normativa degli enti locali (articoli 5 e 114 della Costituzione).

In particolare, l’esclusione del Consiglio comunale da scelte che incidono su:

  • la destinazione funzionale delle aree urbane,

  • il carico urbanistico complessivo,

  • la distribuzione degli insediamenti abitativi e produttivi,

può determinare effetti negativi sull’equilibrio urbanistico del territorio, soprattutto quando vengono compromesse aree a destinazione pubblica o sociale.

Rigenerazione urbana richiede visione integrata

La Consulta ha evidenziato come l’obiettivo di rigenerazione urbana debba essere interpretato in chiave integrata, tenendo conto non solo degli aspetti edilizi, ma anche dei risvolti sociali, economici e ambientali. Interventi trasformativi che alterano profondamente l’assetto urbano non possono prescindere dalla deliberazione consiliare, che costituisce espressione della sovranità territoriale dell’ente locale.

decreto coesione legge

Decreto coesione: cosa prevede la legge La legge di conversione del decreto coesione prevede una serie di misure per rimettere in moto il Sud Italia

Decreto coesione e legge di conversione

Il testo della legge (n. 95/2024), di conversione del decreto coesione (decreto legge n. 60/2024) recante “ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione” è in vigore dal 7 luglio 2024.

La legge è composta da 50 articoli e al Titolo I contiene le misure di riforma della politica di coesione in materia di utilizzo delle risorse, di semplificazione amministrativa e contabile, di rafforzamento della capacità amministrativa, di sviluppo e coesione territoriale, di lavoro, di istruzione, università e ricerca, di investimenti, di cultura e di sicurezza.

Il Titolo II invece contiene disposizioni ulteriori relative al piano nazionale di ripresa e resilienza.

Vediamo le misure più importanti e significative.

Gli interventi per il lavoro

Il Parlamento ha autorizzato il MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti) ad assumere personale con contratto a tempo indeterminato:

  • 100 unità andranno ad arricchire l’aria elevata professionalità;
  • 300 unità saranno destinate all’area funzionari;
  • 150 unità invece all’area assistenti.

Autorizzata anche la procedura concorsuale per assumere 245 segretari comunali e provinciali.

Iscro

Per accedere all’ISCRO non sarà più necessario partecipare ai vari percorsi di aggiornamento professionale. I beneficiari dell’ISCRO inoltre potranno autorizzare l’INPS a trasmettere i propri dati di contatto alle piattaforme che attivano misure di inclusione sociale e di politica attiva come il SIISL (sistema informativo unitario delle politiche del lavoro) al fine sottoscrivere il patto di attivazione digitale necessario per il successivo patto lavoro e per l’assegno di inclusione sociale.

Scadenze e sgravi

Cambiano le scadenze delle convenzioni per l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili, che vengono prorogate al 31 dicembre 2024.

Incrementato di 9 mesi il termine per l’operatività delle agenzie che somministrano il lavoro in porto.

Incrementato il fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e aeroportuale.

Previsti sgravi ed esoneri contributivi per i datori di lavoro che assumeranno stabilmente lavoratori nei settori strategici e donne in difficoltà per favorire le pari opportunità.

Su queste misure, previste dagli articoli 22 e 23 del decreto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia in data 11 aprile 2025 hanno emanato i decreti attuativi dedicati al bonus giovani under 35 e donne. I decreti si occupano di definire i criteri di applicazione e di funzionamento degli sgravi contributivi totali per quei datori che assumeranno a tempo indeterminato gli under 35 che non hanno mai avuto un’occupazione stabile e le donne prive di un’occupazione retribuita regolarmente.

Le misure per gli enti

Istituita la zona logistica semplificata anche nelle aree portuali delle regioni (Marche Umbria e Abruzzo) non comprese nella ZES Unica.

Premi per le Regioni e le Province autonome che porteranno a compimento rapidamente gli interventi nei settori strategici della coesione.

Dal 2024 al 2028 sono previsti contributi annuali di 5 milioni di euro per la fusione dei comuni.

Nuovi stanziamenti per il Ministero dell’Università e della ricerca e per il Ministero dell’interno.

Nuove risorse verranno destinate anche alla perequazione infrastrutturale del Mezzogiorno e in particolare in favore delle seguenti Regioni: Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Gli interventi riguarderanno strade, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti, risorse idriche, strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche e deputate alla cura dell’infanzia.

Fonti rinnovabili e bonus

Il provvedimento vuole recuperare importanti siti industriali. A tal fine definisce le procedure per individuare i criteri di selezione degli investimenti da attuare nelle regioni del sud Italia e in particolare in Basilicata, Calabria,  Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia per produrre energia, anche termica da fonti rinnovabili da destinare all’autoconsumo delle imprese, ma anche per incrementare la capacità della rete distributiva, accogliere quote sempre più elevate di energia derivante da fonti rinnovabili e sviluppare i sistemi di stoccaggio sempre più efficienti.

Sicurezza

La nuova legge vuole rafforzare la legalità nelle regioni meno sviluppate. Si autorizza inoltre il Ministero dell’Interno a mettere in atto piani di intervento per completare il servizio di telecomunicazione sull’intero territorio nazionale dando priorità di copertura ai territori che saranno protagonisti dei giochi olimpici invernali del 2026.

Nello stato di previsione del Ministero della difesa inoltre è istituito un fondo per potenziare la cybersicurezza e le tecnologie satellitari.

fasi del procedimento amministrativo

Le fasi del procedimento amministrativo Le fasi del procedimento amministrativo: quali sono, riferimenti normativi, funzionamento e giurisprudenza

Fasi del procedimento amministrativo

Le fasi del procedimento amministrativo scandiscono il percorso attraverso cui la Pubblica Amministrazione (PA) adotta un provvedimento finale, nel rispetto di principi fondamentali come trasparenza, imparzialità ed efficacia.

La loro disciplina è contenuta nella legge n. 241/1990, che definisce le regole procedurali per garantire la tutela dei cittadini e il buon andamento dell’amministrazione.

Secondo la normativa vigente e la giurisprudenza, il procedimento amministrativo si articola in quattro fasi principali:

  1. iniziativa (avvio del procedimento)
  2. istruttoria (raccolta delle informazioni e valutazioni)
  3. decisoria (adozione del provvedimento)
  4. integrativa dell’efficacia (fase eventuale per la piena operatività dell’atto)

Analizziamo nel dettaglio ogni fase, con riferimenti normativi e giurisprudenziali.

1. L’iniziativa

Riferimento normativo: art. 2 e art. 7 legge 241/1990

La fase iniziale del procedimento consiste nell’attivazione dell’azione amministrativa, che può avvenire:

  • d’ufficio, quando è la stessa PA a dare avvio al procedimento (es. controlli fiscali, autorizzazioni obbligatorie).
  • su istanza di parte, quando il procedimento è attivato su richiesta di un soggetto interessato (es. domanda di concessione edilizia, richiesta di permesso di soggiorno).

Consiglio di Stato sentenza n. 4925/2012: la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo può essere omessa quando l’amministrazione è obbligata e vincolata ad adottare un determinato provvedimento finale, i fatti su cui si basa l’atto sono pacificamente accettati, le norme applicabili sono chiare e univoche, e un’eventuale annullamento per mancata comunicazione non impedirebbe all’amministrazione di emanare un nuovo atto identico, anche riguardo alla sua efficacia temporale.

2. La fase istruttoria

Riferimento normativo: artt. 8-12 legge 241/1990

La fase istruttoria è cruciale per raccogliere le informazioni necessarie a una decisione motivata e legittima. Durante questa fase, la PA svolge attività:

  • di acquisizione di documenti e pareri (es. verifiche tecniche, istruttorie ambientali).
  • di audizione delle parti interessate (diritto di partecipazione, art. 10 legge 241/1990).
  • di ispezioni o perizie.

Consiglio di Stato n. 3224/2010: La mancata considerazione dei contributi presentati dal privato durante il procedimento amministrativo rende illegittimo il provvedimento conclusivo per carenza di motivazione.

3. La fase conclusiva della decisione

Riferimento normativo: art. 2 e art. 21-quinquies legge 241/1990

Conclusa l’istruttoria, la PA adotta il provvedimento finale, che può essere:

  • accoglimento dell’istanza (es. concessione edilizia);
  • diniego (es. rifiuto di un’autorizzazione);
  • un provvedimento di autotutela (es. revoca di una licenza).

4. Fase integrativa dell’efficacia (eventuale)

Non tutti i provvedimenti producono effetti immediati: alcuni necessitano di ulteriori adempimenti per diventare efficaci, come:

  • pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (es. regolamenti ministeriali).
  • notifica agli interessati (es. revoca di autorizzazioni).
  • registrazione o visto di controllo (es. atti che richiedono approvazione superiore).

 

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autorità amministrative indipendenti

Le autorità amministrative indipendenti Autorità amministrative indipendenti: quali sono, definizione, normativa, compiti e funzioni

Cosa sono le autorità amministrative indipendenti

Le autorità amministrative indipendenti sono organismi pubblici dotati di autonomia rispetto al potere esecutivo, istituite per garantire il corretto funzionamento di settori strategici dell’economia e della società. Il loro ruolo è fondamentale per assicurare imparzialità, trasparenza e tutela degli interessi collettivi, specialmente nei settori in cui lo Stato non deve esercitare un controllo diretto.

Le autorità amministrative indipendenti sono enti pubblici che operano in maniera autonoma dal governo e dalla pubblica amministrazione tradizionale. Il loro obiettivo è quello di regolare specifici settori di rilevanza economica e sociale senza essere soggette a pressioni politiche.

Normativa di riferimento

Le autorità amministrative indipendenti non sono disciplinate da un unico testo normativo, ma trovano la loro regolamentazione in diverse leggi settoriali. Alcuni riferimenti normativi fondamentali sono:

  • Legge n. 287/1990: istitutiva dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).
  • Legge n. 481/1995: disciplina le autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.
  • Legge n. 675/1996, poi sostituita dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR): relativa alla protezione dei dati personali, che ha portato alla creazione del Garante per la protezione dei dati personali.
  • D.Lgs. n. 259/2003: relativo all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM).

Quali sono le principali autorità amministrative indipendenti

In Italia, le principali autorità amministrative indipendenti sono:

  • AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato): tutela la concorrenza e il mercato.
  • AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni): regola i settori delle telecomunicazioni, dell’editoria e delle poste.
  • ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente): vigila sui settori dell’energia elettrica, del gas, del servizio idrico e dei rifiuti.
  • Garante per la protezione dei dati personali: tutela la privacy e il trattamento dei dati personali.
  • ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione): previene e combatte la corruzione nella pubblica amministrazione.
  • IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni): supervisiona il mercato assicurativo.
  • CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa): vigila sui mercati finanziari.

Compiti e funzioni

Le autorità amministrative indipendenti svolgono funzioni di regolazione, controllo e garanzia, tra cui:

  1. Regolazione: emettono norme e linee guida per disciplinare i settori di competenza.
  2. Vigilanza e controllo: monitorano il rispetto delle normative da parte delle imprese e degli enti regolati.
  3. Sanzione: applicano sanzioni in caso di violazione delle norme di riferimento.
  4. Tutela dei consumatori e degli utenti: garantiscono trasparenza e correttezza nei rapporti tra imprese e cittadini.
  5. Pareri e raccomandazioni: forniscono consulenza a governo e parlamento su questioni di loro competenza.

 

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Fonti del diritto amministrativo

Le fonti del diritto amministrativo Le fonti del diritto amministrativo rappresentano un sistema complesso e articolato, volto a garantire la corretta gestione dell’attività amministrativa e la tutela dei diritti dei cittadini

Fonti diritto amministrativo: normativa

Il diritto amministrativo è una branca del diritto pubblico che disciplina l’organizzazione, il funzionamento e l’attività della pubblica amministrazione. Le fonti del diritto amministrativo sono molteplici e si articolano su diversi livelli gerarchici, comprendendo norme di diritto interno e di diritto internazionale. La loro conoscenza è fondamentale per comprendere il funzionamento della pubblica amministrazione e le regole che ne disciplinano l’operato.

Fonti del diritto amministrativo: quali sono

Le fonti del diritto amministrativo si suddividono in fonti primarie e fonti secondarie, seguendo una gerarchia normativa stabilita dal principio di legalità.

1. Fonti primarie

Le fonti primarie sono quelle che derivano direttamente dalla Costituzione e che hanno la massima forza normativa. Tra queste troviamo:

  • La Costituzione: rappresenta la fonte primaria fondamentale, stabilisce i principi cardine del diritto amministrativo, come il principio di legalità, di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).
  • Le leggi ordinarie: sono emanate dal Parlamento e regolano in modo dettagliato l’attività della pubblica amministrazione, come ad esempio la legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo.
  • Le leggi regionali: sono quelle che si riferiscono alle competenze amministrative decentrate, nel rispetto del principio di sussidiarietà.
  • Le leggi costituzionali e le leggi di revisione costituzionale: modificano la Costituzione e incidono sulla struttura dell’amministrazione pubblica.
  • I decreti legislativi: sono emanati dal Governo su delega del Parlamento e hanno lo stesso valore delle leggi ordinarie (es. D.lgs. 165/2001 sul pubblico impiego).
  • I decreti legge: adottati dal Governo in casi di necessità e urgenza, devono essere convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni.
  • Le norme dell’Unione Europea: comprendono regolamenti (direttamente applicabili) e direttive (che devono essere recepite con atti nazionali).
  • Le convenzioni internazionali: quando ratificate dall’Italia, entrano a far parte dell’ordinamento e possono influenzare il diritto amministrativo.

2. Fonti secondarie

Le fonti secondarie sono subordinate alle fonti primarie e hanno un ruolo di attuazione e integrazione della normativa principale. Tra queste troviamo:

  • I regolamenti amministrativi: adottati dal Governo o da enti locali per disciplinare in dettaglio l’applicazione delle leggi. Si suddividono in:
    • Regolamenti di esecuzione: attuano leggi già esistenti.
    • Regolamenti di organizzazione: disciplinano l’organizzazione interna delle amministrazioni.
    • Regolamenti indipendenti: disciplinano materie non regolate da legge (nei limiti stabiliti dalla Costituzione).
  • Le circolari amministrative: non hanno valore normativo, ma servono a interpretare e applicare le norme esistenti.
  • Le ordinanze amministrative: atti con efficacia normativa in situazioni di emergenza (es. ordinanze sindacali per la sicurezza pubblica).
  • Statuti: sono le fonti degli enti locali che si occupano di disciplinare l’organizzazione e il funzionamento interno

Gerarchia delle fonti e principio di legalità

Il principio di legalità impone che la pubblica amministrazione agisca solo in base alla legge e nei limiti da essa stabiliti. Le fonti secondarie devono rispettare le fonti primarie e non possono derogare alle disposizioni legislative.

Inoltre, con l’integrazione del diritto europeo nell’ordinamento italiano, si è affermato il principio della prevalenza del diritto UE sulle norme interne contrastanti, garantendo così l’uniformità normativa tra gli Stati membri.

 

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