Civile, Il giurista risponde

Denuncia vizi ex art. 1495 c.c. e termine di decadenza Da quando decorre il termine di decadenza per la denuncia dei vizi dei beni acquistati dal compratore ex art. 1495 c.c., qualora si tratti di vizi rilevabili attraverso un accertamento tecnico giudiziale?

giurista risponde

Quesito con risposta a cura di Umberto De Rasis ed Eliana Esposito

 

In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, una volta eccepita dal venditore la tardività della denuncia rispetto alla data di consegna della merce, incombe sull’acquirente l’onere della prova di aver denunciato i vizi nel termine di decadenza previsto dall’art. 1495 c.c., pari ad otto giorni dalla scoperta del vizio occulto, e, per altro verso, che tale termine decorre dal momento in cui il compratore ne ha acquisito certezza obiettiva e completa: ma solo se la scoperta del vizio avvenga gradatamente ed in tempi diversi e successivi (ma, in difetto di accertamento sul punto e di una censura dello stesso per omesso esame di fatti decisivi, non è questo il caso), in modo da riverberarsi sulla consapevolezza della sua entità, occorre far riferimento al momento in cui detta scoperta, se del caso a seguito di un accertamento tecnico preventivo, si sia completata. – Cass. sez. VI, 22 novembre 2022, n. 34290.

La Corte di Appello ha riformato la sentenza di primo grado, la quale ha accolto la domanda di risoluzione dei contratti di compravendita, stipulati tra l’attore e la società appellante, per la dedotta mancanza, ex art. 1490 c.c., delle qualità che la venditrice aveva promesso e garantito, vale a dire “l’autenticità e l’esclusività di ogni singola opera acquistata”.

In particolare, la Corte d’Appello ha accolto l’eccezione di decadenza e di prescrizione che la società convenuta aveva sollevato, evidenziando che: 1) il compratore, a norma dell’art. 1495 c.c., ha l’onere di denunciare i vizi rinvenuti entro il termine di otto giorni dalla scoperta; 2) tale termine, se si tratta vizi occulti, decorre dalla scoperta degli stessi nella loro manifestazione esteriore mentre, se si tratta di vizi normalmente riconoscibili decorre dal momento in cui sia stato possibile acquisire, in base ad elementi obiettivi e con apprezzabile grado di approssimazione e certezza e secondo buona fede, la conoscenza degli stessi, e cioè, di regola, dalla consegna o, comunque, dal momento dell’acquisizione della certezza oggettivo del difetto; 3) l’onere della prova della tempestività della denuncia incombe sull’acquirente poiché detta denuncia costituisce una condizione necessaria dell’azione; 4) l’inosservanza dell’obbligo di denuncia preclude l’esperimento tanto dell’azione di risoluzione prevista dall’art. 1492 c.c., quanto dell’azione risarcitoria prevista dall’art. 1494 c.c.; 5) l’azione si prescrive in ogni caso si prescrive entro un anno dalla consegna.

Nel caso in esame la Corte ha ritenuto, innanzitutto, che non si tratta di vizi occulti, in quanto inerenti all’assenza del valore artistico dei beni acquistati, ed, in secondo luogo, che le consegne dei beni erano avvenute in occasione degli acquisti, risalenti agli anni 2002, 2003 e 2005, mentre l’unica denuncia documentata risale al settembre 2011. Inoltre, nell’atto introduttivo del giudizio l’attore ha dedotto di aver “di recente” verificato, “a mezzo di esperti di arte e studiosi della materia”, che “i beni acquistati non contenevano e conservavano alcun valore artistico, trattandosi di opere normalmente rivendute presso qualsivoglia rivenditore e privi di valore sia artistico che economico”, senza aver, tuttavia, prodotto “alcuna documentazione scritta di una denuncia tempestivamente inviata entro gli otto giorni dalla consegna o dall’eventuale scoperta”, avendo, piuttosto, fornito elementi che evidenziano chiaramente come “i vizi furono lamentati con missiva in una data del tutto sganciata da qualsiasi conoscenza dei vizi denunciati”.

Né, secondo la Corte, si potrebbe ricondurre la conoscenza dei vizi alla lettura di un articolo pubblicato da un quotidiano in data 4-4-2010, il quale riportava la notizia di una class action nei confronti della venditrice per aver venduto libri non rivendibili perché ritenuti senza alcun valore da esperti e galleristi. Tale articolo, infatti, risale al 2010, mentre la prima ed unica missiva di denuncia dei vizi risale solo al mese di “settembre 2011”, quando “era ampiamente maturata la decadenza e la prescrizione dell’azione”.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello il compratore ha proposto ricorso in Cassazione per violazione e la falsa applicazione dell’art. 1497 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. Secondo il ricorrente, l’acquirente non aveva alcuna cognizione tecnica della mancanza delle qualità promesse tanto che, per averne esatta e specifica cognizione, aveva promosso il giudizio per l’accertamento delle dedotte ed eventuali carenze delle qualità promesse, individuate, tra l’altro, nelle pregresse pronunce giudiziali rese ai danni della venditrice. Soltanto all’esito di queste ultime il ricorrente avrebbe quindi compreso che i beni acquistati non avevano alcun pregio artistico né alcun valore tale da legittimare il prezzo pagato. La domanda giudiziale era, dunque, l’unico rimedio che il compratore poteva proporre per ottenere, in relazione all’oggetto delle vendite, l’accertamento necessario ai fini della risoluzione dei contratti, non potendo valutare autonomamente l’esatto valore dei beni venduti.

La Suprema Corte, tuttavia, nel richiamare quanto argomentato dalla Corte d’Appello, dichiara di non condividere le censure dedotte dal ricorrente. Infatti l’acquirente, pur avendo sostenuto in giudizio di aver “di recenteverificato, “a mezzo di esperti di arte e studiosi della materia”, che i beni acquistati “non contenevano e conservavano alcun valore artistico, trattandosi di opere normalmente rivendute presso qualsivoglia rivenditore”, ed erano, quindi, privi delle qualità promesse e garantite dalla venditrice, vale a dire “l’autenticità e l’esclusività di ogni singola opera acquistata”, non aveva, poi, fornito in giudizio la prova di “una denuncia tempestivamente inviata entro gli otto giorni dalla consegna o dall’eventuale scoperta”, così conseguita, dei vizi lamentati. L’attore aveva infatti soltanto documentato, pur a fronte di consegne avvenute in occasione degli acquisti, risalenti agli anni 2002, 2003 e 2005, un’unica denuncia, risalente al mese di settembre 2011, vale a dire quando “era ampiamente maturata la decadenza e la prescrizione dell’azione”.

Correttamente, dunque, la Corte d’Appello ha ritenuto che, a fronte di beni consegnati in occasione degli acquisti, risalenti agli anni 2002, 2003 e 2005, l’azione si era anche prescritta. Infatti, in tema di compravendita, l’azione del compratore contro il venditore per far valere la garanzia prevista dall’art. 1495 c.c. si prescrive, in ogni caso, nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto, e ciò anche se i vizi non siano stati scoperti o non siano stati tempestivamente denunciati o la denuncia non fosse neppure necessaria, sempre che la consegna abbia avuto luogo dopo la conclusione del contratto, coincidendo, altrimenti, l’inizio della prescrizione con quest’ultimo evento (Cass. 15 dicembre 2020, n. 28454; Cass. 5 maggio 2017, n. 11037; Cass. 15 dicembre 2011, n. 26967).

In conclusione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso perché manifestamente infondato, liquidando le spese di lite secondo la regola della soccombenza.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cass. civ., S.U., 328/1991; Cass. civ. 5142/2003; Cass. civ. 13695/2007;
Cass. civ. 844/1997; Cass. civ. 11046/2016; Cass. civ. 28454/2020;
Cass. civ. 11037/2017; Cass. civ. 26967/2011

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