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Lavoro ai pensionati nelle Pubbliche Amministrazioni La Corte dei Conti ha dato l'ok chiarendo che gli incarichi vietati sono solo quelli espressamente contemplati dalla legge, quali, ad esempio, incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi

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Conferimento incarichi al personale in pensione

Il caso in esame prende avvio dalla richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Cassino, ai sensi dell’art. 7, comma 8, l. 5 giugno 2003, n. 131, avente ad oggetto la possibilità di conferire un incarico retribuito ad un dipendente che si trovava in stato di recente quiescenza.

In particolare, il Sindaco ha chiesto se “al fine di prestare affiancamento al personale in servizio, prettamente assistenza, supporto e formazione prettamente operativa, senza svolgere attività di studio consulenza, né alcun tipo di attività riferibile all’espletamento di funzioni direttive o dirigenziali… è legittimo affidare al suddetto funzionario, successivamente alla data del suo collocamento in quiescenza, l’incarico temporaneo e straordinario a titolo oneroso di assistenza, di supporto, di affiancamento e di formazione operativa per il personale dell’ufficio tributi, precisando che l’attività oggetto della prestazione non consisterebbe né in un’attività di studio e/o di consulenza, né l’espletamento di funzioni direttive e dirigenziali, ma semplicemente una mera condivisione dell’esperienza maturata dal funzionario in quiescenza nell’esercizio delle mansioni in precedenza affidategli”.

Incarichi vietati: il quadro normativo e giurisprudenziale

La Corte dei Conti, con deliberazione n. 80-2024, ha ritenuto che “la tassatività delle fattispecie vietate dal Legislatore (…) fa sì che le attività consentite, per gli incarichi si ricavino a contrario”.

Nell’ambito della propria deliberazione, la Corte ha anzitutto esaminato il quadro normativo, amministrativo e giurisprudenziale di riferimento.

In particolare, è stato preso in considerazione l’art. 5, comma 9, del D.L. n. 95 del 6 luglio 2012, ove è contenuto un principio generale di divieto di conferimento di incarichi di studio e consulenza, e/o dirigenziali o direttivi, a soggetti in quiescenza.

La norma in questione, per quanto qui rileva, stabilisce che “è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché alle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) ai sensi dell’art. 1, comma 2, della l. 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati (…)”.

In esecuzione della suddetta disposizione normativa, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha successivamente emanato due circolari.

La prima di esse, ovvero quella del 4 dicembre 2014, n. 6 statuisce che “(…) Incarichi vietati, dunque, sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati». «Un’interpretazione estensiva dei divieti in esame potrebbe determinare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale».

La successiva circolare, del 10 novembre 2015, n. 4, prevede invece che il divieto posto dall’art. 9 del D.L. n. 95 del 2012 “riguarda anche le collaborazioni e gli incarichi attribuiti ai sensi 5 dell’art. 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dell’articolo 90 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Come già osservato nella circolare n. 6 del 2014, infatti, in assenza di esclusioni al riguardo, devono ritenersi soggetti al divieto anche gli incarichi dirigenziali, direttivi, di studio o di consulenza, assegnati nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione di organi politici”.

Nella medesima direzione si è anche espressa la giurisprudenza formatasi in seno alla Corte dei Conti stessa, secondo cui “il conferimento a titolo oneroso di incarichi e cariche in favore di soggetti già collocati in quiescenza, per essere legittimo necessita, quindi di una effettiva (e non elusiva) esclusione dal campo di applicazione del divieto previsto dall’art. 5, comma 9, del decreto n. 95/2012)”.

Corte dei Conti: ammesso l’incarico non vietato

In ragione di quanto sopra riferito, la Corte dei Conti ha pertanto concluso il proprio esame ritenendo che “La tassatività delle fattispecie vietate dal Legislatore (…) fa sì che le attività consentite, per gli incarichi si ricavino a contrario”.

Si tratta, quindi, ha proseguito la Corte “di verificare se gli incarichi da conferire, ai sensi dell’articolo 5 comma 9, del D.L. n. 95/2012, siano non solo astrattamente non ricompresi nel divieto normativo, in quanto non rientranti nell’elencazione tassativa della norma, ma comportino o meno lo svolgimento, in concreto, di funzioni riconducibili agli incarichi normativamente vietati”.

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