Quesito con risposta a cura di Carmela Quagliano e Daniele Venturi
Ai sensi degli artt. 1509 e 1602 c.c. la vendita, la cessione o la donazione di un immobile oggetto di locazione determina la surrogazione del terzo (acquirente, cessionario o donatario) nei diritti e nelle obbligazioni del dante causa-locatore. Ciò comporta anche il subentro nell’obbligo di pagamento delle quote condominiali rispetto al condominio di cui tale immobile fa parte.
L’onere della prova relativo all’individuazione del soggetto obbligato al pagamento di dette quote spetta al condominio che avanza la pretesa, incombendo su colui che nega tale affermazione solo la prova di eventuali fatti modificativi o estintivi capaci di escluderne la responsabilità.
A questo si aggiunge la nuova formulazione dell’art. 63 disp. att. c.c. introdotta dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220 che attribuisce al soggetto che subentra nei diritti di un condomino la qualifica di obbligato solidale con quest’ultimo solo rispetto al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. – Cass., sez. II, 4 marzo 2024, n. 5704.
Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte accoglie la doglianza del ricorrente che si era visto rigettare, nei due precedenti gradi di giudizio, l’opposizione a un decreto ingiuntivo relativo al pagamento di contributi condominiali maturati durante il periodo in cui a godere delle unità immobiliari era un soggetto qualificato come cessionario della stessa società ricorrente.
Come provato nei gradi di merito, infatti, la ricorrente aveva comunicato al condominio l’avvenuta cessione degli immobili al soggetto in capo al quale sono poi maturati gli obblighi individuati nel decreto ingiuntivo. Tale atto avrebbe dovuto rivolgersi, di conseguenza, verso il cessionario e non verso la società cedente.
La sentenza in epigrafe stigmatizza, poi, l’avvenuta inversione dell’onere della prova rispetto alla qualità di condomino. Al fine dell’accertamento dell’obbligo di pagamento dei contributi condominiali negli anni controversi è stato infatti erroneamente imputato alla società ricorrente l’onere di provare la propria estraneità rispetto alla qualità di condomino. Contrariamente, sarebbe stato necessario addossare al condominio l’onere di provare la sussistenza di tale qualità tenuto conto delle varie vicende che hanno interessato le unità immobiliari in oggetto.
La vicenda fornisce alla Corte anche l’occasione per ribadire la portata dell’art. 63 disp. att. c.c. secondo la pacifica interpretazione del quale la società ricorrente avrebbe potuto essere ritenuta responsabile, tutt’al più, delle ultime due annualità, come ribadito da giurisprudenza consolidata.