Famiglia

Assegno di divorzio: si conta anche la convivenza Le Sezioni Unite della Cassazione chiariscono che la convivenza prematrimoniale deve essere presa in considerazione nella determinazione dell'assegno divorzile

assegno di divorzio

Convivenza prematrimoniale nell’assegno divorzile

La convivenza prematrimoniale che ha «consolidato» una divisione dei ruoli domestici capace di creare «scompensi» destinati a proiettarsi sul futuro matrimonio e sul divorzio, deve necessariamente essere presa in considerazione nella determinazione dell’assegno divorzile. Così, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 35385-2023, ha accolto il gravame proposto dalla ricorrente in relazione al computo della convivenza prematrimoniale ai fini della determinazione dell’assegno divorzile.

I criteri di determinazione dell’assegno divorzile

A tal proposito, il Giudice di legittimità ha anzitutto compiuto un ampio excursus in ordine ai criteri di determinazione dell’assegno divorzile, ricordando, in particolare, quanto stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la storica sentenza n. 18287/2018 con cui era stata superata la distinzione tra “criterio attributivo e criteri determinativo dell’assegno di divorzio, essendosi affermato che il giudice deve accertare l’adeguatezza dei mezzi (…) alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”. La suddetta sentenza, inoltre, aveva introdotto il principio di autoresponsabilità nell’ambito del rapporto coniugale e durante tutta la sua durata, dunque anche nella fase patologica.

La rilevanza della convivenza prematrimoniale

Posto quanto sopra, la Corte è poi passata all’esame del caso di specie, riguardante le contestazioni avanzate da un’ex moglie in ordine alla mancata valutazione, da parte del Giudice di merito, del contributo economico e personale dalla stessa fornito durante la fase prematrimoniale. La ricorrente ha in particolare messo in rilievo come, già durante detto periodo, i futuri coniugi avevano compiuto scelte comuni di organizzazione della vita familiare e di riparto dei rispettivi ruoli.

Rispetto a tale doglianza, le Sezioni Unite hanno ricordato che nel nostro ordinamento sussiste indubbiamente “una differenza (..) tra matrimonio e convivenza, (..) dato che il matrimonio e, per volontà del legislatore, l’unione civile, appartengono ai modelli c.d. «istituzionali», mentre la convivenza di fatto, al contrario, è un modello «familiare non a struttura istituzionale». Tuttavia, convivenza e matrimonio sono comunque modelli familiari dai quali scaturiscono obblighi di solidarietà morale e materiale, anche a seguito della cessazione dell’unione istituzionale e dell’unione di fatto”.

Ciò posto, la Corte ha messo in luce come, considerata la crescente diffusione sociale del fenomeno della convivenza, la convivenza prematrimoniale, laddove protrattasi nel tempo ed abbia «consolidato» una divisione dei ruoli domestici capace di creare «scompensi» destinati a proiettarsi sul futuro matrimonio e sul divorzio che dovesse seguire, deve necessariamente essere presa in considerazione anche nella fase patologica del rapporto coniugale e dunque anche ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, tenendo conto dei criteri stabiliti dalle Sezioni Unite nel 2018.

Concluso l’esame sulla questione di massima importanza sopra riassunta, il Giudice di legittimità ha enunciato il seguente principio di diritto “Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione, ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, dell’assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio”.

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