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Misure protettive e cautelari nella composizione negoziata della crisi d’impresa Quali sono le misure protettive e cautelari previste dal legislatore nel "percorso" della composizione negoziata della crisi d'impresa

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La composizione negoziata della crisi d’impresa

Nell’ambito del “percorso” della composizione negoziata [1] il legislatore ha previsto, come accade per il procedimento (recte: i procedimenti) volto (i) all’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza o all’apertura di una procedura d’insolvenza, le misure protettive e cautelari.

Esse non differiscono, rispetto a quelle previste nell’ambito di queste ultime, sotto il profilo definitorio, occorrendo pur sempre fare riferimento all’art. 2 CCI, ma notevoli sono le differenze sotto il profilo sostanziale e processuale.

Le misure protettive

Quanto alle misure protettive, nell’ambito della composizione negoziata esse assolvono al compito di favorire il raggiungimento degli obiettivi di risanamento.

Ciò avendo a mente, la prima attività che si impone consiste nell’individuarle e nel qualificarle.

Ai sensi dell’art. 18, comma 1, CCI, “l’imprenditore può chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza presentata con le modalità di cui all’art. 17, comma 1, l’applicazione di misure protettive del patrimonio”, fermo restando che queste ultime non possono incidere sui diritti di credito dei lavoratori. In tal caso, dal giorno in cui è pubblicata l’istanza nel registro delle imprese “[…] i creditori interessati non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa”.

L’art. 19 CCI, invece, dispone che dette misure, le quali iniziano ad operare automaticamente, debbono essere poi confermate o modificate dal tribunale competente su richiesta dello stesso imprenditore, la quale va avanzata con ricorso da depositarsi “[…] entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto […]”, pena la loro inefficacia.

Si tratta, dunque, in analogia con quanto disposto dall’art. 54 CCI, di misure cc.dd. “semi-automatiche” [2], in quanto “scattano” automaticamente ma per conservare i propri effetti richiedono un provvedimento del giudice [3]. Ciò sebbene il riferimento ad una “istanza” con cui si chiede la loro applicazione faccia pensare ad una preventiva valutazione giudiziale, la quale, invece, è, giova ribadire, richiesta solo per la conferma o la modifica [4].

A differenza di quanto statuito dall’art. 54 citato, invece, non è previsto che “[…] le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano”, mentre è contemplato il divieto di acquisire diritti di prelazione non concordati, misura c.d. “automatica” non presente nel suddetto articolo.

Le misure “selettive”

Il comma 3 dell’art. 18 CCI, poi, dispone che l’imprenditore può chiedere ab initio che l’applicazione delle misure protettive sia limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori oppure a determinati creditori o categorie di creditori. Si tratta delle cc.dd. misure “selettive”, ossia limitate a determinati procedimenti esecutivi e cautelari, a determinati creditori oppure a determinati beni [5].

A differenza di quanto accade per le misure protettive collocate nella cornice del procedimento unitario, la “selezione” è operabile sia dall’imprenditore, con il ricorso, sia ex post dal tribunale, in quanto, ai sensi dell’art. 19, comma 4, CCI, il giudice, in sede di conferma, sentito l’esperto, “[…] può limitare le misure a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori”. Ai sensi dell’art. 54 CCI, invece, le misure iniziali sono sempre erga omnes e le misure cc.dd. “selettive” sono solo “ulteriori”, nel senso che non possono essere chieste con la domanda ex artt. 40 o 44 CCI ma soltanto successivamente; inoltre, in sede di conferma il tribunale non può calibrarle in relazione al caso concreto. Ancora, sempre ai sensi dell’art. 54 CCI, le misure “ulteriori” sono “atipiche”, mentre nell’ambito della composizione negoziata la “selezione” opera pur sempre con riferimento alla misura “tipica” del blocco delle azioni esecutive e cautelari.

Quest’ultimo non impedisce eventuali pagamenti spontanei compiuti dall’imprenditore a favore dei creditori e ciò, ancora una volta, a differenza di quanto disposto dall’art. 54 CCI, che tace al riguardo [6].

I creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori e possono solo sospendere l’adempimento dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell’istanza di concessione fino alla conferma delle misure richieste.

Misura protettiva “automatica”

Anche in tale ipotesi viene in rilievo una misura c.d. “automatica” e vi è una differenza rispetto al “sistema” di cui all’art. 54 CCI, atteso che analoga disposizione non è ivi contenuta, essendo posta nell’ambito delle norme dedicate agli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza.

In analogia rispetto a quanto previsto dal comma secondo dell’art. 54 CCI, fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata della crisi non può essere pronunciata la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza [7]: si tratta di una misura protettiva [8] cc.dd. “automatica”, in quanto produce effetti a prescindere dalla domanda dell’imprenditore.

Ciò non sembra escludere che la domanda di apertura della liquidazione giudiziale possa essere avanzata, ma pare vietare solo che la procedura sia aperta, il che pone il problema della sorte di tale domanda. Sembra doversi ritenere che la stessa rimanga “temporaneamente improcedibile”, in quanto può essere esaminata dal tribunale qualora vengano meno le misure protettive, vale a dire in ipotesi di revoca (art. 18, comma 4, CCI), di cessazione dei loro effetti (art. 19, comma 8, CCI), di pronuncia del decreto di inammissibilità del ricorso (art. 19, comma 3, CCI), della scadenza del termine massimo di durata (art. 19, comma 5, CCI) e della conclusione negativa del procedimento di composizione negoziata senza che vi sia il transito verso altro strumento che consenta di ottenere una ulteriore protezione del patrimonio.

L’art. 20 CCI completa il quadro delle misure protettive connesse alla composizione negoziata della crisi disponendo che l’imprenditore può anche dichiarare – sempre al fine di favorire il raggiungimento degli obiettivi di risanamento del suo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario – che, dalla pubblicazione dell’istanza riguardante le misure protettive e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, non si applicano nei suoi confronti gli artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482bis, commi 4, 5 e 6, e 2482-ter del codice civile, né la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale, di cui agli artt. 2484, comma 1, n. 4, e 2545duodecies cod. civ. [9]. Si tratta di una ulteriore misura protettiva c.d. “automatica” che del pari non è prevista dall’art. 54 CCI, ma da singole norme dedicate ai diversi strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza.

Da quanto esposto si evince che le misure protettive nell’ambito della composizione negoziata sono tutte “tipiche” [10], ivi compreso quelle cc.dd. “selettive”, e sono concesse sempre al fine di favorire il raggiungimento degli obiettivi di risanamento.

Le misure cautelari

Quanto alle misure cautelari, l’art. 19 CCI statuisce che, con il medesimo ricorso con cui si domanda la conferma delle misure protettive, l’imprenditore può chiedere “l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative”.

Anche in tal caso è evidente la differenza con la cautela accordata dall’art. 54 CCI: mentre le misure cautelari previste da tale articolo sono funzionali ad assicurare il conseguimento degli effetti delle sentenze di omologazione o di apertura della liquidazione giudiziale, quelle collegate alla composizione negoziata sono funzionali a garantire il buon esito delle trattative per il risanamento dell’impresa.

Di qui due ulteriori differenze: per un verso, detti provvedimenti possono essere richiesti solo dal debitore, non dai creditori, e solo contestualmente [11] all’istanza di conferma o modifica delle misure protettive precedentemente “scattate”; per altro verso, si tratta di provvedimenti che, sebbene definiti cautelari, rispondono, nella sostanza, alla stessa finalità delle misure protettive, in quanto non si rinviene la tradizionale strumentalità al diritto da tutelare in sede di merito tipica dei provvedimenti cautelari poiché nella procedura di composizione negoziata manca del tutto il giudizio di merito nel quale il diritto inciso dal provvedimento verrà tutelato.

Siccome l’unica strumentalità è con il risanamento [12], mutano anche i canoni valutativi dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora connessi all’esercizio dell’azione cautelare: il primo va evidenziato in relazione all’obiettivo del risanamento ed il secondo in relazione ai possibili pregiudizi che tale obiettivo subirebbe qualora le misure cautelari richieste non venissero adottate [13].

Quanto al contenuto, occorre tenere conto del fatto che:

  • come si è detto, l’art. 18 CCI vieta ai creditori nei cui confronti operano le misure protettive di rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o di modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei debiti anteriori, fermo restando che è possibile la sospensione del rapporto sino alla conferma della misura protettiva;
  • l’art. 16, comma 4, CCI esclude che l’accesso alla composizione negoziata sia causa di sospensione o revoca degli affidamenti bancari, salvo che tali decisioni dipendano da ragioni connesse con l’attuazione dei principi di vigilanza prudenziale cui le banche sono soggette.

Pertanto, non dovrebbe rientrare nel perimetro applicativo dell’art. 18, comma 5, CCI, la possibilità di imporre di proseguire un rapporto contrattuale ormai cessato per il decorso del suo naturale termine, in quanto tale norma si riferisce ai rapporti pendenti sino alla loro naturale scadenza [14]. Diversamente opinando, infatti, si imporrebbe un facere avente ad oggetto l’instaurazione di una nuova relazione giuridica, per cui la misura cautelare consentirebbe un esito che non sarebbe raggiungibile nemmeno in via contenziosa e non rappresenterebbe neppure un’anticipazione dell’eventuale percorso di ristrutturazione.

Dovrebbe ritenersi, invece, ammissibile la sospensione di contratti bancari di affidamento e di finanziamento “su fatture” con divieto per gli istituti di credito di estinguere, in qualsiasi forma contrattuale prevista, la propria posizione creditoria [15]. Ai sensi dell’art. 97 CCI, infatti, nel contratto di finanziamento bancario costituisce prestazione principale anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata, per cui è possibile lo scioglimento e la sospensione del contratto, fermo restando che, in caso di scioglimento, il finanziatore ha diritto di riscuotere e trattenere le somme corrisposte dai terzi debitori fino al rimborso integrale delle anticipazioni effettuate nel periodo compreso tra i centoventi giorni antecedenti il deposito della domanda di accesso di cui all’art. 40 CCI e la notificazione al contraente in bonis del provvedimento del tribunale che autorizza lo scioglimento. Ne consegue che la misura cautelare anticipa un effetto previsto da una norma.

Potrebbe ritenersi ammissibile anche la sospensione dei pagamenti in favore di creditori strategici e delle banche non disposti a trattare o ad addivenire a soluzioni concordate della crisi in sede di composizione negoziata, al fine di garantire i flussi di liquidità necessari per il risanamento aziendale, a condizione, però, che il dissenso sia “compensato” dal fatto che gli altri soggetti che detengono la maggioranza dei crediti non abbiano esplicitamente negato la disponibilità a trattare e sussistano i presupposti per il risanamento. In tal caso pare applicabile il citato art. 18 CCI che vieta la risoluzione del rapporto per il solo fatto dell’inadempimento e dunque la cautela è strumentale al buon fine delle trattative con gli altri creditori ed alla prosecuzione dell’attività aziendale.

Un problema si pone allorché sia stata avanzata domanda di apertura della liquidazione giudiziale con richiesta di provvedimenti cautelari: non è chiaro, infatti, se il tribunale possa esaminare la domanda cautelare. Sembra, tuttavia, doversi escludere questa possibilità, in quanto, come si è visto, opera il divieto di aprire la liquidazione giudiziale: le misure cautelari chieste nel procedimento che porta all’apertura di detta procedura hanno la finalità di salvaguardare il patrimonio dell’imprenditore in attesa della pronuncia della sentenza, la quale, però, non può essere pronunciata [16]. Inoltre, è evidente che la domanda del debitore relativa alle misure protettive finisce per paralizzare quella del creditore: una volta operante il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari, infatti, detta domanda non pare esaminabile, tanto è vero che l’art. 54, comma 2, CCI, dispone che “le misure cautelari possono essere concesse anche dopo la pubblicazione dell’istanza di cui all’art. 18, comma 1, tenuto conto dello stato delle trattative e delle misure eventualmente già concesse o confermate ai sensi dell’art. 19”.

Analogo problema si pone quando le misure cautelari siano già state concesse ed attuate in seno al procedimento unitario: in questo caso la sopravvenuta istanza di ammissione alla composizione negoziata non comporta di per sé l’inefficacia delle misure cautelari già attuate, per cui esse sopravvivono, in quanto l’art. 54, comma 2, CCI citato fa riferimento solo a misure di tale natura non ancora concesse. L’unica soluzione, allora, è quella di ritenere che gli effetti di quelle concesse ed attuate possano solo essere sospesi, al fine di consentire il conseguimento dell’obiettivo del risanamento.

Nulla dice il codice sulla cessazione degli effetti delle misure cautelari, ma la strumentalità correlata alla composizione negoziata della crisi induce a ritenere che essi vengano meno con la cessazione della stessa procedura o con la sua archiviazione, come accade per le misure protettive, così come espressamente stabilito per quanto attiene all’inibizione della pronuncia della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza. Fermo restando, ovviamente, la revoca o la riduzione di durata “[…] quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti”.

I procedimenti

Il procedimento per la conferma, la revoca o la modifica delle misure protettive e cautelari necessarie per condurre a termine le trattative è, a differenza di quanto stabilito dall’art. 55 CCI, che distingue fra le due misure, identico.

Il comma terzo dell’art. 19 CCI dispone che il tribunale provvede in composizione monocratica e con ordinanza, comunicata dalla cancelleria al registro delle imprese entro il giorno successivo.

Ai sensi del comma 7 dell’art. 19 CCI, i procedimenti relativi alla concessione, revoca e modifica delle misure protettive e cautelari si svolgono “[…] nella forma prevista dagli artt. 669bis e seguenti del codice di procedura civile […]”: è chiara, dunque, la scelta di adottare il modello generale dei procedimenti cautelari, sempre che, ovviamente, per aspetti peculiari del singolo procedimento, non trovino applicazione regole speciali dettate dal codice.

Il quadro che ne esce è un rinvio a dette norme con il limite della compatibilità, come dimostrato dal fatto che lo stesso comma settimo citato dispone che “non si applicano l’art. 669octies, primo, secondo e terzo comma, e l’art. 669novies, primo comma, del codice di procedura civile”.

Quanto al procedimento “iniziale”, l’imprenditore deve depositare il ricorso diretto ad ottenere la conferma o la modifica delle misure protettive entro il giorno successivo rispetto a quello in cui ha formulato la richiesta di ammissione alla composizione negoziata e con lo stesso ricorso può anche richiedere la pronuncia di provvedimenti cautelari. La sanzione per il mancato deposito nel termine stabilito del ricorso è l’inefficacia delle misure protettive, che va dichiarata inaudita altera parte, ossia senza fissare alcuna udienza.

Entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’istanza l’imprenditore deve chiedere pure la pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato e, siccome decorso tale termine “[…] l’iscrizione dell’istanza è cancellata dal registro delle imprese”, pare che la stessa sanzione sia prevista per la tardiva iscrizione a ruolo del ricorso, sebbene l’art. 19, comma 3, CCI la commini espressamente solo nell’ipotesi in cui il tribunale verifica che esso non è stato depositato nel termine previsto.

La documentazione

Insieme al ricorso, l’imprenditore deve depositare:

  • i bilanci degli ultimi tre esercizi oppure, quando non è tenuto al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi di imposta;
  • una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima del deposito del ricorso;
  • l’elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi di posta elettronica certificata, se disponibili, oppure degli indirizzi di posta elettronica non certificata per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella;
  • un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’art. 13, comma 2, CCI, un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative che intende adottare;
  • una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata;
  • l’accettazione dell’esperto nominato ai sensi dell’art. 13, commi 6, 7 e 8, CCI con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

Si tratta di documentazione che assolve al compito di consentire al tribunale di verificare [17]:

  • la pendenza della procedura di composizione negoziata;
  • la ricorrenza della condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario dell’imprenditore, che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, ossia del presupposto per l’accesso alla procedura di composizione negoziata;
  • la serietà dell’iniziativa;
  • i creditori coinvolti nelle trattative e potenzialmente incisi dalle misure protettive.

Poiché si tratta di documentazione essenziale, il suo mancato deposito è da ritenersi sanzionato con l’inammissibilità della domanda, salvo che non si ritenga ammissibile la concessione di un termine per integrarla [18].

La procedura

A seguito del deposito del ricorso, il tribunale deve, entro dieci giorni ed a pena di cessazione degli effetti protettivi prodotti [19], fissare con decreto l’udienza, indicando le modalità con le quali detto decreto ed il ricorso vanno notificati, oltre che all’esperto, ai creditori ed ai terzi interessati.

Questi ultimi due pare non siano tutti i creditori e tutti i terzi potenzialmente interessati alla composizione negoziata, bensì solo quelli incisi dagli effetti delle misure protettive cautelari. Si tratta, in buona sostanza, di soggetti – da indicarsi ovviamente nel ricorso introduttivo – che vanno individuati [20]:

  • nei creditori che abbiano già esercitato l’azione esecutiva, ne abbiano annunciato l’esercizio con la notificazione del precetto o siano intervenuti nel processo esecutivo pendente;
  • nei creditori che abbiano esercitato l’azione cautelare per instaurare un processo cautelare ancora pendente o che abbiano già ottenuto un provvedimento cautelare ancora efficace;
  • nei terzi i cui diritti siano incisi dalle misure protettive.

All’udienza fissata, il tribunale, sentite le parti e chiamato l’esperto a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative [21], omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, nomina, se occorre, un ausiliario ai sensi dell’art. 68 cod. proc. civ e provvede agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai provvedimenti cautelari richiesti o ai provvedimenti di conferma o modifica delle misure protettive.

Sembra dedursene che in questa fase non vi sia spazio per l’emissione di provvedimenti cautelari inaudita altera parte, anche perché si prevede espressamente che il tribunale pronuncia ordinanza – con la quale viene stabilita anche la durata, non inferiore a trenta giorni e non superiore a centoventi giorni, delle misure protettive e, se occorre, dei provvedimenti cautelari disposti – reclamabile solo ai sensi dell’art. 669terdecies cod. proc. civ.

L’ausiliario in questione non è una figura analoga al commissario giudiziale del concordato preventivo; piuttosto, è assimilabile al consulente tecnico, ossia è un soggetto che il tribunale può nominare per farsi assistere nel compimento di atti istruttori che non è in condizione di compiere da solo. Come correttamente osservato in dottrina, “[…] si tratterà, nella maggior parte di casi, di un consulente contabile, al quale il giudice affiderà la valutazione della documentazione esibita dal ricorrente, e di quella che il consulente stesso riterrà utile acquisire nel corso delle operazioni peritali, siccome strettamente funzionale allo svolgimento dell’incarico a lui affidato[22].

L’art. 19 CCI, che pure impone al giudice di fissare l’udienza entro dieci giorni, tace circa il tempo entro il quale essa deve essere fissata. È evidente, tuttavia, che, tenuto conto della delicatezza degli interessi “in gioco” e del fatto che l’efficacia temporale minima delle misure protettive è di trenta giorni, l’udienza debba essere fissata in tempi assai brevi. Un riferimento potrebbe essere ai quindici giorni previsti dall’art. 669sexies, comma 2, cod. proc. civ. per l’udienza di convalida del decreto cautelare emesso inaudita altera parte [23].

Il procedimento di conferma delle misure protettive o di concessione di quelle cautelari si conclude, come si è anticipato, con ordinanza, la quale deve stabilire la durata, non inferiore a trenta e non superiore a centoventi giorni, delle misure protettive e, se occorre, dei provvedimenti cautelari disposti. Come del pari si è detto, con detta ordinanza, su richiesta dell’imprenditore e sentito l’esperto, le misure possono essere limitate a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori.

L’ordinanza che accoglie il ricorso è suscettibile di essere revocata o modificata. Più in particolare:

  • su istanza delle parti ed acquisito il parere dell’esperto, può essere prorogata la durata delle misure disposte per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative, fermo rimanendo che la durata complessiva delle misure non può superare i duecentoquaranta giorni;
  • su istanza dell’imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell’esperto, il tribunale può, in qualunque momento, sentite le parti interessate, revocare le misure protettive e cautelari, o abbreviarne la durata, quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti.

Quanto alla revoca delle misure, l’art. 19, comma 6, CCI dispone unicamente che il giudice decide “[…] sentite le parti […]”, per cui non è chiaro quale sia l’attività da porre in essere per pervenire a tale pronuncia. Non resta, allora, che applicare anche in questo caso, siccome compatibile, la disciplina processuale prevista per la conferma.

Quanto alla proroga, invece, pare che il giudice non debba instaurare alcun contraddittorio: l’art. 19, comma 5, CCI, infatti, dispone che “il giudice che ha emesso i provvedimenti di cui al comma 4, su istanza delle parti e acquisito il parere dell’esperto, può prorogare la durata delle misure disposte per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative”.

Purtuttavia potrebbe anche ritenersi che ciò sia necessario qualora l’istanza non provenga da tutte le parti interessate e che questa sia l’unica ipotesi in cui è, attesa l’assoluta urgenza nel provvedere, ipotizzabile l’emissione di un provvedimento inaudita altera parte: se nell’analoga ipotesi di cui all’art. 55, comma 4, CCI (ai sensi del quale il tribunale provvede su istanza “[…] del debitore o di un creditore […]”), il collegio decide senza fissare l’udienza perché è sufficiente ad “attivare” il suo potere decisorio anche l’istanza del solo debitore, o comunque di una sola parte, il riferimento generico alle “parti” operato dall’art. 19 citato potrebbe non consente altrettanto, in quanto esso potrebbe inteso a “tutte le parti interessate dalle misure”; di conseguenza, andrebbe fissata l’udienza secondo le modalità già viste. Purtuttavia, poiché il comma settimo dell’art. 19 CCI rinvia alle forme previste dagli artt. 669bis e ss. cod. proc. civ., potrebbe anche ritenersi applicabile l’art. 669sexies cod. proc. civ., il quale consente al giudice di provvedere inaudita altera parte qualora “[…] la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento […]”.

Tutti i provvedimenti di cui si è discusso sono reclamabili davanti al collegio nelle forme dell’art. 669terdecies cod. proc. civ., senza possibilità di ricorrere in Cassazione, atteso il loro carattere provvisorio, comunque non idoneo alla formazione del giudicato sostanziale [24].

Dovrebbe altresì essere riconosciuta all’imprenditore la facoltà di rivolgersi al collegio nelle medesime forme anche nell’ipotesi di implicito rigetto del ricorso per mancata fissazione dell’udienza nel termine di dieci giorni dal deposito, fermo rimanendo che, in concreto, potrebbe essere più rapido (ed utile) ripresentare l’istanza ed il ricorso, sollecitando nuovamente il tribunale a dare ingresso al giudizio.

Quanto alle valutazioni del tribunale [25], potrebbe ritenersi che, essendo il procedimento di composizione negoziata puramente privatistico, il giudice debba verificare unicamente l’attitudine delle misure protettive di cui si chiede la conferma e/o dei provvedimenti cautelari che si chiede di disporre a perseguire astrattamente la funzione cui essi sono preordinati (proteggere le trattative e presidiarne il buon esito) e l’assenza di pregiudizi ingiustificati a carico dei creditori e dei terzi.

Potrebbe anche sostenersi, però, che il tribunale debba valutare pure, da un lato, la concreta possibilità che le misure protettive ed i provvedimenti cautelari servano allo scopo di preservare il patrimonio e favorire le trattative e, dall’altro lato, il concreto pregiudizio che, a seguito dell’applicazione delle misure, potrebbero subire i creditori ed i terzi [26].

Premesso che si tratta di valutazioni di carattere sommario che non possono essere nemmeno paragonabili alla valutazione di fattibilità da porsi in essere nell’ambito del concordato preventivo [27] – in quanto, in assenza di un piano definitivo e della connessa attestazione, difetterebbero molti dei dati da porre a sostegno di quel giudizio – proprio questo approccio sembra preferibile, “[…] a meno di non voler predicare un inopinato, progressivo distacco della giurisdizione concorsuale dalla realtà della crisi d’impresa[28].

Se così è, quanto alle misure protettive, il tribunale deve verificare la concreta prospettiva di risanamento sulla base del progetto di piano che l’imprenditore deve produrre: esso deve delineare quantomeno l’obiettivo di fondo che si intende perseguire, nonché le linee principali degli interventi che l’impresa intende assumere, ed il giudice deve accertare che detta prospettiva non appaia manifestamente irrealizzabile e che la stessa non sia fondata su dati inconsistenti [29]. Insomma, il progetto deve consentire al giudice di ritenerlo quantomeno verosimile e coerente con il risanamento: in mancanza di tale requisito, infatti, il debitore può e deve utilizzare altri strumenti (ad esempio: concordato preventivo o accordi di ristrutturazione) e beneficiare della protezione del patrimonio prevista da altre norme del codice [30].

Il giudice, inoltre, deve operare una comparazione dei diversi interessi “in gioco” – ossia quello del debitore ad ottenere la protezione del proprio patrimonio nel corso delle trattative e quello dei creditori ad agire per la soddisfazione del proprio credito – e verificare che la conferma non arrechi eccessivo pregiudizio ai secondi [31].

Ne consegue, allora, che, con riferimento alle misure protettive, la valutazione del giudice non coincide affatto con quella dell’esperto: mentre il parere di quest’ultimo attiene alla funzionalità delle misure rispetto allo svolgimento ed alla prosecuzione delle trattative, il controllo giudiziale attiene non solo a questo aspetto, ma pure alla probabilità di risanamento ed alla tutela degli interessi delle parti.

 

*Contributo estratto dal “Manuale del diritto e della crisi e del risanamento di impresa”, di Antonio Caiafa e Andrea Petteruti, Dike Giuridica, 2023

[1] Pagni-Fabiani, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in Dir. crisi, 11/21, 4.

[2] Così Tribunale Milano, 27 gennaio 2022, in www.dirittodellacrisi.it, il quale evidenzia pure che i processi esecutivi pendenti entrano in uno stato di quiescenza in funzione dello svolgimento delle trattative della composizione negoziata.

[3] Ambrosini, La “miniriforma del 2021: rinvio (parziale) del CCI, composizione negoziata e concordato semplificato, in Dir. fall., 2021, I, 919 segg.; Id., La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in www.ristrutturazioniaziendali.it; Costantino, Le “misure cautelari e protettive. Note a prima lettura degli artt. 6 e 7, D.L. 118/2021, in www.inexecutivis.it; Platania, Composizione negoziata: misure protettive e cautelari e sospensione degli obblighi ex artt. 2446 e 2447 c.c., in www.ilfallimentarista.it; Bottai, La composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021: svolgimento e conclusione delle trattative, ivi; Baccaglini-De Santis, Misure protettive e provvedimenti cautelari a presidio della composizione negoziata della crisi: profili processuali, in www.dirittodellacrisi.it, 2022; Pagni-Fabiani, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), cit.; Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. 118/2021, ivi; De Santis, Le misure protettive e cautelari nella soluzione negoziata della crisi d’impresa, in Fall., 2021, 1536 e segg.; Montanari, Il procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa: brevi notazioni, in www.ristrutturazioniaziendali.it; Didone, Appunti su misure protettive e cautelari nel D.L. 118/2021, ivi; D’Alonzo, La composizione negoziata della crisi e l’interferenza delle misure protettive nelle procedure esecutive individuali, in Riv. es. forz., 2021, 874 e segg.; Panzani, La composizione negoziata alla luce della Direttiva Insolvency, in www.ristrutturazioniaziendali.it.

[4] Tribunale Brescia, 2 dicembre 2021, in www.ilfallimentarista.it, con nota di Cesare, La prima decisione sulle misure protettive: per la convalida occorrono pubblicazione e accettazione; Tribunale Milano, 17 gennaio 2022, in www.ilcaso.it; Tribunale Ferrara, 21 marzo 2022, ivi.

[5] Tribunale Torino, 23 febbraio 2022, in www.ilcaso.it, ad esempio, ha ritenuto ammissibile l’esclusione di una specifica procedura esecutiva nell’ambito della quale il trasferimento dell’immobile aggiudicato risultava conveniente e comunque non idoneo a pregiudicare le ragioni dei creditori nell’ambito di un eventuale riparto in sede concorsuale.

[6] Panzani, Il D.L. “Pagni ovvero la lezione (positiva) del covid, in www.dirittodellacrisi.it, 25 agosto 2021, afferma che “il legislatore non ha vietato i pagamenti in considerazione del fatto che tale divieto, che caratterizza ordinariamente la sospensione delle azioni esecutive e che è diretta conseguenza dell’applicazione del regime della par condicio, non avrebbe senso in questo caso, dove il debitore conserva tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione ed è in bonis […]”.

[7] La disposizione recepisce quanto stabilito dalla Direttiva UE 2019/1023, il cui par. 2, art. 7, prevede espressamente che “la sospensione delle azioni esecutive individuali […] sospende, per la durata della sospensione, l’apertura, su richiesta di uno o più creditori, di una procedura di insolvenza che potrebbe concludersi con la liquidazione delle attività del debitore”. Purtuttavia, mentre la normativa europea inibisce il procedimento che porta all’apertura, il codice limita l’inibizione alla pronuncia della sentenza, consentendo, invece, l’apertura del relativo procedimento.

[8] In tal senso Carratta, Misure protettive e cautelari e composizione negoziata della crisi, in www.ristrutturazioniaziendali.it, 18 maggio 2022. In giurisprudenza, Tribunale Palermo, 29 novembre 2021, in www.ilcaso.it; Tribunale Brescia, 2 dicembre 2021, ivi; Tribunale Roma, 3 febbraio 2022, ivi, per il quale il divieto di pronunciare sentenza di fallimento “[…] costituisce un effetto di legge […] che non presuppone, né richiede, la conferma o la modifica della misura da parte del giudice”.

[9] Si tratta di una misura protettiva per Didone, Appunti su misure protettive e cautelari, cit. Platania, Composizione negoziata, cit.; Bottai, La composizione negoziata, cit., 10. Contra, De Santis, Le misure protettive e cautelari, cit., 1539; Pagni-Fabiani, La transizione, cit., 10; Montanari, Il procedimento, cit., 3.

[10] Montanari, Il procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa: brevi notazioni, cit.; Baccaglini-De Santis, Misure protettive e provvedimenti cautelari, cit.; Tedoldi, Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata della crisi, cit., 360; Lamanna, Composizione negoziata e nuove misure per la crisi di impresa, cit., 25. Prima dell’entrata in vigore del codice, non mancavano, tuttavia, opinioni contrarie (Platania, Composizione negoziata: misure protettive e cautelari e sospensione degli obblighi ex artt. 2446 e 2447 c.c., in www.ilfallimentarista.it, 7 ottobre 2021, 5; Leuzzi, Una rapida lettura dello schema del D.L. recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, in www.dirittodellacrisi.it, 5 agosto 2021, 5).

[11] È da escludersi, perciò, la possibilità di una richiesta successiva per Tribunale Ivrea, 10 febbraio 2022, in www.ilcaso.it.

[12] In questo senso anche Pagni-Fabiani, La transizione, cit., 12.

[13] Per Costantino, Le “misure cautelari e protettive”, cit., 6, gli esempi che si possono ipotizzare vanno dalla sospensione a favore dell’imprenditore dell’esecuzione di un contratto pendente al divieto di pubblicazione di segnalazioni alla centrale dei rischi, al rilascio del documento di regolarità contributiva nonostante le pregresse inadempienze contributive.

[14] Tribunale Modena, 26 dicembre 2022, in www.dirittodellacrisi.it.

[15] Tribunale Parma, 10 luglio 2022, in www.dirittodellacrisi.it.

[16] Contra, Pagni-Fabiani, La transizione, cit., 16, secondo cui il riferimento ai “creditori” indurrebbe alla conclusione che le azioni cautelari inibite siano quelle individuali e che, di conseguenza, le misure cautelari di cui si discute non dovrebbero venire colpite dal divieto “[…] dato che, sebbene siano anch’esse chieste dai creditori, vengono concesse, tuttavia, a protezione di un interesse collettivo”. In realtà, come correttamente osservato da Carratta, Misure protettive e cautelari e composizione negoziata della crisi, cit., la tesi non convince, in quanto l’art. 18 e l’art. 54 CCI non distinguono affatto fra azioni cautelari con finalità di protezione individuale e con finalità di protezione collettiva.

[17] Tribunale Milano, 24 febbraio 2022, in www.ilcaso.it.

[18] Tribunale Milano, 28 dicembre 2021, in www.dirittodellacrisi.it.

[19] Per Costantino, Le “misure cautelari e protettive”, cit., 9, la previsione dell’inefficacia delle misure protettive in caso di mancato rispetto da parte del giudice del termine di dieci giorni per fissare l’udienza appare di dubbia legittimità costituzionale, in quanto condiziona il permanere degli effetti protettivi, voluti dall’imprenditore, alla diligenza del giudice.

[20] Tribunale Roma, 24 dicembre 2021, cit.; Tribunale Firenze, 29 dicembre 2021, in www.dirittodellacrisi.it; Tribunale Bergamo, 19 gennaio 2022, in www.ilcaso.it; Tribunale Roma, 3 febbraio 2022, cit., per il quale la legittimazione passiva del procedimento non può riconoscersi “[…] in capo alla massa indifferenziata dei creditori che possono astrattamente promuovere azioni esecutive nei confronti del debitore e che, tuttavia, non abbiano ancora avviato i relativi procedimenti o minacciato di avviarli, con la notifica di un precetto”; Tribunale Milano, 24 febbraio 2022, cit; Tribunale Bergamo, 24 febbraio 2022, in www.dirittodellacrisi.it. Contra, Tribunale Milano, 27 febbraio 2022, ivi; Tribunale Padova, 25 febbraio 2022, in www.ilcaso.it; Tribunale Milano, 26 gennaio 2022, ivi.

[21] È ovvio, infatti, che l’esperto debba essere sentito ai fini della conferma o modifica delle misure protettive o della pronuncia degli eventuali provvedimenti cautelari richiesti, in quanto è l’unico soggetto veramente in grado di riferire con imparzialità sull’andamento delle trattative e sulla situazione dell’impresa (così anche Tribunale Roma, 21 dicembre 2021, in www.dirittodellacrisi.it).

[22] Baccaglini-De Santis, Misure protettive e cautelari e composizione negoziata della crisi, cit.

[23] Ibidem.

[24] A questa stessa conclusione è pervenuta la Cassazione sia con riferimento allo scioglimento o della sospensione dei contratti in pendenza del procedimento per l’accesso al concordato preventivo (Cass. 25 maggio 2021, n. 14361, in CED Cassazione; Cass. 2 marzo 2016, n. 4176, in www.ilcaso.it; Cass. 3 settembre 2015, n. 17520, in Foro it., 2016, I, 1377 e segg.), sia con riferimento alle misure di cui all’art. 182bis l.f. (Cass. 19 giugno 2018, n. 16161, in Fall., 2019, 180 segg.).

[25] Panzani, Il D.L. “Pagni ovvero la lezione (positiva) del Covid, cit., rileva che siffatti provvedimenti “[…] debbono essere idonei a vincere una resistenza ingiustificata di un creditore o di un altro soggetto che sia parte della composizione negoziata”.

[26] Tribunale Salerno, 10 maggio 2022, secondo cui “ai fini della conferma delle misure protettive il Giudice deve vagliare, attraverso la disamina della relazione dell’esperto: – la sussistenza di una ragionevole prospettiva di risanamento della crisi dell’impresa; – l’utilità delle misure protettive richieste per lo svolgimento delle trattative; – l’adeguatezza e la proporzionalità delle misure protettive richieste rispetto all’obbiettivo di risanamento dell’impresa”; Tribunale Viterbo, 14 gennaio 2022, secondo cui “per valutare la conferma delle misure protettive richieste occorre delibare, secondo un’analisi prognostica, le possibilità che attraverso la prosecuzione della procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa possa essere risanata l’impresa, operando un bilanciamento tra l’esigenza di non sottrarre l’impresa insolvente alle procedure di composizione della crisi con la necessità di evitare che siffatte procedure abbiano una funzione dilatoria invece che finalizzata ad un tempestivo risanamento dell’impresa. Deve pertanto essere negata la conferma in presenza di un marcato disequilibrio economico/finanziario evidenziato dall’indice di livello di difficoltà del risanamento relativo al rapporto tra debito che deve essere ristrutturato e ammontare annuo dei flussi a servizio del debito, attestato su valori ampiamente superiori al quello massimo”; Tribunale Ravenna, 17 marzo 2023; Tribunale Mantova, 9 marzo 2023; Tribunale Palermo, 2 marzo 2023; Tribunale Padova, 2 marzo 2023, tutte in www.dirittodellacrisi.it.

[27] Tribunale Bergamo, 24 febbraio 2022, in www.dirittodellacrisi.it.

[28] Baccaglini-De Santis, Misure protettive e provvedimenti cautelari a presidio della composizione negoziata della crisi: profili processuali, cit.

[29] Tribunale Salerno, 13 febbraio 2023, in www.dirittodellacrisi.it. Per Tribunale Frosinone, 24 gennaio 2023, in www.ilcaso.it, ciò è in linea con quanto affermato in sede eurounitaria, avendo la Direttiva Insolvency chiarito che è legittima l’introduzione di una verifica di sostenibilità, purché essa abbia la finalità di escludere il debitore che “[…] non ha prospettive di sostenibilità economica”.

[30] Se i parametri di riferimento sono la sostenibilità economica ed il risanamento dell’impresa, è evidente che il risanamento di cui si discute deve condurre alla continuità aziendale; ne consegue che non pare giustificarsi la concessione di misure protettive in presenza di soluzioni che conducono alla liquidazione dell’impresa non funzionale alla prosecuzione della sua attività.

[31] Per Tribunale Frosinone, 24 gennaio 2023, cit., la Direttiva fornisce anche un altro parametro di valutazione – richiamato dal CCI solo nell’ambito della norma sulla composizione negoziata relativa alla revoca delle misure protettive ed alla riduzione della loro durata (art. 19, comma 6, CCI) – allorché statuisce che lo Stato, nel contesto di un quadro di ristrutturazione preventiva, deve certamente consentire al debitore di poter beneficiare della sospensione delle azioni esecutive individuali al fine di agevolare le trattative sul piano di ristrutturazione, ma pure che la sospensione non deve comportare un ingiusto pregiudizio per i creditori.

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