passaggio di consegne

Il passaggio di consegne tra amministratori di condominio La documentazione oggetto di passaggio di consegne tra amministratori in ambito condominiale. Il rendiconto e il verbale di consegna

L’obbligo di consegna della documentazione

Il passaggio di consegne tra amministratori di condominio rappresenta un momento di delicata importanza nella gestione dell’immobile, sia per garantire l’opportuna continuità nei rapporti che coinvolgono il condominio, sia per scongiurare l’emergere di responsabilità a carico dell’amministratore uscente.

In primo luogo, va rilevato che, a norma degli artt. 1129 ottavo comma e 1130 del codice civile, l’amministratore è tenuto alla corretta conservazione di tutta la documentazione inerente all’attività del condominio ed è altresì obbligato a trasmetterla al soggetto che gli succede al termine del suo incarico.

Verbale di consegna

All’atto della consegna della documentazione, è opportuno che venga redatto un apposito verbale di consegna in cui vengono indicati i vari documenti oggetto del passaggio di consegne.

Il verbale di consegna va sottoscritto da entrambi gli amministratori, quello uscente e quello subentrante, ma va evidenziato che la firma di quest’ultimo non costituisce ricognizione di debito riguardo ad eventuali anticipazioni di pagamento dichiarate dal vecchio amministratore.

Né tanto meno quest’ultimo può rifiutarsi di consegnare la documentazione anche qualora si ritenga in credito di somme da lui anticipate per conto del condominio.

Il rendiconto e i documenti oggetto di consegna

Ovviamente, assieme alla consegna della documentazione, l’amministratore uscente dovrà rendere conto della situazione di cassa.

A tal fine, il passaggio di consegne riguarderà anche documenti come fatture, estratti conto bancari e bilanci, attraverso i quali si realizza il rendiconto.

Altra documentazione solitamente oggetto di passaggio di consegne tra amministratori di condominio è rappresentata dal regolamento del condominio, dalle tabelle millesimali, dalle eventuali polizze assicurative stipulate dal condominio e dalle certificazioni relative agli impianti presenti nell’immobile.

Ulteriore documentazione può consistere nei preventivi relativi ai lavori da farsi, nei documenti afferenti ad eventuali contenziosi in corso e nella documentazione inerente ai contratti d’appalto o di lavoro subordinato (es. portierato, impresa di pulizie, giardinaggio).

Il rifiuto di effettuare il passaggio di consegne in condominio

L’eventuale rifiuto della consegna della documentazione afferente all’attività condominiale può esporre l’amministratore uscente a responsabilità nei confronti dei condomini.

A tal fine, al gestore subentrante è riservato il diritto di agire in giudizio per ottenere la consegna dei documenti, se del caso anche con procedimento cautelare d’urgenza ex art. 700 c.p.c., oggi disciplinato dalle norme sul nuovo rito semplificato.

Diverse pronunce della Cassazione penale (v. Cass. n. 29451/13) hanno inoltre evidenziato come il rifiuto di consegnare la documentazione o di ottemperare al provvedimento d’urgenza deliberato dal Tribunale, espongono l’amministratore uscente a responsabilità penale per appropriazione indebita ex art. 646 c.p. o per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento giudiziario ex art. 388 c.p. (salvo il risarcimento del danno causato al condominio, ostacolato nella propria attività dalla mancata consegna della documentazione).

Passaggio di consegne amministratori di condominio: i tempi

Tra il momento in cui viene deliberata in assemblea la scadenza del mandato con il vecchio amministratore e quello in cui avviene il passaggio di consegne in favore del nuovo amministratore possono passare alcune settimane, secondo gli accordi tra i soggetti interessati.

In tal caso, nel periodo intercorrente alla formalizzazione dell’insediamento del nuovo gestore, l’amministratore di condominio uscente è legittimato a compiere gli atti di ordinaria amministrazione, come il pagamento delle bollette o gli interventi che presentano carattere di urgenza.

Altri adempimenti del nuovo amministratore di condominio

Tra gli altri adempimenti a carico del nuovo amministratore, vi è anche la comunicazione del proprio incarico all’Agenzia delle Entrate, in modo che quest’ultima possa associare il nome del nuovo amministratore al codice fiscale del condominio.

Inoltre, l’amministratore subentrante ha diritto di ricevere dalla banca (presentando il verbale assembleare di nomina) o direttamente dal vecchio amministratore le credenziali del conto corrente intestato al condominio.

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revisione tabelle millesimali

Revisione tabelle millesimali: basta la maggioranza per il tecnico La revisione delle tabelle millesimali deve essere approvata all’unanimità, per la nomina del tecnico revisore invece basta la maggioranza

Revisione tabelle millesimali: unanimità o maggioranza?

La revisione delle tabelle millesimali richiede l’unanimità se, come prevede l’art. 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile, l’assemblea rettifica o modifica direttamente i valori proporzionali delle singole unità. Se però l’assemblea si limita a nominare un tecnico per provvedere alla revisione delle tabelle, dando incarico all’amministratore di nominarlo, allora è sufficiente la maggioranza richiesta dall’art. 1136 c.c. comma 2. La Corte di Appello di Messina lo ha precisato nella sentenza n. 808/2024.

Unanimità per nominare il tecnico revisore

I proprietari di un’unità immobiliare compresa all’interno di un condominio impugnano una delibera. Con questa decisione i condomini hanno conferito mandato all’amministratore di nominare il tecnico per procedere alla revisione delle tabelle millesimali.

Il primo giudice respinge le richieste attoree, ritenendo la delibera valida e legittima perché approvata dalla maggioranza art. 1136 comma 2 c.c.

Invalida la delibera adottata a maggioranza

Parte soccombente impugna la decisione insistendo sulla richiesta declaratoria di invalidità della delibera. La decisione sarebbe stata adottata infatti in violazione di quanto previsto dall’art. 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile, norma che richiedere l’unanimità per la rettifica e la modifica delle tabelle millesimali.

Revisione tabelle millesimali: non serve l’unanimità per nominare il tecnico

La Corte d’Appello però respinge il gravame perché infondato. In sede assembleare i condomini non hanno operato una modifica diretta e immediata delle tabelle millesimali. Essi si sono limitati a conferire l’incarico a un tecnico affinché questo potesse procedere alla revisione delle tabelle, con onere di nomina a carico dell’amministratore di condominio.

Unanimità per la modifica o la rettifica delle tabelle

La decisione non ha come oggetto quindi la rettifica o la modifica delle tabelle, operazioni per la quali l’art. 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile richiede l’unanimità.

La delibera impugnata ha un contenuto meramente programmatico, tanto che solo con una delibera apposita e successiva sono state approvate le nuove tabelle.

In ogni caso, a ben vedere, la delibera impugnata è stata approvata con la maggioranza qualificata richiesta dall’art. 1136 c.c comma 2, ossia con la maggioranza degli intervenuti e con un numero di voti rappresentanti 1/3 del valore del condominio, idonea come tale a modificare le tabelle.

L’unanimità è richiesta solo se si ha intenzione di derogate alle disposizioni dell’art. 1123 c.c., che disciplina i criteri di riparto per le spese da sostenere per la conservazione e il godimento delle parti comuni.

 

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L’amministratore di condominio si può criticare  L’amministratore di condominio può essere criticato per il suo operato, i condomini hanno diritto di conoscere come gestisce i beni comuni

Amministratore di condominio: criticabile in assemblea

Il condomino può criticare l’amministratore di condominio in assemblea anche con espressioni forti che ne contestano l’operato. Esse non realizzano una condotta ingiuriosa o diffamatoria  se non sono finalizzate a offendere l’onore della persona e a gettare discredito sulla stessa. Lo ha previsto il Tribunale Paola nella sentenza n. 516/2024. 

Amministratore di condominio: danni per diffamazione e calunnia

Un amministratore di condominio agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno causato dalla condotta diffamatoria o calunniosa posta in essere nei suoi confronti da un condomino. L’attore narra di essere stato amministratore del condomino a cui appartiene il convenuto e di esservi rimasto in carica fino al 16 agosto 2018.

Durante l’assemblea condominiale tenutasi in questa data il condomino convenuto lo avrebbe diffamato e calunniato. A causa di questo episodio l’assemblea non lo ha confermato come amministratore e da quel momento racconta di aver iniziato a soffrire di turbamenti psicologici come professionista e come uomo.

L’attore chiede quindi al giudice di riconoscergli il risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e il risarcimento del danno patrimoniale per il mancato rinnovo dell’incarico di amministratore.

Frasi rivolte all’operato non alla persona

Il condomino convenuto contesta in giudizio le richieste attoree. Costui fa presente che nel corso di un’assemblea tenutasi nel luglio 2018 era stata deliberata la revoca del mandato di amministratore per il venir meno del vincolo fiduciario. Tale decisione però non è stata recepita.

Il convenuto precisa di aver esercitato il legittimo diritto di critica, di non aver rivolto le espressioni che gli sono state attribuite alla “persona” dell’amministratore, ma alla sua attività gestoria.

Ingiuria discriminata dal diritto di critica

Il Tribunale rigetta le richieste attoree e precisa come la tutela dell’onore di una persona si scontri con il diritto di manifestazione del pensiero, sotto il profilo del diritto di cronaca e di critica.

Nello specifico “La critica rappresenta espressione del pensiero sotto forma di giudizio e di razionalità e si concretizza nella presa di posizione motiva e argomentata su accadimenti, fatti o circostanze dei più vari settori della vita sociale. Il riconoscimento dell’esimente del diritto di critica presuppone la verità del fatto, l’interesse sociale (pertinenza) e la correttezza formale del linguaggio (continenza). Proprio perché la critica esprime una maggior valenza valutativa, si deve tollerare in tale contesto anche un uso del linguaggio vivace, ironico, polemico, aspro e pungente.”

Verità, continenza e interesse a conoscere l’operato del gestore

Nel caso di specie la condotta del convenuto è senza dubbio ingiuriosa. Le espressioni utilizzate tuttavia sono rivolte all’operato dell’amministratore per aver tenuto condotte prevaricatorie nei confronti dei condomini e di terzi. Essa risulta quindi scriminata dal diritto di critica esercitato in un contesto caratterizzato da tensione e animosità. Dalle prove è emerso inoltre che le frasi rivolte dal convenuto all’amministratore e al suo operato sono “vere” e rispettose del requisito della continenza. I condomini inoltre hanno tutto l’interesse e diritto di conoscere l’operato di chi gestisce i beni comuni.

“L’avere dunque additato la persona dell’amministratore come “sgradevole” e l’aver qualificato le sue condotte alla stregua di “minacce” o come “estorsione” rientra nel novero del diritto del diritto critica, perché costituiscono chiara espressione di una valutazione (necessariamente soggettiva) di grave disapprovazione circa i comportamenti denunciati e le modalità di gestione dell’incarico di amministratore condominiale, e non dissimulano in alcun modo un intento di gettare discredito sulla personalità morale del soggetto preso di mira.”

 

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delibera annullabile

Delibera annullabile se la convocazione è successiva all’assemblea Delibera annullabile se il Condominio prova l’invio della raccomandata, ma non la ricezione o il rilascio dell’avviso di giacenza

Delibera annullabile senza prova invio convocazione

Delibera annullabile se la convocazione perviene dopo l’assemblea e se il Condominio produce in giudizio solo la raccomandata di invio della convocazione assembleare alla singola condomina, senza dimostrare l’esito dell’invio. Questa la decisione assunta dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 13794/2024.

Avviso di convocazione successivo al verbale assembleare

Una condomina cita in giudizio il condominio esponendo di non aver potuto partecipare all’assemblea condominiale del 25 novembre 2021. La stessa ha infatti ricevuto l’avviso di convocazione diversi giorni dopo la ricezione del verbale in data 30 dicembre 2021.

Parte attrice chiede quindi l’annullamento della delibera impugnata e la nullità del rendiconto 2020 approvato in quell’assemblea.

Avviso di convocazione: almeno 5 giorni prima dell’assemblea

Parte convenuta costituitasi in giudizio produce la raccomandata con avviso di ricevimento del 12 novembre 2021 con la quale ha convocato all’assemblea parte attrice.

L’art. 66 disp. att. c.c. prevede che l’avviso di convocazione debba essere comunicato almeno cinque giorni prima dell’adunanza in prima convocazione. In caso di convocazione tardiva,  omessa o incompleta la deliberazione è annullabile su istanza dei dissenzienti o degli assenti perché non convocati nelle modalità di rito.

Delibera annullabile: la mancata convocazione è vizio procedimentale

La Corte di Cassazione ha chiarito inoltre che la mancata comunicazione dell’avviso di convocazione al singolo condomino è un vizio procedimentale che comporta l’annullabilità della delibera condominiale. La legittimazione a chiedere l’annullamento spetta solo al singolo premesso che all’onere di dimostrare, in caso di contestazione, i fatti dei quali risultano l’omessa comunicazione.

Manca la prova della ricezione

A carico del Condominio, al fine di dimostrare il rispetto del termine di quell’art. 66 disp. att. c.c. è sufficiente che lo stesso dimostri che la raccomandata inviata sia pervenuta all’indirizzo del destinatario e che, in caso di mancata consegna, sia stato rilasciato avviso di giacenza presso l’ufficio postale.

Nel caso di specie però il Condominio ha prodotto solo l’atto di invio della raccomandata all’attrice datata 12 novembre 2021. Lo stesso non ha dimostrato l’esito dell’invio, considerato che detta raccomandata è stata effettuata con avviso di ricevimento.

Alla luce di quanto emerso in sede istruttoria la domanda di parte attrice deve essere accolta e quindi la delibera del 25 novembre 2021deve essere annullata.

 

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sostituzione citofono condominio

Da citofono a videocitofono: non è innovazione La sostituzione del citofono con un videocitofono digitale non è un'innovazione e rientra nell'ambito delle manutenzioni straordinarie

Sostituzione citofono in condominio

La sostituzione del citofono con un videocitofono rientra nell’ambito delle manutenzioni straordinarie e non costituisce innovazione. Lo ha precisato il tribunale di Torino con la sentenza n. 3247/2024.

Impugnazione delibera assembleare

Nella vicenda, alcuni condomini proponevano impugnazione avverso la delibera assunta dal condominio avente ad oggetto l’esame dei preventivi per la sostituzione dei citofoni, chiedendone la declaratoria di nullità o l’annullamento. Tra le altre doglianze, lamentavano la violazione dell’art. 1136, quinto comma, c.c. con riferimento alle opere di cui all’art. 1120 c.c., in quanto si era in presenza di innovazioni da approvare con la maggioranza qualificata costituita da un numero di voti che rappresentasse la maggioranza dei partecipanti e i due terzi del valore dell’edificio, maggioranza non raggiunta nella votazione assembleare.

Prova di resistenza

Il condominio, dal canto suo, chiedeva il rigetto delle domande allegando la sussistenza della maggioranza per l’approvazione della deliberazione impugnata in forza della c.d. “prova di resistenza” e affermando che le opere approvate non integravano delle innovazioni, bensì lavori di manutenzione straordinaria per i quali la maggioranza richiesta è quella prevista dall’art. 1136 secondo comma c.c., ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Cosa è da considerarsi innovazione

Il giudice preliminarmente rigetta l’eccezione di improcedibilità per mancata mediazione e, entrando nel merito, si esprime sulla doglianza degli attori relativa alle maggioranze richieste per le innovazioni.
“Costituisce orientamento consolidato della Corte di Cassazione – afferma il tribunale – quello secondo il quale deve
considerarsi ‘innovazione’, agli effetti dell’art. 1120 c.c., non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria (senza peraltro che ricorra la speciale previsione di cui all’art. 1117 ter c.c., introdotta dalla L. n. 220 del 2012) (cfr. Cass. n. 35957/21)”.

Al contrario, la legge (art. 3 comma 1 lettera b del D.P.R. n. 380/2001), ricorda ancora il giudicante, definisce come manutenzione straordinaria « b) “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico».

Videocitofono non è innovazione

Nel caso di specie, le opere deliberate hanno ad oggetto il ripristino dell’intero impianto citofonico con la sostituzione di un impianto elettronico esterno costituito da un videocitofono digitale di nuova generazione. Tale opera, secondo il giudice, non è da considerarsi innovazione, rientrando invece tra quelle di straordinaria manutenzione.

“Come affermato dalla Corte d’Appello di Genova nella pronuncia n. 755 del 30.7.2020 – precisa infatti il tribunale – la previsione del videocitofono non comporta un’innovazione, poiché si tratta evidentemente di un adeguamento tecnologico di un impianto realizzato in epoca diversa e con minori caratteristiche tecniche. Il concetto di innovazione impone una trasformazione, un’introduzione di un qualcosa di completamente estraneo a quello che ha caratterizzato il bene o l’impianto comune e poco si addice a scelte che invece attengono all’evoluzione dei meccanismi per effetto del progredire della tecnologia”.
Neppure la circostanza che l’impianto divenga esterno e non per singole scale appare sufficiente, conclude il giudicante rigettando il ricorso, “a integrare una innovazione poiché si tratta semplicemente della diversa localizzazione della pulsantiera al di fuori dell’edificio”.

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convocazione assemblea condominio

Convocazione assemblea condominio: avviso in cassetta inefficace Convocazione assemblea condominio: occorre rispettare i tempi e i modi previsti dall'art. 66. disp. att. c.c.

Convocazione assemblea condominio: no all’avviso in cassetta

La convocazione all’assemblea del condominio non è efficace se viene effettuata con la semplice immissione in cassetta dell’avviso di convocazione. Il mancato rispetto delle modalità e dei tempi previsti dall’articolo 66 delle disposizioni attuative del codice civile per convocare l’assemblea condominiale rende annullabili le conseguenti delibere ai sensi dell’art. 1137 c.c da parte dei soggetti che non sono stati convocati ritualmente. Lo ha chiarito il Tribunale di Monza nella sentenza n. 1734/2024.

Convocazione irrituale all’assemblea di condominio

Un condomino proprietario di due unità condominiale conviene in giudizio il Condominio di cui fa parte, nella persona dell’amministratore pro – tempore. L’attore chiede che il Tribunale accerti e dichiari la nullità/annullabilità di una delibera condominiale per vari motivi tra cui il mancato rispetto delle regole previste dall’art. 66 disp. att. c.c. in materia di convocazione assembleare.

Annullabilità delibere convocazione irrituale assemblea

Il Tribunale accoglie l’impugnazione del condomino per le ragioni legate alle modalità di convocazione dell’assemblea. L’autorità giudiziaria rileva che nel caso di specie, in effetti, la convocazione all’assemblea condominiale che ha poi deliberato la decisione impugnata, è avvenuta con e-mail ordinaria e con l’immissione degli avvisi di convocazione nelle cassette postali. L’amministratore di condominio, procedendo in questo modo non ha rispettato le regole di convocazione previste dalla legge.

Art. 66 disp. att c.c.: modi e tempi di convocazione

L’articolo 66 disp. att. c.c. al comma 3 dispone infatti che: “L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell’ora della stessa. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.”

La disposizione normativa è chiara. La convocazione alle assemblee condominiali deve essere effettuata nelle seguenti modalità:

  • con raccomandata postale;
  • a mezzo posta elettronica certificata;
  • a mezzo fax;
  • tramite consegna a mano.

Convocazione assemblea condominiale: onere della prova al mittente

Come precisato in diverse occasioni dalla giurisprudenza se un condominio eccepisce la mancata convocazione all’assemblea spetta al Condominio dimostrare di aver assolto il relativo obbligo nel rispetto dei tempi e dei modi previsti dalla legge. La convocazione effettuata per mezzo di atti recettori in forma scritta soddisfano il requisito della presunzione di conoscenza (art. 1335 c.c) ma spetta al Mittente dimostrare l’avvenuto recapito.

La presunzione di conoscenza che viene garantita dalla raccomandata con ricevuta di ritorno grazie all’attestazione dell’ufficio postale di spedizione e di arrivo del destinatario, è prova certa della spedizione del plica, per cui tutte le altre modalità alternative eventualmente scelte dall’amministratore devono avere lo stesso valore legale della raccomandata.

Convocazione in forma scritta con le garanzie della raccomandata

Per queste ragioni la riforma del Condominio del 2012 ha fatto una scelta precisa, ossia  che la convocazione alle assemblee del Condominio debba rispettare la forma scritta e debba fornire le stesse garanzie della raccomandata postale.

La pec presenta sicuramente queste caratteristiche, la convocazione con e-mail ordinaria o con la semplice immissione dell’avviso della cassetta postale invece ne sono prive. L’avviso di avvenuta lettura della email ordinaria non le conferisce il valore legale previsto dalla legge, così come l’immissione in cassetta. Il condominio infatti non ha l’obbligo di controllare giornalmente se ha ricevuto della posta.

Le delibere impugnate devono quindi essere annullate perché la convocazione è avvenuta in una modalità del tutto inefficace.

 

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conto corrente condominiale

Conto corrente condominiale: diritto di accesso garantito L'ABF chiarisce che se l'amministratore rifiuta la richiesta di ottenere copia dell'estratto conto, il condomino può rivolgersi direttamente alla banca

Conto corrente condominiale

Conto corrente condominiale: se l’amministratore di condominio oppone rifiuto alla richiesta di ottenere copia dell’estratto conto, il condomino si può rivolgere direttamente alla banca. Lo ha chiarito l’ABF, in una decisione del collegio di Palermo n. 74/2024 facendo il punto sulla gestione del conto corrente condominiale e sul relativo diritto di accesso dei condomini.

I fatti

Nella vicenda, il ricorrente rileva di aver richiesto alla banca i conti correnti del condominio dopo il rifiuto dell’amministratore. L’intermediario negava l’accesso alla documentazione motivando che l’amministratore aveva espresso formale diniego, in quanto la consegna stessa era già avvenuta quando il ricorrente risultava ancora condomino.

Quest’ultimo chiedeva allora la condanna dell’intermediario al rilascio degli estratti conto richiesti.

L’ABF gli dà ragione.

Diritto del condomino alla documentazione bancaria

Premette il collegio che “la richiesta di copia della documentazione periodica relativa al conto corrente del condominio trova un espresso riferimento nell’art.1129 del codice civile, comma 7, secondo cui ‘L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica’”.

In plurimi precedenti, inoltre osserva l’ABF, come i collegi “sulla base del combinato disposto dell’art. 1129, comma 7, c.c., e dell’art. 119, comma 4, TUB abbiano ritenuto che il diritto del singolo condomino a ottenere copia della documentazione bancaria relativa al conto corrente condominiale sia esercitabile non solo per il tramite dell’amministratore, ma anche mediante richiesta diretta nei confronti dell’intermediario bancario, purché vi sia stata una preventiva richiesta di accesso rivolta all’amministratore rimasta priva di esito (Cfr. Collegio di Roma, decisione n. 7960/16; Collegio di Milano, decisione n. 3914/18; Collegio di Milano, decisione n. 4284/23; Collegio di Milano, decisione n. 1194/23)”.

Qualità di condomino

Fatte queste premesse, l’ABF si concentra sulla doglianza della banca, la quale evidenziava che il diniego alla produzione dei documenti era basato in primo luogo sulla circostanza che il ricorrente aveva perso la qualità di condomino (in virtù della cessione dell’immobile) con conseguente difetto di legittimazione attiva.

In ordine all’eccezione proposta dalla resistente, il collegio tuttavia evidenzia come il ricorrente avesse depositato agli atti una certificazione del notaio dalla quale emergeva che la cessione dell’immobile era avvenuta in data successiva alla richiesta della documentazione, la quale era limitata al periodo in cui lo stesso rivestiva ancora la qualità di condomino.

Conto corrente condominiale e diniego dell’amministratore

In ordine, invece, all’eccezione fondata sul rifiuto opposto dall’amministratore alla consegna della documentazione richiesta, l’ABF, rinvia a quanto osservato dal Collegio di Napoli (decisione n. 87/2022), secondo cui l’onere di preventiva richiesta all’amministratore “non può mai determinare una preclusione del diritto del singolo condomino di agire per ottenerla direttamente dall’intermediario quando l’amministratore non vi abbia provveduto”.

Richiamando, inoltre, la decisione del Collegio di Napoli n. 87/2023 e tenuto conto che l’art. 1129 c.c. legittima il condomino a presentare e chiedere copia della documentazione bancaria del condominio, “la relativa istanza deve ritenersi sottoposta alla disciplina dall’art. 119 tub: norma che consente di ottenere la documentazione bancaria pregressa anche dopo la perdita della qualità di cliente. Pertanto anche al condomino, sebbene lo stesso non sia direttamente parte contraente della banca, deve essere riconosciuto il diritto ad avere dall’intermediario la documentazione relativa al tempo in cui lo stesso era parte del condominio titolare del rapporto”.

Alla luce di quanto argomentato, l’ABF accoglie il ricorso e condanna la banca a pagare le spese della procedura al condomino.

 

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Tardiva comunicazione a Enea: non si decade dalle detrazioni La Cassazione torna a pronunciarsi sulla decadenza dai benefici fiscali causati dalla tardiva comunicazione a Enea

Tardiva comunicazione a Enea e decadenza detrazioni energetiche

La tardiva comunicazione a Enea non determina la decadenza dalle detrazioni energetiche. Lo ha stabilito la Cassazione nell’ordinanza n. 19309/2024. Con questa pronuncia la Corte si allinea alla precedente sentenza n. 7657/2024 e si oppone all’orientamento contenuto nell’ordinanza n.15178/2024, che invece ritiene causa di decadenza per la detrazione fiscale energetica l’omessa comunicazione a ENEA.

Detrazioni energetiche perse: comunicazione tardiva a ENEA

Un contribuente riceve una cartella con cui l’Agenzia delle Entrate vuole recuperare le spese sostenute per il risparmio energetico come indicate nella dichiarazione dei redditi del 2010 e sostenute nel 2008 e nel 2009.

Per l’Agenzia il contribuente ha perso le detrazioni fiscali a causa della tardiva comunicazione dell’attestato di certificazione energetica e della scheda informativa a ENEA, effettuata nel 2014.

Il difetto di comunicazione non provoca la decadenza

Il contribuente impugna la cartella, affermando che il difetto di comunicazione a ENEA non comporta la decadenza dal beneficio fiscale previsto.

La Commissione tributaria provinciale accoglie il ricorso. L’Agenzia delle Entrate però impugna la decisione e la Commissione tributaria regionale accoglie il gravame.

Il contribuente soccombente a questo punto impugna la decisione davanti alla Corte di Cassazione. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente contesta la decisione in relazione alla spettanza della detrazione fiscale che spetterebbe anche se la comunicazione a ENEA dell’attestato di certificazione e della scheda informativa dei lavori effettuati viene effettuata in ritardo.

La comunicazione a ENEA ha finalità statistiche

La Corte di cassazione accoglie il secondo motivo di impugnazione sollevato dal ricorrente e cassa la decisione. La Cassazione ricorda di aver affermato nella sentenza n. 7657/2024 il seguente principio: in tema di benefici fiscali per spese di riqualificazione energetica degli edifici, l’inosservanza del termine di novanta giorni dalla conclusione dei lavori per l’inoltro della comunicazione all’ENEA, ai sensi dell’art. 4 del d.m. del 19/02/2007, non costituisce causa di decadenza dal godimento della detrazione, decadenza che, in assenza di un’espressa previsione normativa, non è evincibile nemmeno da uninterpretazione sistematica della disciplina primaria e secondaria, in considerazione delle finalità statistiche per le quali l’adempimento è prescritto.” 

Decadenza non prevista dalla normativa primaria o secondaria

La decadenza dal beneficio fiscale non si può ricavare dalla normativa primaria così come dalla normativa secondaria. Nessuna delle due prevede infatti la decadenza espressa dal beneficio in caso di mancata o tardiva comunicazione dei dati dei lavori a ENEA. Detta comunicazione ha solo finalità statistiche, non è un requisito necessario richiesto dalla legge per il riconoscimento dell’agevolazione.

Ai fini della detrazione fiscale l’Agenzia deve verificare che i lavori per il risparmio energetico siano stati eseguiti effettivamente e che degli stessi il contribuente fornisca piena prova.

 

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amministratore condominio

Amministratore condominio: deve fornire le credenziali del sito web Il tribunale di Ivrea si sofferma sul corretto adempimento da parte dell'amministratore di condominio dell'obbligo di rendicontazione

Credenziali web del condominio

L’amministratore è tenuto a fornire le credenziali del sito web del condominio, poiché i condomini hanno diritto di visionare i documenti ed estrarne copia in tempi ragionevoli. Lo ha  precisato il tribunale di Ivrea con la sentenza n. 917/2024.

La vicenda

Con ricorso ex art. 633 c.p.c. una condomina trascinava in giudizio il proprio condominio chiedendo al tribunale di ingiungere all’amministratore la consegna dei registri della contabilità condominiale e gli estratti conto del conto corrente condominiale a partire dal 2019. Il tribunale con decreto ingiuntivo ingiungeva la consegna di detta documentazione e l’amministratore spiegava opposizione sostenendo di aver convocato l’assemblea informando i condomini con fascicoletto esplicativo della contabilità e della gestione tenuta sino ad allora e di avere messo a disposizione le c.d. “pezze giustificative” previo appuntamento per tutti i 5 giorni precedenti l’assemblea condominiale.

L’opposizione

Per cui, parte attrice, previo deposito integrale della documentazione richiesta con li d.i. opposto in sede di citazione, evidenziava l’operato intellegibile dell’amministratore improntato alla massima trasparenza chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo emesso. Evidenziava, infatti, come la richiesta di ostensione della documentazione condominiale, da parte della condomina fosse generica e non circostanziata e in ogni caso non giustificata dal momento che tutta la documentazione era visibile tramite l’accesso al sito internet del Condominio, senza intermediazione dell’amministratore.
Sotto distinto ma connesso profilo parte attrice lamentava il fatto che non sussistesse in capo al condomino il diritto di ricevere copia (ovvero trasmissione della documentazione) quanto piuttosto uno speculare diritto di prendere visione e che, dunque, il geometra non poteva essere considerato inadempiente.
Parte attrice chiedeva, quindi, conclusivamente la revoca del d.i. opposto.
Con comparsa di costituzione e risposta la condomina chiedeva che venisse dichiarata la cessata materia del contendere, stante li deposito della documentazione ingiunta. In punto fattuale, ad ogni modo evidenziava come solo successivamente alla notifica del d.i., l’amministratore avesse comunicato le credenziali per l’accesso all’area web riservata del condominio.

La decisione

Il tribunale, dà preliminarmente atto dell’avvenuta cessazione della materia del contendere, tenuto conto della produzione in giudizio di tutta la documentazione richiesta in sede di ingiunzione. Tuttavia, afferma che se scrutinata nel merito, la domanda dell’amministratore sarebbe stata senz’altro infondata.

La documentazione richiesta infatti non era mai stata formalmente messa in disponibilità della condomina nè dai documenti in atti risultava che le password e le credenziali di accesso che erano stampigliate nelle lettere di convocazioni fossero da utilizzare per accedere al sito condominiale e ciò anche a tacere del fatto che le stesse risultavano incomplete e dunque non funzionanti. Peraltro, le stesse lettere di convocazioni “enunciano e fanno chiaramente intendere che l’ostensione fosse subordinata all’appuntamento con l’amministratore e che, dunque, non vi era facoltà di accesso illimitato alla documentazione archiviata in cloud da parte dei condomini”. In ogni caso, evidenzia ancora il giudice, le credenziali sono state consegnate dall’allora amministratore solo dopo la notifica del d.i. opposto.

L’obbligo di rendicontazione

Riguardo alle modalità attraverso le quali si ritiene che “tale obbligo di rendicontazione risulti adempiuto – rammenta quindi il tribunale – la giurisprudenza ha chiarito che ciascun condominio ha questo diritto di ostensione, ovvero di prendere visione dei documenti di rilievo ed estrarre copia, senza condizionare l’esercizio a determinate tempistiche, ancorché ragionevolmente si debba ritenere che lo stesso vada evaso in tempi ragionevoli (e tre-quattro mesi, come nel caso di specie, non appaiono un tempo ragionevole).

Ciò posto è evidente, conclude il giudicante, “che se vi fosse stata reale intenzione di rendere visibile sin da subito la documentazione richiesta dalla signora sarebbe stato agevole per l’amministratore di Condominio indicare e rammentare le password, le credenziali e il c.d. PID onde consentire la presa visione dei documenti in cloud, ma ciò non è avvenuto”.

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esenzione imu

Esenzione Imu se uno dei due coniugi è residente La Cassazione chiarisce che l'esenzione IMU spetta anche se soltanto uno dei due coniugi è in posso della residenza anagrafica nel comune

Esenzione IMU

L’esenzione Imu spetta anche se solo uno dei due coniugi è in possesso della residenza anagrafica nel Comune. Lo ha chiarito la sezione tributaria della Cassazione con sentenza n. 17278-2024 decidendo una vertenza tra una coppia di coniugi e il comune di Praiano.

La vicenda

Nella vicenda, la Commissione tributaria regionale della Campania – sez. staccata di Salerno, rigettava l’appello del Comune di Praiano avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da una coppia contro l’avviso di accertamento per IMU 2012 (benefici prima casa nell’ipotesi di doppia residenza familiare in Comuni diversi).
L’amministrazione ricorreva per Cassazione lamentando violazione di legge in considerazione dell’insussistenza del diritto del contribuente all’esenzione IMU per la prima casa, in quanto i coniugi non avevano entrambi la residenza nell’immobile preso in considerazione per l’esenzione (la moglie, infatti, era dimorante in altro Comune).

L’intervento della Corte Costituzionale in materia

Per gli Ermellini, tuttavia, il ricorso risulta infondato e deve respingersi.
Il Comune ricorrente, scrivono i giudici, “non valuta (in quanto successiva) la decisione n. 209 del 2022, in materia, della Corte Costituzionale: «È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 31 e 53 Cost., l’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, come modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b ), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui stabilisce per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «[per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»”.

Contrasto col principio di eguaglianza

La norma, censurata dalla Corte Costituzionale con ordinanza di autorimessione, contrasta in pratica con il principio di eguaglianza nella parte in cui – nel definire l’abitazione principale ai fini dell’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) – introduce il riferimento al nucleo familiare, “determinando così una irragionevole discriminazione tra le persone unite in matrimonio o unione civile e i singoli o conviventi: sino a che non avviene la costituzione del detto nucleo, infatti, ciascun possessore di immobile che vi risieda anagraficamente e dimori abitualmente può fruire della detta esenzione – anche se unito in una convivenza di fatto, e avendo i partner il diritto a una doppia esenzione – mentre il matrimonio o l’unione civile determinano l’effetto di precludere tale ultima possibilità, nonché, secondo il diritto vivente, ogni esenzione per i coniugi che abbiano stabilito la residenza anagrafica in abitazioni site in Comuni diversi. Né può rilevare una giustificazione in termini antielusivi della norma, in ragione del rischio che le «seconde case» vengano iscritte come abitazioni principali, disponendo i comuni di efficaci strumenti per controllare la veridicità delle dichiarazioni sull’esistenza della dimora abituale. Il previsto collegamento tra abitazione principale e nucleo familiare – che ha condotto il diritto vivente a riconoscere il diritto all’esenzione in esame soltanto nel caso di disgregazione di tale nucleo, ossia di frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi – contrasta anche con l’art. 31 Cost.”.

Nucleo familiare

Risulta violato, infine, rilevano ancora dal Palazzaccio richiamando la decisione della Consulta, “anche l’art. 53 Cost., dal momento che la rilevanza, nell’articolazione normativa dell’IMU, di elementi come le relazioni del soggetto con il nucleo familiare e, dunque, dello status personale del contribuente, non appare coerente con la sua natura di imposta reale salva, in via di eccezione, una ragionevole giustificazione che nel caso non sussiste».

La decisione

Conseguentemente, stabiliscono dal Palazzaccio rigettando il ricorso, il contribuente, come correttamente stabilito dalla sentenza impugnata, aveva diritto all’esenzione prima casa: «In tema di esenzione IMU per la casa principale, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 2022, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.I. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla .I n. 214 del 2011, va escluso che la nozione di abitazione principale presupponga la dimora abituale e la residenza anagrafica del nucleo familiare del possessore, per cui li beneficio spetta al possessore dell’immobile ove dimora abitualmente e risiede anagraficamente, anche se il coniuge abbia la residenza anagrafica in diverso comune» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32339 del 03/11/2022, Rv. 666357 – 01)”.

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