author-avatar

About Luisa Del Giudice

Avv. Luisa Del Giudice

riconvenzionale mediazione

Domanda riconvenzionale e mediazione La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che ha affermato che la domanda riconvenzionale non è soggetta al procedimento obbligatorio di mediazione

Riconvenzionale e mediazione obbligatoria

La domanda riconvenzionale non è soggetta al procedimento obbligatorio di mediazione. E quanto hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione con sentenza numero 3452/2024, emanando il seguente principio di diritto: “La condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 D.Lgs. n. 28/2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di conciliazione, per l’intero corso del processo e laddove possibile”.

La motivazione principale su cui è fondato l’assunto riguarda la considerazione che la mediazione rientra tra le disposizioni:  “finalizzate, unitamente alle altre adottate in materia di giustizia, alla realizzazione dei comuni e urgenti obiettivi – a loro volta preordinati al rilancio dell’economia – del miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario e dell’accelerazione dei tempi di definizione del contenzioso civile” (Corte Cost. 18 aprile 2019, n. 97)”.  Si è al cospetto, pertanto, di un procedimento contraddistinto dall’obbligatorietà, che deve essere espletato, pena l’improcedibilità della domanda, prima dell’instaurazione di una lite giudiziaria. Esso, di conseguenza, condiziona, in determinate materie, l’esercizio del diritto di azione” (Corte Cost. 20 gennaio 2022, n. 10).

Quindi la mediazione, con l’auspicata conciliazione delle controversie, mira a transigere le liti, evitando, in tal modo, che il soggetto debba ottenere soddisfazione attraverso gli organi di giustizia, con elevati costi e tempi, che nocciono alla parte, come al sistema giudiziario nel suo complesso. Il fine, dunque, è l’auspicata non introduzione della causa, risolta preventivamente innanzi all’organo apposito, in via stragiudiziale.

Orbene, nell’evenienza di una riconvenzionale tale scopo non è più raggiungibile in quanto il processo è già iniziato. E tale considerazione vale per ambedue le riconvenzionali cioè quella connessa ai diritti fatti valere con l’azione e quella cd. eccentrica che invece fonda su fatti completamente diversi si pensi ad un’eccezione di compensazione, ecc.

Ma il principio viene ulteriormente affermato con un ragionamento per assurdo riportato sempre nella motivazione della sentenza in esame: “la soluzione che volesse sottoporre la domanda riconvenzionale a mediazione obbligatoria dovrebbe – per coerenza – essere estesa ad ogni altra domanda fatta valere in giudizio, diversa ed ulteriore rispetto a quella inizialmente introdotta dall’attore: non solo, quindi, la domanda riconvenzionale, ma anche la riconvenzionale a riconvenzionale (c.d. reconventio reconventionis), la domanda proposta da un convenuto verso l’altro, oppure da e contro terzi interventori, volontari o su chiamata.

Da ciò che la domanda riconvenzionale non è sottoposta all’obbligo del preventivo esperimento del procedimento di mediazione. Ciò non significa che il Giudice non la possa disporre in ogni stato e grado del procedimento eventualmente anche su richiesta delle parti.

tabelle millesimali

Tabelle millesimali: approvazione e revisione I quorum necessari per l’approvazione e per la revisione delle tabelle millesimali in condominio

Art. 1118 c.c.

L’art. 1118 c.c., come sostituito dall’art. 3 della l. 11 dicembre 2012, stabilisce espressamente che:

“1. Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene.

  1. Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni.
  2. Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali.
  3. Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”.

Premesso doverosamente il dato normativo, è opportuno sin da subito ribadire che le tabelle millesimali rappresentano lo strumento per procedere all’esatta ripartizione degli oneri condominiali ordinari e straordinari, stabilendo il valore di contribuzione delle singole unità immobiliari in relazione alle parti comuni.

In altri termini, hanno natura valutativa della proprietà ed esprimono, a un tempo, l’ampiezza del diritto spettante a ciascun condomino sulle parti comuni ed il potere di voto nelle deliberazioni assembleari, in cui si ragiona alla stregua del parametro della “doppia maggioranza”, con riferimento, da un lato, agli intervenuti e, dall’altro, ai millesimi.

Quorum per l’approvazione delle tabelle millesimali

È da premettere che fino al leading case delle Sezioni Unite del 2010 (Cass. civ.. SS.UU. n. 18477/2010), dottrina e giurisprudenza operavano una netta demarcazione tra la maggioranza necessaria per approvare la tabella generale di proprietà (cd. Tabella A) e tutte le altre Tabelle millesimali (scale, ascensori ecc.) La prima veniva, infatti, considerata quale risultato di un accordo negoziale tale da richiedere l’unanimità dei condomini per poterla modificare. Per tutte le altre era sufficiente la maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentasse la metà del valore del fabbricato (art. 1136, comma 2 c.c.). Con la sopra menzionata sentenza, tuttavia, tale netta demarcazione viene meno in quanto la tabella generale di proprietà viene considerata come mera espressione matematica della forza del voto in assemblea e misura di partecipazione alle spese di cui all’art. 1123, comma 1 c.c.. L’atto di approvazione assembleare delle tabelle viene inteso non più come accordo negoziale (per cui si necessitava di unanimità) bensì come “mera documentazione ricognitiva … dove la tabella altro non era che l’espressione della forza del voto in assemblea e del peso relativo agli obblighi”.

Ne derivava che, in forza della lettura in combinato disposto degli artt. 1138 c.c. – che richiede per l’approvazione del regolamento cd. assembleare la maggioranza di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c., e 68 disp. att. c.c. – si necessitava del medesimo quorum per l’approvazione e per la modifica delle tabelle millesimali.

Successivamente, entrata in vigore la l. 220/2012, la stessa modificava l’art. 69 delle disposizioni attuative del codice civile prevedendo la regola generale che i valori proporzionali delle unità immobiliari espressi nelle tabelle millesimali di cui all’art. 68 disp. att. c.c. potessero essere modificati o rettificati all’unanimità.

A tale regola era possibile derogare, prevedendosi l’applicazione della maggioranza di cui all’art. 1136 comma 2 c.c. (maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentino la metà del valore dell’edificio), anche nell’interesse di un solo condomino, in due casi:

1) quando risulti che le tabelle sono conseguenza di un errore

2) quando per le mutate condizioni di parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, incremento di superfici, incremento o diminuzioni delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino.

La disposizione previgente, prevedeva, in riferimento al secondo requisito indicato, il generico requisito della “notevole alterazione” del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.

Ora, la “nuova” disciplina prevede requisiti stringenti per la rettifica o modifica delle tabelle millesimali, con approvazione delle relative deliberazioni all’unanimità. Essa, tuttavia, non può essere estesa anche all’approvazione delle stesse, rimanendo ferme, dunque, per tale diversa fattispecie le risultanze raggiunte dalla costante opera di dottrina e giurisprudenza sul punto. (ex multis Cass. n. 11837/2013, Cass. n. 10762/2012).

 

costituzione fondo speciale

Delibera condominiale nulla senza costituzione del fondo speciale Per la Cassazione, la delibera per lavori straordinari non preceduta da quella sulla costituzione del fondo speciale è nulla e il vizio può essere rilevato d’ufficio dal giudice

Delibera lavori straordinari: il fatto

Nella vicenda portata all’attenzione della Suprema Corte, un condomino si opponeva alla richiesta di pagamento di oneri condominiali straordinari a mezzo decreto ingiuntivo sostenendo la nullità della delibera di approvazione dei lavori straordinari per non aver il condominio precedentemente deliberato la costituzione obbligatoria del fondo speciale di cui all’art. 1135 co. 1 n. 4 c.c.

Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda attorea e annullava il decreto ingiuntivo opposto.

Costituzione del fondo speciale

La Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9388/2023 rigetta il ricorso del Condominio ritenendo necessaria per la validità della delibera di approvazione dei lavori straordinari la preventiva approvazione del fondo speciale di cui all’art. 1135 co. 1 n. 4 c.c. 

Infatti, la delibera impugnata non indicava nè la costituzione del fondo speciale per l’intera somma nè che il contratto di appalto prevedeva il pagamento graduale in relazione allo stato di avanzamento dei lavori e che il fondo era stato costituito in relazione ai singoli pagamenti.

Essendo la disposizione posta a presidio dell’interesse collettivo al corretto funzionamento della gestione del condominio nonché all’interesse del singolo condomino ad evitare il proprio rischio di dover garantire al terzo creditore il pagamento dovuto dai morosi, la delibera assunta a maggioranza non può decidere di non provvedere alla costituzione del fondo o di modificare le modalità di costituzione previste dalla legge. Neppure nel caso in cui l’appaltatore vi consente in quanto una simile decisione sarebbe pregiudizievole per tutti i condomini e per le esigenze della gestione condominiale pertanto gli Ermellini hanno così ritenuto concludendo che una simile delibera è da ritenersi completamente nulla.

Per tale motivo il previo allestimento del fondo speciale si pone come una condizione di validità della stessa delibera di approvazione delle opere.

La giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione

Il “decisum” della Suprema Corte va correlato all’altra recente sentenza in materia di opposizione a D.I. la cui importanza è il presupposto dell’attuale decisione. Infatti, la Corte di Cassazione a SS.UU. con sentenza del 14 aprile 2021  n. 9839 ha statuito che:

“Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca solo l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.”